Lula nega l'estradizione proprio l'ultimo giorno del suo mandato.
Si ricorre e per il momento almeno rimane in carcere ma...
PAESE CHE VAI ...
Può anche essere che la mancata estradizione di Battisti derivi da una scarsa fiducia nella giustizia italiana ma che dire del balletto che c'è stato tra i diversi poteri istituzionali brasiliani?
Pubblicato da uber
Etichette: giustizia, MAGISTRATURA
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La grana Battisti passa a Dilma
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Fare giustizia, anche se crolla il mondo
Di Ferdinando Camon (1 gennaio 201i)
Chiamiamo le cose col loro nome: il 2011 comincia con una umiliazione internazionale non del governo italiano, ma del popolo italiano. La nostra dignità, il nostro diritto alla giustizia, la nostra stessa vita vengono considerati poco, niente, da uno Stato come il Brasile, dopo essere stati considerati poco, niente, da uno Stato vicino e fraterno, come la Francia. Il pluriassassino italiano Cesare Battisti, che i nostri tribunali han condannato a due ergastoli per rapine e omicidi, vien prima ospitato dalla Francia, poi aiutato dalla polizia francese (testimonianza dello stesso Battisti) a fuggire in Brasile, da cui il presidente Lula, alla scadenza del suo mandato, tre giorni fa ha rifiutato di estradarlo. Il nostro presidente della repubblica definisce “incomprensibile” la decisione del collega brasiliano. Ma una comprensibilità ci deve pur essere. Cerchiamola.
Avrebbe il Brasile rifiutato di consegnare alla giustizia del suo paese un pluriassassino francese? inglese? tedesco? Penso proprio di no. Perché l’ha fatto con l’Italia? Perché siamo un paese senza forza internazionale, un paese che si autodisprezza e con ciò facilita il disprezzo degli stranieri. Nel braccio di ferro tra Roma e Brasilia non è mai stato chiaro se l’Italia “esigeva” la consegna di un assassino condannato definitivamente, o se la “trattava” tenendo conto che col Brasile, potenza economica in ascesa, sono in ballo rilevanti commesse per le nostre aziende. Non abbiamo un’ossatura come nazione, i nostri rapporti con l’estero, in campo economico politico giudiziario, son rimessi alla trattativa personale, alle intese sotterranee, un atteggiamento che permette ai nostri ministri di esercitare un machiavellico opportunismo quando son fuori, e sbandierare una mussoliniana retorica in patria. Il presidente brasiliano era in Italia poco tempo fa. Nessuna nostra autorità governativa gli ha dichiarato che la mancata consegna del nostro pluri-condannato sarebbe stata inaccettabile. Il capo del nostro governo s’è lasciato sfuggire che questo pluriomicida “è così schifoso che non sa se sia meglio che resti là dov’è”. Ma che significa? Qui si tratta di giustizia, e la giustizia è il primo dovere di uno Stato. Uno Stato senza giustizia non è uno Stato. E noi siamo uno Stato senza giustizia. Uno Stato dove la giustizia è troppo spesso rimessa in dubbio e smentita: abbiamo un’infinità di processi che non vengono celebrati, e altissime cariche che hanno un contenzioso con la magistratura. La famosa frase di un imperatore tedesco: “Si deve fare giustizia, anche se crolla il mondo”, e quella altrettanto famosa di Hegel: “Si deve fare giustizia, altrimenti il mondo muore”, hanno lo stesso significato: la giustizia vale più del mondo. Questo, nei confronti di un colpevole da ergastolo, non l’ha applicato ieri la Francia, non lo applica oggi il Brasile. Ma non lo applicano non per il reato da punire, ma per lo Stato che vuol punirlo. Non è Battisti che gl’interessa proteggere. È l’Italia che non gl’interessa favorire. Francia e Brasile fan capire di ritenere che la giustizia italiana sia la giustizia di uno Stato che fu fascista e non ha mai smesso di esserlo, ed è mafioso, e verso i nemici del potere esercita una persecuzione giudiziaria. Nessuno gli ha fatto capire che i più ferrei nemici dei nostri terroristi furono e restano i partiti dell’opposizione di sinistra, perché il terrorismo sabotava la vita politica e sindacale: era un nemico del popolo, prima che del governo. Esattamente come questi atti del governo francese e brasiliano: sabotando la giustizia, forniscono un sostegno al crimine. I terroristi ricercati e condannati che ieri confluivano a Parigi, domani potrebbero puntare sul Brasile. I governi che danneggiano la giustizia fuori casa, la danneggiano anche in casa.
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Il caso Battisti
Lele Corvi http://www.lelecorvi.com/ Dal forum di ÆNIGMATICA due interventi per capire meglio il perché della mancata estradizione:
Passata dalle prime pagine la notizia del rifiuto dell'estradizione di battisti da parte del brasile, alcuni giornali finalmente oltre che indignarsi spiegano anche il perchè di questa decisione.
D'altra parte non è un caso che Francia, Inghilterra, Spagna, Giappone e da ultimo il Brasile stesso abbiano sempre negato l'estradizione sia di terroristi di destra che di sinistra.
Perche? Perchè negli anni settanta per combattere il cancro delle brigate rosse e dell'estremismo delle stragi è stata emanata una legislazione speciale in deroga agli articoli della nostra costituzione ( legge reale, utilizzo dei pentiti, carcere duro ect..).
Tutte queste misure vengono considerate da questi paesi come violazioni dei diritti umani ( giusto o sbagliato che sia ) anche perchè queste leggi terminata l'emergenza non sono mai state abrogate e in caso di terrorismo sono ancora in vigore.
La motivazione principale che il Brasile ha addotto come fatto derimente per negare l'estradizione è quella che Battisti è stato condannato sulla base di testimonianze di pentiti ( altri terroristi ) e non su prove oggettive portate in dibattimento.
Questo i nostri politici lo sanno benissimo ( anche quelli che sbraitano ) tanto è vero che nella visita in Italia di pochi mesi fa di Lula nessuno ha toccato questo argomento.
Per avere Battisti in carcere sarebbe bastato meno proclami e magari garantire al Brasile una nuova istruttoria (costava poco concederla ) poi avutolo sul suolo patrio come Macchiavelli insegna, si faceva come volevamo noi.
Molto più semplice gridare per tre giorni per poi dimenticarsene, intanto le vittime saranno abbandonate, come al solito, a se stesse. b
I familiari delle vittime di Battisti questo vogliono: giustizia e verità. La vendetta, invece, fa parte dei discorsi di tanti nostri rappresentanti che cavalcano le emozioni del momento per raccattare consensi. Vero è che, oggi, parlano dell’applicazione di una sentenza emessa da una Magistratura (che ieri era, e domani sarà, "il cancro della democrazia italiana", "al cui interno esiste un'associazione a delinquere a fini eversivi", mentre "i giudici sono antropologicamente dei pazzi”), ma è altrettanto vero che l’amore della Giustizia a giorni alterni diventa giustizialismo.
P.S.: non solo Battisti
PP.S.: ma Lula ha fatto bene o ha fatto male? Dal “suo” punto di vista (che è anche politico) potrebbe avere ragione (come l’aveva Sarkozy nel 2007, per Marina Petrella), dal “nostro”, anzi dal “mio”, si resta perplessi: forse la promessa di un nuovo processo (così come previsto dal Mandato di Cattura Europeo, nei casi di contumacia cfr. [3° "post"]) avrebbe salvato capra e cavoli. Sal
Riprendo dall'articolo di Camon per concludere:
"La giustizia è il primo dovere di uno Stato. Uno Stato senza giustizia non è uno Stato. E noi siamo uno Stato senza giustizia. Uno Stato dove la giustizia è troppo spesso rimessa in dubbio e smentita: abbiamo un’infinità di processi che non vengono celebrati, e altissime cariche che hanno un contenzioso con la magistratura. La famosa frase di un imperatore tedesco: “Si deve fare giustizia, anche se crolla il mondo”, e quella altrettanto famosa di Hegel: “Si deve fare giustizia, altrimenti il mondo muore”, hanno lo stesso significato: la giustizia vale più del mondo."
Basta legiferare ad personam e per il proprio portafoglio.
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Aggiornamento del 8 gennaio 2011
NAPOLITANO SU BATTISTI "NON CI SIAMO FATTI CAPIRE"
(AGI) - Ravenna, 8 gen. - Nella vicenda della mancata estradizione di Cesare Battisti "e' mancato qualcosa alla nostra cultura e alla nostra politica per trasmettere, e far capire davvero, il senso di cio' che accadde in quegli anni tormentosi del terrorismo". Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando a Ravenna. QUI
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