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martedì 4 aprile 2023

Gianni Minà una vita da giornalista

 

Gianni Minà - Studio Bozzetto 
per la sigla di "Gianni Minà una vita da giornalista"



"Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell'isolamento, della solitudine. Persone capaci di raccontare storie, di mostrare visioni altre"

Addio a Gianni Minà, signore del giornalismo. Sessant'anni di carriera sempre fuori dal coro, celebre per le interviste ai grandi personaggi dell'attualità, della politica, della musica, dello spettacolo e dello sport.



Rivoluzionario!

io ho il ricordo di lui soprattutto per "L'altra domenica", programma assolutamente rivoluzionario per l'epoca.

https://www.teche.rai.it/2016/03/quarantanni-fa-debuttava-il-programma-laltra-domenica/

GIO /  Mariagrazia Quaranta 



Un'altra grave perdita: Gianni Minà, che per essere stato sempre libero e indipendente è stato ridotto al silenzio e allontanato da tutte le televisioni. Da morto dà molto meno fastidio e, infatti, i coccodrilli si sprecano...

(Qualcuno coglie la citazione cinematografica?)

Tomas


Ieri, 27 marzo 2023, un altra “porzione” della fotografia dei miei ricordi è scomparsa… “il giornalista“ Gianni Minà. Fai buon viaggio!
Carrera Arcangelo



Mondi. #GianniMinà grazie.
Mauro Biani



Fulvio Fontana



Valerio Marini




il manifesto 29 marzo -l'addio a Gianni Minà
Danilo Maramotti

















Alcini disegni da

GIANNI MINÀ, UNA VITA DA GIORNALISTA

Un documentario sull’incredibile storia professionale di Gianni Minà, con la regia di Loredana Macchietti. Distribuito da Zenit Distribution 

Titoli di testa realizzati da Studio Bozzetto 

👇🏻

direzione artistica, concept e character design: Corrado Colleoni

videoboard: Branko Rakic

animazioni: Marta Sofia Marzullo

compositing: Fabio Bozzetto

regia: Andrea Bozzetto

direzione di produzione: Stefania Busca

#studiobozzetto #giannimina #raicinema #conceptdesign #characterdesign #docufilm #film #movie

 
Presentazione docufilm 'Gianni Minà, una vita da giornalista'. 
Dai Beatles al premio al Festival di Berlino, il lungo percorso di un cronista che aveva iniziato la carriera nel mondo della musica italiana per poi frequentare band come i Rolling Stones e i Beach Boys. Le storiche puntate di 'Blitz' con Gigi Proietti, Vittorio Gassmann, Sergio Leone, Adriano Celentano, Carmelo Bene, Roberto Benigni, le interviste a campioni ribelli come Muhammad Ali, Pietro Mennea, Diego Armando Maradona, i reportage dall'America Latina: il docufilm racconta in immagini e musica anche l'evoluzione e le nuove forme del giornalismo televisivo. Con la testimonianza di Renzo Arbore: "Ci lasciavano libertà, eravamo il cambiamento". 
Gianni Minà firma questo lavoro insieme alla moglie Loredana Macchietti

martedì 10 gennaio 2023

Cattivo giornalismo italiano


Paolo Lombardi
8 January 2023
Disinformation, the Italian media
My experience with the Italian media
https://cartoonmovement.com/cartoon/disinformation-italian-media


Nei giorni scorsi è uscito un numero speciale di Charlie Hebdo coi vincitori del concorso Mullah Get Out. In copertina alcune delle vignette vincitrici tra cui una di un disegnatore italiano, Paolo Lombardi. 

La notizia è stata riportata dai media italiani nel peggiore dei modi possibili. Hanno riportato false interviste, false notizie , fake news insomma solo per avere più visibilità. 

Sul blog Cartoon Movement, Emanuele Del Rosso riporta il tutto e spiega come Paolo Lombardi,  ora sia messo in pericolo a causa dello pseudogiornalismo italiano. 


BY CARTOON MOVEMENT

 Lo pseudogiornalismo mette in pericolo un cartoonist.

6 gennaio 2023

By Emanuele Del Rosso

Questo è un editoriale sul giornalismo povero e su Charlie Hebdo. Ma - mi dispiace deludere - non è un'altra sfuriata contro la rivista satirica francese. La storia è un'altra, e si svolge in Italia.

Concorso ; Mullahs Get Out 

Il 4 gennaio Charlie Hebdo ha pubblicato un numero speciale dedicato ai mullah, prendendo di mira in particolare Ali Khamenei, leader spirituale dell'Iran dal 1989. Il numero contiene, accanto al consueto contenuto dello staff, 35 vignette , i vincitori di un concorso chiamato Mullahs Get Out .



Uno dei 35 cartoni selezionati è stato realizzato da un collega artista italiano, Paolo Lombardi. La vignetta compare anche in prima pagina del numero, in quanto è un'opera piuttosto incisiva, in linea con lo stile di Charlie. Ho visto poi il lavoro di Paolo diventare virale, postato e ripostato in giro per il web, usato sia per sostenere la causa dei manifestanti iraniani sia per mettere alla berlina Paolo e Charlie Hebdo.

Ovviamente, la pubblicazione di quelle vignette non è piaciuta al regime iraniano. Sono state rilasciate dichiarazioni ufficiali e minacce di ritorsioni. Tutti ricordiamo quanto accaduto nel 2015 negli uffici di Charlie Hebdo e, prima ancora, nel 2005, la polemica scatenata dal Jyllands Posten per la serie di vignette contro il profeta Maometto.

La situazione è tesa e piuttosto instabile.

Guidare le notizie per un mucchio di clic

Nel mezzo di tali polemiche, giornali e canali televisivi italiani come La Stampa, SkyNews24, Open, La Nazione e altri media minori, hanno pubblicato articoli in cui si spiega che Paolo Lombardi ha ricevuto minacce e che ora è sotto la protezione della polizia. 

Naturalmente mi sono rivolto a lui per offrirgli il mio sostegno. Inoltre uno dei miei cartoon è stato selezionato anche da Charlie Hebdo, e la mia famiglia era preoccupata per la situazione. Avevo voglia di parlarne con lui, per sentire come andavano le cose e magari chiedere un consiglio. Gli ho anche suggerito di contattare Cartoonists Right Network International, un'organizzazione no-profit che si occupa della sicurezza dei disegnatori.

Con mia grande sorpresa, Paolo mi ha detto che è tutto falso .

Non è mai stato minacciato e non ha mai parlato con i giornali che hanno pubblicato articoli sul suo pericolo. Ma ci sono dichiarazioni da parte tua, ho detto! Mi ha detto che li hanno presi da un'intervista che ha rilasciato ieri per un piccolo giornale locale, durante la quale non ha assolutamente mai detto di essere stato minacciato.

Adesso sta cercando di far ritrattare o modificare dai media i loro articoli, chiaramente scritti per clickbait e per cavalcare una polemica che - se mai è esistita - non appartiene nemmeno all'Italia.

Dalla nostra conversazione su Facebook: "Ho detto ai giornalisti che mi hanno chiamato che devono pubblicare che non sono mai stato minacciato, ma non l'hanno fatto... A loro interessa solo intervistare il vignettista in pericolo... mi stanno mettendo in pericolo con i loro articoli .”

Questo pseudo-giornalismo mette in pericolo i cartoonist.

Fare il disegnatore satirico è difficile, è un mestiere duro.

I media pubblicano regolarmente vignette ma non assumono più vignettisti del personale, quindi non sono lì per aiutare, nel caso in cui un vignettista venga minacciato o attaccato, fisicamente o verbalmente. I cartoon diventano virali, a volte vengono anche modificati, a volte vengono postati e discussi su piattaforme popolate da individui radicalizzati. Le paghe sono basse, la protezione è inesistente. In molti paesi i vignettisti non sono considerati giornalisti, sebbene siano esposti a tutti i rischi che i giornalisti corrono.

E poi, oltre a tutto questo, c'è il giornalismo di merda. Quello che inventa le notizie per cavalcare le onde della viralità mediatica, per portare un po' più di utenti sui siti dei giornali, per vendere qualche copia in più, per avere un po' più di visibilità. E oltre al giornalismo di merda, c'è il giornalismo che raccoglie notizie false e le ripubblica per portarle sulle spalle di una possibile esposizione. Non so nemmeno come chiamarlo.

Paolo non è mai stato minacciato e non ha mai parlato con i giornali che hanno pubblicato pezzi in cui affermava di essere in pericolo. Ha provato a far loro cambiare i loro articoli e non lo stanno ascoltando.

La notizia succosa è che un fumettista italiano è al centro di una situazione che coinvolge la libertà di stampa e un regime e un paese facilmente hashtaggabili, con un potenziale virale molto evidente.

Non importa se Paolo, o qualsiasi altro vignettista, è effettivamente messo in serio pericolo dal falso giornalismo. Il suo nome e il suo volto sono ormai ovunque, e questo può sicuramente attirare l'attenzione degli individui radicalizzati.

Ora è potenzialmente in pericolo a causa di questo pseudo-giornalismo.

Qualcuno dovrebbe fare un cartoon su questo. O meglio ancora, dovremmo lanciare un concorso: "Pseudo-Journalists Get out."



venerdì 16 giugno 2017

L'Unità, Sergio Staino e la lettera a Matteo Renzi.



A chi mi chiede de l'Unità

LETTERA APERTA A MATTEO RENZI

15 giugno 2017
Sono rimasto profondamente colpito, sfavorevolmente, dalla risposta data da Matteo Renzi alle domanda a lui posta da Massimo Giannini sulla situazione de l’Unità. In pratica il nostro Segretario se l’è cavata spiegando che l’Unità ormai è in mano a privati e che questa scelta di consegnarla in mano a privati non è stata fatta da lui ma da segretari precedenti, per cui tanta solidarietà e comprensione umana per i dipendenti ma che si rivolgano a qualcun altro perché lui non c’entra, arrivederci e grazie. Ho riascoltato quattro volte sul sito di Repubblica questa sua tranquilla e allucinante logica per la quale la riapertura de l’Unità era stata frutto di una iniziativa totalmente privata. Naturalmente ho scritto subito un sms sia a lui che al Vicesegretario Martina chiedendo spiegazioni e proponendo per l’ennesima volta un incontro per discutere insieme delle possibilità superstiti per il salvataggio del giornale. Come ormai capita da mesi, silenzio assoluto.

In altri tempi, a questo punto, avrei sicuramente scritto una lettera ufficiale come Direttore de l’Unità al nostro Segretario, inviandola attraverso i canali istituzionali del partito. Oggi i tempi sono cambiati e di luoghi istituzionali del partito, grazie al disinteressamento continuo dello stesso Renzi, non esiste in pratica più nulla. Non mi resta quindi che affidare questa mia lettera ai canali informativi più tradizionali, non certo affascinanti come quelli del partito, ma sicuramente più efficaci.

Quel che ha risposto Renzi a Giannini è una sonora bugia o, se vogliamo usare termini più amati dal nostro Segretario, una vera e propria fake news. E’ vero che non è stato Matteo il primo Segretario che ha chiesto l’intervento privato nella società proprietaria de l’Unità ma non è vero che lui non abbia la piena responsabilità della nascita e della formazione dell’attuale società proprietaria Unità srl.

L’idea di investire su l’Unità non partì certo dai proprietari della Pessina Costruzioni che invece aderirono al progetto solo dopo le pressanti richieste dello stesso Renzi. Lui, e solo lui, Matteo Renzi, si era speso nei giorni del fallimento della NIE nell’estate del 2014, in una solenne promessa di riaprire l’Unità al più presto. Conservo un sms del 29 luglio 2014 inviatomi da Matteo nel quale, tranquillizzandomi sulla triste sorte de l’Unità, affermava: “Io la tengo aperta. Fosse anche l’ultima cosa che faccio”.

In questo caso mantenne la promessa e dopo aver rifiutato possibili finanziatori sgraditi perché in odore dalemiano e altri impossibilitati a partecipare per imbarazzanti vicende giudiziarie, scelse di puntare su Massimo Pessina e Guido Stefanelli. I due naturalmente non sapevano un bel nulla di editoria, né avevano mai pensato che in vita loro si sarebbero dovuti interessare di questo difficile e particolare settore produttivo. Matteo però li blandì con mille promesse. Loro rischiavano grosso, per cominciare una bella somma (si parla di 10 milioni di euro) come fideiussione sul fallimento della NIE che permettesse loro di utilizzare il marchio “Unità”, e altri milioni per rimettere in piedi organizzativamente la vita del giornale. Non dovevano preoccuparsi, diceva loro Matteo, tutti quei soldi sarebbero stati ben presto rimborsati dal partito; in più il partito avrebbe assicurato loro un buon guadagno, in particolare dalla capillare diffusione del giornale. Subito dai 10 000 ai 30 000 abbonamenti annui raccolti tra i dirigenti, tra gli eletti e dai tanti circoli sparsi in tutta Italia. E poi, naturalmente, iniziative, interviste, forum, qualunque cosa che potesse servire a far conoscere e diffondere il giornale. I due si sono fidati, vogliamo fargliene una colpa?

Come garanzia di tutto questo il PD entrava nella nuova società con il 20% delle quote (quote che ancora conserva) e con una “golden share” che permetteva al Segretario di scegliere gli organi dirigenti del giornale e l’ingresso di nuovi soci. Grazie a questi accordi Matto Renzi in prima persona ha scelto i vari direttori del giornale, da Cuperlo che non volle accettare, a D’Angelis, fino al sottoscritto. Ma per il resto, per tutti gli impegni presi come aiuto oggettivo e soggettivo alla crescita del giornale, niente è stato realizzato. Dei 30 000 abbonamenti promessi, al mio arrivo al giornale ne ho trovati solo 400 (non mila, proprio quattrocento). Non parliamo poi del resto: mai un’intervista al giornale, mai un incontro politico di discussione, mai un forum e perfino messi fuori i diffusori del giornale dalle riunioni della Leopolda.

E ancora oggi la situazione è la stessa: la società proprietaria divisa fra l’80% a Pessina e Stefanelli e il 20% alla società EYU, diretta emanazione del PD e quindi di Renzi; sito de l’Unità totalmente in mano al PD e non controllato dal direttore de l’Unità. Si può quindi parlare di estraneità del PD e del suo Segretario dalle vicende politiche, culturali e finanziarie del nostro giornale? Certamente no.

So benissimo che le difficoltà attuali del giornale vengono da lontano e che dipendono in larga misura anche dalla gestione che è stata fatta di questo nostro foglio negli ultimi 20 o 30 anni, ma questa eredità del passato non può servire assolutamente a giustificare la superficialità con cui sono state trattate la riapertura e la gestione attuale del giornale. Di tutto questo disagio, proprio per il suo ruolo, Matteo Renzi è il primo dei responsabili.

Lui ovviamente non vuole ammettere questo e ricorre alla più misera delle opzioni umane: la bugia. Di fronte a questo ho un tal senso di disgusto che devo stare molto attento a come continuare questa lettera. Dirò quindi solo una cosa, dirò che negli Stati Uniti, democrazia che il nostro Renzi ama molto, presidenti eletti a furor di popolo, per una bugia sono stati costretti a dimettersi.

Sergio Staino, Direttore de l’Unità

Staino: " Una striscia di Silver che se il giornale fosse uscito avrei voluto pubblicare"

16 giugno 2017

Cari amici,
naturalmente sto ricevendo molte lettere di risposta alla mia lettera aperta a Matteo Renzi. Il tenore è un po' quello sintetizzato dalla lettera di Giovanni Bosco che qui vi riporto. Vi allego anche una mia vignetta sull'argomento.
A presto
Sergio


Carissimo Sergio,
sono sbalordito! Che L'Unità da anni ormai non sia amata dalla sinistra con tutte le definizioni che ama darsi, è cosa risaputa, diversamente non saremmo arrivati al punto in cui un segretario eletto con il 70% dei voti va a raccontare balle in una intervista ad uno dei più importanti quotidiani amato dalla sinistra, quello sì!
Penso che sarebbe giusto, necessario, perché siamo già fuori tempo massimo, scrivere un testo da sottoporre ad un giudizio e quindi ad adesione, non diretto solo ai lettori "incazzati" del giornale, come il sottoscritto e chissà quanti altri, ma rivolto anche, direi in primis, agli iscritti PD e a tutti coloro che l' hanno riconfermato segretario del partito (domando: ma è ancora un partito?), un segretario che si permette di esprimersi in quel modo poi...
Non solo negli USA , ma anche in Germania, in Francia, Inghilterra, in molti paesi dove comunque un politico, anche con meno responsabilità di quante ne ha Renzi, si dimettono per una bugia.
Caro Sergio qui non si tratta solo di una grave bugia, ma di un vero e proprio schiaffo in pieno viso, pubblico, a chi lavora nel giornale, a te che lo dirigi, e in particolare a tutti quelli come me che sono disposti, come sempre, ad impegnarsi per L'Unità, non tanto e solo perché la amano, ma perché ritengono "indispensabile" un giornale, in edicola, aperto al confronto all'interno di tutto il mondo della sinistra riformista almeno.
Io non accetto una offesa simile, deve chiedere scusa Renzi, si renda conto che sta sbagliando.
Anche se non in modo pieno lo stimavo, adesso non più. Non voglio e mi dispiace che il PD perda, ma forse se ai prossimi ballottaggi si perde una barca di Comuni, dovrà pure farsi qualche domanda.
Un forte sincero abbraccio
Giovanni Bosco


The last one - 3 giugno 2017

lunedì 30 novembre 2015

Fittipaldi, Nuzzi e la giustizia vaticana

Il caso Fittipaldi - Nuzzi
Tiziano Riverso
Fittipaldi Nuzzi: non sharia, ma ria sì  

di Nadia Redoglia
Nel novembre 2000 papa Wojtyła promulgando la nuova “Legge Fondamentale” (Costituzione di soli 20 articoli ferma al 1929) dello Stato della Città del Vaticano, abolì definitivamente la pena di morte, praticata abbondantemente dallo Stato Pontificio ante patti lateranensi. Un’idea possiamo farcela andando a rilegger di mastro Titta  (er boja de Roma  che in ogni genere di supplizio – mazzola, squarto, forca, ghigliottina – mostrò sempre eguale abilità) che prima d’ogni esecuzione si confessava e comunicava.

L’art.1 della Carta sancisce: Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano,  ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. A fronte di questo, i restanti 19 si rivelano pure troppi.

Se poi consideriamo che il Papa, oltre a essere il sovrano di quello Stato, è altresì Pontefice della Chiesa cattolica (probabilmente fu proprio l’enciclica «Evangelium vitae» del 1995 che portò Giovanni Paolo II ad abolire pur come sovrano di Stato la pena di morte), le “cose” assumono doppia sacralità che è termine di profonda valenza anche per laicità di Stato. Se così non fosse si parlerebbe (seppur grossolanamente) di teocrazia e non pare proprio il caso di giungere a trattar di sharia vaticana!

Il processo penale dello Stato Vaticano contro i due giornalisti Fittipaldi e Nuzzi sta (velocissimamente) procedendo a botte di vaticani codici penali per diritto e procedura  che, a dir poco,  annichiliscono il diritto italiano e pur quello internazionale. Ed è qui che rientra in ballo la “Legge Fondamentale” per 20 articoli. Quella è base di tutti i codici delle leggi.

Che possiamo aspettarci dunque da soli 19 articoli, pianeti ruotanti attorno al Sole del primo articolo che tutto fa e tutto può?!

Giusto questo: che il sovrano di quello Stato indossi la veste di Pontefice della Chiesa, peraltro in prossimità del giubileo di misericordia, e conceda dunque questa agli imputati…

28 novembre 2015



Portos


Dopo i provvedimenti per la fuga di documenti emessi nei confronti della lobbista Francesca Chaoqui e di Monsignor Vallejo Balda, le autorità giudiziarie vaticane indagano sugli autori dei libri "Via Crucis" e "Avarizia". Ipotesi di reato: "concorso in divulgazione di notizie e documenti riservati" -
 See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Vatileaks-2-Il-Vaticano-indaga-Nuzzi-e-Fittipaldi-c2835530-cbd5-464e-9fe2-d78d41508acd.html

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Ti potrebbe interessare anche:

Vatileaks 2015

giovedì 7 agosto 2014

Iran - Forte repressione contro la stampa libera


#freesaba http://ortakhaber.com/

Free Iranian journalist Saba Azarpeik
Frihet for iransk journalist Saba Azarpeik
İranlı gazeteci Seba bırakılsın

Firuz Kutal




[ACTU] Une journaliste culturelle iranienne condamnée à 2 ans de prison : http://bit.ly/1ojp3ao - Dessin de Mana Neyestani
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[NEWS] Iranian journalist sentenced to 2 years in prison : http://bit.ly/1qIoHPd - Cartoon by @Mana Neyestani
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La notizia

Iran, escalation della repressione: Amnesty International denuncia una nuova ondata di attacchi contro i giornalisti

CS116-31/07/2014
Secondo un documento diffuso oggi da Amnesty International, il forte aumento degli arresti, delle incriminazioni e delle condanne nei confronti dei giornalisti indipendenti in Iran è il segnale di quanto siano determinate le autorità di Teheran a stroncare le speranze di maggiore libertà generate dall'elezione del presidente Hassan Rouhani.

"Il modo in cui i giornalisti vengono trattati pone a rischio tutto ciò che loro dovrebbero fare. Negli ultimi mesi, chiunque sia stato sospettato di avere posizioni critiche nei confronti delle autorità ha rischiato sempre di più di essere arrestato e processato. In questo modo si è diffuso un intenso clima di paura, nel quale ogni espressione critica porta direttamente in prigione" - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

"La politica di 'tolleranza zero' adottata dalle autorità nei confronti di tutto ciò che non rappresenti le idee e le voci dello stato significa che anche solo riferendo notizie si può finire in carcere" - ha sottolineato Sahraoui.

Negli ultimi mesi, l'ondata repressiva che si era intensificata all'indomani delle contestate elezioni presidenziali del 2009 ha conosciuti nuovi picchi. Le autorità paiono aver allargato il perimetro della repressione con l'intento di stroncare ogni aspirazione al cambiamento venutasi a creare con le promesse di maggiore libertà seguite all'elezione, nel 2013, del presidente Hassan Rouhani.

I giornalisti iraniani e i corrispondenti della stampa estera vanno incontro a minacce, intimidazioni, arresti e condanne a causa della loro legittima attività giornalistica. Altri operatori dei media, come i filmmaker, hanno subito provvedimenti giudiziari che hanno impedito loro di proseguire a lavorare.

Molte delle persone arrestate sono state accusate di reati previsti dal codice penale islamico e descritti in modo del tutto vago, come "diffusione di bugie", "diffusione di propaganda contro il sistema" o "procurare disagio nella mente dei cittadini".

Il risultato è la criminalizzazione di tutta una serie di attività pacifiche. Le autorità stanno inoltre ricorrendo a estenuanti durate dei processi, al rientro in carcere per terminare parti di pena non scontate e al rifiuto di permessi per motivi di salute per minacciare i giornalisti che osano criticarle.

"Queste disposizioni di legge eccessivamente ampie vengono usate come uno strumento per impedire ai giornalisti di fornire al mondo informazioni indipendenti sulla situazione sociale e politica in Iran" - ha commentato Sahraoui.

"Il sistema giudiziario gioca con la legge e usa la durata dei processi e la minaccia di tornare in carcere per scontare pene residue per spingere i giornalisti all'autocensura" - ha proseguito Sahraoui.

Jason Rezaian, corrispondente dall'Iran del Washington Post di doppia cittadinanza irano-statunitense, è stato arrestato il 22 luglio 2014 a Teheran insieme alla moglie, Yeganeh Salehi, giornalista del quotidiano emiratino The National. Tre giorni dopo il responsabile del potere giudiziario, Gholamhossein Esma'ili, ha confermato gli arresti annunciando ulteriori informazioni solo alla fine delle "indagini tecniche e degli interrogatori".  Non si hanno ulteriori informazioni sulla sorte dei due giornalisti.

Saba Azarpeik, una giornalista che collabora con diverse pubblicazioni riformiste di Teheran, è stata arrestata il 28 maggio 2014 e da allora è detenuta in una località sconosciuta. Il 21 e 22 luglio è stata portata di fronte alla sezione 26 del tribunale rivoluzionario della capitale per rispondere di "diffusione di bugie" e "diffusione di propaganda contro il sistema", per cui era stata già arrestata nel gennaio 2013.

Hossein Nourani Nejad, giornalista e membro del partito politico Fronte della partecipazione, rischia di trascorrere sei anni in carcere dopo che nel giugno 2014 un tribunale rivoluzionario di Teheran lo ha giudicato colpevole di "diffusione di propaganda contro il sistema" e di "riunione e collusione contro la sicurezza nazionale". Era stato arrestato il 21 aprile nella capitale e fino al processo era stato tenuto in isolamento nel carcere di Evin. Due mesi prima, era tornato dall'Australia, dove stava seguendo un corso post-laurea, per vedere per la prima volta suo figlio, appena nato. Era stato già arrestato nel 2009.

Il 27 luglio 2014 un altro giornalista, Serajeddin Mirdamadi, è stato condannato a sei anni di carcere per "diffusione di propaganda contro il sistema" e "riunione e collusione contro la sicurezza nazionale".

Negli ultimi mesi vari operatori dell'informazione sono stati richiamati in carcere per scontare residui di pene inflitte per reati previsti dalle generiche norme sulla sicurezza nazionale. Tra questi figurano Mahnaz Mohammadi, autrice di documentari e attivista per i diritti delle donne; Reyhaneh Tabatabaei, giornalista ed ex opinionista dei quotidiani Shargh e Bahar; Marzieh Rasouli, direttrice di alcune testate riformiste; e Sajadeh Arabsorkhi, giornalista.

"Il giornalismo indipendente non è un reato. Le autorità iraniane devono rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutte le persone arrestate e imprigionate negli ultimi mesi solo per aver esercitato in modo pacifico il loro legittimo diritto alla libertà d'espressione, di associazione e di riunione" - ha concluso Sahraoui.
fonte

Altri disegni



Stoning in Iran
Alfredo Sábat
Iran has a grim history of death by stoning. A cartoon for the publication Human Total: A Violence Prevention Learning Resource, a learning resource on the prevention of violence, published by ICAP. 21 May 2013

 
Breaking Free
Mohammad Saba'aneh
Journalists will always try to break free from any sort of control, and tell the stories that they want to tell. 15 Nov 2013


Reporting Is Resistance
Mike Flugennock
From police assaults on citizens photographing Occupy protests to Al Jazeera reporters' imprisonment by the Egyptian regime, journalists worldwide have endured escalating attacks by authoritarian regimes. It's gotten to the point where simply reporting the news is an act of resistance. 24 Jul 2014

giovedì 15 maggio 2014

L'ultima foto di Camille Lepage



UNE PHOTOGRAPHE TUÉE EN CENTRAFRIQUE. Le dessin du Monde de ce mercredi.
Plantu

Nell'ultima foto postata su Instagram, una settimana fa, Camille Lepage mostra alcuni uomini armati in mezzo a una strada rossa, nella nebbia: l’immagine offre un quadro del modo in cui Camille lavorava e del pericolo al quale esponeva se stessa, nel tentativo di documentare i conflitti dimenticati: “Voglio creare empatia con le mie foto – aveva dichiarato – voglio che tutti quelli che le guardano provino vergogna per quei governi che permettono l’accadere di queste cose”.


camille_lepage
1 week ago
Travelling with the Anti Balaka to Amada Gaza, about 120km from Berberati, we left at 3.30am to avoid the Misca checkpoints and it took us 8 hours by motorbike as there is no proper roads to reach the village. In the region of Amada Gaza, 150 people were killed by the Seleka between March and now. Another attack took place on Sunday killing 6 people, the anti balaka Colonel Rock decides to send his elements there to patrol around and take people who fled to the bush back to their homes safely. #photojournalism #photography #carcrisis #documentary #latergram #antibalaka



Una strada rossa purtroppo sporca anche del sangue della fotografa.
Si perchè la giovane giornalista francese  Camille Lepage è stata uccisa in Repubblica Centrafricana, dove stava realizzando un reportage. “Il suo corpo senza vita – ha annunciato una nota del ministero degli Esteri francese nella notte del 13 maggio – è stato ritrovato il giorno seguente a ovest di Bangui dalle forze francesi della missione Sangaris”.
Il suo ultimo tweet risale a una settimana fa: “Ci vorranno otto ore di moto perché qui non ci sono strade”, aveva scritto Camille parlando del viaggio che stava facendo verso un villaggio a circa 60 km a ovest di Bouar, quasi al confine con il Camerun. E’ in quel viaggio, secondo le prime ricostruzioni, che la ragazza si sarebbe ritrovata coinvolta nei combattimenti, rimanendo uccisa. La ventiseienne fotoreporter francese seguiva da due anni la drammatica crisi della Repubblica Centrafricana dove, dal dicembre 2012, il conflitto in corso tra il governo e i ribelli Seleka si è aggravato e la situazione umanitaria, soprattutto in alcune cittadine dell’entroterra, è diventata catastrofica.



Camille Lepage

 

Il cuore di Camille

Reduce da scampagnata al Salone internazionale del Libro che in un colpo solo mi regala semi buoni per quasi tutto il lunario, è durissima riaffacciarsi al quotidiano mondo reale (che parolone: meglio reality). E’ quel mondo prodotto, confezionato e lanciato dal cielo dai (forse dei?) giornali d’occidente più quotati che, come aerei distributori di “pacchi alimentari” sulle zone di guerra, ci nutrono oppure ci fanno saltare in aria (questione più che di feeling, di sfiga)  visto che i “pacchi” cluster bombs hanno lo stesso colore delle derrate alimentari…
E dunque le news! a)Scajola/Matacena e, per sapor mediorientale, Dell’Utri b)Geithner ex ministro USA che ci confida in un suo libro il golpe/complotto ai danni dell’italico “papi della patria” (incidentalmente (accidentalmente?!) impegnato nei servizi sociali in quanto pregiudicato ndr) c)expo 2015: dal ribollir delle solite cloache massime  va l’aspro odor dei liquami l’anime a rattristar d)tutto quanto fa spettacolo e trend un po’ per celia e (a quanto pare) un po’ per non morir di fame, visto quanto rendono i gossip! Tutto il resto che tratta milioni d’umani massacrati fino al genocidio, protagonisti di tragedie per inondazioni/terremoti/crolli, schiavismo, mafia/terrorismo, milioni di bambini che muoiono infestati dai DDT della fame, sfruttamento sessuale, aids e ancora e ancora e ancora… ebbene: è tutta “roba” che, pur pochissimo distante dal nostro narciso occidentale ombelico, ignoriamo oppure, se (perfino!) autorevoli testate ce lo trasmettono, dimentichiamo velocemente.
Ti abbraccio forte Camille Lepage, cuore giovanissimo del Giornalismo di “tutto il resto”, fatto solo d’amore e passione, di storie autentiche e fatti veri che, per quanto fustigatori di scienze e coscienze, sempre informano e dunque educano.
Ti faresti ammazzare piuttosto di rinnegare quel cuore! Infatti è successo…
14 maggio 2014



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Il sito di Camille Lepage
I twitter di Camille
La pagina FB
Une journaliste française "assassinée" en Centrafrique
GRAND FORMAT. Photos signées Camille Lepage, tuée en Centrafrique
Camille Lepage, fotoreporter 26enne uccisa in Centrafrica. Francia apre inchiesta

sabato 19 aprile 2014

Barricate: ottavo ed ultimo numero

Cari Amici,
vi segnalo l'uscita dell'ottavo e purtroppo ultimo numero di Barricate (per lo meno come l'abbiamo conosciuto finora)
Marilena Nardi






BARRICATE n. 8


Editoriale di Maria Chiara Ballerini

Copertina di Andrea Bersani


“Quella che sul piano soggettivo è la felicità, sul piano oggettivo coincide con la realizzazione della propria essenza.”
(Frase attribuita a Socrate)

Le teorie sulla felicità sono tra le più antiche; si può dire che abbiano accompagnato l’uomo nella sua perenne ricerca.
Prescindendo dalle possibili definizioni di “felicità” (forse una per ogni abitante della terra), è innegabile che tutti la inseguano. Alcuni la cercano per sempre nel posto sbagliato, altri non si accorgono di averla accanto, altri ancora la trovano per caso.
Il tema della felicità come filo conduttore non era certo stato previsto per questo numero, forse l’ultimo sotto questa forma, di Barricate. Tutt’altro, ovviamente. Eppure, alla fine del lavoro di raccolta, rilettura e impaginazione del materiale, la felicità in senso socratico come realizzazione della propria essenza è apparsa come punto comune a molti dei personaggi che abbiamo incontrato e pubblicato.
John Perkins, “sicario dell’economia” al servizio delle multinazionali, convertitosi ad attivista per un mondo equo e solidale; il grafico Massimo Dolcini, che con la sua opera ha adempiuto una “vocazione”; Ivan Fantini, per anni tormentato chef di fama e oggi libero raccoglitore (e scrittore) molto più sereno; l’infaticabile autore quotidiano di strisce Stefano Frassetto, “un panda nella fauna fumettistica italiana”; e ancora il movimento Genuino Clandestino in lotta per l’autodeterminazione alimentare; Mara Armaroli e il suo orto-giardino condiviso; il fotografo Mirko Orando, per il quale una fotografia “è tutto”…
Anche noi di Barricate abbiamo vissuto per 8 felici numeri insieme ai collaboratori, ai lettori, ai sostenitori e a tutti coloro che ci hanno apprezzato, stimato, forse anche amato.
Le difficoltà economiche ci avevano già tolto l’edicola, ora ci hanno sottratto il colore. Ma in questo bianco-e-nero che grazie ai nostri disegnatori si è trasformato da limite in risorsa, c’è il seme di un progetto che pur di non snaturarsi rinascerà sotto altre forme.

Da questo numero non siamo più in grado di garantire una regolarità bimestrale. Pubblicheremo sicuramente altri numeri, dei monografici, delle raccolte, perché no dei libri: fumetto, grafica, fotografia, narrativa, saggistica, ragazzi. Non possiamo ancora definire modi e tempi, ma una cosa è certa: saranno pubblicazioni “reali”. Da toccare, sentire e odorare.



Il sommario 

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 Peccato che sia l'ultimo numero!
Ma mi raccomando non datevi vinti
e proprio dalle pagine di Barricate
uno splendido incoraggiamento!!
"LA VEDREMO"


Barricate - l'informazione in movimento
Il pregiudizio
Fumetto a strisce visto da BALLOONS
Testo di Max Olla
Illustrazione di DECO



lunedì 6 gennaio 2014

Papa Francesco “personaggio dell’anno” per Time

HMMMM... The world feels a bit warmer tonight
HMMMM... il mondo si sente un po 'più caldo stasera
Person of the Year
By Joe Heller, Green Bay Press-Gazette - 12/11/2013


La rivista Time incorona Papa Francesco “personaggio dell’anno”
11/12/13
Perché in pochi mesi ha saputo restituire fiducia nella Chiesa a milioni di persone che l’avevano persa, Papa Bergoglio è stato nominato “personaggio dell’anno” dalla rivista americana Time.

Un riconoscimento ottenuto anche da Giovanni XXIII nel 1962 e Giovanni Paolo II nel 1994. Ma nessuno a meno di un anno dall’elezione. In questo sta la novità di Francesco, come lasciavano intendere le sue prime parole da Vescovo di Roma: “Vi chiedo di pregare per me, la preghiera del popolo per il suo vescovo”.

Un combinato di umiltà, spirito di riconciliazione e attenzione per i poveri, i bisognosi, i peccatori, che il nuovo Papa ha saputo distillare – scrive la rivista – maneggiando con arte gli strumenti di comunicazione del XXI secolo.

Bergoglio è stato scelto tra una cinquina che includeva la talpa dell’intelligence americana Edward Snowden e l’attivista per i diritti degli omosessuali Edith Windsor, ma anche il contestato presidente siriano Bashar al Assad.


Che Francisco
By Angel Boligan, El Universal, Mexico City, www.caglecartoons.com


UN PASTORALE ROSSO E BLU
Grande l'impressione suscitata dall'intervista rilasciata dal Papa a Civiltà Cattolica.
Netta la sensazione che prosegua, lenta ma inesorabile, la volontà di Francesco di correggere i tanti errori nei compiti della Chiesa.



Francisco I
By Dario Castillejos, El Imparcial de México


Marx, Engels, Pope Francis
By Rainer Hachfeld, Neues Deutschland, Germany - 11/27/2013


Anche la copertina del New Yorker del 23 dicembre scorso, è stata dedicata a Papa Francesco: mostra il Papa mentre fa “l’angelo della neve”, un gioco invernale molto diffuso, ed è stata realizzata da Barry Blitt, illustratore e collaboratore del New Yorker, che ha detto: ”Papa Francesco sembra una persona rispettabile – un brav’uomo – e un sostenitore sincero della buona volontà e della pace sulla Terra. Ma chi sono io per giudicare?”.
Who Am I to Judge? è anche il titolo della cover-story di James Carroll dedicata al Papa (che è anche la persona dell’anno secondo Time).


Cover Credit: PORTRAIT BY JASON SEILER FOR TIME

Read more: TIME Magazine Cover: Pope Francis, Person of the Year - Dec. 23, 2013 - Pope Francis - Church - Person of the Year
 http://content.time.com/time/covers/0,16641,20131223,00.html#ixzz2pZztIIRk

martedì 10 settembre 2013

Lettere e tweet a Luca Telese: "Pagaci!"

Lettere e tweet a Luca Telese: "Pagaci!"
Basterebbe un quarto di compenso 
di una sola puntata di Matrix!!!

I got you instead of my skin  Fabio Magnasciutti




Luca Telese debutta questa sera a Matrix ma sarà un debutto fischiato...

Luca Telese ha dato vita nel 2012 a un rivoluzionario progetto di un giornale di carta Pubblico durato solo 100 giorni. A far le spese del fallimento sono stati i giovani i giornalisti precari coinvolti, che non hanno visto un euro senza alcun diritto ad ammortizzatori sociali.

Caro Luca Telese,
ho appena appreso che domani ricomincia il programma Matrix e sarai tu a condurlo! Ma congratulazioni! Certa che adesso provvederai tempestivamente a pagare tutti i compensi in sospeso di tutti gli ex collaboratori di Pubblico e di Orwell finalmente tiro un sospiro di sollievo sulle bollette insolute impilate sul tavolo di cucina. Tutto è bene quel che finisce bene! E che meraviglia quando la vita somiglia a un film di Frank Capra, grazie Luca, GRAZIE.
Carolina Cutolo, ex collaboratrice di Pubblico

sabato 27 luglio 2013

Sbatti il mostro in copertina

Sbatti il mostro in copertina *
 Mettere il presunto** bomber di Boston in copertina è cattivo giornalismo o come si difende la rivista, giornalismo investigativo?
"Jahar's World
He was a charming kid with a bright future. But no one saw the pain he was hiding or the monster he would become."
Questo è il titolo dell'editoriale di Janet Reitman su Rolling Stone la famosa rivista americana, che ha scatenato le polemiche
e le vignette


Rolling Stoned Cover
By John Darkow, Columbia Daily Tribune, Missouri - 7/19/2013


Rolling Stone cover scandal
By John Cole, The Scranton Times-Tribune - 7/19/2013


Rolling Stone Bomber cover bombs
By Jeff Darcy, The Cleveland Plain Dealer - 7/20/2013


Rolling Stone rolls over Bosto
By Jeff Darcy, The Cleveland Plain Dealer - 7/21/2013


ROLLING STONE COVER
 By Randy Bish, Pittsburgh Tribune-Review - 7/19/2013


Rolling Stone Cover
By Nate Beeler, The Columbus Dispatch - 7/18/2013



Rolling Stone and bomber
By Dave Granlund, Politicalcartoons.com - 7/18/2013


Rolling Stone cover
 By Jimmy Margulies, The Record of Hackensack, NJ - 7/17/2013




* =riferimento al titolo di un film di Marco Bellocchio
** = presunto perchè non stato ancora processato Dzhokhar Tsarnaev, uno dei due fratelli ceceni accusati delle bombe alla Maratona di Boston che hanno causato la morte di 3 persone e il ferimento di altre 260 lo scorso aprile.


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I LinKs:
Sbatti il mostro in copertina
Dzhokhar Tsarnaev : la copertina di Rolling Stone fa scandalo

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di Fany anche:


Maratona Boston 2013: violenza senza fine.


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