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mercoledì 18 aprile 2018

Franz Falanga

Franz Falanga (1933 - 2018): architetto, musicista, insegnante, uomo di profonda cultura,  già professore presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia e Bari.
Un uomo intelligente, ironico, sensibile, con moltissime passioni. Due in particolare: la musica e l’insegnamento. Aveva la capacità di creare connessioni, fra gli argomenti come fra le persone.


Ciao caro amico. Mi mancherai ❤️
©Marilena Nardi


IL MESTIERE DELL’ARCHITETTO

Per prima cosa, “mestiere” nobile parola è. Oggi vorrei raccontarvi le caratteristiche che, secondo me, dovrebbe avere un architetto. E’ lapalissiano che, se dovesse averle tutte, non necessariamente sarebbe un buon architetto, nel migliore dei casi sarebbe un discreto mestierante.

La prima regola è: “leggere, leggere, leggere, leggere, leggere, leggere, leggere” non importa che cosa, qualunque argomento va bene.

La seconda regola è: “conoscere il meglio possibile la vita e le abitudini e quant’altro degli esseri viventi (fra i quali ci sono anche gli esseri umani) che dovranno vivere nei contenitori progettati dall’architetto”. Quando parlo di contenitori parlo di appartamenti, di case, di palazzi, di  città.

La terza regola è: “il nemico mortale di ogni architetto è la presunzione, sia la sua che quella degli altri”.
La quarta regola è: ”avere spiccatissimo il senso della storia e combattere alla morte quelle persone che tentano, quasi sempre con successo, di “cancellare” il senso della storia dalle altrui coscienze, e, ahinoi, ce ne sono moltissime e generalmente ci riescono”.

La quinta regola è: “osservare con estrema attenzione le “mutazioni” che gli architetti, lei o lui, noteranno nel corso della propria esistenza e cercare di capire se queste mutazioni sono verso l’alto o verso il basso, va da sé che bisognerà sforzarsi di ben capire perchè sia nata la mutazione medesima”.
La sesta regola è: “avere sempre degli ottimi rapporti con i muratori, con gli ebanisti, con i fabbri, con i tecnici idraulici e con i tecnici elettrici e quant’altri, che, nel loro campo, certamente ne sanno molto ma molto più dell’architetto stesso.      

La settima regola è: “avere il senso delle cose”.

L’ottava regola è: “se vi dovesse capitare la progettazione di qualche oggetto che non avete mai incontrato nel corso del vostro lavoro quotidiano, prima di rifiutarlo o di accettarlo, chiedete informazioni sull’argomento, senza avere nessuna remora, rivolgendovi a colleghi di grande competenza e di grande bravura. Ricordati sempre di farsela con quelli migliori di te e di offrirgli da bere”.

La nona regola è: “riuscire a comprendere il momento quando un qualsivoglia progetto, è terminato ed è quindi giunta l’ora di metterlo in atto”.

La decima regola è: “non abbiate timore di dire NO a qualche cliente. Ricordarsi sempre quello che il grande architetto Sullivan disse ad un suo cliente “signore, lei avrà quello che NOI (dello studio) le daremo”.  
Ed infine l’ultima regola, ma non per questo meno importante delle altre: “ anche a costo di morire di fame, mai accettare o dare  mazzette”.

Ce ne sono ancora centinaia di altre regole, ma più o meno, queste sono quelle fondamentali. Se si osserveranno questi principi, si potrebbero evitare errori di grammatica, non garantisco che si possano evitare errori di sintassi, e vi garantisco una vita di stenti. Ricordatevi che gli architetti mediocri, ignoranti, corrotti e corruttori, quelli sì che diventano ricchissimi. Così come vi  consiglio di stare molto attenti a quei vostri colleghi che vi dovessero dire: “non ho più il tempo di leggermi un buon libro. Così, en passant, sporcarsi le mani con la politica, partecipare,  partecipare, partecipare.

E adesso auguri! Sono cazzi vostri!
franz falanga
Franz Falanga
© Marilena Nardi
Francesco Falanga, detto Franz, nato a Bari, si era laureato a Venezia in architettura con il prof. Giuseppe Samonà, durante la straordinaria stagione in cui lo stesso Samonà, Carlo Scarpa e Bruno Zevi, protagonisti della cultura architettonica italiana del novecento, insegnavano all'IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia). E' stato professore nella cattedra di Elementi di architettura e urbanistica all'Accademia di belle arti di Venezia. Ha insegnato, negli anni precedenti il 1996, all'Accademia di belle arti di Bari. Ha sempre combattuto contro la cancellazione del senso della storia che la società dell'apparire e del consumare ad ogni costo pilota quotidianamente con pervicace costanza, facendo più danni di una guerra in special modo alle ultime generazioni. Questo immenso continente giovanile, se non torniamo tutti al più presto a privilegiare, come scriveva Machiavelli, le forze di dignità della conoscenza e della creatività, rischia di essere divorato e digerito senza scampo da questa società, indubbiamente molto squinternata e molto pericolosa con i più deboli e, contemporaneamente, molto condiscendente con i più forti.
Insegnare ad insegnare, in Italia è pratica quasi inesistente. Una gran percentuale degli addetti alla trasmissione della cultura, pur essendo di grande eccellenza professionale, sono però privi delle tecniche della trasmissione del sapere. L'insegnamento ben fatto e ben curato è quindi affidato al caso e alla buona volontà dei singoli che fanno quello che possono. Ma così non si progredisce e non si preparano al meglio le generazioni future. Non sarebbe male se, in ogni disciplina universitaria, si implementassero dei corsi di didattica della disciplina medesima. Tutto sta ad incominciare, tenendo presente che i futuri docenti di didattica dovranno "realmente" essere in grado di farlo. Il problema è, infatti, tutto lì, nella parola "realmente".
(continua)
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Le Invarianti nell' Architettura raccontate da Franz Falanga



I suoi libri editi ADDA
Jazz a Bari: intervista a Franz Falanga, uno tra i pionieri di Bari
Intervista a Franz Falanga

martedì 7 giugno 2016

E torneranno le navi a remi di Franz Falanga


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E torneranno le navi a remi 
di Franz Falanga

Editore ADDA

CONTENUTO : «Malgrado si sapesse ormai da decenni che prima o poi le fonti si sarebbero isterilite, la gente, malgrado gli attentati e la ormai prossima fine dei carburanti fossili, aveva allegramente continuato a scialare acquistando sempre più macchine costose e non facendosi mancare nulla. Erano gli ultimi scadenti ruggiti del capitalismo morente. Quelle tre abbondanti miliardate di poveri del terzo e quarto mondo, ai quali ormai nessuno più pensava, se la sfangavano da sole, visto che i cosiddetti Stati civili della terra, particolarmente la Comunità Europea, erano diventati delle fortezze pressoché inespugnabili che si circondavano sempre più di ostacoli impermeabili alle varie ondate migratorie che comunque non smettevano di premere alle varie frontiere…»

Mi scrive Marilena Nardi

La cover è mia ma il libro l'ha scritto Franz Falanga, un mio caro amico.
Si intitola "e torneranno le navi a remi". Ed è finalmente disponibile per Adda Editore. Non perdetelo!!!


 FRANCESCO FALANGA

Francesco Falanga, detto Franz, nato a Bari, si è laureato a Venezia in architettura con il prof. Giuseppe Samonà, durante la straordinaria stagione in cui lo stesso Samonà, Carlo Scarpa e Bruno Zevi, protagonisti della cultura architettonica italiana del novecento, insegnavano all'IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia). E' stato professore nella cattedra di Elementi di architettura e urbanistica all'Accademia di belle arti di Venezia. Ha insegnato, negli anni precedenti il 1996, all'Accademia di belle arti di Bari. Ha sempre combattuto contro la cancellazione del senso della storia che la società dell'apparire e del consumare ad ogni costo pilota quotidianamente con pervicace costanza, facendo più danni di una guerra in special modo alle ultime generazioni. Questo immenso continente giovanile, se non torniamo tutti al più presto a privilegiare, come scriveva Machiavelli, le forze di dignità della conoscenza e della creatività, rischia di essere divorato e digerito senza scampo da questa società, indubbiamente molto squinternata e molto pericolosa con i più deboli e, contemporaneamente, molto condiscendente con i più forti. 
Insegnare ad insegnare, in Italia è pratica quasi inesistente. Una gran percentuale degli addetti alla trasmissione della cultura, pur essendo di grande eccellenza professionale, sono però privi delle tecniche della trasmissione del sapere. L'insegnamento ben fatto e ben curato è quindi affidato al caso e alla buona volontà dei singoli che fanno quello che possono. Ma così non si progredisce e non si preparano al meglio le generazioni future. Non sarebbe male se, in ogni disciplina universitaria, si implementassero dei corsi di didattica della disciplina medesima. Tutto sta ad incominciare, tenendo presente che i futuri docenti di didattica dovranno "realmente" essere in grado di farlo. Il problema è, infatti, tutto lì, nella parola "realmente".
Le Accademie di belle arti italiane, alla fine del 1999, sono passate nella fascia dell'istruzione universitaria, spostandosi così dall'ormai ex ministero della Pubblica Istruzione (notare che l'aggettivo "pubblica" è da molti anni scomparso ogni qualvolta si parli di scuola a qualsivoglia livello) per passare all'attuate MIUR. Ministero dell'Istruzione (anche qui l'aggettivo "pubblica" è stato rimosso), dell'Università e della Ricerca. Questo passaggio, come si può ben immaginare, è stato ed è tuttora complesso (tra l'altro non è ancora perfettamente a regime) e molto intrigante perché sta mettendo in contatto, molto faticosamente, le varie realtà delle Scuole di Architettura Italiane con le realtà altrettanto varie delle Accademie di "belle arti" e dei Conservatori. Va da sé che le Accademie di belle arti dovrebbero, per prima cosa, sostituire la frase "belle arti" con il termine "creatività". Chi sta scrivendo queste note sta pensando a futuri "Istituti universitario della Creatività, della Forma e della Comunicazione oppure, nei futuri Politecnici della Creatività, della Forma e della Comunicazione". Se codesta futuribile situazione si riuscirà a progettarla e ad articolarla nella giusta maniera, c'è forse la fascinosa e rapinosa possibilità di riprendere le fila bruscamente troncate del Bauhaus, che non ha assolutamente esaurita la sua carica innovativa. All'interno di questo Politecnico si potrebbero organizzare al meglio la didattica delle varie forme di creatività tout court, aggiungendo nuovi strumenti culturali a quelli già esistenti utilizzando, ovviamente, moltissime nuove tecniche, comprese quellle informatiche.

Franz Falanga ha pubblicato anche: Nella terra dell'U edizioni Menabò, Pescara, O DADO' O DADA' Adda Editore Bari, La didattica dell'architettura Gangemi Editore Roma, Il commissario Navarrini e lo strano destino del generale scenografo Adda Editore Bari, A proposito della comunicazione / Come perdere con assoluta certezza le elezioni Armando editore Roma, Il commissario Navarrini e una sua personalissima indagine su una Bari geneticamente modificata Adda Editore Bari, Franz Falanga, con la collaborazione fotografica di Andrea Fantinato, ha pubblicato Le invarianti nella Tomba Brion di Carlo Scarpa edizioni AURELIA in Asolo, BARI /IL BORGO MURATTIANO 1813 - 2013 Adda Editore Bari, l'ebook La Tendopoli di Canazei, l'ebook LE INVARIANTI NELL'ARCHITETTURA / SOLUZIONI D'ANGOLO con Paolo Perfido e Massimo De Faveri. Gli ebook possono essere acquistati su qualsiasi piattaforma dedicata.
Un fantasma si aggira per l'Italia, le comunicazioni di massa. Esse sono caratterizzate da un'anomalia difficilmente estirpabile, da un equivoco di fondo difficilmente risolvibile. L'equivoco del quale sto parlando è l'errata convinzione che noi viviamo in uno straordinario periodo epocale dove le comunicazioni di massa sono dedicate al benessere della collettività. Nulla di più falso. I meccanismi dell'informazione e della comunicazione sono attualmente utilizzati in maniera distorta, nel senso che, anziché privilegiare il benessere dell'intera società, privilegiano una ristretta corporazione di persone. Con il trascorrere degli anni, a partire dall'invenzione del telegrafo senza fili, diventato in seguito radiofonia e quindi televisione, la comunicazione è diventata sempre più appannaggio di pochi addetti ai lavori a fronte di moltitudini tenute ad arte nella più totale disinformazione. Un plateale esempio di un uso distorto della comunicazione è osservabile nell'universo politico italiano drammaticamente diviso fra due contrastanti visioni del mondo. In una parte i meccanismi comunicativi sono ben oleati e straordinariamente funzionanti, ancorchè ripetitivi e prevedibili, nell'altra i meccanismi in questione sono impegolati in una visione dei rapporti con gli avversari politici quanto meno disarmante. Il dilemma è cornuto: riuscire a bonificare questo meccanismo perverso, oppure no.