Ieri su Repubblica uno splendido ritratto di Riccardo Mannelli ed una bella intervista-testimonianza
di Antonio Gnoli
a Enzo Bianchi, il priore di Bose
“Ho passato la vita alla ricerca di Dio oggi sento il peso di non avere figli”
intervista a Enzo Bianchi a cura di Antonio Gnoli
in “la Repubblica” del 28 luglio 2013
Forse cinquant’anni fa Enzo Bianchi non avrebbe immaginato che la Comunità di Bose, da lui
fondata, sarebbe diventata un importante centro della spiritualità, sul quale convergono religiosi e
laici da tutta Europa. E non è che qui si respiri la severa aria teologale che incute timore e toglie il
respiro. Quel vecchio detto: solo il bene alla lunga è degno di considerazione qui è declinato con
naturalezza e semplicità. Sono le armi con cui mi accoglie il Priore, in questo luogo che conta una
settantina di monaci, impegnati nelle più diverse attività.
Bianchi ha una vita intensa. Scandita, oltre che dal lavoro in comunità, dagli incontri esterni:
generalmente sono conferenze con molto seguito. Ha da poco compiuto settant’anni che Einaudi ha festeggiato con una raccolta di scritti in suo onore (La sapienza del cuore). E nell’osservare
quest’uomo dalla costituzione robusta e dallo sguardo franco mi chiedo quanto di tutto quello che vedo realizzato sia dipeso dal suo carisma. Sediamo a una tavola imbandita con semplicità e dovrei raccontare a questo punto l’appassionata competenza che il Priore esibisce in fatto di cucina. Quella che predilige è monferrina, perché lì sono le sue origini: «Mia nonna era una cuoca francese, venne in Italia e sposò mio nonno, un panettiere. In casa c’è sempre stato il culto per la cucina». E per un po’ la conversazione si insinua tra i ricordi di pietanze della sua terra: «Amo il mio Monferrato con
le sue colline e le sue viti», dice. E nel dirlo, si avverte un senso di pienezza e di malinconia.