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lunedì 22 febbraio 2021

Maria Ghezzi, la signora dei Rebus

 Da poche ore ci ha abbandonato una donna speciale, elegante e di grande talento. Si chiamava Maria Ghezzi ed ha disegnato tantissimi rebus per La Settimana Enigmistica. Era moglie di Giancarlo Brighenti, il papà del rebus moderno che sulle nostre pagine ha conosciuto -grazie a loro- uno sviluppo meraviglioso. Insieme formavano una coppia spettacolare, affabile, di gusti raffinati, affiatati come non si può immaginare. Ho sempre coltivato il pensiero che in un vecchio rebus lei si sia ritratta così, all'apice della sua bellezza e gioventù. 

E spero tanto che Giancarlo sia sceso quaggiù ad aspettarla, oggi, e insieme stiano già correndo, mano nella mano, raccontandosi mille cose, finalmente riuniti, in un grande prato senza pensieri, pieno di are, osti, avi...

Riposa in pace, Maria. Ti abbiamo voluto bene.

Alessandro Bartezzaghi

Il Ritratto
Il volto di donna disegnato da Maria Ghezzi per un rebus di Piero Bartezzaghi sulla Settimana Enigmistica 1952 elaborazione del catalogo "Ah che rebus!" Mazzotti 2010
Soluzione Bambole manierose.
Accanto l'autrice in una foto degli anni Cinquanta.


 Alla vigilia del 94° compleanno se n'è andata Maria Ghezzi, conosciuta nel mondo enigmistico come la Brighella. Nata a Bresso il 22 febbraio 1927, aveva iniziato nel 1952 a disegnare rebus per "La settimana enigmistica", contribuendo moltissimo con la sua bravura alla diffusione e al rinnovamento del rebus voluti dal marito Giancarlo (in arte Briga).
Ser Viligelmo/Silvano Rocchi


La signora dei Rebus

Il suo nome lo conoscono in pochi, ma i suoi disegni fanno parte del patrimonio di immagini dell' Italia degli ultimi sessant' anni. Chi abbia dato almeno un' occhiata alla Settimana enigmistica (di cui a gennaio sono stati ricordati gli ottant' anni anni dalla fondazione) ha visto le sue opere riprodotte: sono le vignette dei rebus. Dietro quei disegni c' è la sua mano, il tratto inconfondibile di Maria Ghezzi Brighenti, nata a Bresso nel 1927, che proprio in questi giorni festeggia anche lei il suo compleanno. Nella sua casa milanese, rebus non se ne vedono. Quadri alle pareti e sui mobili, nei punti più luminosi, una collezione di sassi di arenaria modellati. Bisogna entrare nello studio per trovare boccette d' inchiostro e pennini, gli strumenti, mai cambiati, del suo lavoro. «Quanti rebus ho disegnato? Non ho mica tenuto il conto! In tanti anni, settimana dopo settimana, ne avrò disegnate decine di migliaia. È stato un lavoro continuo, che ha occupato completamente la mia vita». Una carriera tanto prolifica quanto singolare, in cui il disegno è al servizio di un gioco. «Ho sempre avuto inclinazione per il disegno e negli anni Quaranta ho frequentato il liceo artistico dell' Accademia di Brera. Ricordo bene il pittore Gianfilippo Usellini, le lezioni di storia dell' arte di Guido Ballo e, fra i compagni, Dario Fo. Per guadagnare in quegli anni realizzavo figurini di moda e decorazioni per interni. Ma dipingevo anche e ho esposto - nel ' 46 o ' 47 - alla Taverna del Gatto Nero in via Senato, un locale animato da Walter Pozzi. I rebus non avevo ancora idea di cosa fossero». Bisogna arrivare al 1951 perché questo gioco incroci la sua strada. Nell' estate di quell' anno Maria partecipa, con diverse tele, al Premio Bolzano per le pittrici italiane, nella cui giuria c' è anche Palma Bucarelli, direttrice della Galleria d' arte moderna di Roma. La svolta della carriera (e della vita) di Maria però non arriva da quella mostra, ma dall' incontro fortuito, lì sulle Dolomiti, con Giancarlo Brighenti, responsabile dei giochi illustrati della Settimana enigmistica, che diverrà suo marito. È Brighenti (pseudonimo Briga) a introdurre Maria (nome d' arte la Brighella) nel mondo dei rebus, convincendola a dirottare le sue capacità artistiche dai colori alla sintesi del bianco e nero, dalle tele al cartoncino. Edè grazie al sodalizio di questa coppia- una vera simbiosi fra parole e immagini - che si afferma lo stile del rebus moderno in Italia. Le innovazioni che Brighenti porta nel gioco prendono vita grazie alla maestria grafica di Maria: la precisione realistica dei dettagli si coniuga con l' effetto interrogante dell' insieme, rendendo leggibili le situazioni più strane, interstiziali, assurde,a ricordare che nell' origine della parola ci sono le cose (dal latino res ), ma anche il rovescio, lo scherzo e il sogno. «Da quando ho cominciato a lavorare in questo campo non ho avuto più tempo per la pittura». Maria guarda un suo dipinto a olio, un gruppo espressivo e materico di figure, molto lontano per stile e tecnica dalla sua produzione grafica. «Non ho avuto più tempo per dipingere perché disegnare rebus è impegnativo. Bisogna comporre una scena, con interni ed esterni, in cui sistemare figure e lettere - e guai a sbagliare un dettaglio. Mi sono dovuta documentare su piante, animali, carte geografiche, strumenti di tutti i tipi, come se avessi lavorato in un' enciclopedia illustrata. È di grande importanza poi che il solutore incontri con ordine, da sinistra a destra, le figure e le lettere che portano alla soluzione: in fondo, è come progettare una scenografia». Una scenografia, una doppia messa in scena della lettura, in cui il disegno non illustra il significato della frase da scoprire, ma le immagini presenti nella sequenza di parole che la compongono. Non per niente nella storia di questo gioco, strettamente legato alla lingua in cui si nomina il visibile, si trovano i trattati di scrittura, le cifre figurate di Leonardo e gli enigmi visivi di Lorenzo Lotto, i ventagli con frasi d' amore e i fogli volanti con messaggi politici. Un percorso nella storia del rebus italiano, dai primi esempi fino alle enigmatiche azioni teatrali di Fanny & Alexander, è stato proposto in una mostra - in cui erano esposte anche molte tavole originali di Maria - presso l' Istituto Nazionale per la Grafica di Roma (catalogo Mazzotta 2010). Mentre parla, Maria sfoglia degli album dove sua madre ha raccolto una piccola parte dei rebus pubblicati. Passano sotto gli occhi immagini familiari e bizzarre, fatte di piazze quasi metafisiche, di accostamenti talvolta surreali, di orti, rivi, reti e di tante altre cose dal nome bisillabo, utili per decifrare le frasi risolutive. «Alcune sono facili, basta leggere le immagini una dopo l' altra; altre volte bisogna interpretare un contesto, il bambino che mente, l' uomo che osa. Nessun dettaglioè mai superfluo». Che la soluzione sia facile o no, in questi disegni si ripetono scene riconoscibili con esattezza, immerse in un tempo fermo, che non hanno mancato di affascinare anche gli artisti. Quando negli anni Sessanta i pittori del pop italiano Renato Mambor e Tano Festa hanno esplorato il deposito d' immagini dell' editoria di massa, si sono soffermati anche sui rebus. Dettagli sono stati prelevati e rielaborati con accostamenti stranianti, cancellature e colori industriali, con effetti di grande bellezza e senza pensare mai a chi fosse l' autore dei disegni. Quell' autore, non c' è bisogno di dirlo, era Maria Ghezzi. Rintracciati grazie alla collaborazione fra l' esperto di enigmistica Tiberino e la storica dell' arte Ada De Pirro, i disegni che hanno ispirato tante opere suscitano una domanda. Ma l' autore dei disegniè l' autore del rebus? «Per tradizione enigmistica- spiega Maria - l' autore è chi inventa la frase. Come autrice di frasi, anch' io ho firmato dei rebus, ma come disegnatrice il mio nome è comparso di rado e solo nei primi tempi». Per osservare tutti i rebus disegnati da Maria ci vorrebbero anni. Per lei, ogni vignetta è legata a un ricordo insieme familiare e professionale. «Il mio studio è la mia casa. Ho sempre disegnato nella mia stanza, usando solo l' inchiostro di china e il pennino, che permette di modulare le linee di contorno e i tratteggi e di scrivere con precisione le lettere». Sei suoi disegni, riprodotti in piccolo sul settimanale, hanno già un grande fascino («I disegni di Maria hanno arricchito la mia visione di nostalgia e di mistero», parole del pittore Sergio Ceccotti), gli originali, di dimensioni maggiori, sono esempi di grafica di alta qualità, nitidi e ariosi. Sconosciuti al circuito di mostre e mercato, notissimi nella loro versione ridotta e riprodotta. Ancora oggi, con tratto fermo e chiaro, Maria continua a fare rebus. E mentre ci salutiamo, mi mostra l' ultimo: «L' ho fatto dopo aver letto I pesci non chiudono gli occhi di Erri De Luca. In una pagina è descritto un rebus la cui soluzione è "Quando l' amore manca la volontà non basta". Ho provato a disegnarlo». È un rebus inventato da De Luca, in omaggio a un gioco che piacque a sua madre e a lui ragazzino come, in quegli anni Sessanta, a tanti lettori italiani che nei "giornaletti enigmistici" si incantavano e si arrovellavano sui rebus disegnati da lei, da Maria Ghezzi, la Brighella. 

©Antonella Sbrilli (18/3/2012)


Il concorso a suo nome

Nata a Bresso (Milano) il 23 febbraio 1927, dopo gli studi presso il liceo artistico dell'Accademia di Brera a Milano, Maria Ghezzi iniziò l'attività di pittrice, disegnatrice di figurini di moda e decoratrice d'interni. L'incontro con l'enigmista Brighenti (pseudonimo Briga) la orienta dagli anni '50 verso il disegno del rebus. Da allora, fino al pensionamento, si è dedicata al disegno delle vignette e di altri giochi enigmistici illustrati (frasi polidescritte, «Il signor Brando»). In suo onore, si svolge annualmente un concorso di invenzione rebussistica, basato su un suo disegno originale (Concorso «La Brighella»).

Ghezzi è considerata l'illustratrice che ha stabilito lo standard visivo del rebus italiano, a partire dal primo rebus che ha disegnato nel 1952 (l'autore era Gian Carlo Brighenti, il capo della sezione rebus della «Settimana Enigmistica»). Alle caratteristiche principali del rebus stabilite da Brighenti - «originalità della trovata e coerenza delle parti del gioco», «bellezza e contenuto della soluzione» - il tratto preciso e funzionale di Maria Ghezzi aggiunse la qualità dell'«illustrazione artistica». Maria Ghezzi ha prodotto - nella sua lunga e prolifica carriera - decine di migliaia di disegni, realizzati a china. Alcuni originali sono stati esposti alla mostra «Ah che rebus!, Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia» (Roma, 2010-11).



Tutti voi che vi dilettate di Enigmistica, anche se non lo sapete, conoscete l’arzilla signora che in questa foto mi fa l’onore di apprezzare un mio disegno: è Maria Ghezzi Brighenti “La Brighella”, colei che ha dato l’impronta grafica a quello stupendo gioco che è il Rebus!

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Il suo stile è assolutamente impagabile e mescola un tratto realistico “morbido” con una composizione che – proprio in virtù delle caratteristiche del rebus – si tinge di una lieve tinta di surreale follia. Ari, pie, avi e ile convivono nelle sue immagini con una naturalezza e una magia assolutamente impagabili!

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Oggi ho appreso che la Brighella ci ha lasciati per riunirsi al marito, il mitico Briga, in qualche oltremondano Altrove dove ( mi piace immaginarla così ) faranno diventar pazzi santi e arcangeli con i loro fantastici enigmi!

Moise



Maria Ghezzi

Strada di Nicosia

autore della frase Briga

china su carta

proprietà “La Settimana Enigmistica”, pubblicato nel giugno 1968

La soluzione si ottiene osservando che la S si trova tra dadini, così la A


La soluzione:  VA si dice mento = vasi di cemento 


Il mondo dell'Enigmistica è ancora in lutto: è scomparsa La Brighella. Chi frequenta il nostro mondo da anni, conosce benissimo la sua straordinaria bravura di disegnatrice. Maria Ghezzi, compagna da una vita di Briga, ci ha donato migliaia di illustrazioni che alla fine sono diventate patrimonio di noi tutti e ha creato lo standard ideale di come dare vita alle fantasie degli ideatori di rebus. A chi invece è approdato da poco in Enigmistica consiglio di soffermarsi maggiormente sui suoi fantastici disegni, cantati anche da Paolo Conte e magistralmente studiati da Enrico Viceconte nel suo articolo "Appunti sull'immagine nel rebus" (che potete leggere qui: http://www.lasibilla.net/.../appunti-sullimmagine-nel-rebus/ ). Saluto con grande rimpianto questa nostra grande Amica ed Artista.

Guido Iazzetta /Samlet




Un rebus di Brighella: Anita Garibaldi

La soluzione (due parole rispettivamente di 6 e 9 lettere) è «eroina spacciata».

Fonte: Pietro Ichino per il Corriere. Il rebus è stato pubblicato solo sulla Sibilla.



Devo purtroppo comunicare un’altra gravissima perdita, che ci colpisce in modo particolare perché era una figura molto amata ed ammirata da tutti noi, giovani e meno giovani: La Brighella.

Maria Ghezzi Brighenti, a distanza di vent’anni, si ricongiunge così al suo Giancarlo, il nostro indimenticabile Briga, assieme al quale ha “contribuito a costruire e consolidare lo stile e i canoni del rebus moderno”.

Essa stessa autrice di rebus, dal 1952 ha prodotto migliaia di vignette di alto livello grafico e compositivo, con uno stile e una maestria che rimarranno inimitabili.

Ha scritto La Sibilla: “Il rebus per antonomasia è quello disegnato da lei". Nel 1986 le è stato attribuito il "Trofeo ARI". Fino a pochissimi anni fa ha voluto essere con noi alle Feste della B.E.I., a cui era particolarmente vicina anche per le origini ‘campogallianesi’ di Briga. Grazie di tutto, Brighella!

Pippo / Giuseppe Riva




Il terzo lato di Briga 



Con la scomparsa di Maria Ghezzi l’enigmistica e l’arte del l’illustrazione perdono una protagonista raffinata, garbata, dal tratto chiaro e sicuro, capace di coniugare la precisione e la cura dei particolari al costante rispetto dell’autore e del solutore del rebus, a servizio del quale ella per tutta la vita ha votato il proprio sconfinato talento. Grazie Maria, maestra ineguagliabile e splendida donna, per tutto ciò che ci hai dato entrando ogni settimana nelle case di tutti come un’amica fidata e gentile che si conosce da sempre.
Velvet (Francesca Pizzimenti)



Per chi, come noi, sin da ragazzi, è cresciuto a pane e rebus (della Settimana) i suoi disegni rappresentavano il rebus nella sua dimensione più sognante e magica. Quante volte abbiamo immaginato di camminarci dentro. Ciao, Maria. Per te solo amore e tanta gratitudine.
Pasticca / Riccardo Benucci




 Per noi della vecchia generazione, ecco un'altra perdita che ci strazia nel profondo del cuore. Non c'è stato abbastanza tempo per prendere coscienza della dipartita del fraterno amico Tiberino che ci giunge la terribile notizia della scomparsa della nostra cara Brighella portandosi con se il suo radioso sorriso la sua amicizia e la sua Arte. A me, che l'ho conosciuta da almeno cinquant'anni e a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di averla conosciuta, non rimane che la consolazione di fare tesoro di quello che ci ha lasciato e ringraziarla per le gioie che ci ha  procurato con le sue artistiche illustrazioni.
(Lionello)



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Grazie Brighella, è stato un piacere ammirare i tuoi tantissimi rebus.
Condoglianze alla famiglia.
Fany

venerdì 11 marzo 2011

Ah, che rebus! Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia

Si è appena conclusa a Roma la mostra Ah, che rebus! Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia con la quale l'Istituto Nazionale per la Grafica ha chiuso le celebrazioni del 35° anno della fondazione.
  Curatrici della mostra le dottoresse Antonella Sbrilli e Ada De Pirro con la consulenza di nomi illustri nel panorama enigmistico tra cui Stefano Bartezzaghi e Franco Diotallevi.
Proprio negli ultimi giorni di apertura sono riuscita a visitarla. Cornice stupenda la fontana di Trevi.
Per dare l'idea dell'intreccio di 5 secoli di storia tra arte ed enigmi le due curatrici, Antonella Sbrilli e Ada De Pirro, hanno compiuto scelte precise, orientandosi alla storia del rapporto fra arte e rebus, e selezionando per la mostra opere, in originale o in facsimile, di particolare interesse.
(cliccare sulle immagini per ingrandire)


Il percorso della mostra si apre con l’accostamento di due dipinti: il Ritratto di Lucina Brembate di Lorenzo
Lotto, 1518 circa, e Personaggio in grigio di Osvaldo Licini, 1944. In entrambi, la luna è unita a delle lettere per suggerire un nome (Lucina) o una serie di parole potenziali, in uno scambio fra figure e lettere, fra visibile e leggibile.

 Sotto il particolare della luna con i grafemi CI classico rebus ad incastro.

 
 

Accanto ai rebus veri e propri, la mostra allinea rebus spuri, opere che adottano la cifra del rebus dentro un contesto altro, artistico, e lì spesso il depistaggio sta nell’illudere lo spettatore che il rebus sia risolvibile e invece è solo uno stilema: si allude all’enigma ma non lo si costruisce. Un esempio per tutti: il Personaggio in grigio di Osvaldo Licini, un dipinto del 1944 esposto astutamente davanti al quadro del Lotto, e anche Licini dipinge una mezzaluna che contiene in sé una lettera - la forma è una G - e sul corno della luna-G si erge un omino, ma il rompicapo è irresolubile, perché non esiste. C’è solo «la pura assonanza con la forma del rebus», commenta Antonella Sbrilli, curatrice della mostra con Ada De Pirro.


Più di più di cento opere tra disegni, incisioni, dipinti, libri, riviste, video, propongono un percorso originale nei rapporti fra arte e rebus in Italia.
Il percorso si snoda attraverso i rebus disegnati da Maria Ghezzi Brighenti per “La Settimana Enigmistica”, ripresi dai pittori della Pop Art italiana, le imprese del Rinascimento; i rebus per i ventagli incisi da Stefano Della Bella, e quelli sulle riviste ottocentesche; i rebus politici del Risorgimento e i graffiti metropolitani; passando per il ritratto di Lucina Brembate di Lorenzo Lotto, i Bagni misteriosi di De Chirico, i rebus filmati nei video d'artista, le pagine antiche con sonetti in forma di rebus, le poesie visive che permettono una doppia lettura.
Una selezione di opere di artisti contemporanei infine, mostra in che misura il rebus sia presente in opere che sono da vedere, da leggere e da indovinare.




Stefano Della Bella (1610 - 1664)
Rebus sull'amore, 1647-49,
acquaforte e bulino
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica
Soluzione: Ove è Amore è fedeltà – Amor solicito e segreto – dove è Amore è gelosia – Amore è cieco e vede di lontano – Amore passa il guanto e l’acqua li stivali – Amor, Amore tu sei la mia rovina (numero 6 gli ami e edificio diroccato).



Ma cos'e' un rebus? Un piccolo enigma da decifrare, un disegno che nasconde una frase, un passatempo. Un gioco. Eppure questo gioco ha una storia antica che, a ripercorrerla, rivela molte sorprese: nel passato grandi artisti hanno elaborato rebus, da Leonardo da Vinci con le sue cifre figurate (presentate in un video e riprese anche da artisti contemporanei) agli incisori Stefano Della Bella e Giuseppe Maria Mitelli.
Anche gli egiziani li facevano, qualcosa come tremila anni fa, e all’occorrenza se ne servivano. Così il re Namer metteva come firma, forse per far confondere i sudditi, un pesce (nar) e uno scalpello (mer).
Leonardo li chiamava cifre figurate. E ne inventava a iosa. Un colle associato a dei pifferi, nella grafia dell’epoca s’intende (“col” e “piferi”), parlava i “colpi feri”, insomma colpi feroci, forse omicidi, di probabili mischie o battaglie. Malgrado il peso di Leonardo, come denominazione invalse alla fine rebus. Che si vuole attribuire al latino: l’ablativo di res (cosa) per significare un concetto  che può essere espresso tramite delle cose. Etimologia che ad alcuni fa storcere la bocca, perché convinti che la radice si trovi piuttosto tra antichi vocaboli francesi o tedeschi.



Giuseppe Maria Mitelli (1634 – 1718)
Ventaglio per le mosche, 1693,
acquaforte, bulino
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica
volume 34 I 23 Fondo Corsini
Fra le chiavi di rebus: Vento-aglio perle mosche; oche gran (o che gran)




Giuseppe Maria Mitelli (1634 – 1718)
O che gran caso, 1686,
acquaforte, bulino
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica
volume 34 I 23 Fondo Corsini
Il titolo O che gran caso viene raffigurato da un rebus con le oche, una spiga di grano, le forme di cacio




Attualissimo il rebus di Agostino Carracci qui sotto

Agostino Carracci (1557 - 1602)
Ogni cosa vince l'oro
acquaforte
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, dal volume 34 H 7 Fondo Corsini
La frase del titolo, che spiega la scena in cui un vecchio compra i favori sessuali di una donna, è espressa in forma di rebus, con oggetti che vanno letti in dialetto bolognese: ognie (unghia) per ogni, cossa (coscia) per cosa, vin, da aggiungere alla C, a L’ e all’oro.







L’Ottocento dei moti popolari, delle costituzioni e del Risorgimento rivive in un drappo del 1846.
In mostra è visibile per la prima volta, restaurato per l’occasione, il grande drappo con un lungo rebus dedicato a Pio IX per l’amnistia concessa nel 1846.




Il drappo papale Drappo con epigrafe-rebus
Esposto durante i festeggiamenti in onore di Pio IX che aveva concesso l’amnistia nel 1846
tempera su mussolina bianca
Roma, Museo Centrale del Risorgimento
Soluzione: Corone a Pio che messa via l’ira poté torre ala prigione o riportare d’estranei paesi ala casa numerose vittime papa vero è scritta su un cartellino che si trovava sul retro del drappo (Spiegazione del Rebus delli 8 7bre 1846)



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un rebus di Tano Festa

Una sorpresa piu' recente e' la presenza delle vignette della celebre rivista 'La Settimana Enigmistica', disegnate dall'illustratrice milanese Maria Ghezzi (la Brighella), nella pittura italiana degli anni Sessanta e Settanta, in particolare nelle opere di Renato Mambor e Tano Festa.
Maria Ghezzi (la Brighella) ne esce finalmente valutata come artista e non semplicemente disegnatrice di rebus.

La vera novità, tuttavia, consiste nella scelta di esporre rebus tout court: le tavole originali di Maria Ghezzi, eseguite a china su cartoncino, sono ora intese come opere d’arte propriamente dette, raffinati lavori di grafica che nascondono un gioco, hanno un valore aggiunto.


Maria Ghezzi, la Brighella, Incantar  i debitori, frase di Beta.
Proprietà La Settimana Enigmistica





Paolo Fai Venerdì, 07 Gennaio 2011
Ah, che rebus! Così si intitola una mostra, assai curiosa, che dallo scorso 17 dicembre 2010 si tiene a Roma, a Palazzo Poli, e che resterà aperta fino al prossimo 8 marzo. Il sottotitolo, "Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia", chiarisce che il rebus non è solo passatempo per enigmisti, ma "uno scherzo d'artisti, un arcano araldico, un divertimento scientifico ('le cifre figurate' elaborate da Leonardo, per esempio)". Così scriveva Maria Giulia Minetti su "La Stampa" dello scorso 21 dicembre. E, poco dopo, si chiedeva: "Ma intanto, scusate, perché questo tipo di gioco tra natura e scrittura, tra mimesi e simbolo si chiama 'rebus', adottando come nome l'ablativo plurale del sostantivo latino 'res' che significa 'cosa'? Sul catalogo bello e dotto della mostra (Mazzotta editore) si occupa della questione Franco Bosio. Tra le spiegazioni proposte: rebus perché si tratta di un discorso fatto con le cose (complemento di mezzo, in latino si rende con l'ablativo), non con le parole [insomma, una variante dei geroglifici, della pittografia - nota mia]; rebus come corruzione del francese 'à rebours', a rovescio, e sarebbe un'allusione ai depistaggi contenuti nelle immagini (Bosio: "Il rebus trasmette il suo messaggio nascosto... attraverso una o più figure che non significano mai quello che rappresentano apparentemente'). A sostenere questa seconda tesi il piemontese 'alla rebusa', alla rovescia appunto".
E' stato risolto il rebus sul rebus dalle parole della Minetti, o qualcuno degli amici del forum ha altre soluzioni?
Cari saluti
Paolo Fai





Le atmosfere metafisiche dei Bagni misteriosi di Giorgio De Chirico dialogano sia con le vignette dei rebus moderni sia con dipinti, video, disegni contemporanei legati all’enigma.

 I “Bagni misteriosi” di Giorgio De Chirico, con le ormai 
classiche atmosfere metafisiche, incuriosiscono il folto ed attento gruppo di visitatori.




 I rebus dell’Ottocento, con le loro lettere animate, sono accostati agli esperimenti futuristi, come nel disegno Marinetti ferito dei fratelli Cangiullo.




Il meccanismo del rebus è presente in molti titoli di opere contemporanee e spesso il gioco avviene fra titolo, opera, materia e tecnica. E ancora, il rebus è lo spunto di poesie, come quelle di Edoardo Sanguineti interpretate in alcune opere grafiche presenti in mostra. Si ritrova nei video come tecnica di narrazione, nei graffiti sui muri, come esca che attira lo spettatore.

Ma è anche enigmistica

 


Senza dimenticare che il rebus è enigmistica, approdato e celebrato da decenni in una rivista settimanale specializzata, che vanta di aver subìto oltre cinquecento tentativi di imitazione. Quella “Settimana enigmistica”, con le vignette della disegnatrice milanesi Maria Ghezzi (in arte Brighella), riprese appunto sulle tele di artisti affermati negli anni Sessanta e Settanta.
Maria Ghezzi
Pianta di Vienna
china su cartoncino
autore della frase I. Fiocchi (1987)
proprietà La Settimana Enigmistica

Maria Ghezzi
Una trentina d'anni fa frase di Brighenti (1970)

Pignotti, Ex libris, 1971



“Cercando di te in un vecchio caffè ,ho visto uno specchio e dentro ho visto il mare e dentro al mare una piccola barca per me… Ah che Rebus!”

Le parole di questa canzone di Paolo Conte ha dato il nome alla mostra “Ah che rebus!”, a Palazzo Poli.

E Paolo Conte non si è limitato ad ispirare il titolo della rassegna ma ha dato anche lui il suo valido contributo: un rebus inedito.


Paolo Conte
Rebus (nome storico: 8 - 2 - 4), 2010,
stampa digitale e pennarello nero su carta
collezione privata
Le carte da gioco contrassegnate dalla lettera A (tutti re e assi) fanno un full degno di complimenti; dunque, seguendo l’indicazione del diagramma: Fan full A da lodi, seconda lettura Fanfulla da Lodi










La solitudine degli enigmisti

La cornice della mostra è davvero suggestiva, palazzo Poli e la fontana di Trevi sono tutt'uno ma io non ero emozionato per questo bensì per avere una guida unica, il vulcanico Tiberino, collezionista ed espertissimo in materia e mi sono reso conto che senza la sua passione e le sue competenze non avrei compreso pienamente ciò che i curatori hanno voluto trasmetterci ovvero nobilitare l'enigmistica che benchè sia presente da secoli nella letteratura la pittura l'araldica la grafica la linguistica l'editoria ecc. ecc. è da sempre relegata ad un'utenza di nicchia quasi senza dignità.
Naturalmente i curatori con chi conosce l'enigmistica hanno sfondato delle porte aperte ma per gli altri è stato uno stupirsi ad ogni passo, ma non voglio parlare di questo, c'è un fantastico catalogo più che esaustivo e ci sono bravi scrittori che lo hanno già fatto ma voglio parlare della solitudine degli amanti dell'arcano mondo della sfinge, noi che giochiamo con le parole e le figure, gli enigmisti.
Ci siamo da secoli e nessuno ci ha mai filati se non noi stessi, ci siamo pubblicati a nostre spese e non ci abbiamo fatto il becco di un quattrino, ci incaponiamo con un bisenso o un rebus e quando ne veniamo a capo lo facciamo vedere orgogliosi alle persone che ci circondano e loro ci guardano come se fossimo dei mentecatti.
Già, è così che ci hanno guardati per secoli, dei mentecatti chiusi dei loro studi aspettando la rara e preziosa corrispondenza dei nostri simili, riuniti in sparuti gruppetti per far nascere delle dispense che quasi ci leggevamo da soli. Tiberino mi ha detto che è regola che gli enigmisti si diano subito del tu malgrado il ceto, e ti credo!!, è stato così difficile incontrarsi che non si può perdere tempo in convenevoli e poi l'affinità elettiva è troppo forte, l'avere finalmente persone con le quali comunicare quasi inebriante.
Poi è arrivato il Web e tutto è cambiato, se supporta una rivoluzione vuoi che non riesca a farci incontrare tra di noi?..e qui un fiorire di forum e di occasioni di incontri sia virtuali che reali e l'immediatezza delle comunicazioni che ci hanno tolto dalle polverose enciclopedie e dizionari.
Ora non ci sentiamo più soli, questa mostra ci ha dato anche la consapevolezza che la nostra passione è una forma di Arte, io poi ho incontrato Tiberino, so che deve mangiare pochi dolci ma ne è ghiotto e che non mangia carne e pesce, quindi al raduno di Marina di Massa dovrei cercare di sedermi vicino a lui così gli frego tutto quello che non mangia in cambio della mia torta.
Datemi ascolto, se siete enigmisti partecipate a più simposi e raduni che potete, non essere più soli è bellissimo
STEP  -  Sergio Zanini 


http://www.coniglioviola.com/wp-content/uploads/abo.jpg
REBUS Coniglio Viola 
(Frase: 3,8,10,7,1,10,3,6,8,2,8,7,1,8,8,3,3,7,2,5)
rebus in video

l rebus – che già aveva affascinato molti pittori del passato, da Leonardo a Carracci, da Lorenzo Lotto a Dosso Dossi – fa capolino con una certa frequenza anche nell’arte contemporanea.


Tra le opere esposte, mi sembra significativa questa di Lino Fois, intitolata Rebus, che - a parer mio - è la prova che Arte ed Arte Enigmistica sono separate da una sottile ma ben definita linea.- Azimut



 Tano Festa,artista romano, realizza opere fondate sui rebus che per la Settimana Enigmistica disegna la leggendaria Maria Ghezzi, dando vita a una serie di smalti su tela emulsionata intitolata, appunto, Rebus. 


Tano Festa, Susan tu sei Romano e io sono una tigre, smalti su tela emulsionata, 1979. Dal rebus di Madalca illustrato da Maria Ghezzi (La Settimana Enigmistica, 1966). Soluzione: E’ su Marte S tigre CI = Esumar testi greci.
Per gentile concessione
de La Settimana Enigmistica – Copyright riservato

Renato Mambor, che nel 1964 “si avvicina ai rebus pubblicati sulla Settimana Enigmistica. Il segno che in essi delimita le cose appare all’artista carico di un’oggettività tanto cercata, quasi ‘un equivalente del nome’ delle cose stesse. Egli ritaglia dalle riviste i riquadri, li fotografa ingrandendo alcuni dettagli, allestisce dittici con le foto dei rebus che più lo colpiscono per un misto di familiarità e straniamento.
Le singole vignette originali sono oggetto di uno studio divertito, come se Mambor mettesse le mani su un album dell’infanzia. Interviene colorando pareti di stanze, cancellando volti, grafemi e intere parti di paesaggio, con l’effetto di isolare le figure nei loro contorni, che poi preleva, ingrandite, per i suoi quadri”. Al pittore non interessa il rebus come gioco enigmistico, basato sulla doppia lettura da cui scaturisce una frase risolutiva. “Ciò che lo ispira – rilevano Sbrilli e De Pirro – è l’immagine pura, lineare, denotativa, in cui il disegno rappresenta nomi e azioni che costituiscono per lui un vocabolario iconico, da riutilizzare con leggere varianti”.



Renato Mambor, Abbracciare, smalto su cartone, 1965-66. L’opera attinge al rebus di Piero Bartezzaghi illustrato da Maria Ghezzi e pubblicato su La Settimana Enigmistica nel 1952 (soluzione: B ambo le mani; E rose = Bambole manierose)
Per gentile concessione
de La Settimana Enigmistica –
Copyright riservato





la locandina della mostra

i link:

Palazzo Poli – Istituto Nazionale per la grafica
Culturaitalia – intervista ad Antonella Sbrilli
http://engrammi.blogspot.com/2010/12/ah-che-rebus.html
http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2010/12/105889.
http://forum.corriere.it/scioglilingua/07-01-2011/ah-che-rebus-1691623.html
Ah, che rebus! Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia- travelling.travelsearch.it/
Artisti enigmisti
Le regole del gioco permettono infinite partite”



Nota:
 ringrazio la dottoressa Antonella Sbrilli, Franco Diotallevi (tiberino), e la dottoressa Ada Pirro... 
 della bellissima visita guidata !!
Complimenti!!

E' stato un successo più di 7000 visitatori!