Children in War
The Norwegian Cartoonist Gallery presents the exhibition «Children in War» to focus on the suffering of children in war- and conflict areas. Through media we are witnesses to children´s situation in Iraq, Syria, Ukraine, Gaza and Yemen among other places. We see children as refugees, terrified, wounded and murdered. They have lost their safety, their homes, schools and are even taken as hostages and soldiers.
The exhibition is produced in cooperation with the cartoonists Fadi Abou Hassan from Syria and Arifur Rahman from Bangladesh. They both live in Norway as political refugees under the protection of ICORN and Norwegian PEN.
We are deeply grateful to all participating cartoonists from 51 different countries. Their positive response and high quality of cartooning have made this exhibition possible.
With compliments
Fadi Abou Hassan
Arifur Rahman
Vigdis Wolden
Oggi, alle ore 14:30, è stata inaugurata la mostra "Children in War" ("Bambini in guerra") alla galleria d'arte "Avistegnernes Hus" di Drøbak, in Norvegia. La mostra è stata realizzata in collaborazione con Arifur Rahman del Bangladesh e Fadi Abu Hassan della Siria, entrambi rifugiati politici, e vanta i contributi di 67 vignettisti di 51 paesi.
Dear cartoonists,
We are happy to announced that we going to arrange an international cartoon exhibition in Norway.
Theme: Children in War
We received about 300 cartoons from all over the world.
Keep stay with us, we will update you soon when we going to exhibit.
Thank you for your participation.
Breivik ha fatto un saluto estremista a pugno chiuso appena entrato nell’aula del tribunale e poi, ridendo, si è messo a sedere ed è rimasto in quella posizione anche quando è entrato il giudice. Il 33enne norvegese non “riconosce l’autorità della Corte” e, pertanto, non si alza in piedi. Un ulteriore sfregio nei confronti della Giustizia.
Così è iniziato il processo ad Oslo al mostro novergese il 16 aprile scorso.
L’estremista di destra Anders Behring Breivik, è l'autore, l’estate scorsa
in Norvegia, di due attacchi terroristici che hanno provocato la morte
di 77 persone.
Breivik ha ammesso la strage del 22 luglio scorso, ma ha anche negato ogni responsabilità penale, sostenendo di avere attuato il massacro “per il bene della Norvegia”, e per salvare il Paese dagli “effetti devastanti” del multiculturalismo. Il killler sostiene la sua “integrità” mentale e di essere stato perfettamente in grado di intendere e volere mentre commetteva gli orribili crimini della scorsa estate.
Tra le altre cose detesta 'Barn av regnbuen' ('Bambini dell'arcobaleno') del musicista e compositore folk norvegese Lillebjoern Nilsen, perché è un “buon esempio di marxismo” infiltrato negli ambienti culturali e che i suoi testi servono al “lavaggio del cervello degli studenti" del Paese scandinavo.
Anders Breivik
By Taylor Jones, El Nuevo Dia, Puerto Rico - 4/20/2012
Breivik Sergei Tunin
Anders Behring Breivik unfolding 18 Apr 2012
LA RISPOSTA
Ieri, nella Youngstorget, al centro di Oslo, migliaia di persone si sono riunite sotto la pioggia scrosciante per cantare “Barn av regnbuen” (Bambini dell’arcobaleno) cui Breivik ha più volte detto di odiare per i principi quale esprime.
Questo è il testo della canzone, adattamento di Lillebjørn Nilsen da
una canzone di Peter Seeger del 1973. Di fianco la traduzione in
italiano più o meno corretta. En himmel full av stjerner (Un cielo pieno di stelle) Blått hav så langt du ser (Mari blu fin dove riesci a vedere) En jord der blomster gror (Un mondo dove crescono fiori) Kan du ønske mer ? (Puoi chiedere qualcosa di meglio?) Sammen skal vi leve (Insieme dobbiamo vivere) hver søster og hver bror (Ogni sorella e ogni fratello) Små barn av regnbuen (Piccoli bambini dell’arcobaleno) og en frodig jord. (E un mondo in fiore) Noen tror det ikke nytter (Alcuni pensano che non sia importante) Andre kaster tiden bort med prat (Altri sprecano tempo in chiacchere) Noen tror at vi kan leve av (Alcuni credono che si possa vivere di…) plast og syntetisk mat. (…plastica e cibo sintetico) Og noen stjeler fra de unge (E alcuni rubano ai giovani) som blir sendt ut for å sloss (che sono mandati a combattare) Noen stjeler fra de mange (Alcuni rubano ai molti) som kommer etter oss (che verranno dopo di noi) Ritornello
Si det til alle barna! (Ditelo a tutti i bambini) Og si det til hver far og mor: (E ditelo a ogni padre e madre) Ennå har vi en sjanse (Che abbiamo ancora la possibilità) til å dele et håp på jord. (di condividere la speranza nel mondo)
40.000 sang Barn av regnbuen
************************************************************** 27/4/2012
Se fossimo tutti un po' norvegesi
John Belushi odiava due cose:
la musica country e i nazisti dell’Illinois. Ma cosa succede quando un
nazista odia la musica country? Che anche noi fan dei Blues Brothers
siamo chiamati a una scelta doverosa e ci schieriamo con la nenia dei
cowboy. Se poi siamo di Oslo e fuori piove, apriamo l’ombrello e
scendiamo in piazza in quarantamila per cantarla a squarciagola. Alla
faccia del nazista.
Il quale aveva appena dichiarato che con quella canzone le maestre
norvegesi lavano il cervello ai bambini. Soltanto il suo, purtroppo, è
rimasto refrattario a qualsiasi detersivo.
La canzone si intitola «Barn av regnbuen», «Bambini dell’arcobaleno», ed
è il rifacimento in scandinavo stretto di «Rainbow race», cantilena
folk strimpellata alla chitarra dall’americano Pete Seeger nei primi
Anni Settanta. Il ritornello parla di fratellanza, di distese
verdeggianti, e non fa male a nessuno, se non a chi è già abituato a
farsene parecchio da solo. Anders Breivik, per esempio, lo stragista di
Utoya che ha imputato all'innocuo motivetto nientemeno che il
deterioramento in chiave marxista della gioventù norvegese. I messaggi
semplici e solari agiscono sulle menti ottenebrate dal razzismo come una
cartina da tornasole. Portano a galla la rabbia di chi ha talmente
paura della sensibilità umana da considerarla una dimostrazione di
debolezza.
In tribunale Breivik ha insultato la canzone e l’infanzia dei
connazionali. E ancora una volta è venuta fuori la civiltà di quel
popolo poco battuto dal sole, che ha saputo asciugare il sangue di Utoya
senza macchiare il vestito lindo della sua democrazia e si permette il
lusso di trattare un reo confesso come un crocerista, ospitandolo in una
cella grossa come uno stand dell’Ikea. I norvegesi avrebbero potuto
reagire alla provocazione di Breivik con il silenzio. Oppure con il
furore, portando in piazza i familiari delle vittime per ritorcere
addosso a quell’uomo il livore seminato dai suoi atti. Invece si sono
ritrovati pacificamente in quarantamila per cantargli la loro canzone.
Ricordando al mondo che è anche per merito di quella nenia, imparata a
memoria negli asili, se sono cresciuti così tolleranti e intimamente
connessi con l'ambiente che li circonda.
Perciò oggi siamo tutti un po’ norvegesi, compresi noi rockettari
stonati. Anzi, soprattutto noi, che ci offriamo volontari per inciderla
su un disco da far ascoltare a Breivik in cuffia, fino alla fine dei
suoi giorni. Massimo Gramellini
******************************************************
Martin Rowson on the Norway attacks – cartoon
Anders Behring Breivik has confessed to Oslo bombing and Utøya island shootings but denies criminal responsibility [Un terrorista islamico è solo al suo computer.Dietro la sua spalla, pronti ad afferrarlo v'è un intero esercito di polizia e di forze di intelligence.Nel frattempo, dietro la schiena, un gigantesco mostruoso pistolero compie una scena da inferno.]
Articolo 21 - Press a poco
Utøya: uno e nessuno? No, ben più di centomila!
Nadia Redoglia
Per noi che stiamo qui, quand'anche avessimo avuto là qualche nostro conoscente coinvolto, non potremo mai capire la morsa del terrore e le frustate di dolore che scarnificano senza sosta i familiari che con i trucidati hanno perso il bene più prezioso...
Quel bene non stava sull’aereo precipitato, la nave affondata, il treno deragliato. Non nella catastrofe naturale, anche se causata da fattore umano. Non nel terremoto e tsunami. Non è neppure in un 11settembre e il tutto che poi s'aggiunge, per quanto abbiano nell’immediato tentato di spacciarcelo. E' "solo" nell'uomo che, oggi più che mai, la realtà rivela in tutta la sua fattibilità. Ci raccontano di “cellule/gruppi/grappoli”, ma pur di “mostri” e “pazzi” classificabili nelle specie “cotti e mangiati” più o meno come i sassi dai cavalcavia, come adepti da messe nere, seguaci di miti e demoni o forse pur solo imbastarditi da overdose di reality and fantasy. Balle! Quello era ed è un uomo, senza se e senza ma, credente in un sol odio e fiducioso nel proprio delirio d'onnipotenza. Non è il solo e non è da solo. Il pianeta ne conta migliaia: ieri, come oggi e (lasciando tutto così) domani. Solo l’Italia, nel suo piccolo, annovera potenzialmente ben più d’uno. Un significativo esemplare l’ha pure spedito in Europa. Non si sa mai. Metti che un giorno i cultori dell’odio raggiungano la maggioranza: vorremmo mica non avere colà almeno un onorevole storicamente già borghe(gra)ziosamente scafato?! (fonte)
Ora che hanno in pugno l'autore della maxi-strage, un centinaio di vittime eliminate una per una a colpi di fucile guardandole in faccia, ora che l'hanno imprigionato e interrogato per ore, e che lui ha risposto con tragica freddezza, possiamo rispondere alla vecchia domanda: com'è fatto un grande killer? Cos'ha nella testa, nel cervello, nei nervi? Con quali libri, film, amicizie, sport, fedi, rancori s'è costruito?
Il killer norvegese Breivik ha dichiarato in cosa crede, cosa non tollera, cosa lo fa impazzire, perché quel che ha fatto era necessario anche se atroce. È norvegese da molte generazioni, se ne fa un vanto. Per lui, contaminare la propria nazionalità è una colpa. Tutti questi super-assassini coltivano il mito della purezza. Soffrono se la vedono contaminata. E, purtroppo per loro, oggi è contaminata in tutti gli stati, non c'è uno stato che non sia infiltrato da stranieri, di altra razza lingua religione cultura. Questo killer è di religione cristiana, e soffre-s'infuria per l'infiltrazione di musulmani. Anche nella nordica Norvegia cresce la società multireligiosa, e lui non la vuole. Sulle prime credevamo che la maxi-strage fosse opera di qaedisti, islamici che odiano l'occidente cristiano, la democrazia, la parità fra i sessi, l'adorazione di altri dèi. Adesso sappiamo che la strage è opera di un cristiano integralista. Perché non chiamarlo, com'è, un talebano cristiano, che odia gli adoratori di altri dèi? Ci sono Stati islamici che non vogliono chiese cristiane perché dicono che sarebbe come introdurre nel loro territorio il politeismo. Questo talebano-cristiano ha le stesse idee, in Norvegia. Idee forti. E dichiara: "Un uomo con una forte fede fa più di 100mila uomini senza fede". S'è entusiasmato vedendo il film "300", sugli Spartani che resistono alle Termopili contro i Persiani, in 300 contro un esercito sterminato. "Possiamo scagliare tante frecce da oscurare il sole" li avvertì il re dei Persiani. "Tanto meglio - rispose Leonida, capo dei 300 -, combatteremo all'ombra". Combatterono e morirono, ma restano nella gloria. Questo killer sapeva di perdere: poteva ammazzarne 10, 100, 1000, ma poi l'avrebbe pagata. Bene, lui accettava a priori. C'è in questo nazista in ritardo la predisposizione alla sconfitta, ma dopo la grande impresa che faccia ammutolire le genti. Tutti meritano di morire, anche se cercano di fare del loro meglio, "perché il loro meglio non è buono": è il messaggio finale di "Dogville", il film di Lars von Trier di cui Breivik è un fanatico. C'è qualcosa di kafkiano in questi pensieri, e infatti Breivik è un lettore di Kafka, specie "Il processo": sei processato e non sai perché, ma senza saperlo collabori alla tua condanna. Ama Kafka, anche se Kafka era ebreo. Qui c'è la grande crisi dei neo-nazisti di tutto il mondo oggi, amare gli ebrei per odiare i palestinesi, perché i palestinesi sono islamici. Questo killer considera infatti una disgrazia la semi-pace tra ebrei e palestinesi, lui vorrebbe una guerra aperta. Nelle guerre le passioni si sfogano, nella semi-pace, come quella in cui viviamo, le passioni si addormentano e il nemico ne approfitta, penetrando di nascosto in casa tua. I pacifisti e i solidaristi dicono: ma si spostano i miserabili, vengono in cerca di cibo, è nostro dovere morale sfamarli. Ed ecco l'altra passione culturale di Breivik, che lo salva da ogni tentazione buonista: Machiavelli. Machiavelli insegna al mondo che politica e morale vanno separate, ognuna per la sua strada. Se vuoi fare la storia, non puoi essere morale. È un principio crudele, ma necessario, per il bene di tutti. Dentro di sé, questo killer è convinto che tutti quelli che ha ucciso li ha uccisi per fare il bene. Per amore. Ferdinando Camon
FANATISMO MASCHERATO
L'autore della strage di Oslo si definisce "cristiano" ma il suo folle massacro ci dice chiaramente dove può portare il fanatismo indipendentemente dai simboli dietro i quali spesso si nasconde. Uber Humour