domenica 1 aprile 2012

Marilungo e la Storia dell'Arte

History of Art: The Avant-garde

Histort of Art: The Dog of...


The assembly line of Modern Art.




Informazioni

Massima di Marco Marilungo Pictor: Se le stelle potessero parlare, non le sentiremmo, perchè.... sono davvero parecchio lontane...
Biografia
Marco Marilungo è nato a Porto San Giorgio. Dotato di un felice spirito ironico e di un’abile mano, inizia la sua carriera come vignettista raggiungendo immediatamente notevoli risultati: tra il 1992 e il 1993 pubblica diverse vignette su “Cuore” (Settimanale di culto in quegli anni, con tiratura di 200.000 copie a settimana), sulla “Gazzetta di Ancona”, “Fegato”, “Mai dire sport”, “Local Comix” e su varie testate di enigmistica tra le quali “La settimana Enigmistica”.
Da segnalare anche le apparizioni su “Comix” e “Die zeit”di Amburgo e su varie altre testate.

[...continua]
 Sito Web  http://www.marilungo.com


PS: oggi è il primo d'aprile e per l'occasione 
un Pesciolone d'Aprile
 

sabato 31 marzo 2012

Earth Hour 2012

E' iniziata l'Ora della Terra 2012 Questa sera, tra le 20:30 e le 21:30, spegnete tutte le luci e gli altri apparecchi elettronici se amate la vostra Terra. Torna l’Earth Hour, l’iniziativa del WWF che serve per rammentare il rischio che stiamo correndo a causa dei nostri sprechi e sensibilizzare la popolazione mondiale sul problema del consumo di energia. Lo scorso anno hanno partecipato all’Ora della Terra ben 135 nazioni, con le manifestazioni più disparate. E quest’anno non sarà da meno.

Il Fede licenziato.

Addio Emilio!  Luigi Alfieri
La vicenda
1) il no della Svizzera al trasferimento di denari di Fede
2) la cacciata da Cologno Monzese
PORTOS / Franco Portinari


PORTOS / Franco Portinari


 Mediaset licenzia Emilio Fede
 "È la mia vita, è stato Confalonieri"
Il giornalista che ha creato l'informazione delle reti del Biscione e ha accompagnato tutta la parabola politica di Berlusconi, ha lasciato l'azienda. "Trattativa per risoluzione consensuale non andata a buon fine". Al suo posto Giovanni Toti
 Fede e la valigetta con 2,5 milioni di euro "Mai portato quei contanti in Svizzera"
Il direttore del Tg 4 smentisce la presunta esportazione di denaro contante all'estero; la banca avrebbe rifutato il deposito non avendo certezze sulla provenienza della somma. "Tutto falso, inventato per colpirmi". Ma la procura di Roma apre un fascicolo e sentirà il giornalista
Poi Fede insulta De Bortoli: ''Questa non gliela perdono''
 il direttore del Tg4 ai microfoni della Zanzara su Radio24 attacca il direttore del Corriere della Sera: ''Era un amico, avrebbe dovuto chiamarmi''
la telefonata


Ciao Emilio - Matteo Bertelli




Articolo 21 - Press a poco
Licenziati ustionati ed esaustivi
Nadia Redoglia
Il Fede licenziato ha aperto tutte le prime pagine. Nei giorni successivi s’è proseguito nelle seconde, nei forum, nei blog e “Blob”. Ci avevano appena informato dell’atto (svizzero) di Fede, ma agli uomini di buona Speranza e Carità cale poco: è una vita che hanno imparato a non entrar nel merito degli atti di Fede.
Ora andrà in pensione (dopo tanti anni di soggiorno ospite in 5stelle super lusso e abitazioni da favola)?
Nella sua lunga vita lavorativa gli va riconosciuta l’esaustiva capacità d’essere riuscito a bruciare tappe (e carriere), ma di aver sempre saputo mettersi e rimettersi in gioco (d’azzardo e no). Mica da tutti, eh!
Gli è che oggi si troverebbe di fatto -a parte i suoi pingui proventi tra liquidazioni, accantonamenti, stipendi, gratifiche, interessi ecc. da lavoro subordinato (in tutto e/o in parte) e la non più medio/giovane età- alla stregua dei suoi “compagni” di sventura: licenziati dal posto di lavoro.
L’unica differenza tra lui e gli altri "compagni" (ma pare che, pubblicamente e pure istituzionalmente, è roba di poca o nulla rilevanza) è che una parte non indifferente dei "compagni" (non avendo saputo/potuto bruciarsi tappe e carriere?) s’è bruciato, e prosegue a bruciarsi, la vita dando materialmente fuoco al proprio corpo…
Oh, ragazzi: non è che si possano avere tutti licenziati esaustivi… 
29.03.2012 Emilio Fede "fatto fuori" da Mediaset...
Gianni Fioretti





Abbandonato
Tomas




io non posso entrare
fabio magnasciutti
Etichette: fede, magnasciutti, svizzera


gente di poco fede
fabio magnasciutti

 

crisi -  Fei




TheHand Puntoit

Angel Boligan a Lisbona

Si è appena conclusa a Lisbona la prima mostra europea di uno dei più grandi artisti internazionali  Angel Boligan.


Uno de los caricaturistas más reconocidos del mundo ha expuesto su obra en Lisboa

24 mar 2012

Uno de los caricaturistas más reconocidos del mundo, Ángel Boligán, ha expuesto en Lisboa una selección de su obra, la primera muestra en Europa de este artista cubano.

Mostra que apresenta 100 trabalhos de Angel Boligán, artista de grande renome do mundo do cartoon internacional, vencedor de vários prémios e distinções honrosas internacionais.
Este cubano, naturalizado mexicano, é o convidado estrangeiro desta edição da Cartoon Xira, apresenta um conjunto de trabalhos a que, que nomeou de “Espelho de Tinta”. Caricaturista editorial do diário mexicano “El Universal”, é fundador e presidente da agência latino-americana de caricaturas Cartonclub, colaborador do sindicato internacional de caricaturistas Caglecartoons (EUA) e da agência francesa Courrier International. É membro da Unión Nacional de Escritores y Artistas de Cuba (U.N.E.A.C).

Se “Rir é o Melhor Remédio”, então venha fazê-lo à Cartoon Xira’11! O humor de qualidade apresentado por uma seleção de luxo, está em Vila Franca de Xira.


 Uno dei più rinomati disegnatori del mondo, ha esposto il suo lavoro a Lisbona
24 Mar 2012

Uno dei  più celebri cartoonist, Angel Boligán, ha esposto a Lisbona una selezione del suo lavoro, la prima mostra in Europa di questo artista cubano.



La mostra  presenta 100 opere di Angel Boligan, artista di grande fama nel mondo del fumetto internazionale, vincitore di diversi premi internazionali e menzioni d'onore.

Questi di origine cubana e vive in  Messico, è l'ospite straniero in questa edizione di Cartoon Xira, presenta una serie di opere che, ha chiamato  "Espelho de Tinta".

 Cartoonist Editoriale del quotidiano messicano "El Universal", Boligan è anche fondatore e presidente  dell'agenzia  di caricature Latina Cartonclub, dipendente dell'Unione Internazionale vignettisti Caglecartoons (USA) e l'agenzia francese Courrier International. E' membro dell'Unione degli Scrittori Nacional y Artistas de Cuba (UNEAC).

Se "La risata è la migliore medicina", quindi andare a Cartoon Xira! L'umorismo di qualità fatto da una selezione di lusso, si trova a Vila Franca de Xira.




Il video della mostra:



 Uno de los caricaturistas más reconocidos del mundo ha expuesto su obra en Lisboa 

Catálogo “Espelho de Tinta”|Angel Boligán 
 Sitio Web de Angel Boligan

venerdì 30 marzo 2012

1000° POST !!

Mille magnifici momenti
 memori
 morte malinconia
 miserie meraviglie
 monumenti 
mondiali MAESTRIE

Grazie a Tutti!!

PS: img creata da un'idea di 1000 Ideas for Creative Reuse

46 donne uccise in casa dall'inizio dell'anno

con amore Marilena Nardi
46 donne uccise in casa dall'inizio dell'anno...Triste record!!
Da La Repubblica:

L'uomo in casa diventa assassino una donna uccisa ogni due giorni
 Quarantasei donne uccise dall’inizio dell’anno. Vittime dell’uomo che avevano accanto. Una strage silenziosa. La legge non basta: serve una nuova cultura
ADRIA­NO SO­FRI

Pren­dia­mo una fra­se co­sì: Gli uo­mi­ni uc­ci­do­no le don­ne. È una ge­ne­ra­liz­za­zio­ne spa­ven­to­sa: la stra­gran­de mag­gio­ran­za de­gli uo­mi­ni no­nuc­ci­do­no le don­ne. Ep­pu­re a una fra­se co­sì suc­ce­de di rea­gi­re con as­sai mi­nor in­di­gna­zio­ne e mi­nor sor­pre­sa di quan­to la sta­ti­sti­ca con­sen­ti­reb­be. Non di­co del­le don­ne, che san­no be­ne che co­sa vuol di­re la fra­se. Ma gli uo­mi­ni, an­che se la sta­ti­sti­ca di­ce che in Ita­lia, non so, uno su 400 mi­la am­maz­za una don­na in un an­no, am­met­te­ran­no di sen­ti­re con­fu­sa­men­te co­me mai uo­mi­ni am­maz­za­no don­ne.
L’uo­mo è cac­cia­to­re, si di­ce: il cac­cia­to­re go­de di sco­va­re la pre­da, in­se­guir­la, brac­car­la, cat­tu­rar­la - e far­la fi­ni­ta. Al cen­tro del mil­le­na­rio ad­de­stra­men­to del­l’uo­mo ma­schio sta il de­si­de­rio, e la cer­tez­za del di­rit­to na­tu­ra­le, di pos­se­de­re la don­na. E’ una me­tà del­la co­sa: pren­di la don­na, la­chiu­di a chia­ve, la usi, la fai fi­glia­re e lu­stra­re sti­va­li, la ba­sto­ni ogni tan­to, per­ché non si di­strag­ga dal­l’ob­be­dien­za, co­me fai con gli al­tri ani­ma­li ad­do­me­sti­ca­ti. L’al­tra me­tà del­la co­sa sta nel­la sen­sa­zio­ne che la “tua” don­na ti sfug­ga, an­che quan­do l’hai riem­pi­ta di bot­te e di moi­ne, che il di­rit­to di pos­se­der­la è elu­so da un’im­pos­si­bi­li­tà. Non c’è car­ce­rie­re che pos­sa vol­ta­re le spal­le tran­quil­la­men­te al suo pri­gio­nie­ro. Non c’è pri­gio­nie­ro più ir­ri­du­ci­bi­le del­la don­na.
L’uo­mo av­ver­te con of­fe­sa, pau­ra, ver­go­gna que­sto scac­co in­do­ma­bi­le, e al suo fon­do una pro­pria in­fe­rio­ri­tà ses­sua­le, un pia­ce­re pal­li­do ri­spet­to a quel­lo che im­ma­gi­na scon­fi­na­to e astrat­to del­la don­na — la sua ca­pa­ci­tà di put­ta­na — e, quan­do si per­sua­da di aver­la per­du­ta e di non po­ter più vi­ve­re sen­za di lei, la uc­ci­de.
Lui, me­dia­men­te, vi­ve: a vol­te ten­ta il sui­ci­dio, per lo più lo man­ca. Di­ce: “So­no in­ca­pa­ce di in­ten­de­re e di vo­le­re, per­ciò l’ho am­maz­za­ta”. L’al­tro­ie­ri le di­ce­va: “So­no paz­zo d’a­mo­re per te”. Vo­le­va di­re: “So­no in­ca­pa­ce d’in­ten­de­re e di vo­le­re, per­ciò ti amo”. Vi­vrà, com­pian­gen­do­si, nel ri­cor­do di lei, or­mai sol­tan­to sua — e co­mun­que di nes­sun al­tro.
Ho scrit­to que­sta or­ren­da co­sa: non per­ché non ve­da che è gros­so­la­na­men­te or­ren­da, ma per­ché pen­so che si av­vi­ci­ni al­la ve­ri­tà. E’ una di quel­le che si di­co­no ma­le con le pa­ro­le, dun­que si pre­fe­ri­rà fa­re un vuo­to - un rap­tus, un’u­sci­ta da sé di cui non re­ste­rà me­mo­ria - e pun­ta­re sul­le at­te­nuan­ti ge­ne­ri­che. Spe­ci­fi­che, fi­no a ie­ri, quan­do am­maz­za­re una don­na, spe­cial­men­te la “pro­pria” don­na, era po­co me­no di un at­to ono­re­vo­le. La di­spa­ri­tà, in que­sto cam­po, è sen­za ugua­li. Di fat­to, per­ché le don­ne che am­maz­za­no il “lo­ro” uo­mo so­no co­sì ra­re da far leg­ge­re due vol­te la no­ti­zia, per con­trol­la­re che non sia un be­ne­det­to er­ro­re del ti­to­li­sta - tra­fi­let­ti, del re­sto. E di di­rit­to e per­fi­no di les­si­co, per­ché la pa­ro­la era una so­la, fi­no­ra, a de­si­gna­re l’am­maz­za­men­to co­niu­ga­le, uxo­ri­ci­dio, l’uc­ci­sio­ne del­la mo­glie.
Il nuo­vo co­nio di “fem­mi­ni­ci­dio” non è un pun­ti­glio ri­ven­di­ca­ti­vo, è l’a­de­gua­men­to sten­ta­to del­la lin­gua e del­la leg­ge a una stor­tu­ra di mil­len­ni. A me­no che non fos­se esal­ta­ta, che è l’al­tra fac­cia del­l’av­ven­to del­l’a­mo­re­ro­man­ti­co, gran ri­vo­lu­zio­ne in cui, nel­la no­stra par­te di mon­do, si me­sco­la­ro­no la con­si­de­ra­zio­ne ar­cai­ca del­la don­na for­te e ri­bel­le e in­fi­ne do­ma­ta in Gre­cia, e la nuo­va te­ne­rez­za che vol­le ri­sar­cir­ne l’in­fe­rio­ri­tà nel cri­stia­ne­si­mo. Stra­da fa­cen­do, l’a­mo­re ca­val­le­re­sco si con­qui­stò uno­spa­zio for­mi­da­bi­le, e la don­na del­l’i­dea­le non po­té toc­car­si nem­me­no con un fio­re - quan­to al­la rea­le, ave­va il suo daf­fa­re, e non l’ha mai smes­so: bel­la sto­ria, gran­dio­sa­men­te ro­ve­scia­ta in amo­ri co­sì mi­ra­bi­li da in­dur­re l’uo­mo ad am­maz­zar­la, l’a­ma­ta, e di­ven­ta­re co­sì un eroe ro­man­ti­co, o un gran­de de­lin­quen­te espres­sio­ni­sta, o al­me­no un po­ve­ret­to da com­pa­ti­re, per aver tan­to so­vru­ma­na­men­te ama­to.
L’uo­mo che uc­ci­de la “sua” don­na com­pie il più al­to sa­cri­fi­cio di sé, in tut­ta una su­bli­me tra­di­zio­near­ti­sti­ca e let­te­ra­ria, più­che se am­maz­zas­se sé per amo­re. E so­lo og­gi, e fa­ti­co­sa­men­te, ci si di­vin­co­la da que­sto inau­di­to re­tag­gio di am­mi­ra­zio­ne e com­mi­se­ra­zio­ne per l’uo­mo che uc­ci­de per amo­re, e lo si ve­de nel­la sua mi­se­ra­bi­le pic­ci­ne­ria. E gli si ve­de die­tro la mol­ti­tu­di­ne di omet­ti “tran­quil­li”, “per­be­ne” - so­no sem­pre que­sti, al­l’in­do­ma­ni, gli ag­get­ti­vi dei vi­ci­ni - che pe­sta­no con re­go­la­ri­tà mo­gli e fi­dan­za­te e aman­ti e pro­sti­tu­te e fi­glie, le tor­men­ta­no, le in­sul­ta­no e ri­cat­ta­no e spa­ven­ta­no e vio­len­ta­no. Pan­ni spor­chi di fa­mi­glia. Pres­so­ché tut­ti gli omi­ci­di che ho in­con­tra­to in ga-le­ra - do­v’e­ro lo­ro col­le­ga - ave­va­no am­maz­za­to don­ne: la “lo­ro”, o pro­sti­tu­te, dun­que di nes­su­no, dun­que di tut­ti. Vi pas­sa la vo­glia di sim­pa­tiz­za­re per Otel­lo e Moo­sbrug­ger, per la So­na­ta a Kreu­tzer o per l’As­sas­si­no spe­ran­za del­le don­ne.
Le sta­ti­sti­che oscil­la­no: vie­ne am­maz­za­ta una don­na, in Ita­lia, ogni due gior­ni, ogni tre, se­con­do le più ot­ti­mi­sti­che. Se le don­ne non fos­se­ro il ge­ne­re uma­no, la par­te de­ci­si­va del ge­ne­re uma­no, e ve­nis­se­ro guar­da­te per un mo­men­to co­me un’et­nia, o un grup­po re­li­gio­so, o una pre­fe­ren­za ses­sua­le, non se ne po­treb­be spie­ga­re l’i­ner­zia di fron­te al­la per­se­cu­zio­ne, la ri­nun­cia a un’au­to­di­fe­sa mi­li­tan­te. Que­sto var­reb­be fin dal ge­no­ci­dio del­le bam­bi­ne pri­ma e do­po la na­sci­ta in tan­ta par­te del mon­do, che è sì al­tra co­sa ma stret­tis­si­ma­men­te le­ga­ta. Quel ti­to­lo, Uo­mi­ni che odia­no le don­ne, è di­ven­ta­to pro­ver­bia­le scen­den­do da un nord ci­vi­le e fa­vo­lo­so co­me la Sve­zia, una tre­men­da ri­ve­la­zio­ne. L’I­ta­lia, co­me le suc­ce­de, si bat­te per il re­cord, spin­ta dal­la ra­pi­di­tà feb­bri­ci­tan­te dei suoi cam­bia­men­ti, dal ri­tar­do al­la ri­val­sa, e og­gi le de­plo­ra­zio­ni in­ter­na­zio­na­li con­tro il fem­mi­ni­ci­dio ci met­to­no as­sie­me al Mes­si­co di Ciu­dad Jua­rez.
Og­gi si par­la di que­sto, ci si in­for­ma. E’ mol­to im­por­tan­te. So­no due gli stru­men­ti de­ci­si­vi per af­fron­ta­re l’as­sas­si­nio del­le don­ne (e gli stu­pri, le per­se­cu­zio­ni, le bot­te, le mi­nac­ce e le vi­te di pau­ra): la po­li­zia - e le leg­gi - e la cul­tu­ra. La po­li­zia fem­mi­ni­le è il più si­gni­fi­ca­ti­vo pro­gres­so del no­stro Sta­to (e del­l’Af­gha­ni­stan). I due stru­men­ti non so­no, co­me si pen­sa, agli an­ti­po­di, una che ar­ri­va do­po il fat­to, l’al­tra che lo pre­vie­ne da mol­to lon­ta­no. Van­no as­sie­me, per pre­ve­ni­re da vi­ci­no e da lon­ta­no, e per san­zio­na­re, ma­te­rial­men­te e mo­ral­men­te. Esco­no li­bri - l’ul­ti­mo che ho vi­sto è Il si­len­zio de­gli uo­mi­ni, di Ia­ia Ca­pu­to, Fel­tri­nel­li. Joan­na Bour­ke, Stu­pro. Sto­ria del­la vio­len­za ses­sua­le
(La­ter­za), scio­ri­na un re­per­to­rio im­pres­sio­nan­te di fan­ta­sie ma­schi­li pas­sa­te per scien­za e leg­ge. La Rai ha pro­gram­mi nuo­vi ed ef­fi­ca­ci. Su Rai 3 “Amo­re cri­mi­na­le”, ora con­dot­to da Lui­sa Ra­nie­ri, ha rac­con­ta­to de­ci­ne di sto­rie di don­ne uc­ci­se, sto­rie di per­so­ne al­tri­men­ti ge­la­te in un nu­me­ro sta­ti­sti­co, ognu­na a suo mo­do ter­ri­bi­le.
Da og­gi Rai 1 tra­smet­te quat­tro film con­tro le vio­len­ze sul­le don­ne, di Li­lia­na Ca­va­ni, Mar­ga­re­the von Trot­ta e Mar­co Pon­te­cor­vo. Nel web so­no or­mai nu­me­ro­si i si­ti che ag­gior­na­no fe­del­men­te e di­scu­to­no le no­ti­zie sul­le don­ne as­sas­si­na­te, rin­ve­nu­te, quan­do ci ar­ri­va­no, den­tro le cro­na­che lo­ca­li. Ci so­no grup­pi di uo­mi­ni che han­no de­ci­so di par­la­re di sé, co­me l’as­so­cia­zio­ne “Ma­schi­le plu­ra­le”. Tor­no al­l’i­ni­zio. Noi uo­mi­ni, se ap­pe­na sia­mo ca­pa­ci di ri­cor­dar­ci del mo­do in cui sia­mo sta­ti ini­zia­ti, e non ci di­chia­ria­mo eso­ne­ra­ti, sap­pia­mo che co­s’è la vo­glia fru­stra­ta o ven­di­ca­ti­va o com­pia­ciu­ta di mal­me­na­re e ves­sa­re le don­ne e la lo­ro li­ber­tà. Lo sap­pia­mo, co­me En­dri­go quan­do pas­sa­va da via Bro­let­to, al nu­me­ro 34, do­ve dor­me l’a­mo­re mio. Non si sve­glie­rà. Pro­prio sot­to il cuo­re c’è un fo­rel­li­no ros­so, ros­so co­me un fio­re.
© RI­PRO­DU­ZIO­NE RI­SER­VA­TA




paleolitico...Tiziano Riverso
Angel Boligan

mercoledì 28 marzo 2012

Tabucchi

Tabucchi di Marilena Nardi


Antonio Tabucchi, Pisa, 24 settembre 1943 – Lisbona, 25 marzo 2012


 La vita non si racconta, te l'ho già detto, la vita si vive, e mentre la vivi è già persa, è scappata. (Tratto da Tristano muore A. Tabucchi)



"Se scrivessi a penna queste parole sarebbero lettere tremanti e spezzate."
Addio Antonio Tabucchi
Roberto Saviano





Tabucchi, uomo libero
 di Marco Travaglio 
Ci sono momenti in cui il nostro mestiere è davvero feroce, impietoso. E questo è uno di quelli: scopri che un tuo amico è morto e, invece di startene in silenzio a ricordarlo, magari a pregare per lui, ti tocca subito scriverne. Pochi minuti fa ho saputo che è morto Antonio Tabucchi, a Lisbona. Dicono che “era da tempo malato”. Non l’aveva detto nemmeno agli amici. Sapevo, me ne aveva parlato nell’ultima telefonata dal Portogallo qualche mese fa, di una frattura a una gamba, che aveva aggravato i suoi problemi alla schiena. Altro non so. Quello che so di lui è che era uno dei pochissimi intellettuali internazionali rimasti all’Italia (non direi “in Italia” visto che ci viveva poco, e con sempre maggiore disagio). Temo che la parola “intellettuale” non sarebbe piaciuta a lui così schivo, minimalista, autoironico, antiretorico, quasi autobeffardo. Ma, se la parola “intellettuale” aveva ancora un senso, è proprio perché c’era lui. (continua)



****

**** L'intervista: ''Che fatica il mestiere di scrivere''

L'incipit de "Il piccolo naviglio":
Ne sarebbero dovuti passare degli anni dall'inizio di questa storia, quando Leonida (o Leonido) stava attraversando a nuoto un torrente gelido, prima che Capitano Sesto si mettesse a percorrere a ritroso tutta la sua rotta. A quel tempo Leonida doveva essere il giovanotto tutto ossa e baffi del ritratto che Capitano Sesto ritrovò nel solaio della casa paterna, e non disse mai esattamente i motivi che lo avevano spinto alla fuga né come erano andate le cose quella notte. Certo doveva essere una notte d'inverno, i gendarmi dovevano essere in due perché andavano sempre a coppia e l'unico bene che Leonida portava con sé, oltre i vestiti che aveva indosso, doveva essere un vecchio ricettario di famiglia avvolto in una tela incerata. Anche l'anno in cui tutto questo succedeva fu impossibile stabilirlo con sicurezza, nonostante tutta la buona volontà con cui Capitano Sesto cercò di fare i calcoli; cer-, to era un anno in cui l'altra sponda si chiamava ancora Regno * delle Due Sardegne e in qualche modo anche lui, Capitano Sesto, era presente: come ipotesi biologica navigava infatti nei lombi di Leonida (o Leonido) che nuotava come un disperato nei flutti del torrente ghiacciato. Cominciando dunque a raccontare quella lontana fuga, Capitano Sesto ricostruì la scena
con la sua immaginazione

Caricature di Victor Hugo

Victor Hugo di David Rowe
Un concorso a breve con tema Victor Hugo e nelle bacheche dei migliori artisti appaiono le caricature del grande drammaturgo francese Victor Hugo. Una più bella dell'altra.
Riber Hansson
  Amusing to see the appearing Victor Hugo caricatures. I guess they are drawn for the same competition I intended to participate in. I gave it up because I didn’t manage the caricature in time. And I’m happy for that now when I see the excellent works.
 Good luck to you, dear colleagues!
Hugo di Jan Op De Beeck

Vahid Jafari



Victor Hugo - Agim Sulaj




PS: una caricatura di un grande artista venuto a mancare David Levine


martedì 27 marzo 2012

Monti con tanto di vignetta sull' Economist

Monti ed il diritto del lavoro
Peter Schrank 24/03/2012
Peter Schrank ritrae Monti alle prese con un aggrovigliato mucchio di spaghetti (Art.18) sul cui piatto
c'è la scritta Labour Laws (diritto del lavoro) per The Economist il 24 marzo scorso.
la notizia

Yet whatever the merits of his latest reforms, they set a precedent. Italians have glimpsed a style of government that does not aim for consensus, and that acknowledges opinions but not vetoes. Paradoxically, it has taken a mildly spoken economics professor to give Italy the political leadership it has lacked for so long.

PS: ancora stereotipi in questa vignetta ; spaghetti e fiasco di vino.

Bari - Emiliano: "Non lascio per un po' di pesce"

Appalti Emiliano: "Non lascio per un po' di pesciolini"
PORTOS / Franco Portinari

Lisca Emiliano
L'inchiesta che vede coinvolto il sindaco Emiliano nella vicenda giudiziaria degli appalti agli imprenditori Degennaro rischia di scivolare davvero nel ridicolo. 
In un Paese dove da ormai troppo tempo la corruzione si legge con cifre a parecchi zeri, il super sindaco si vuole abbia compromesso il proprio integerrimo mandato per una strenna natalizia a base di spigole e qualche cozza pelosa.
Insomma, una innocua zuppetta che rischia però di ostacolare - con un tempismo perfetto - lo sprint elettorale con cui il sindaco barese si è proposto per le prossime regionali.
 Umberto Romaniello

 

PORTOS / Franco Portinari
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PORTOS / Franco Portinari
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Modello Emiliano
CeciGian





EMILIANO, LE COZZE I PESCI GLI ASTICI.
Emiliano: "Io fesso per 50 cozze pelose"
Il sindaco di Bari: "Il processo me lo faccio da solo, ma non sono un corrotto"
foto LaPresse
10:28 - ''Il processo me lo faccio da solo, visto che non sono accusato di alcun reato. Mi processo davanti a tutti per quattro spigole e cinquanta cozze pelose'' e ''mi condanno. Per leggerezza''. ''Ho sbagliato, sono stato un fesso, non certo un corrotto. I Degennaro non hanno avuto favori dalla mia giunta, nulla di nulla''.
E' quanto afferma a Repubblica, il sindaco di Bari, Michele Emiliano che aggiunge:''Non dovevo accettare quel regalo. Però trovo assurdo mettere sullo stesso piano chi intasca tangenti milionarie e chi accetta un pacco natalizio''. Emiliano si dice inoltre ''grato'' ai magistrati poichè ''senza questa inchiesta non mi sarei reso conto di chi sono i Degennaro. Io li consideravo amici e invece mi stavano vicino soltanto per calcolo''.

''Io sono una persona perbene - si difende ancora il Primo cittadino pugliese -, uno che ha lavorato per il bene della sua città''. La sua ascesa politica rischia di essere compromessa dalla vicenda delle cozze e delle spigole? ''A me - replica Emiliano - della carriera politica non importa più niente. Voglio salvare il mio onore. Voglio consegnare ai miei figli un cognome pulito, come io l'ho ricevuto da mio padre''. ''Voglio rimanere fino alla fine - conclude -, sbattere fuori dal Comune di Bari chiunque si sia avvicinato a me per fare i propri affari. Poi potrò passare la mano a qualcun altro: dubito più onesto, magari più furbo''.
Nico Pillinini

lunedì 26 marzo 2012

Il Victor Hugo di Agim Sulaj

Victor Hugo - Agim Sulaj 


Victor Hugo (1802-1885) si fermò a Vianden in diverse occasioni fra il 1862 e il 1871 e descrisse la bellezza della cittadina lussemburghese in prosa, in poesia e in alcuni disegni. Il contributo di Hugo per la promozione dell'immagine turistica di Vianden nel resto del mondo è stato decisivo ed è raccolto nella casa divenuta museo.
Agim Sulaj, negli anni scorsi, vincendovi premi e facendovi mostre ha potuto soggiornare ed immergersi in quei verdi paesaggi e capire quanto il drammaturgo francese avesse amato Vianden.
Il maestro Agim Sulaj ha  interpretato il ritratto in modo fantastico: Hugo fa parte del paesaggio, della terra e dalla sua mente si erge il castello.

Due dei disegni di Victor Hugo conservati tra le tante cose nella casa museo a lui dedicata a Vianden:

7 août Vianden.
Vianden. La maison que j’habite au coin du pont, 28 juillet 1871.

 

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domenica 25 marzo 2012

Note di Portos 18 marzo 2012

    Note di Portos - 18 marzo 2012

caricature e non solo... di Franco Portinari
 


Il mafioso - non mafioso



Il moderato - smodato
Berlusconi



L'onesto ladro
Lusi


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de Il Fatto Quotidiano  http://www.ilmisfatto.it/

Altre vignette della settimana di Portos:
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