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Esperti indipendenti: «tutte menzogne sui 43»
Una commissione di esperti indipendenti smentisce Peña Nieto: i 43 studenti messicani non sono stati bruciati in una discarica di Cucuta. Secondo la versione ufficiale, la polizia di Iguala ha consegnato gli alunni della scuola Normal Rural di Ayotzinapa (nel Guerrero) ai narcotrafficanti dei Guerreros Unidos, che li avrebbero uccisi e bruciati. La ricostruzione ha preso piede qualche giorno dopo la scomparsa degli studenti, vittime dell’attacco congiunto di polizia e narcotrafficanti, il 26 settembre 2014. Secondo il governo, i fatti sarebbero emersi dalla confessione di alcuni narcotrafficanti, confermata dai poliziotti arrestati.
Una versione subito contestata dagli antropologi forensi argentini, nominati dai famigliari degli scomparsi e dai movimenti, che da allora denunciano nelle piazze di tutto il mondo il “crimine di stato”. Ora, un gruppo di esperti indipendenti designato dalla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidu) riprende gli argomenti avanzati dagli specialisti argentini e sostenuti da alcune coraggiose inchieste giornalistiche, e contesta la verità ufficiale. Tre gli elementi principali messi in causa: il presunto incenerimento dei corpi, i motivi dei crimine e il ruolo della polizia militare e federale.
Nel corso di 550 pagine, il Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (Giei) afferma che non esiste alcuna evidenza che un numero così elevato di cadaveri abbia potuto essere ridotto in cenere in una discarica senza essere notato nella zona. Per farlo, ci sarebbero volute 30 tonnellate di legna e il fuoco sarebbe divampato per 60 ore e non per circa 12 come hanno sostenuto i presunti pentiti. Le fiamme si sarebbero alzate per almeno sette metri e il fumo sarebbe stato notato nel raggio di 300 metri. E nei pressi della discarica non c’era combustibile sufficiente per bruciare neanche un corpo.
Uno dei sospetti emersi dalle indagini alternative è che i ragazzi siano stati portati in qualche caserma militare, dove si ritiene esistano prigioni sotterranee per le torture e forni crematori. Per questo, nel corso dei mesi i movimenti hanno manifestato davanti alle caserme, scontrandosi con la polizia e chiedendo inutilmente di poterle ispezionare.
Il Giei ricostruisce diversamente anche il motivo dell’aggressione. In quei giorni, gli studenti si erano recati a Iguala per raccogliere fondi e preparare la commemorazione di un massacro avvenuto nel ’68. Secondo una loro modalità di lotta, avevano preso “in prestito” alcuni autobus per recarsi sul posto. Avrebbero così dirottato senza saperlo anche un autobus usato dai narcotrafficanti per il mercato dell’eroina che va verso gli Stati uniti. Un mezzo di proprietà dell’impresa Costa Line.
Esercito e polizia federale — dicono poi gli esperti sulla base di testimonianze dirette — hanno costantemente seguito e controllato gli studenti fin da quando hanno lasciato la scuola. Un gruppo di soldati ha anche interrogato i ragazzi che stavano trasportando in ospedale uno dei loro compagni, ferito durante l’attacco armato. Il Giei ha cercato di interpellare il 27mo battaglione di fanteria, il gruppo militare competente per Iguala e dintorni, ma il governo non lo ha permesso. Sulla base di questi elementi, il rapporto degli esperti indipendenti conclude inviando al governo federale «20 raccomandazioni» e l’invito a riprendere le indagini.
I famigliari degli scomparsi hanno chiesto una riunione urgente con Peña Nieto, e alla presenza della commissione di esperti indipendenti: il Giei — hanno auspicato — dovrebbe rimanere nel paese fino al ritrovamento dei 43. Per il 23 settembre, famigliari e movimenti hanno annunciato uno sciopero della fame e per il 26 hanno indetto una marcia nella capitale. Con unTwitter, Nieto ha ringraziato gli esperti Giei e ha sostenuto di aver esortato gli inquirenti a tener conto delle loro conclusioni.
Intanto, un gruppo di organizzazioni, riunite nel Congresso nazionale cittadino, dal 29 agosto sta raccogliendo le firme per denunciare Nieto e i membri del suo gabinetto per appropriazione illecita di fondi pubblici. I deputati federali di Morena, il partito di Lopez Obrador, presenteranno un progetto di legge perché possa essere processato: come Otto Pérez Molina in Guatemala.
di Geraldina Colotti – Il Manifesto – 07/09/2015 http://ilmanifesto.info/espertiindipendentituttemenzognesui43/
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Informativa completa della GIEI:https://drive.google.com/file/d/0B1ChdondilaHd29zWTMzeVMzNzA/view?pli=1
Conferenza stampa dei genitori dei genitori dei 43:https://www.youtube.com/watch?v=aeGimeraoUc
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Corriere della Sera – 07/09/2015
di Guido Olimpo
Il governo messicano è stato smentito. I 43 studenti scomparsi a Iguala, stato di Guerrero, quasi un anno fa, non sono mai stati bruciati. E ad oggi non si hanno informazioni sicure su dove siano finiti i loro resti. Questa la conclusione dell’indagine condotta dalla Commissione inter-americana per i diritti umani, un organismo chiamato a far luce su una vicenda angosciante e dove le sorprese non sono ancora finite.
I giovani sono spariti il 26 settembre del 2014 nei pressi di Iguala. Erano a bordo di alcuni veicoli bloccati da uomini armati: agenti e criminali della gang Guerreros Unidos. Secondo la versione ufficiale i ragazzi sono stati catturati dai banditi – probabilmente su ordine del sindaco di Iguala – e poi trasferiti vicino ad un torrente dove li hanno assassinati. Successivamente tre narcos – che hanno confessato il crimine – li hanno distrutti con il fuoco. Ma le successive ricerche non hanno permesso di trovare riscontri e le verifiche del DNA hanno dato esito negativo. Solo un corpo è stato riconosciuto come quello di uno dei ragazzi scomparsi.
Falsa la versione del governo
La Commissione ora ha stabilito che la storia raccontata dai «rei confessi» è probabilmente falsa, così come versione fatta circolare all’epoca. Il governo ha sempre parlato di 3 attacchi mentre in realtà sono stati 9 e sempre più violenti. Non solo. Il vero movente dell’assalto ai bus – ipotizzano gli inquirenti internazionali – sarebbe stato un tentativo di recuperare un carico di droga che era su uno dei mezzi. Stupefacenti diretti al mercato statunitense. Nel rapporto ufficiale si è sempre parlato di 4 veicoli mentre quella notte ve ne erano 5. In precedenza le autorità avevano sostenuto che la gang era entrata in azione perché temeva che gli studenti potessero disturbare un comizio organizzato dal sindaco di Iguala insieme alla moglie, donna imparentata con un noto clan locale. Una contestazione fomentata da un clan rivale. Scenario che non appare credibile.
Proteste popolari in Messico
La sparizione dei 43 ha provocato proteste popolari in Messico e all’estero, le autorità sono state più accusate di mentire e di nascondere la verità. Uno scandalo che ha coinvolto anche l’esercito: secondo alcune ricostruzioni – confermate dalla Commissione – unità erano presenti quando i banditi hanno teso l’agguato ai giovani. La vicenda, infine, ha fatto emergere altri massacri. I militari hanno recuperato, sempre nell’area di Iguala, i resti di 120 persone, vittime di regolamenti di conti o omicidi eseguiti da formazioni criminali spesso in combutta con la polizia.
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