COSCE DA PAZZI.
"non fai ridere, non fai piangere, non fai riflettere, non fai uso di limiti...ma che cazzo fai, allora?"
"faccio quello che mi pare.
so cos'è il libero arbitrio e ho il talento per usarlo come voglio.
se sai cos'è il libero arbitrio e hai talento, fallo anche te.
ma fammi una cortesia: se non ci riesci, non ti mettere a spiegare a me come dovrei fare quello che faccio...che se lo faccio così è giusto e se lo faccio cosà è sbagliato.
IO FACCIO QUELLO CHE MI PARE.
e finchè ci sarà una persona interessata a quello che faccio, sia in positivo che in negativo, continuerò a farlo.
e se ne avrò voglia può darsi che continui a farlo anche se non interesserà a nessuno...chi lo sa..?"
Riccardo Mannelli
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Diario Fo commenta la vignetta di Riccardo Mannelli: "È bellissima, le polemiche sono un tentativo di censura"
il Fatto Quotidiano
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Diario Fo commenta la vignetta di Riccardo Mannelli: "È bellissima, le polemiche sono un tentativo di censura"
il Fatto Quotidiano
Ha passato una vita a calcare le tavole del palcoscenico per dileggiare il potere. Intervistato dal Fatto Quotidiano, Dario Fo ha voluto dire la sua sulla vignetta pubblicata pochi giorni fa da Riccardo Mannelli, in cui la ministra Boschi viene rappresentata con le cosce in bella mostra. L'opinione del Premio Nobel per la Letteratura è precisa e netta, e va in controtendenza alla pioggia di critiche che, mosse da ogni parte, hanno investito il fumettista.
"È bellissima, il ministro appare come una signora elegante e niente affatto volgare, triviale o oscena. Non è un disegno indecente, né maleducato. È utilizzato per spiegare il gioco di parole. Ma prendersela per un innocente gioco di parole è una reazione che svela rozzezza e pochezza intellettuale. Il vuoto assoluto del senso dell'umorismo".
L'autore di Mistero Buffo parla apertamente di censura in questa sua intervista, ricordando che anche i grandi artisti del passato hanno dovuto subire la medesima sorte.
"Molière fu censurato duramente per il Tartufo e per il Don Giovanni. Ripeteva: 'Sono triste per la satira, ma so che un Paese che disprezza la satira e ne teme gli effetti non ha né intelligenza, né fantasia'. La satira ha bisogno di persone intelligenti".
Per uno che ha votato la propria vita a rompere i canoni del teatro borghese e a studiare con passione l'arte antica, non c'è da stupirsi che Mannelli abbia voluto scoprire un po' le cosce della ministra per esprimere una critica al governo.
"Il corpo, nudo o poco vestito, è stato usato dagli artisti in molti modi con tante funzioni sceniche. Pensiamo a Michelangelo e al suo capolavoro, il Giudizio Universale della Cappella Sistina, dove tanti tra papi, santi, beati, principi e personaggi biblici sono stati ritratti nudi e seminudi con seni e natiche in vista. Avrebbero dovuto dargli fuoco! [...] Un popolo senza umorismo è un popolo finito".
Dal canto suo, Fo è fermamente convinto che la reazione di politici e poteri forti sia spropositata e intravede un chiaro disegno censorio dietro l'episodio.
"Reazioni smodate. Se c'è mancanza di misura è in queste reazioni. Sono convinto che il ministro non possa essersi offesa nel vedere se stessa raffigurata in quell'immagine. [...]La regia è chiara: creare un tormentone facile e orecchiabile, come le gambe del ministro. I tentativi di censurare la satira sono una spia pericolosa, toccano i Paese e i popoli che sono in difficoltà sul piano della libertà di manifestazione del pensiero".
Daniela Ranieri
su IL FATTO
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LA VERSIONE DI MUGHINI - LA VIGNETTA DI MANNELLI È IDIOTA E ORRIDA. NIENTE DI MALE, SUCCEDE. CIASCUN GIORNALE FA LE VIGNETTE CHE VUOLE E CONTRO CHI VUOLE. SAREI UN PO' MENO PRESUNTUOSO DEGLI AMICI DEL 'FATTO' CHE OGNI CINQUE MINUTI RIPETONO CHE SOLO LORO SONO VISPI E INTELLIGENTI LADDOVE TUTTI GLI ALTRI SONO 'BIGOTTI' E 'SERVILI'
Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, ovvio che in un Paese civile ciascun giornale fa le vignette che vuole e come vuole e contro chi vuole. Semmai sarei un po’ meno presuntuoso degli amici del “Fatto”, i quali ogni cinque minuti ripetono e ribadiscono che solo loro sono vispi e intelligenti e anticonformisti e laddove tutti gli altri sono “bigotti” e “servili”.
Un’affermazione con la quale, per quanto mi riguarda, mi pulisco allegramente le scarpe. Ovvio che il “Fatto” aveva tutto il diritto di mettere in prima pagina una vignetta che vorrebbe essere derisoria di Maria Elena Boschi, e che per farlo punta sulle sue “cosce” sguainate e cellulitiche.
Roba che quanto a gusto ed eleganza, a paragone il “cicciottelle” di un recente titolo giornalistico è un aforisma di Karl Kraus. Conosco e ho simpatia per Mannelli da qualche decennio: è un disegnatore aguzzo al quale, com’è ovvio, non tutte le vignette riescono col buco.
Questa è assieme idiota e orrida. Niente di male. Succede. Ne sto parlando da lettore del “Fatto” che ogni mattina lo compra e ne legge un bel po’ di articoli, quasi sempre molto buoni, eccezion fatta per le nenie stucchevolissime contro Matteo Renzi. Evviva le vignette, evviva il sarcasmo libero e indipendente.
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La libertà di satira
e la libertà delle donne
Stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo
di Antonio Polito
Così deve essere anche nei confronti dei nuovi paletti che la sensibilità moderna ha posto al discorso pubblico: per esempio quello relativo al corpo della donna. Se un tempo si disegnava Spadolini ignudo e grassoccio con il pisellino al vento, ridendone, perché mai non si potrebbe oggi esporre il corpo di una donna ministra ridendo della sua esibita avvenenza, è stato autorevolmente detto. (Anche se, a proposito degli spostamenti del senso del limite, non si può escludere che oggi un direttore che desse del «cicciottello» a Spadolini se la vedrebbe brutta). C’è insomma un politicamente corretto più corretto del rispetto delle donne, e questo è il rispetto della satira.
Esagerati, dunque, o in malafede, gli indignati anti Mannelli: quella vignetta non istiga certo disprezzo nei confronti delle donne, e il disegnatore non è un cattivo maestro di potenziali femminicidi; chi volesse davvero cercare le radici della tabe sessista del maschio italiano dovrà impegnarsi un po’ di più invece di trovarsi facili bersagli polemici (per esempio leggendo il bellissimo romanzo di Edoardo Albinati).
Confesso però che mi hanno altrettanto, se non di più turbato, un paio di argomenti che sono stati usati in difesa di Mannelli. Il primo recita più o meno così: è legittimo prendere in giro l’avvenenza della ministra per denunciare la sua (presunta) incompetenza, in pratica se lei non dicesse «sciocchezze» costituzionali si eviterebbe le vignette sulle «cosce». Ma stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo (belli e incompetenti non mancano nel nostro sesso).
Il secondo argomento è anche peggiore: si sostiene che in realtà la vignetta non faceva che replicare la realtà, come si deduce da una foto della ministra ritratta nella stessa posa della vignetta. Così, senza dirlo, si fa colpa alla signora Boschi di mettere in mostra le gambe, roba che non si sentiva dai tempi in cui Scalfaro schiaffeggiava le signore scollate, e la vignetta di Mannelli smette di essere difesa in quanto satira e viene elevata ad atto di denuncia. Ma denuncia di che? Si sta forse sostenendo che la ministra se l’è cercata indossando abiti scostumati, e che invece coprire il corpo femminile sia un atto di modestia e di serietà, soprattutto per una donna che fa politica?
Ecco: «se l’è cercata» è il grido di battaglia del sessismo. E su questa strada è davvero breve il passo che ci separa dalla burkizzazione a fini politici della polemica contro Maria Elena Boschi. Un prezzo francamente troppo alto, anche per la battaglia referendaria. Giù le mani dunque dalla libera satira. E giù le mani però anche dalla libertà delle donne: tutte le donne, comprese quelle potenti.Così deve essere anche nei confronti dei nuovi paletti che la sensibilità moderna ha posto al discorso pubblico: per esempio quello relativo al corpo della donna. Se un tempo si disegnava Spadolini ignudo e grassoccio con il pisellino al vento, ridendone, perché mai non si potrebbe oggi esporre il corpo di una donna ministra ridendo della sua esibita avvenenza, è stato autorevolmente detto. (Anche se, a proposito degli spostamenti del senso del limite, non si può escludere che oggi un direttore che desse del «cicciottello» a Spadolini se la vedrebbe brutta). C’è insomma un politicamente corretto più corretto del rispetto delle donne, e questo è il rispetto della satira.
Esagerati, dunque, o in malafede, gli indignati anti Mannelli: quella vignetta non istiga certo disprezzo nei confronti delle donne, e il disegnatore non è un cattivo maestro di potenziali femminicidi; chi volesse davvero cercare le radici della tabe sessista del maschio italiano dovrà impegnarsi un po’ di più invece di trovarsi facili bersagli polemici (per esempio leggendo il bellissimo romanzo di Edoardo Albinati).
Confesso però che mi hanno altrettanto, se non di più turbato, un paio di argomenti che sono stati usati in difesa di Mannelli. Il primo recita più o meno così: è legittimo prendere in giro l’avvenenza della ministra per denunciare la sua (presunta) incompetenza, in pratica se lei non dicesse «sciocchezze» costituzionali si eviterebbe le vignette sulle «cosce». Ma stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo (belli e incompetenti non mancano nel nostro sesso).
Il secondo argomento è anche peggiore: si sostiene che in realtà la vignetta non faceva che replicare la realtà, come si deduce da una foto della ministra ritratta nella stessa posa della vignetta. Così, senza dirlo, si fa colpa alla signora Boschi di mettere in mostra le gambe, roba che non si sentiva dai tempi in cui Scalfaro schiaffeggiava le signore scollate, e la vignetta di Mannelli smette di essere difesa in quanto satira e viene elevata ad atto di denuncia. Ma denuncia di che? Si sta forse sostenendo che la ministra se l’è cercata indossando abiti scostumati, e che invece coprire il corpo femminile sia un atto di modestia e di serietà, soprattutto per una donna che fa politica?
Ecco: «se l’è cercata» è il grido di battaglia del sessismo. E su questa strada è davvero breve il passo che ci separa dalla burkizzazione a fini politici della polemica contro Maria Elena Boschi. Un prezzo francamente troppo alto, anche per la battaglia referendaria. Giù le mani dunque dalla libera satira. E giù le mani però anche dalla libertà delle donne: tutte le donne, comprese quelle potenti.
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L'amico salmastro mi scrive:
"ma Mannelli, sotto il disegno, non poteva scrivere: "oltre le gambe, c'è di più?"
...temo, però, che la citazione di una canzonetta non sarebbe stata Fatto-Style... "
SAL
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stavo leggendo questo articolo dell'Huffington Post che titola qualcosa tipo "i dieci momenti più sessisti delle olimpiadi" o qualcosa del genere
questo termine, sessismo, mi piace tanto ma tanto tanto, proprio
mi piace talmente tanto che vi pregherei di non usarlo MAI qui, io lo farò con parsimonia, proprio per non sciuparlo
voglio conservarlo come perla nella sua ostrica, chiusa, in fondo al mare
e pensavo: che bello deve essere gustare un aperitivo al tramonto, a Montmartre, con l'autrice, sfiorarsi piano e sussurrarsi tanti asterischi
Fabio Magnasciutti
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