[...]Faccio parte di quegli adolescenti, di classi diverse e di regioni diverse, che nel 1974 erano rimasti interdetti per cinque domeniche nel vedere alla televisione di Stato, l’unica che c’era allora, in prima serata l’Orlando Furioso, trasmesso in bianco e nero: la reinvenzione filmata dello spettacolo del 1968, calato – grazie alla fantasia di Pier Luigi Pizzi – in una ridda di località, tra cui Santa Maria in Cosmedin a Roma, elevata a corte di Carlo Magno, e le sale farnesiane di Caprarola. Tra gli affreschi di Taddeo Zuccari Angelica era inseguita da paladini su cavalli giocattolo, mentre i versi di Ariosto erano risistemati da Edoardo Sanguineti. E l’ippogrifo volteggiava tra le carte geografiche dipinte dal misterioso Giovanni Antonio da Varese. Non c’era alcuna congruenza tra la civiltà delle corti padane del primo Cinquecento, da cui era uscito il prodigio del Furioso, e il fasto rinserrato e un po’ greve della reggia laziale: eppure il risultato era magico. Gli interpreti erano una specie di nazionale di calcio dei giovani attori italiani, ma non mancava Peter Chatel tra un Daniel Schmid e un Fassbinder, di cui non supponevo allora neanche l’esistenza. E sì che Peter Chatel era il protagonista, proprio nel 1974, del Diritto del più forte. Ogni puntata terminava con dei titoli di coda in cui si mostravano i risvolti tecnici, pratici della messinscena: come faceva a volare l’ippogrifo, come correvano i cavalli sui binari, come incedeva l’orca… Si spiegavano cioè le regole dell’illusione; si forniva la scatola di montaggio: quanto ho riflettuto su quelle sigle di chiusura. La mattina del lunedì, a scuola, dell’Orlando si parlava con i compagni: chi infastidito e chi stregato da quell’esperienza fin lì senza paragone alcuno, così distante dalla routine narrativa dei romanzi sceneggiati, così aperta a mille anacronistiche prospettive.[...]Si, io faccio parte di quei compagni che erano stregati e tanto ne parlavamo in classe con l'insegnante di Storia dell'arte di Luca Ronconi, del suo teatro e delle sue strabilianti macchine sceniche.
Giovanni Agosti
« Des cavaliers fous chevauchant licornes et hippogriffes fendant la foule, des chariots roulés à bras d'hommes installant trois, six aires de jeu simultanées avant d'entraîner le public dans un labyrinthe grillagé, tel était Orlando Furioso d'après l'Arioste, première apparition de Luca Ronconi en France. » (Encyclopaedia Universalis, article Luca Ronconi).
OBERON MILANO TEATRO ALLA SCALA 1989 ALLESTIMENTO LUCA RONCONI |
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Riporto l'articolo del 24 marzo 2013 su la Repubblica col ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Luca Ronconi
Vorrei dare un senso alla tristezza ma ho visto troppi film per crederci
di Antonio Gnoli Pdf
Non mi viene in mente niente di più tenero e vulnerabile delle parole di Luca Ronconi. Mentre lo guardo, incorniciato da una leggera barba, penso che vivere una vita non sia come accendersi una sigaretta, bere un whisky o fare una passeggiata. Anche una vita passabile, o fortunata, è fatta di frenate improvvise davanti al precipizio; di frammenti arenati e sparsi sulla spiaggia degli anni. E Ronconi di anni ne ha compiuti ottanta. Lo hanno celebrato e messo sul podio, lui se ne è ritratto. Lo hanno illuminato con esultanza, ma la luce comincia a pesare. Ci vediamo al Piccolo di Milano di cui ha la direzione artistica. Lo trovo dimagrito. Ricordo un nostro lontano incontro nella sua casa vicino Gubbio: disponibilità amabile, chiarezza mentale, sorriso dolce. La sua voce stantuffa, a volte sale, a volte si ritrae, è come se inseguisse le parole o le abbandonasse ai pensieri più nascosti.
Per i suoi ottant' anni l' hanno molto festeggiata. Come si sente ora che tutto si è concluso?
«Mi hanno riempito di onorificenze e non sapevo se essere più grato o