lunedì 30 marzo 2015

Premio Euro-Kartoenale 2015 "Inquinamento e Risanamento del Suolo"

Da ECC, Euopean Cartoon Center:

Prize winners Euro-Kartoenale 2015 'Soil pollution and sanitation'
The Polish cartoonist Pawel Kuczynski did win the 20th edition of the Euro-kartoenale. It was Belgian Minister of Culture Sven Gatz who was giving him the check of 1600 Euros and the corresponding trophy.

The international jury selected the work of Kuczynski out of 1815 cartoons of 532 cartoonists of 71 countries.

The Italian Marco D’Agostino and Paolo Dalponte did win the second and third prize.


I Vincitori del Premio Euro-Kartoenale 2015
Tema 'inquinamento e risanamento del suolo'.
Il vignettista polacco Pawel Kuczynski ha vinto la 20 ° edizione di Euro-kartoenale.
Il ministro belga della Cultura Sven Gatz, gli ha consegnato 1600 euro e il trofeo corrispondente.

La giuria internazionale ha selezionato l'opera di Kuczynski tra 1.815 cartoon di 532 disegnatori di 71 paesi diversi.

Gli italiani Marco D'Agostino e Paolo Dalponte hanno vinto rispettivamente il secondo e il terzo premio.



Primo premio: Pawel Kuczynski - Polonia




Secondo premio: Marco D'Agostino - Italia


Terzo premio: Paolo Dalponte -Italia 





Miglior entry europea: Doru Axinte - Romania


Miglior opera belga: Beyaert Herwig


Premio di ECC: Zygmunt Zaradkiewicz - Polonia



Menzione d'onore: Sajad Rafeei - Iran



Menzione d'onore: Pol Leurs - Lussemburgo

Le foto

domenica 29 marzo 2015

Incidente aereo della Germanwings

24 marzo 2015
Un Airbus A320 della compagnia Germanwings, filiale low cost del gruppo Lufthansa, si è schiantato martedì mattina contro il Massiccio dei Trois-Evêchés (Tre Vescovadi), nel sud della Francia. Trasportava 144 passeggeri, tra i quali due neonati, due piloti e quattro membri dell’equipaggio. Nessuno è sopravvissuto.
La procura di Marsiglia afferma che il copilota ha volutamente distrutto l'aereo, dopo aver deliberatamente perso di quota. Uno dei due piloti era chiuso nella cabina e l’altro cercava inutilmente di entrare.

E' una tragedia immane, inconcepibile.
Questo blog è vicino alle famiglie ed a tutti quelli coinvolti nella vicenda.
Le mie più sincere condoglianze ai famigliari ed agli amici delle vittime.
Le vignette raccolte non vogliono assolutamente mancare di rispetto o lucrare sulla vicenda, e spero di non urtare la sensibilità di nessuno.
Fany


Stairway to Heaven    Alfredo Martirena
Yesterday, an airplane of Germanwings crashed in southern France, killing 150 people.
25 Mar 2015


Les suites du crash de l'avion GermanWings.
dessin paru dans L'Echo du 28 mars 2015.
Vadot



The #Germanwings Tragedy -
© Chappatte in The International New York Times




Controle, controle, controle...#Germanwings
Joep Bertrams



suicide pilot    Alfredo Martirena
suicide pilot :(
27 Mar 2015


Germanwings suicide
BY TOM JANSSEN, THE NETHERLANDS  -  3/27/2015



Ornikkar



Deligne


La porta chiusa

MASSIMO GRAMELLINI
Perché anche i passeggeri? Nei giornali come nelle case si ragiona con i pochi elementi a disposizione, ma è impossibile interrompere il percorso ossessivo dei pensieri. Di solito un depresso la fa finita in solitudine. Al più associa al sacrificio i familiari stretti, che considera una prosecuzione di se stesso. Ma il copilota che ha mandato l’aereo tedesco contro la montagna ha deciso di coinvolgere nel commiato degli sconosciuti. Peggio, degli sconosciuti che aveva appena incontrato. Lo immaginiamo all’imbarco, o sulla porta della cabina prima del decollo, mentre sorride alla comitiva di turisti e fa un cenno di saluto alla scolaresca in gita premio. Dopo avere visto in faccia le persone che gli erano state affidate, come ha potuto tradirle? Non si può neanche dire che, accecato dal suo male insondabile, a un certo punto abbia creduto di essere rimasto solo. Se ha chiuso la porta per impedire al comandante di rientrare in cabina, significa che era consapevole della realtà. Per compiere l’atto che lo ha isolato dal mondo doveva sapere che oltre quella porta c’era il mondo. E che lui lo stava condannando a morte.

Non basta la depressione a spiegare una strage, così come nel caso dei terroristi islamici non basta la fede. Ci vuole il delirio di onnipotenza. E il culto della morte simbolica. Con la sua parte irrazionale il copilota avrà stabilito che proprio l’aereo, la sua vita, diventasse la sua morte. Il resto, centoquarantanove esseri umani, gli sarà sembrato un effetto collaterale.

"Senza parole", ma soprattutto senza senso!
Riverso


Bertelli - Meno


...tristezza e cordoglio.
Perazzolli



Luft Ansia
Certo che, per chi già prima soffriva di paura di volare l'ultimo tragico disastro aereo non deve essere di aiuto. E anche per quelli che viaggiano normalmente il sapere che alla guida ci potrebbe essere un pilota non proprio equilibrato non è tranquillizzante.

D'ora in poi mai più un solo pilota in cabina di guida, un po' tardi anche perchè il caso non è stato  il primo e, depressione a parte, i motivi per evitare l'uomo solo al comando, ce ne sono anche tanti e da tempo.
Uber

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La ricostruzione di Portos

Corriere della sera di Milano del 27 marzo 2015. Disastro aereo





Siamo tutti tedeschi
MASSIMO GRAMELLINI
Se una piccola lezione si può trarre dalla tragedia innescata dal pilota kamikaze è la precarietà di certi pregiudizi sedimentati nei secoli. Col passare delle ore emerge un quadro di superficialità e approssimazione assai poco tedesco. Andreas Lubitz era andato al lavoro stracciando un certificato di malattia, e questo rientra ancora nel luogo comune che immagina un italiano fare esattamente il contrario. Ma com’è possibile che l’ospedale universitario di Duesseldorf, che lo aveva in cura da mesi, non avesse sentito il dovere di cautelarsi inviando alla compagnia aerea una copia del documento che gli impediva di volare? La privacy, dicono. Ma la privacy smette di essere la priorità, quando riguarda un uomo che ha in mano il destino di vite che non sono la sua. Per quanto, secondo i giornali tedeschi, Lufthansa qualcosa sapeva. Sapeva che nel 2009 una crisi depressiva aveva reso Lubitz «parzialmente inadatto al volo». Ma cosa significa «parzialmente»? Che poteva volare solo nei giorni dispari o con la mano destra?

Dalle prime ricostruzioni della tragedia affiora una trama fitta di smagliature: informazioni mancanti, negate, sottovalutate. Adesso si invocano regole nuove, ma come sempre sarebbe bastato rispettare quelle esistenti. O forse non sarebbe bastato comunque. Visto dall’Italia, patria del fatalismo, il dramma che ha colpito un popolo noto per la sua rigidità alimenta la sensazione che alla fine siamo tutti umani, e che lo siamo allo stesso modo: imperfetto e irrazionale. Costretti a convivere, e talvolta purtroppo a conmorire, con i nostri limiti e le nostre miserie.



NELLA CABINA DI PILOTAGGIO
Franco Berardi
Dicono che il giovane pilota Andreas Lubitz avesse sofferto di crisi depressive e avesse tenuto nascoste le sue condizioni psichiche all’azienda per cui lavorava, la Lufthansa. I medici consigliavano un periodo di assenza dal lavoro. La cosa non è affatto sorprendente: il turbo-capitalismo contemporaneo detesta coloro che chiedono di usufruire dei permessi di malattia, e detesta all’ennesima potenza ogni riferimento alla depressione. Depresso io? Non se ne parli neanche. Io sto benissimo, sono perfettamente efficiente, allegro, dinamico, energico, e soprattutto competitivo. Faccio jogging ogni mattina, e sono sempre disponibile a fare straordinario. Non è forse questa la filosofia del low cost? Non suonano forse le trombe quando l’aereo decolla e quando atterra? Non siamo forse circondati ininterrottamente dal discorso dell’efficienza competitiva? Non siamo forse quotidianamente costretti a misurare il nostro stato d’animo con l’allegria aggressiva delle facce che compaiono negli spot pubblicitari? Non corriamo forse il rischio di essere licenziati se facciamo troppe assenze per malattia?
Adesso i giornali (gli stessi giornali che da anni ci chiamano fannulloni e tessono le lodi della rottamazione degli inefficienti) consigliano di fare maggiore attenzione nelle assunzioni. Faremo controlli straordinari per verificare che i piloti d’aereo non siano squilibrati, matti, depressi, maniaci, malinconici tristi e sfigati. Davvero? E i medici? E i colonnelli dell’esercito? E gli autisti dell’autobus? E i conducenti del treno? E i professori di matematica? E gli agenti di polizia stradale?
Epureremo i depressi. Epuriamoli. Peccato che siano la maggioranza assoluta della popolazione contemporanea. Non sto parlando dei depressi conclamati, che pure sono in proporzione crescente, ma di coloro che soffrono di infelicità, tristezza, disperazione. Anche se ce lo dicono raramente e con una certa cautela l’incidenza delle malattie psichiche è cresciuta enormemente negli ultimi decenni, e il tasso di suicidio (secondo il rapporto del World Health Organization) è cresciuto del 60% (wow) negli ultimi quarant’anni.
Quaranta anni? E che potrà mai significare? Che cosa è successo negli ultimi quarant’anni perché la gente corra a frotte verso la nera signora? Forse ci sarà un rapporto tra questo incredibile incremento della propensione a farla finita e il trionfo del Neoliberismo che implica precarietà e competizione obbligatoria? E forse ci sarà un rapporto anche con la solitudine di una generazione che è cresciuta davanti allo schermo ricevendo continui stimoli psico-informativi e toccando sempre di meno il corpo dell’altro? Non si dimentichi che per ogni suicidio realizzato ce ne sono circa venti tentati senza successo. E non si dimentichi che in molti paesi del mondo (anche in Italia) i medici sono invitati a essere cauti nell’attribuire una morte al suicidio, se non ci sono prove evidenti dell’intenzione del deceduto. E quanti incidenti d’auto nascondono un’intenzione suicida più o meno cosciente?
Non appena le autorità investigative e la compagnia aerea hanno rivelato che la causa del disastro aereo sta nel suicidio di un lavoratore che ha sofferto di crisi depressive e le ha tenute nascoste, ecco che in Internet si è messo in marcia il solito esercito di cospirazionisti. “Figuriamoci se ci credo”, dicono quelli che sospettano il complotto. Ci deve essere dietro la CIA, o forse Putin, o magari semplicemente un gravissimo errore della Lufthansa che ci vogliono tenere nascosto. Un vignettista che si firma Sartori e crede di essere molto spiritoso mostra un tizio che legge il giornale e dice: “Strage Airbus: responsabile il copilota depresso.” Poi aggiunge: Fra poco diranno che anche l’ISIS è fatta da depressi.”
Ecco, bravo. Il punto è proprio questo: il terrorismo contemporaneo può avere mille cause politiche, ma la sola causa vera è l’epidemia di sofferenza psichica (e sociale, ma le due cose sono una) che si sta diffondendo nel mondo. Si può forse spiegare il comportamento di uno shaheed, di un giovane che si fa esplodere per uccidere una decina di altri umani in termini politici, ideologici, religiosi? Certo che si può, ma sono chiacchiere. La verità è che chi si uccide considera la vita un peso intollerabile, e vede nella morte la sola salvezza, e nella strage la sola vendetta. Un’epidemia di suicidio si è abbattuta sul pianeta terra, perché da decenni si è messa in moto una gigantesca fabbrica dell’infelicità cui sembra impossibile sfuggire. Quelli che dappertutto vedono un complotto dovrebbero smetterla di cercare una verità nascosta, e dovrebbero invece interpretare diversamente la verità evidente. Andreas Lubitz si è chiuso dentro quella maledetta cabina di pilotaggio perché il dolore che sentiva dentro si era fatto insopportabile, e perché accusava di quel dolore i centocinquanta passeggeri e colleghi che volavano con lui, e tutti gli altri esseri umani che come lui sono incapaci di liberarsi dall’infelicità che divora l’umanità contemporanea, da quando la pubblicità ci ha sottoposto a un bombardamento di felicità obbligatorio, da quanto la solitudine digitale ha moltiplicato gli stimoli e isolato i corpi, da quando il capitalismo finanziario ci ha costretto a lavorare il doppio per guadagnare la metà.

sabato 28 marzo 2015

Children in War - International Cartoon exhibition 2015 Norway



Dear cartoonists,
We are happy to announced that we going to arrange an international cartoon exhibition in Norway.
Theme: Children in War
We received about 300 cartoons from all over the world.

Keep stay with us, we will update you soon when we going to exhibit.
Thank you for your participation.

Regards
Fadi Abou Hassan
&
Arifur Rahman
tOOns MaG


fadiabouhassan@Yahoo.com



MIKS 2015: 1st International Cartoon Exhibition Sisak 2015, Croatia.



„ 1st INTERNATIONAL CARTOON EXHIBITION SISAK 2015 “


The organizer of the 1st International Cartoon Exibition Sisak 2015 is the City of Sisak, Croatian Cartoonist Association and Museum of the City of Sisak.

The project leader and the president of the Organizing Committee Mr. Nenad Ostojić.


A.  PARTICIPATION

The festival is open to everyone, regardless nationality, age, sex, or profession.


B.  THEME

Jazz & Blues (gag or caricature portrait to the set topic).

venerdì 27 marzo 2015

Walter Toscano : MALALA YOUSAFZAI


« I don't mind if I have to sit on the floor at school. All I want is education. And I'm afraid of no one. »
« Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno. »
MALALA YOUSAFZAI




Walter Toscano
© MALALA YOUSAFZAI by/por WALTER TOSCANO
1° Place in Traditional Caricature Art Contest
Traditional media / Técnica tradicional - 2015
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© "FREEDOM" / "LIBERTAD" by/por WALTER TOSCANO.
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Walter Toscano-Artista

martedì 24 marzo 2015

Ritratto di Piero Gelli

Il 9 marzo su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli

e l'intervista di Antonio Gnoli

a Piero Gelli


Piero Gelli: "Quando Livio Garzanti zittì Pasolini capii che il divorzio era consumato"

Il direttore editoriale: "Fu una specie di chiarimento. Tutto ebbe origine da un telegramma nel quale l'intellettuale chiedeva spiegazioni su uno scrittore che la casa editrice aveva deciso di pubblicare. Il tono sembrava ultimativo: mi dica se è vero che ha preso un autore a me inviso"
Antonio Gnoli

CREDO che Piero Gelli fosse rimasto il solo, al di fuori della famiglia, a vedere ancora in vita Livio Garzanti: "Capitava che mi affacciassi. Vede questo galletto nel piatto? Si era ridotto così. Ristretto. Stranamente mitopoietico nel suo modo di volgersi al passato. Sospettavo che fosse perfino diventato buono. L'ultima volta che lo incontrai con la voce ormai spenta disse: ma lei perché ha tanti amici e io nessuno? E ho ripensato alla sua vita. Al suo carattere sgradevole, asociale, dissonante. Mi veniva in mente André Gide, un uomo animato da pulsioni contrarie".

Nel ristorante romano dove sediamo le voci e i rumori creano un sottofondo di distrazione. Gelli socchiude gli occhi e la voce, intimamente fiorentina, lancia qualche amo nel passato: "Non distante da qui c'era un tempo l'Augustea. Un giorno con Garzanti vi incontrammo Pasolini. Nessuno poteva immaginare che di lì a poco sarebbe morto".

Perché vi vedeste?

domenica 22 marzo 2015

Eclissi di sole e di Lupi

20 marzo 2015 eclissi parziale di sole.
L'ombra parziale è invece stata visibile in tutta Europa, oltre che nell'Africa occidentale e del nord, in Medioriente, in Russia e Kazakistan.
L'allineamento di sole-terra-luna ha determinato quella che è stata battezzata "marea del secolo". In Francia è previsto un valore di 119 su una scala massima di 120: presso il Mont Saint-Michel il mare raggiungerà i 14 metri d'altezza qualche ora dopo il massimo dell'eclissi. A Venezia è prevista una marea di 75 cm (circa 20-25 centimetri in più della media) Successivamente all'eccezionale alta marea, si verificherà anche un'equivalente bassa marea estrema. Ma oltre all'interesse scientifico del fenomeno, l'eclissi ha influenzato anche la satira e l'humour, che a seconda del paese dove vivono i diversi artisti, vi hanno visto qualcosa della loro realtà.

In Italia 




Eclissi
CeciGian


venerdì 20 marzo 2015

Ritratto di Bernardo Valli

Il 1 marzo su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli

e l'intervista di Antonio Gnoli

a Bernardo Valli






Bernardo Valli
“Niente letteratura, niente storia sono e resto un giornalista inquieto”

ANTONIO GNOLI

DOPO una conversazione durata quasi tre ore e che ci inoltra nel pieno di una sera parigina, Bernardo Valli mi invita in un ristorante non lontano da casa. Vive nel nono arrondissement. «Un tempo fu il regno dei letterati e degli artisti. La chiamavano la Nouvelle Athènes. Ci stavano stabilmente Baudelaire e Zola; ci venivano George Sand e Turgenev. Non distante c’è il liceo Condorcet dove Proust studiava. Qui offrì a una compagna un mazzolino di fiori prima di scoprire la sua omosessualità ». Valli ha buone letture. E straordinari ricordi. Non mi sorprende. I suoi articoli (una parte è uscita qualche mese fa da Mondadori) aprono a mondi narrativi costruiti con la precisione del grande meccanico. Usciamo dal ristorante che è quasi mezzanotte. Fa freddo. Un tratto di strada a piedi. Poi improvvisamente Pigalle: uno schiaffo di luci rosse. «In quarant’anni che vivo a Parigi non sono mai stato al Moulin Rouge», confessa. Penso che l’ombelico del turismo famelico non gli interessi. Non gli susciti alcuna emozione. Che “animale” ho di fronte? Sfuggente, certo. Ma anche abile nella caccia. Mansueto e duro. Capace di coprire grandi distanze ma anche di starsene tranquillo nella tana.
Non hai mai pensato di tornare in Italia?
«A volte. Alla fine la pigrizia ha avuto la meglio».
Non sembri un uomo pigro.
«La pigrizia scherma le mie esigenze. I miei rituali. Il mio lavoro che organizzo. Le mie partenze, a volte repentine. Sono appena tornato da Vilnius. Un tempo era la Gerusalemme d’Europa. Ne hanno ammazzati tanti di ebrei, allora. Circa duecentomila. Sai chi era di Vilnius?».
Un sacco di gente è di Vilnius.
«No, no. Guarda pensavo a uno scrittore. Romain Gary. L’ho conosciuto bene. Siamo stati anche amici. Come ebreo lituano era sentimentale e dotato di grande fantasia. Pensavo a lui quando ero a Vilnius. Il fantasma che mi accompagnava».
È morto suicida.
«Si tirò un colpo di pistola alla testa. Era il 1980».
L’anno prima si era suicidata la sua ex moglie Jean Seberg.
«Ho conosciuto bene anche lei. Ma non mi va di parlarne. È raro che ci si uccida per mancanza di talento. Per eccesso, forse sì».
Come Tommaso Besozzi, l’inviato speciale e grande cronista de L’Europeo.
«Tu scavi nel passato. Morì nel 1964. Gli ero stato amico. Vedevo in lui crescere l’angoscia. Farsi smisurata. Si lasciò esplodere con una bomba».
Tu hai scritto che a un certo punto della vita non riuscì più ad adeguare le parole ai fatti.
«È così. Le esigenze dello scrittore presero il sopravvento sulla realtà. Poteva rimanere per ore davanti al foglio bianco senza scrivere una parola».
A te è mai accaduto?
«Raramente, non sono un letterato».
Lo ritieni quasi un insulto.
«È il destino, nel bene e nel male, del giornalismo italiano ».
Il bello scrivere?
«Scrittura impressionista che più che guardare all’Inghilterra, come credeva Albertini, si ispirava alla Francia. Giornalismo pamphlettario. Molta denuncia e pochi dati».
Qual è la tua idea di giornalismo?
«È prima di tutto un servizio. Una cosa pratica. Informa: dagli orari delle farmacie a quello che accade in una guerra. È un lavoro artigianale. Non letterario».
È come se tu volessi allontanare una tentazione.
«Non ho mai avuto queste tentazioni. Certo, oggi è diverso. Un tempo, quando ero in Africa o in Asia, un articolo lo dettavo al telefono, se lo trovavo; o lo trasmettevo per telex. Capitava che arrivassi in un posto alle sei del pomeriggio e alle dieci di sera dettassi il pezzo. Cosa mi spingeva a fare tutto questo? La curiosità, prima di tutto. E poi, l’incoscienza. Che è una risposta all’ignoranza ».
Sembra tutto molto eccitante.
«È un’immagine sbagliata. Ho vissuto in un’epoca in cui i tempi erano maledettamente lunghi. Estenuanti. Viaggiavo spesso in solitudine. La sola cosa che alla fine facevo era leggere».
Che tipo di lettore sei?
«Calvino diceva che ci sono letture intellettuali, colte; e letture che puntano al godimento immediato. Sono un lettore che legge per piacere. Anche se a volte non mi sono tirato indietro davanti a costruzioni impegnative. In Medioriente tentai di leggere l’ Ulisse di Joyce. In Thailandia lessi tutto L’uomo senza qualità di Musil ».
Cosa ti spingeva a leggere Musil in quel mondo così remoto?
«Pensavo che il regno di Kakania non fosse poi così diverso da quello thailandese. Leggere è un modo per staccare. Riprendere fiato. Durante l’assedio di Phnom Penh, in una biblioteca abbandonata, ho riletto buona parte di Dumas. Era un modo per liberare la testa».
Forse anche di riempirla con qualcosa che sarebbe riecheggiata nei tuoi articoli.
«Qualcosa resta. Il ritmo. Certe parole. Ma, al tempo stesso, so che non c’entro niente con Stevenson o Conrad o, magari, Graham Greene. Ho sempre letto. Fin da giovane. Sono stato un cattivo studente. Ma spesso leggevo i libri che al liceo Attilio Bertolucci consigliava a mio fratello maggiore».
Hai una classifica di buoni libri?
«Ho letto spesso in maniera disordinata. Negli anni in cui ho abitato a Singapore lessi tutto Balzac e Zola. E a proposito di francesi, a Saigon feci leggere a Terzani – che amava soprattutto i libri di storia e di viaggio – Un cuore semplice di Flaubert. Venne da me con le lacrime agli occhi. Non prenderlo come un vezzo. Le letture più belle sono state per me quelle più occasionali».
Di Terzani sei stato molto amico.
«Oggi ne hanno fatto una specie di guru. È un’immagine che mi infastidisce. Quello che ho conosciuto e del quale sono stato amico era una persona dolcissima che non aveva nulla del santone. Alla fine evitavamo di parlare di ciò che ci divideva».
Cosa esattamente?
«Io restavo un cronista. Lui inseguiva le idee. Una delle ultime volte che ci vedemmo fu a Kabul nel 2001. Ebbi netta la sensazione di un uomo incalzato dalla morte e alla ricerca della verità. Sembrava spoglio, come un albero d’inverno. Dormiva a terra. Quando partii gli lasciai il mio sacco a pelo».
Della verità che idea ti sei fatto?
«Ho dato come titolo alla raccolta dei miei articoli: La verità del momento . Per un cronista non c’è altro».
È duro da accettare.
«Sì, lo è. Ho passato buona parte della vita a correggere quello che ho scritto. Le situazioni cambiano. Il mondo cambia. Ne ho dovuto prendere atto».
La “verità del momento” è una forma di ateismo.Non trovi?
«Dio c’entra poco con le verità relative».
Che ricordo hai della Fallaci che certo non si nutriva di verità relative?
«È stata un gran personaggio. Era uno spettacolo vederla nella stanza di un albergo lottare con la macchia scrivere. Intensità. Passione. A volte passava ore davanti al foglio. Cercava i fatti. Ma poi i fatti sotto il suo sguardo diventavano un’altra cosa. Per quello che ricordo, Oriana non ha mai usato il condizionale».
E tu?
"E' una pratica salutare per un cronista"
Oltre che cronista sei un viaggiatore
«Mai per il solo gusto di viaggiare. Sono stato complessivamente sette anni in Asia; diversi altri in Africa e poi l’America, l’Europa. Che dire? Sono il risultato di una carta geografica».
Cosa ti è restato?
«Tutto. Ti confesso che ho amato particolarmente l’Asia. L’ho vista distruggersi, modificarsi, cambiare volto. Macao è sparita ed è diventata una Las Vegas. La Cina che vidi la prima volta che vi entrai nel 1970 non c’è più. Il Giappone che mi affascinava per la fierezza ha vissuto il dramma di un legame sempre più incerto con la tradizione. L’India ha cambiato radicalmente i propri connotati. E nonostante ciò l’Asia continua ad affascinarmi. È difficile da capire».
Perché? Dopotutto lì c’è un pezzo della tua vita.
«La mia vita è quella di un provinciale. Un tempo la provincia era importante. Sarà per stupido sentimentalismo, mi è restata attaccata come una seconda pelle ».
Sei nato a Parma.
«Da una famiglia borghese. Mio padre era medico. Non volevo avere niente a che fare con quelle radici borghesi ».
La chiameresti inquietudine?
«Non lo so. Andai via di casa molto giovane. Ma non perché ce l’avessi con la famiglia. Eppure sono scappato. E, forse, ancora continuo a scappare».
Si può dire che la prima fuga sia stata quella più importante?
«A cosa ti riferisci?».
Ai tuoi anni giovanili trascorsi nella Legione Straniera.
«Quella fu una fase che non ha aggiunto niente alla mia vita successiva».
Non hai mai voluto parlare di quel periodo. E non credo che tu lo faccia per qualche forma di vergogna o di pudore. Né di snobismo. Del resto molta gente importante
è finita lì.
«Vuoi che non lo sappia? Anche Ernst Jünger e Curzio Malaparte. Ma cosa significa?».
Ci si andava per i più diversi motivi.
«Allora ti dico che ero un ragazzo quando scelsi la Legione. Forse perché avevo la testa piena di certe letture. Forse perché cercavo un punto estremo dove posarmi. Ci sono rimasto cinque anni. Ho disertato. Fui ripreso. Ho fatto anche una certa carriera. Ma è stata una parentesi, capisci? Non ha avuto nessun riflesso sugli eventi successivi».
Permettimi di dubitare.
«In effetti qualcosa ha lasciato. Mi ha insegnato a marciare. Ancora oggi, malgrado l’età, ho gambe forti. Mi ha dato il senso della disciplina. E un’altra cosa. L’ultima: mi ha lasciato come un senso di indignazione. Un bisogno di andare dalla parte opposta. In fondo, se sono diventato terzomondista, contrario al colonialismo, è stata una reazione a quella scelta che feci da giovane».
Quell’esperienza fu anch’essa una “verità del momento”. Ma vorrei domandarti qualcosa in merito alla caduta di Dien Bien Phu. Cioè di come i francesi persero l’Indocina. In un lungo articolo tu racconti quella battaglia e l’assedio che durò circa due mesi.I francesi avevano schierato in prima linea la Legione Straniera. Tu dove eri esattamente?
«Non c’ero».
Mi risulta il contrario.
«Perché dovrei mentirti?».
Sei come il pescatore di perle che ingoia o nasconde la perla più grossa.
«Non sono stato in quella battaglia. L’ho raccontata, è vero. Ma perché conoscevo gli ufficiali. Conoscevo quel mondo. Il luogo, la porta per il Laos. Dopo che Dien Bien Phu cadde nelle mani del comandante Giap ci fu a Sidi Bel Abbes, la cittadella dei legionari, una grande cerimonia alla quale assistetti».
Cosa vedesti?
«Vidi una grande parata in omaggio all’eroismo o meglio al coraggio con cui avevano combattuto a Dien Bien Phu. La Legione aveva resistito. Era tutta schierata davanti al Maresciallo di Francia Juin. Vidi un mondo che stava finendo, almeno per come lo avevo immaginato. Vidi i mutilati schierati in bella vista. Segno delle ferite e del sacrificio. Del prezzo che era stato pagato. Percepii il gusto per il macabro che la Legione Straniera aveva spesso esibito. E alla fine pensai che lì, in quel piccolo mondo, dove un ladro di polli poteva trasformarsi in soldato vero, si fabbricava qualche eroe e molti mitomani. Quell’anno, era il 1954, lasciai la Legione».
Sei stato definito (da Franco Contorbia che ha curato, scelto e raccolto i tuoi scritti) un “avventuriero disciplinato”. Ti riconosci?
«Come ossimoro non mi dispiace. Mi fa pensare, visto che ne abbiamo parlato, alla Legione Straniera come a un collegio di correzione. Anche se oggi è un’altra cosa».
Correzione, educazione, disciplina. Cosa ti affascina? Non sembri così succube di queste pratiche.
«Non lo sono, è vero. Mi piace pensare l’umanità divisa tra chi ha una mentalità militare e chi non ce l’ha. La prima è fatta di cose semplici: la mattina rifarsi la branda, marciare, obbedire a certe regole. Ecco, il lavoro del giornalista contempla anche questo che può sembrare il lato meno creativo».
È l’altra faccia della luna.
«I miei occhi hanno visto molto. Sono stato testimone della rivoluzione algerina nel 1958. Ho raccontato il Vietnam, Cuba, la Guerra dei sei Giorni e la rivoluzione khomeinista. Sono stato ovunque: dal Congo al Sudafrica. Ho visto facce che sembravano eroi trasformarsi in spietati dittatori. Ho vissuto pericoli e rischiato la vita, come quando nella città di Takeo fui circondato dai khmer rossi. E ogni volta era come la prima volta. Come ricominciare da capo. Perché la cronaca è un lampo. Uno squarcio che si richiude. E tu sei lì, insignificante, a chiederti se stai facendo la storia. Ma la storia è un’altra cosa».

http://it.wikipedia.org/wiki/Bernardo_Valli

giovedì 19 marzo 2015

Festa del Papà


Happy Father's Day
BY DAVE GRANLUND, POLITICALCARTOONS.COM





FESTA DEL PAPI 
19 marzo, festa del papà. By Paolo “Pablito” Morelli (PPM).

E' morto Terry Pratchett, il creatore del Mondo Disco.

Today I am reflecting on the sad news of Terry's passing. His creativity bought so much inspiration and joy to so many of us. It was an honour and privilege to work with him and I owe him a great debt of gratitude. May he rest in peace.
Paul Doldby (illustratore di Mondo Disco)


Lo scrittore britannico Terry Pratchett è morto oggi a 66 anni. Otto anni fa gli era stato diagnosticato il morbo di Alzheimer. Terry Pratchett era nato in Inghilterra nel 1948 ed era particolarmente noto per i suoi libri fantasy della serie del Mondo Disco. Negli anni, era diventato uno degli scrittori più famosi del genere: nel corso della sua carriera ha scritto più di 70 libri e venduto complessivamente più di 75 milioni di copie in tutto il mondo. In Italia, è pubblicato da TEA e da Salani. La sua morte è stata confermata dall’account Twitter di sua figlia Rhianna, che ha twittato una frase in maiuscolo: nei libri di Pratchett, era il segno grafico che distingueva le frasi pronunciate da una personificazione della morte, Morty.

L’ultima cosa scritta da Pratchett è stata la sua stessa morte, riportata per sua volontà su Twitter, dalla figlia:

‘INFINE, SER TERRY, DOBBIAMO CAMMINARE INSIEME.’
Terry prese il braccio di Morte e lo seguì attraverso le porte e nel deserto nero sotto la notte infinita.

FINE.






Check Mort
Description
Acrylic on board
Image size 740 x 510mm
Date completed 2011
Painted for the cover of 'Homage to Sir Terry'
Author
Paul Kidby



"You can't ask a fantasy writer not to want a knighthood. You know, for two pins I'd get myself a horse and a sword."Terry Pratchett with a typically gracious response to being tapped on the shoulder by the Queen.











http://it.wikipedia.org/wiki/Mondo_Disco
 Mondo Disco è così chiamato perché invece di essere una sfera, come la Terra, è un disco che poggia su quattro giganteschi elefanti, a loro volta posizionati sopra il guscio di un enorme tartaruga, chiamata A’Tuin, che nuota nell’universo.




fonte


Certo che i libri per ragazzi devono contenere temi adulti: perché tu vuoi crescere il tuo bambino in modo da renderlo un adulto, non un bambino cresciuto.
Eccentrico e geniale, Pratchett non era il classico autore fantasy carico di toni epici ed eventi drammatici, al contrario, i suoi romanzi erano un modo per fare satira sulla nostra realtà, distorcendola con la lente della comicità e della parodia ed un grande scrittore per bambini.

Una figura fondamentale nel pantheon di ogni geek che si rispetti, fu uno dei primi autori a usare un computer per scrivere e comunicare con i fan (che spesso non gli credevano e lo accusavano di essere un impostore).





Terry Pratchett and Neil Gaiman illustration by John Cuneo

E’ morto a 66 anni lo scrittore britannico Terry Pratchett, uno dei più prolifici autori di libri fantasy. Nel 2007, gli era stata diagnosticata una rara forma di Alzheimer, che non gli aveva però impedito di continuare a scrivere. Da allora, si era impegnato in una battaglia a favore del suicidio assistito.
L'autore Fantasy acclamato, che ha venduto più di 70 milioni di libri, è meglio conosciuto per la sua serie Discworld, il primo, The Colour of Magic è stato rilasciato nel 1983.
"Non si può chiedere a uno scrittore di fantasia di non volere un cavaliere. Sai, per due perni che avrei avuto io un cavallo e la spada ", Pratchett è stato citato come dicendo sulla ricezione suo cavaliere nel 2009. Egli ha anche detto che i bonus dei banchieri dovrebbero essere spesi per il trattamento di pazienti affetti da demenza.
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Morporkier
Hommage a Terry Pratchett
"J'ai découvert ses livres quand j'avais environ 20 ans, et je l'ai lu tout le temps depuis. J'ai deux étagères pleines à craquer et j'ai eu 10 ans la carte d'Ankh-Morpork au mur de ma chambre. J'ai appris l'anglais en lisant ses Discworld en version originale, et ma première BD, Raghnarok, était énormément inspirée de son univers. Sir Terry Pratchett nous a quitté aujourd'hui à l'âge de 66 ans."
 Boulet


Una piccola parte di Mondo Disco si trova anche nel mondo reale, in Inghilterra. A Wincanton, nel Somerset, nel quartiere di Kingwell Rise. La cittadina, infatti, dal 2002 è «gemellata» con la capitale del Discworld, Ankh-Morpork, e nel 2009 le stradine del quartiere sono state ribattezzate con i nomi legati ai posti del mondo immaginario.



Terry Pratchett
XKCD
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le foto
http://it.wikiquote.org/wiki/Terry_Pratchett
il sito: http://www.pjsmprints.com/
http://www.theguardian.com/books/terrypratchett
Terry Pratchett(bibliografia)
In morte di Terry Pratchett
RIP Sir Terry Pratchett, Author of The Discworld Series
Illustrating Terry Pratchett
Why We Need Terry Pratchett’s Brand of Moral Outrage
The Science Behind Discworld's Flat Earth on the Back of a Turtle
Terry Pratchett was a true great, the equal of Swift
È morto Terry Pratchett, il creatore del Mondo Disco

martedì 17 marzo 2015

Agim Sulaj: gli ultimi cartoons e la mostra "Viaggi d'infanzia" a Lugano.


L'arma dei vignettisti



L' ultimo disegno, che Agim Sulaj mi ha mandato è  dedicato ai cartoonists e i vignettisti dal titolo 'L'arma dei vignettisti'. La matita si piega nella mano come un arco.

Agim, come un arco ha appena scoccato e messo a segno due obiettivi, il cartoon premiato a Satyrikon Legnicka, Polonia, Concorso Internazionale tema Entusiasmo e la mostra a Lugano con le sue opere pittoriche iperrealistiche, “Viaggi d’Infanzia”.

La mostra,  inaugurata il 12 marzo scorso alla Imago Art Gallery di Lugano, rimarrà aperta fino al 16 maggio.


Premiato a Satyrikon Legnicka, Polonia, Concorso Internazionale tema Entusiasmo


“Viaggi d’Infanzia” by Agim Sulaj

IMAGO Art Gallery is pleased to announce his next Exhibition entitled “Viaggi d’Infanzia” dedicated to the Albanian Painter Agim Sulaj.

From 12 th March 2015
To: 16th May 2015

VERNISSAGE on Thursday 12th March 2015 – from 17.00 to 21.00

If intrested please send an e.mail to: rsvp@imago-artgallery.com

“Viaggi d’Infanzia” 
la mostra che verrà inaugurata il 12 marzo alla Imago Art Gallery di Lugano, dove rimarrà fino al 16 maggio, con protagonista l’artista albanese, ma romagnolo di adozione, Agim Sulay.
 Imago Art Gallery

Artista del percorso creativo ed umano molto complesso è caratterizzato da una tecnica pittorica straordinaria, Agim Sulay attraverso la sua Opera e in grado di evocare un universo sottile e profondo, costantemente sospeso tra surrealismo e realismo, tra la poesia fragile ed evanescente dell'illusione è del ricordo, è la più tagliente concretezza delle esperienze di vita sepolte in ciascuno di noi.
Un pensiero puro, forte ed a tratti drammatico permea le tele di Sulay nelle quali il tema spesso ricorrente del viaggio, visto con il lucido incanto degli occhi di un bambino, assume i connotati di un ricordo presente, e dove il sentimento di curiosità e scoperta si fonde con il doloroso senso di erratico sradicamento.
Luci ed ombre nella pittura di Agim Sulay, non sono mai un mero espediente pittorico testo ad affascinare e sedurre il fruitore della sua Opera, ma come in uno specchio interiore sono sopratutto una costante metafora della nostra società, densa di tutti i suoi scollamenti, contrasti e disparità, senza tuttavia rinunciare in alcun modo a quello sguardo positivo che solo l'anima incorrotta e fiduciosa di un bambino può conservare nonostante tutto.

Nato a Tirana nel 1960, Sulaj ha trascorso infanzia e adolescenza nella città portuale di Vlora scoprendo presto una sfrenata passione per la pittura. Le coste, le stradine e gli scorci di Vlora sono la prima fonte di ispirazione per le sue opere. Nel 1985 termina i suoi studi all’Accademia delle Belle Arti di Tirana ed è proprio in qual periodo che inizia a collaborare con la rivista politico-satirica “Hosteni” dove scopre il mondo dell’umorismo e della satira che diventerà uno dei suoi temi artistici preferiti.

Per la prima volta, nel 1993, presenta i suoi lavori, realizzati nell’epoca comunista, in una personale al Meeting di Rimini. Da quel momento decide di trasferirsi in Riviera con la famiglia dove continua dipingere quadri iperrealisti e a realizzare vignette umoristiche. Nei suoi dipinti emerge spesso il tema della nostalgia: gli anni dell’infanzia, la bellezza del suo Pese natale, la natura incontaminata sono spesso protagonisti della sue tele, così come nei suoi disegni la costante si trova nei problemi sociali e politici del XXI secolo, come la fame e l’immigrazione.





foto mostra

https://www.facebook.com/agim.sulaj
http://www.agimsulaj.com/index.shtml