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mercoledì 14 febbraio 2024

Liberiamo Ilaria Salis

 

By Gianluca Costantini


LIBERIAMO ILARIA SALIS
Gianluca Costantini


Benvenuta in Ungheria
Fogliazza





#Europa #Ungheria #Italia #governo #dirittiumani 
#IlariaSalis deve tornare in Italia.
Mauro Biani





don't look back in Hungary, I heard you say

#IlariaSalis
Fabio Magnasciutti




IL BLOG DI UBER: E LA CHIAMANO EUROPA ... https://gianfrancouberblog.blogspot.com/2024/01/e-la-chiamano-europa.html?spref=tw #ILARIASALIS #orban #GIUSTIZIA #Europa




Sotto chiave
Gio
www.caricaturegio.altervista.it



Gianni Allegra



Ellekappa




Giannelli




di Mario Natangelo




by Altan



Ilaria Salis in catene e guinzaglio…
 🔴 Vauro 
#30gennaio #IlariaSalis #Lollobrigida



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“LIBERIAMO ILARIA”

Nasce il Comitato Ilaria Salis, costituito da parenti e amici dell’attivista milanese ingiustamente incarcerata a Budapest

Mercoledì 10 gennaio conferenza stampa al Senato


Nasce il comitato Ilaria Salis, la trentanovenne maestra elementare milanese ingiustamente incarcerata a Budapest dallo scorso febbraio. Ilaria Salis è da quasi un anno in un carcere di massima sicurezza a Budapest, in Ungheria, perché accusata di aver aggredito due militanti neonazisti in occasione del cosiddetto “giorno dell’onore”.

L’obiettivo del Comitato, costituito da un gruppo di parenti e amici della Salis, è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle attuali condizioni di Ilaria e di riportarla a casa nel più breve tempo possibile.


La donna dichiara la sua innocenza e di aver solo manifestato contro una commemorazione proibita dal governo ungherese che ogni anno riunisce centinaia di sostenitori di Hitler. Ilaria in una lettera spedita a ottobre racconta di essere detenuta in condizione disumane. In occasione delle udienze viene tenuta al guinzaglio da un poliziotto e trascinata con mani e piedi legati da una catena. Le condizioni igieniche poi sono inaccettabili: Ilaria per più di un mese dopo l’arresto ha dovuto indossare gli stessi vestiti e la stessa biancheria. Non le è stato nemmeno permesso di assumere i farmaci per l’allergia scatenata dalle cimici presenti nella cella.


La Salis rischia sedici anni di carcere a fronte dell’accusa di aver fatto parte di un gruppo di sconosciuti che lo scorso 11 febbraio ha provocato a due uomini lesioni guarite in cinque-otto giorni. Una sproporzione inaccettabile. Ilaria fra l’altro non fa parte di Hammerbande, il gruppo tedesco che promuove assalti contro i fascisti. Per ben quattro volte i legali della Salis hanno presentato domanda per la concessione degli arresti domiciliari in Italia, sempre respinta per “rischio di fuga”.


Il padre di Ilaria, Roberto, ha scritto due volte alla premier Giorgia Meloni, al Guardasigilli, al Ministro degli Esteri, ai presidenti di Senato e Camera per richiedere un intervento dello Stato italiano ma non ha mai avuto risposta. Il Comitato ha già ricevuto il sostegno della Senatrice Ilaria Cucchi, che ha preparato una interrogazione in merito e che prenderà parte alla conferenza stampa del 10 gennaio presso il Senato. Altri parlamentari sono intervenuti con interrogazioni e comunicati.


L’illustrazione è a cura di Gianluca Costantini

Portavoce del Comitato Gianluca Tizi: +39-327-3754558


domenica 2 aprile 2023

31 marzo : International transgender day of visibility

 

Hi Raffaella, Here is an image about the upcoming International transgender day of visibility day. 

Hugs, A

Andrea Arroyo



La giornata internazionale della visibilità transgender è una ricorrenza annuale che cade il 31 marzo dedicata alla sensibilizzazione contro le discriminazioni verso le persone transgender in tutto il mondo.


arr

Trans Visibility Day celebra la resilienza e il successo delle persone che non si identificano con il genere tipicamente associato al loro sesso assegnato alla nascita, inclusi uomini trans, donne trans e persone non binarie. La giornata aumenta anche la consapevolezza della discriminazione pervasiva che ancora troppe persone devono affrontare all'interno della comunità LGBTQIA+.

Secondo la Human Rights Campaign, la più grande organizzazione per i diritti LGBTQ+ negli Stati Uniti:

Ci sono più di 2 milioni di persone transgender negli Stati Uniti.

Un adulto su cinque conosce qualcuno che usa pronomi non binari diversi da lui o lei.

Quest'anno sono state introdotte più di 340 leggi anti-LGBTQ+ in tutto il paese, incluse 90 leggi che limiterebbero l'assistenza medica a sostegno del genere per i giovani trans.

Negli Stati Uniti, le persone LGBTQ+ hanno maggiori probabilità di vivere in povertà . Le donne trans nere affrontano alti tassi di violenza mortale e circa un terzo delle persone trans nere che vivono in condizioni di estrema povertà ha riportato meno di $ 10.000 di reddito familiare annuo, più del doppio del tasso per le persone transgender di tutte le razze e otto volte la popolazione generale degli Stati Uniti. 




 Storm on the Horizon 

by Jeff Koterba, patreon.com/jeffreykoterba

https://politicalcartoons.com/cartoon/273001/storm-on-the-horizon-





PROTECTING OUR CHILDREN 

by Randall Enos, Easton, CT

https://politicalcartoons.com/



martedì 27 settembre 2022

Per Mahsa Amini e tutte le donne iraniane

 

For Mahsa Amini and all Iranian women

Per Mahsa Amini e tutte le donne iraniane


Javad Takjoo

21 September 2022

Women, Life, Freedom

MAHSA AMINI

#mahsaamini #mahsa_amini #freedom #humanrights #womenrights #jaytakjoo


Donna murata
GIO / Maria Grazia Quaranta
www.caricaturegio.altervista.it

I made in solidarity with Iranian Women
Andrea Arroyo



Nasrin Sheykhi

22 September 2022

Protests in Iran

Protests in Iran, sparked by the death of Mahsa Amini, who was detained for allegedly breaking strict hijab rules.




après la mort de Mahsa Amini en Iran.

Adene

#Mahsaamini #Iran #voile #dessindepresse

Libertà per le donne iraniane!

#مهسا_امینی #Mahsa_Amini
#MahsaAmini
Gianluca Costantini





E L E N A . ospina
27 September 2022
Mahsa Amini 🌍
Get out of the cage
mahsa amini, mahsa amin, masha_amini, iran, iran protests, freedom, women's rights





 Vasco Gargalo, Portogallo


PER MAHSA AMINI
In Iran si alza la protesta per la morte in prigione di Mahsa Amini dovuta molto probabilmente a seguito del pestaggio subito da parte delle guardie della "Polizia Morale" della Repubblica religiosa.
Mahsa era stata arrestata perche, non avendo indossato il velo in modo ortodosso, faceva vedere una ciocca di capelli!
Molte le donne che stanno sfidando il regime tagliandosi i capelli in diretta sui social, difficile che la protesta scalfisca l'ottusità integralista ma da ammirare il loro coraggio. BRAVE!
Gianfranco Uber



TANTO PER CHIAREZZA
Dopo Mahsa Amini il fanatismo islamico si macchia di un altro orrendo crimine.
Hadith Najafi, la coraggiosa ragazza simbolo della protesta contro la repressione dei diritti delle donne, è stata uccisa ieri sera nella città di Karaj, vicino a Teheran, da numerosi colpi d'arma da fuoco.
Si allarga sempre di più la spaccatura della società iraniana dove però ancora troppi uomini sembrano gradire l'intolleranza religiosa verso la libertà delle donne.
Gianfranco Uber





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Iran, perché le proteste per la morte della giovane Mahsa Amini sono diverse dalle altre È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, in Iran la morte di Masha Amini, la 22 enne morta dopo le percosse in carcere della polizia morale perché indossava non correttamente il velo. La protesta conquista il Paese. Bisogna vedere come reagirà il governo che per il momento non viene meno a se stesso e gioca la carta della repressione. Per il direttore dell'Ihr Mahmoud Amiry-Moghaddam la misura è colma: " Potrebbe essere l'inizio di un grande cambiamento. Anche del governo. Ma verso quale direzione? Abbiamo visto come ha aiutato Bashar al Assad nell'uccisione di migliaia di persone". Detto in altri termini, la risposta del regime degli ayatollah potrebbe essere sanguinaria. A una settimana dai fatti la protesta si è estesa in Iran a 20 città, e sarebbero almeno sei i morti, stando a fonti governative, e circa 500 i feriti. Gli iraniani protestano spesso ma questa volta è diverso Qui le proteste non sono una novità: nel 2019 molti iraniani sono scesi in piazza a causa dell'aumento del prezzo del carburante, e nel 2020 e 2021 la siccità è stata alla base di una nuova ondata di proteste. Nel 2022 le manifestazioni hanno visto in piazza pensionati e l'aumento del costo del pane ha indotto molti iraniani a sfidare ancora una volta le autorità. La grande differenza delle manifestazioni attuali è che tutte le proteste precedenti erano limitate ai gruppi o alle classi sociali cui erano legate, (in tutti i casi il governo ha risposto con una forte repressione. Nel 2019 si stima che siano morti circa 300 manifestanti). La morte di Amini ha superato la frammentazione della società iraniana. Il dolore, comune denominatore Queste proteste sono motivate dal dolore . È il dolore a aver aperto la strada a una nuova e più ampia mobilitazione”, spiega in un articolo l'analista Esfandyar Batmanghelidj. Così, persone di diversa estrazione sociale si sono unite: l'indignazione è trasversale alla società iraniana. E stando a Esfandyar Batmanghelidj è un fatto inusuale per la società iraniana. I giovani, e soprattutto le donne, sono in prima linea, ma ci sono anche molte persone anziane. Per l'accademico Ali Alfoneh, gli iraniani generalmente protestano per il pane o per la libertà, e "mentre la classe media chiede libertà, i meno privilegiati protestano per il pane e c'è poca solidarietà tra i due gruppi", ha precisato Alfoneh su Twitter. "Ma anche gli svantaggiati, che sono conservatori, si chiedono perché tali misure siano state prese contro Mahsa Amini, le leggi della moralità non vengono applicate nei centri commerciali di lusso nel nord di Teheran", spiega l'accademico. "Ecco perché la morte di Mahsa Amini ha suscitato indignazione che ha unito la classe media e quella dei meno abbienti", aggiunge. Finora né la repressione poliziesca, né le promesse del presidente, Ebrahim Raisí, di voler far luce sulla morte di Amini e tanto meno l'invio di emissari dal leader supremo, Ali Khamenei, alla famiglia della giovane donna, sono riuscite a calmare la protesta. Amini è stata arrestata martedì della scorsa settimana dalla cosiddetta polizia morale di Teheran, dove si trovava in visita, e portata in una stazione di polizia per "un'ora di rieducazione" per aver indossato male il velo. È morta tre giorni dopo in un ospedale dove è arrivata in coma per un infarto. Alla notizia, le proteste hanno infiammato il Paese. Proteste fino a New York La notizia ha avuto un'ampia eco arrivando anche a New York dove si tiene l'Assemblea generale delle Nazioni unite. Anche il presidente Usa Joe Biden ha espresso solidarietà nei confronti della giovane vittima, così come Emmanuel Macron e il ministro degli Esteri britannico.

martedì 2 agosto 2022

GARA DI MANGIATRICI DI BANANE... Ma che VERGOGNA!!!

 


In Friuli, a Monteprato di Nimis, c'è una "festa degli uomini" con una speciale gara riservata alle donne: GARA DI MANGIATRICI DI BANANE.

Non commento il video realizzato dai promotori ma ho pensato di dire la mia con un disegno.


del fatto ne parla Vanessa Ricciardi, su Domani:

https://www.editorialedomani.it/fatti/la-festa-sessista-delle-donne-che-mangiano-banane-rette-dagli-uomini-gli-organizzatori-e-divertente-jdl093tc


C'è anche una petizione che personalmente ho già firmato

Lo chiedo alle donne: boicottiamo la "festa"

#donna #women #sessismo


Marilena Nardi








martedì 5 novembre 2019

Cartooning for Peace a Strasburgo il 6 - 7 - 8 Novembre


37 disegnatori internazionale membri di Cartoonin for Peace
celebrano a Strasburgo i diritti umani, la pace e la democrazia.
Per l'Italia  è presente Marilena Nardi.
Più informazioni qui

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CARTOONING FOR PEACE IN STRASBOURG!
Antonio (Portugal), Bado (Canada), Boligán (Mexico), Camdelafu (Venezuela), Chappatte (Switzerland), Dlog (Tunisia), Uri Fink (Israel), Ali Ghamir
(Morocco), Glez (Burkina Faso), Xavier Gorce (France), Khalid Gueddar (Morocco), Kak (France), Kazanevsky (Ukraine), Khalil (Palestine), Michel
Kichka (Israel), L’Andalou (Algeria), Yannick Lefrançois (France), Denis Lopatin (Russia), Pedro x. Molina (Nicaragua), Mykaïa (France), Nardi (Italy),
Needall (Tunisie), Pierre Pauma (France), Plantu (France), Rayma (Venezuela), Lars Refn (Denmark), Tjeerd Royaards (the Netherlands), Izel Rozental
(Turkey), Laurent Salles (France), Ann Telnaes (United States of America), Nicolas Vadot (Belgique), Wiglaf (France), Yemi (Ethiopia), Z (Tunisia),
Willy Zekid (Republic of Congo), Zlatkovsky (Russia), Zohoré (Ivory Coast)

CARTE BLANCHE
Editorial cartooning, the art of political incorrectness
Thursday 7 November, 5:00 pm, hemicycle of the Council of Europe
With Ann Telnaes (United States), António (Portugal), Chappatte (Switzerland), Glez (Burkina Faso), Kichka (Israel), Plantu (France),
Rayma (Venezuela) and Zlatkovsky (Russia). Moderator: Vladimir Vasak (Arte)

PROFESSIONAL MEETINGS
Don’t shoot the press cartoonist! - Inventory and solutions for the support to press cartoonists
Wednesday 6 November, 9:00 am - 12:45pm, room 10, Council of Europe
With all the press cartoonists of Cartooning for Peace
The press cartoon in the service of Media and Information Literacy and Global citizenship education in the world
Wednesday 6 November, 2:00 pm - 5:00pm, room 10 Council of Europe
With all the press cartoonists of Cartooning for Peace

PARTICIPATION TO THE PLENARY SESSION N°4
Freedom of expression and protection of journalists
Friday 8 November, 9:00 am – 10 :30 am, hemicycle of the Council of Europe
With Plantu (France), Founder and Honorary President of Cartooning for Peace, and Pedro X. Molina (Nicaragua)

PERFORMANCE
Press cartoonists in action (collective mural)!
Wednesday 6 November, 5 :00 pm - 6:30pm, entrance of the hemicycle of the Council of Europe
The opening will be in the presence of Dunja Mijatovic, Human Rights Commissionner of the Council of Europe at 6:30pm.
The press cartoonists will live draw all the debates and sessions during the World Forum for Democracy
Human Rights, still some way to go?
Terrasse du Palais Rohan, until the 8th of November
November 6-8, Entrance hall of the Council of Europe

EXHIBITIONS
Press cartoon : a state of affairs
November 8 - December 20, Grand Est Region Headquarters. Opening on 8 November at 6:00 pm in presence of Plantu (France)
and all the press cartoonists of Cartooning for Peace
Cartooning for Peace
November 6 -8, Bas-Rhin Department Hall
Cartooning for Peace and Democracy
November 6-8, Council of Europe

EDUCATIONAL ACTIONS
Educational workshops
Thursday 7 November, 10:30 am - 12:00 pm and 1:30pm - 3:00 pm, Council of Europe
With Laurent Salles (France) and Willy Zekid (Republic of the Congo)

Educational conference
With Kichka (Israel), Nardi (Italy) et Willy Zekid (Republic of the Congo) and Plantu (France)
Friday 8 November, 1:30pm - 3:00 pm, Department Hall of Bas-Rhin (only for students)

Debate-diner
Friday 8 November, 8 :00 pm, Region Headquarters (for students only)
With all the press cartoonists of Cartooning for Peace and students



Strasbourg is the European city at heart, involved in the defense of Human Rights and Democracy. Cartoo-
ning for Peace wants to celebrate its fundamental values in this highly symbolic territory.
In 2019 we also celebrate the 70th year of the Council of Europe, the 60th year of the European Court of Human Rights and the French Presidency of the Committee of Ministers of the Council of Europe.
Thanks to the strong partnership built up with Ms Dunja Mijatovic, Councif of Europe Commissioner for
Human Rights, that allowed Cartooning for Peace to produce the exhibition « Human Rights, still some way to go ? », Cartooning for Peace will make of the city of Strabourg the capital of press cartooning, during the fall of 2019. It will gather editorial press cartoonists from all over the world to debate on these questions
through that universal and humoristic language.
.

CARTOONING FOR PEACE
Created in 2006 at the initiative of Kofi Annan, Nobel Peace Prize and former
General Secretary of the United Nations, and French press cartoonist Plantu,
Cartooning for Peace is a international network of cartoonists committed to the
promotion of freedom of expression, Human Rights and mutual respect among
people upholding different cultures and believes, using the universal language
of press cartoons.
#CartooningForDemocracy
www.cartooningforpeace.org






Marilena Nardi (Italy)

Born in 1966, Marilena Nardi started teaching at the Acade-
my of Arts in Venice in 1992. She has collaborated with many
Italian newspapers such as Corriere della Sera, Diario, Barri-
cate! or L’Antitempo. She has received more than 50 awards
in her career and she is now drawing for Il Fatto Quotidiano,
for the quarterly magazine Espoir and for online newspapers
such as Aspirina, la rivista. She is also a member of United
Sketches and France Cartoon.

domenica 3 gennaio 2016

Arabia Saudita: 47 esecuzioni capitali



sabato 2 gennaio 2016
QUARANTASETTE ... MORTI CHE PARLANO
In Arabia Saudita si festeggia l'anno nuovo con 47 esecuzioni capitali.
Paese che vai ...
Gianfranco Uber





SABATO 2 GENNAIO 2016
Il giovine apprendista


Ciliegina sulla torta; l'Arabia Saudit è a capo del Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Per tutto il 2016.


Plantu


execution of Nimr Al-Nimr    Jalal Hajir
executed for daring to say "no" !!!
02 Jan 2016










Genio UN lamp    Vasco Gargalo
Saudi Arabia
03 Jan 2016



28-11-2015 Peter Brookes per The Times


Da Famiglia Cristiana
Lo Stato canaglia per eccellenza del Medio Oriente,l’Arabia Saudita, ha iniziato il 2016 esattamente come aveva concluso il 2015: ammazzando gente. 47 esecuzioni capitali per decapitazione o fucilazione in un solo giorno. Il che vuol dire che il secondo giorno dell’anno il regime wahabita ha già messo a morte un terzo delle persone uccise nel 2015 (157, secondo il calcolo delle diverse organizzazioni umanitarie) e più di metà di quelle uccise nel 2014 (87).
La pena di morte, in Arabia Saudita, è sempre meno uno strumento, pure allucinante, della giustizia penale e sempre più uno strumento di controllo sociale, usato senza alcun ritegno dall’accoppiata re-muftì. Il re Salman al-Saud, sul trono da meno di un anno, e Sheikh Abdul Aziz Alal-Sheikh, gran muftì dal 1999, per il quale parlano certe fatwa: per esempio, nel 2012, l’invito a distruggere tutte le Chiese cattoliche della penisola arabica e, sempre quell’anno, la conferma della legittimità del matrimonio coatto per le bambine di 10 anni.
Vedremo se la stampa internazionale, domani, parlerà di “svolta storica” per l’Arabia Saudita, come si precipitò a fare, poco tempo fa, per l’elezione di 13 donne in una tornata elettorale disertata dagli elettori (25% di affluenza ai seggi) perché coreografica e ininfluente.
 Nell’attesa, molti si sono concentrati sulla messa a morte dello sceicco Nimr al-Nimr, influente esponente della comunità sciita, minoritaria in Arabia Saudita (10-15% della popolazione) ma forte nella provincia del Qatif, affacciata sul Golfo Persico, ricca di riserve petrolifere (produce 500 mila barili al giorno dal 2004) e vicina al Bahrein. Con la Primavera araba del 2011, Nimr al-Nimr era diventato una figura di punta nella contestazione al regime e nella richiesta di maggiori diritti per le minoranze religiose. Gli sciiti del Qatif avevano anche cominciato a chiedere la separazione dall’Arabia Saudita e l’annessione al Bahrein, dove gli sciiti sono maggioranza (70% della popolazione) ma soggetti alla monarchia sunnita degli Al Khalifa.
Richiesta che aveva fatto scattare la repressione: gli Al Khalifa chiesero l’intervento dell’Arabia Saudita che mandò in Bahrein l’esercito, con tanto di forze corazzate. Morti, feriti, prigionieri politici e torture a seguire, senza alcuno scandalo internazionale. Al contrario, con la benevola approvazione del premio Nobel per la Pace Barack Obama.
Mettere a morte Al Nimr, oltre a molti altri personaggi che avevano come colpa soprattutto quella di opporsi agli Al Saud, non vuol dire tanto cercare lo scontro con gli sciiti, perché questo scontro va avanti da secoli e non saranno queste esecuzioni a cambiarne la natura o la radicalità. Vuol dire soprattutto ricordare all’Occidente che il patto col diavolo dev’essere rispettato. L’Occidente che sventola la bandiera della democrazia, e della sua diffusione in Medio Oriente, non deve impicciarsi della penisola arabica, dove pure la democrazia è fatta a pezzi. Le maggioranze controllate da minoranze possono farsi sentire altrove, tipo in Siria. Ed essere anche armate, finanziate, organizzate, sponsorizzate all’Onu e in ogni dove. Ma non in Bahrein.

E l’Arabia Saudita può fare ciò che vuole: appoggiarsi a una delle versioni dell’islam più retrive per giustificare la repressione politica, esportare il credo wahabita nel mondo, finanziare quasi tutti i movimenti islamisti più radicali, fomentare guerre civili, intervenire militarmente in altri Paesi, bombardare villaggi e città dello Yemen (quasi 6 mila morti, tra i quali tantissimi bambini, nella guerra contro i ribelli sciiti Houthi), appoggiare gli islamisti in Siria. Per noi va tutto bene.
Al momento in cui scrivo, Barack Obama non ha aperto bocca sulle 47 esecuzioni. Forse è meglio così: probabilmente direbbe “l’Arabia Saudita ha diritto di difendersi”, come se non bastassero i 27 mila soldati Usa sul Golfo Persico, le basi, le imponenti forniture di armi che da due anni fanno proprio dei sauditi i maggiori acquirenti e importatori di armi del mondo (primi, con 20 milioni di abitanti, davanti all’India, grande come un continente e con 1,3 miliardi di abitanti). Del resto, Obama portò la famiglia e mezzo Governo Usa a piangere ai funerali del re saudita Abdallah, un anno fa, e quindi non c’è molto da aspettarsi.
Nulla dirà anche il presidente francese Hollande, visto che solo due mesi fa il suo premier Manuel Valls andò a Riad e twittò orgoglioso per i 10 miliardi in contratti che riportava a casa, anche sotto forma di vendita di armi. Tacerà anche Matteo Renzi che pure non ama tacere: quando andò a Mosca si precipitò a portare fiori sul ponte dov’era stato ucciso Boris Nemtzov, oppositore di Vladimir Putin. Dubito che farà lo stesso gesto per Al Nimr:  anche Renzi è stato da poco in Arabia Saudita, anche lui ha firmato contratti, ha dispensato sorrisi ed è tornato a casa. In silenzio.

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  Saudi Arabia executes 47 people in one day including Shia cleric

giovedì 29 gennaio 2015

Obsequies for King Abdullah of Saudi

My cartoon Saturday @TheTimes. Obsequies for King Abdullah of Saudi #humanrights #SaudiArabia
Peter Brookes


King Abdullah dead Hassan Bleibel
saudi shadow
23 Jan 2015




King Abdullah Dies
Miguel Villalba Sánchez (Elchicotriste)
Elchicotriste: 'All the petrodollars in the world are not enough to avoid death.'
23 Jan 2015




Paying Respects
BY JOHN DARKOW, COLUMBIA DAILY TRIBUNE, MISSOURI - 1/28/2015



Saud beneath the sod
BY DAVID FITZSIMMONS, THE ARIZONA STAR - 1/28/2015





Michelle Obama Unveiled
BY RICK MCKEE, THE AUGUSTA CHRONICLE - 1/28/2015







Michelle Obama senza velo oscurata dalla televisione dell’Arabia Saudita


Libertà d'espressione
Magnasciutti


Whipping
BY PETAR PISMESTROVIC, KLEINE ZEITUNG, AUSTRIA - 1/17/2015




Mort du roi d'Arabie Saoudite Liberte-Algerie (PAGE OFFICIELLE du quotidien Liberté)
#Dilem

mercoledì 17 dicembre 2014

I diritti umani di Agim Sulaj


United Nations for Children
Agim Sulaj





Human Rights
pencil on paper
work for international cartoon competition Human Rights , Ankara , Turkey
Agim Sulaj

venerdì 25 luglio 2014

Meriam


Meriam
di Tiziano Riverso

Meriam è libera, ed ieri mattina è arrivata in Italia per una breve ma intensa visita, prima di raggiungere gli Stati Uniti.
 Intensa perchè all'aeroporto c'era ad accoglierla il premier italiano e subito dopo ha incontrato il Papa a Villa Marta.




Meriam Yehya Ibrahim, la donna cristiana condannata a morte per apostasia il 15 maggio scorso, “è stata liberata e ora è sulla strada di casa”. Lo ha annunciato il suo avvocato, Elshareef Ali, parlando con la Bbc dopo che i media locali avevano dato notizia dell’imminente rilascio. La misura è stata decisa da un tribunale d’appello di Khartoum, che ha annullato la sentenza di condanna a morte. “Siamo felicissimi – ha detto Ali – e stiamo andando da lei”.
Il 15 maggio un tribunale di Khartoum aveva condannato a morte per impiccagione la 27enne, cristiana, madre di un bambino e all’epoca incinta di otto mesi (ha poi partorito in carcere), con l’accusa di apostasia. I giudici avevano inoltre stabilito che la donna dovesse subire cento frustate per aver commesso adulterio, visto che il suo matrimonio con un uomo cristiano non è riconosciuto valido in base alla sharia (diritto islamico).
I giudici avevano dato tre giorni alla donna per rinunciare alla sua fede cristiana, ma in aula, dopo un lungo colloquio con un religioso musulmano, la donna aveva affermato: “Sono cristiana e non ho mai commesso apostasia”. Meriam, laureata in fisica, è sposata con Daniel Wani, un sud-sudanese cristiano. Lei è invece sudanese e nel suo paese è considerata musulmana, perché nata da un padre musulmano.
In base alla sharia, una donna musulmana non può sposare un uomo di un’altra fede e i figli nati dalla loro unione sono quindi considerati illegittimi e frutto di adulterio. Per salvare la giovane è stata lanciata una campagna internazionale, alla quale ha contribuito, tra gli altri, l’ong Italians For Darfur. Anche molte ambasciate in Sudan si sono mobilitate, rivolgendo appelli alle autorità locali.
Khartoum: su caso Meriam pressioni senza precedenti – Il governo sudanese denuncia “pressioni senza precedenti da parte di governi, organizzazioni e personalità internazionali’’ sul caso di Meriam e sottolinea come la sentenza sia stata emessa “sulla base dell’indipendenza della magistratura”.
L’annullamento “in primo grado” della condanna a morte nei confronti Meriam è avvenuto “nel contesto dell’indipendenza della magistratura sudanese, in applicazione dello stato di diritto e dei principi della Costituzione”, si legge in una nota del ministero degli Esteri.
Il governo sudanese sottolinea quindi di aver “sempre respinto con fermezza” esortazioni a intervenire sul caso “senza attendere la conclusione dell’iter giudiziario’’. Khartoum accusa anche i “media di aver ignorato il principio della separazione dei poteri”.
(fonte) 



Gioia immensa per la liberazione di Meriam ma non dimentichiamo Asia, Faiza e le altre