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venerdì 17 aprile 2015

Armenian genocide centenary

"La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite. La prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo, ha colpito il vostro popolo armeno"
Papa Francesco

Armenian Question    Paolo Lombardi
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16 Apr 2015


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Stirpe armena: cent’anni di solitudine

di Nadia Redoglia
Lo sterminio di centinaia di migliaia tra donne uomini e bambini non perché individui nemici, ma in quanto facenti parte di “gruppo” nazionale istituito per cultura, religione, ceppo etnico, politiche sociali ed economiche, si chiama genocidio.
E’ termine coniato dal giurista polacco d’origine ebraica R. Lemkin e pubblicato nel 1944 negli Stati Uniti. Lo scrittore spiegava “…atterrito (soprattutto per l’impunità freddamente accordata al colpevole) dalla frequenza del male, dalle grandi perdite in vita e cultura…”.
 A partire dal 24 aprile 1915 è ciò che avvenne in Turchia contro l’etnia armena per mano dei nazionalisti di “Unione e Progresso” capitanato da Talaat, Enver e Djenal, partito nato dal movimento dei Giovani Turchi. E’ storia che combacia con l’inizio alla prima guerra mondiale e la Germania, allora alleata turca, nella seconda perpetrò poi l’olocausto.

Che oggi così come ieri il governo turco neghi il genocidio armeno (forse perché da quel fatto partì la Turchia moderna con il suo padre della patria Ataturk?) è insulto per il popolo armeno e subito dopo per il resto dell’umanità. Se il genocidio turco fosse stato denunciato e scolpito ogni anno nella memoria degli uomini a partire dai loro capi di Stato mondiali fin dalla fine della prima guerra, forse il genocidio della seconda almeno 5 volte più pesante non sarebbe avvenuto nella freddezza con cui l’abbiamo subito, voltando la faccia dall'altra parte.

E oggi, proseguendo a negare, quanti sono i genocidi che non stiamo riconoscendo?

16 aprile 2015


Which Genocide?    Marian Kamensky
Tensions between Turkey and the Vatican as Pope Francis calls the killing of Armenians by the Ottoman Empire the first genocide of the 20th century.
13 Apr 2015



TURKEY CHARGE    Hassan Bleibel
ARMENIAN GENOCIDE
13 Apr 2015




Armenian genocide
BY AREND VAN DAM, POLITICALCARTOONS.COM - 4/2/2015


La verità ti fa male lo so
Bandanax


Génocide arménien
04/16/2015 par Michel Kichka
Par sa déclaration qualifiant le génocide arménien d’être le premier perpétué au 20ème siècle, le Pape François 1er a fâché Erdogan qui a rappelé son ambassadeur du Vatican et a remonté les bretelles de l’ambassadeur du Vatican à Ankara.
Chaque année la reconnaissance du génocide arménien provoque un même tollé en Turquie qui continue de le nier.
Entre 1915 et 1916 et en 1923 sont massacrés 1,2 millions d’arméniens par le parti nationaliste turc de l’Empire Ottoman.
En 2015, 21 pays ont reconnu le génocide.

Beppe Mora
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Erdogan, genocide
BY RAINER HACHFELD, NEUES DEUTSCHLAND, GERMANY  -  1/25/2012


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A cent’anni dal genocidio degli armeni, polemica fra il papa e il governo turco

Luigi Sandri 

Grande giornata armena, a Roma, il 12 aprile: papa Francesco ha ricordato ufficialmente il centenario del Metz Yeghern (il Grande Male), cioè l’inizio del genocidio del popolo armeno nell’impero ottomano, cominciato il 24 aprile 1915. Il pontefice ha celebrato messa nella basilica vaticana, insieme al patriarca cattolico di Cilicia degli armeni, Nerses Bedros XIX Tarmouni; ad essa hanno assistito Karekin II, supremo patriarca e catholicos di tutti gli armeni, e Aram I, catholicos della Grande Casa di Cilicia (di Antélias); presente anche il presidente dell’Armenia, Serz Sargsyan. Poi Francesco ha ricevuto tutte queste personalità, consegnando loro un apposito messaggio, nel quale ricordava: «Un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo… Il vostro popolo, illuminato dalla luce di Cristo e con la sua grazia, ha superato tante prove e sofferenze, animato dalla speranza che deriva dalla Croce… Questa fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa che “generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo” (come afferma la Dichiarazione comune firmata da Giovanni Paolo II e Karekin II il 27settembre 2001, a Etchmiadzin, la città santa degli armeni, vicino a Erevan)».

Auspicando che «questa dolorosa ricorrenza diventi per tutti motivo di riflessione umile e sincera e di apertura del cuore al perdono, che è fonte di pace e di rinnovata speranza», Francesco ha auspicato: «Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh. Si tratta di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace». Il Nagorno Karabakh è una regione dell’Azerbaigian, abitata prevalentemente da armeni, da quasi trent’anni in contrasto con il governo di Baku, e che oggi vive praticamente indipendente, senza però che tale situazione sia accettata dall’Azerbaigian.

Infine, il papa ha assicurato che sarebbe stato spiritualmente presente, il 23 aprile, ad Etchmiadzin, alla cerimonia di canonizzazione dei martiri della Chiesa apostolica armena (non in comunione con Roma) e, in luglio, alle commemorazioni del Metz Yeghern che si terranno ad Antélias. E, come segno della particolare attenzione della Chiesa romana agli armeni, Francesco lo stesso 12 aprile ha proclamato «dottore della Chiesa» san Gregorio di Narek. Era, questi, un monaco e presbìtero armeno – vissuto nel secolo X nella zona armena dell’Anatolia orientale, vicino al lago di Van – già ai suoi tempi famoso per la santità di vita e per le sue profonde riflessioni teologiche.

Ankara ha risposto, immediatamente e con durezza, al papa: il governo, infatti, già poche ore dopo il discorso papale ha richiamato in patria l’ambasciatore turco presso la Santa Sede e ad Ankara ha convocato per spiegazioni il nunzio Antonio Lucibello.

Sulla stessa linea il Gran Mufti Mehmet Gormez, la principale autorità religiosa islamica sunnita turca, che ha criticato a sua volta il Papa per le dichiarazioni sul genocidio armeno a suo parere «senza fondamento» e ispirate da «lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche».

Perché questa reazione?

Giovanni Paolo II e il catholicos Karekin II nel 2001 avevano firmato a Etchmiadzin una Dichiarazione comunenella quale ricordavano che quello del 1915 contro gli armeni fu il primo «genocidio» del XX secolo. Quello, però, era uno scritto. Era invece la prima volta che – come ha fatto Francesco – in un discorso un papa utilizzasse un termine intollerabile per il governo turco. Sullo sfondo, una diversa interpretazione degli eventi del 1915. Gli armeni – e la loro tesi è stata via via sostenuta non solo dalla gran maggioranza degli storici, ma anche da una ventina di parlamenti nel mondo – sostengono infatti che autorità ottomane decisero, formalmente e cinicamente, lo sterminio di quanti più armeni fosse possibile, in modo da liberare il paese da quella troppo numerosa minoranza; e così morirono un milione e mezzo di persone, parte direttamente fucilate o impiccate, parte di stenti nella via dolorosa che portava la gente verso i deserti della Mesopotamia. La tesi turca, invece, sostiene che non vi fu nessun piano di eliminazione degli armeni; afferma che circa trecentomila di essi morirono, sì, ma vittime del caos che allora regnava nel decadente impero ottomano, in preda a varie bande; d’altronde, sottolineano i turchi, allora anche quattro milioni di musulmani perirono, vittime di opposte fazioni.

Ad acuire l’aspra reazione turca a Bergoglio, è stato il fatto che il papa ha equiparato il genocidio armeno con quelli compiuti dai nazisti e da Stalin. Ha detto, infatti, Francesco: «La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come “il primo genocidio del XX secolo” [la citata Dichiarazione Comune]; essa ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana [dal 301] –, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia». Al che il ministero degli esteri turco ha replicato a spron battuto: la dichiarazione del pontefice «è discutibile sotto tutti i punti di vista, è basata sul pregiudizio, distorce la storia e riconduce il dolore sofferto in Anatolia nelle particolari circostanze della Prima Guerra Mondiale ai membri di una sola religione».

15 aprile 2015



The Armenian Tragedy 
© Chappatte in The International New York Times



Justice After Genocide    Eray Özbek
Justice is a relative term, and justice applied to genocide is very difficult to determine. For more perspectives on international justice, click here.
16 Apr 2013



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La categoria della delusione

La categoria della “delusione” non viene considerata, quando si parla di affari esteri. Si parla di successo, insuccesso, approvazione, disapprovazione; tutt’al più, di auspici e aspirazioni. La delusione sembra una faccenda troppo intima. Un sentimento personale, poco spendibile nel mercato della politica internazionale. Ma la Turchia ha deluso molti di noi, in Europa.

“Voglio diffidare il Papa dal commettere ancora questo errore e lo condanno”. “Quando i politici e i religiosi fanno  il lavoro degli storici non dicono verità, ma stupidaggini”. Non c’era bisogno della reazione stizzita del presidente Erdogan alle parole di Papa Francesco sul “genocidio degli armeni” per capirlo. La Turchia, un Paese su cui la UE aveva puntato molto, ha scelto purtroppo un’altra strada. La storia di questi ultimi dieci anni lo dimostra: i morti in piazza, le censure, il padre-padrone da non contraddire. Tutto questo, con l’Europa, non ha niente a che fare. Gli italiani – quelli che leggono i giornali e non si limitano a un viaggio-premio a Istanbul – l’hanno capito. Prima o poi, vedrete, lo capirà anche il governo italiano.

Sulla politica estera personalizzata di Berlusconi, stendiamo un velo pietoso. Ma Gentiloni e Gozi, ministro e sottosegretario agli esteri, sanno come stanno le cose. Sanno che le parole dell’appello lanciato oggi da Antonia Arslan e Rav Laras vanno condivise: “Se si inizia ‘per opportunità’ a negare un genocidio, per motivi di diversa ‘opportunità’ se ne potrà domani negare un altro, chiudere gli occhi su quello in corso dei cristiani di Oriente (e di zoroastriani e yazidi)”. Ripetiamolo, quindi: il genocidio armeno è stato una delle grandi vergogne europee del XX secolo. Chi lo nega si colloca tra i negazionisti. Una categoria sulla quale una studiosa italiana, Valentina Pisanty, ha scritto, probabilmente, il libro definitivo (“L’irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo”, Bompiani 2014).

Molti turchi sono pronti a fare i conti col passato. Li hanno fatti i tedeschi, gli italiani, i serbi, i croati, i bosniaci; anche gli inglesi e i francesi, perché neppure la storia dei vincitori è priva di macchie e vergogne. Se così non fosse, la delusione europea si estenderebbe da un governo a una nazione. Ma non credo arriveremo a questo punto. La Russia di Putin è una delusione sufficiente, per quest’inizio di secolo.

(dal Corriere della Sera)

Beppe Severgnini

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#ArmenianGenocide
Armenian genocide centenary: MEPs urge Turkey and Armenia to normalize relations
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Nota:
L’uso del termine è controverso perché secondo Ankara non si sarebbe trattato di un genocidio, cioè della volontà di eliminare un popolo, ma di massacri e deportazioni da inquadrare all’interno del contesto della prima guerra mondiale. Anche sul numero delle vittime non c‘è accordo: per la maggior parte degli storici, e per gli armeni, tra il 1915 e il 1917 sarebbero state uccise un milione e mezzo di persone, per la Turchia fra i 300 e i 500 mila armeni e altrettanti turchi.

martedì 25 maggio 2010

SanToro e la buonuscita



" MAMMA RAI "
Pubblicato da Grieco


Nei giorni di San Toro, patrono della buonuscita

Beppe Severgnini

Nei giorni di San Toro, patrono della buonuscita, si capiscono un paio di cose sulla politica italiana. Perché la sinistra si renda antipatica, ad esempio. E perché perda da anni, con una costanza degna di miglior causa.

Le ripetute sconfitte elettorali vengono attribuite al populismo, all'abilità, al cinismo e alle proprietà del Signor B. Certo, anche. Ma lo sappiamo: spesso i vincitori riescono a vincere perché i perdenti sono decisi a perdere. Scegliere, quasi sempre, è una questione di alternativa. Nel commercio come nell'amore. La politica non fa eccezione. La sinistra non è solo rallentata dalle divisioni, dalle ambivalenze, dalle incertezze, dai microprotagonismi, dalle carriere a vita, dai giovani leader incamminati versi i sessant'anni. Non è soltanto indebolita da una storia pesante, esibita talvolta con noncuranza, come se fosse un foulard (quanto piaceva a Berlusconi il comunista Bertinotti in TV!). La sinistra paga anche la sua doppiezza: spesso dice quello che non fa, e fa quello che non dice.

Che la destra volesse sbarazzarsi di "Annozero" non è una sorpresa per nessuno; che l'interessato accettasse di monetizzare la resa, invece, ha stupito molti (non tutti). Un esponente di questo governo, recentemente, mi ha detto: "Santoro ci ha fatto perdere 600.000 voti!". Io continuo a pensare che "Annozero" - ottimo, nel suo genere - predicasse ai convertiti; ma mi arrendo davanti alla competenza ministeriale.
(continua QUI)



ANCHOR MAN

Con una bella fetta di canone la RAI riesce a liberarsi dello scomodo ANNO ZERO e soprattutto di Santoro.
Pubblicato da uber


Vespa : "ha fatto le persecuzioni politiche' un eccellente investimento finanziario"

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PORTOS


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CI TENGO A PRECISARE CHE LE VIGNETTE SU SANTORO SPERO SIANO SCARAMANTICHE PERCHE' QUESTO GRANDE GIORNALISTA RIMANGA SE STESSO E POSSA MAGARI INVESTIRE I SUOI SOLDI E LE SUE ENERGIE PER QUALCOSA DI GRANDE PER IL PUBBLICO CHE LO SEGUE DA ANNI!
nico pillinini

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VAURO Le vignette di Vauro

«Santoro è un grande professionista, lo apprezzo, è uno che fa molto bene il suo mestiere. Sarà pure fazioso, ma lo fa con chiarezza. Non inganna il telespettatore». Il virgolettato racchiude le parole di Ghedini e il suo pensiero, così come il mio, sulla vicenda Santoro-Rai. Sono molto preoccupato nel trovarmi d'accordo con l'onorevole, davvero,ma in questo caso non ho potuto fare a meno di constatare l'inaspettato evento. Mi sono anche chiesto il perché di tanti "cambi di rotta" tra amici e colleghi che lo seguivano prima con attenzione e interesse e adesso lo giudicano un mercenario spietato. Da cosa sono stati delusi? Dell'essere venuti a sapere che Santoro prende tanti soldi per fare il suo mestiere (cosa che accadeva anche prima e proporzionatamente alla qualità del suo lavoro)? Dove sta scritto che i giornalisti debbano indossare la cintura di castità e povertà? A me lui e la sua squadra non sembrano cambiati affatto e le cose che mi piacevano e non mi piacevano prima sono le stesse che mi piacciono e non mi piacciono adesso.
Non mi scandalizza chi vende il suo lavoro, ma chi fa mercimonio delle sue idee...
Giulio Laurenzi INSERTO SATIRICO


Santoro: «Mi sento come il generale Custer assediato dagli indiani».
QUI la notizia

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mario bochicchio

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Santoro come il Generale CusterParide Puglia PUNCH

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Darix la VUCCIRIA
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BRULLIOTOI

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Mauro Patorno
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LA CROCIFISSIONE DI SAN TORO
di Gianni Burato L'ASINO
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Paresi facciale.

VUKIC - vukicblog



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Notizia dell'ULTIMA ORA ...
Santoro è passato di qui ha visto le vignette e ha ritrattato


ROMA (Reuters) - Michele Santoro, conduttore del programma "Anno zero" inviso al premier Silvio Berlusconi, resta in Rai. Lo ha annunciato oggi lo stesso giornalista attraverso un comunicato.

La settimana scorsa La Rai aveva fatto sapere che Santoro non sarebbe più stato uno suo dipendente ma avrebbe continuato a collaborare con l'azienda di stato per realizzare nei prossimi due anni nuovi progetti editoriali.

Nella nota Santoro fa sapere che la trattativa - che prevedeva una buonuscita per il giornalista di diversi milioni di euro - non è andata a buon fine.

-- Sul sito www.reuters.it


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