"Fondamento dell'accordo. Il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, così come si enunciano nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ispira le politiche interne e internazionali delle parti e costituisce un elemento essenziale del presente Accordo."
Art.1 trattato di libero commercio tra il Messico e l'Unione Europea
-EL FOTOPERIODISTA INCÓMODO
El Universal 8/8/15
Angel Boligan
Dopo gli omicidi del fotogiornalista Rubén Espinosa, dell’attivista Nadia Vera, della studentessa Yesenia Quiroz Alfaro e di altre due donne che si trovavano con loro, Nicole Simon e Alejandra, avvenuti a Città del Messico, venerdì 31 luglio scorso, alcuni cittadini italiani e messicani – che condividono la preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Messico — hanno promosso un appello, #MéxicoNosUrge,
pubblicato oggi sul manifesto online e sulla pagina www.facebook.com/mexiconosurge. “Gli omicidi — scrivono — ci impongono di non rimanere in silenzio: dinanzi alla condizione che vive chi vuole denunciare la situazione che subiscono milioni di persone in un Paese che l’Italia e l’Unione Europea riconoscono soltanto come importante socio commerciale, rimanere in silenzio sarebbe una forma di complicità”.
pubblicato oggi sul manifesto online e sulla pagina www.facebook.com/mexiconosurge. “Gli omicidi — scrivono — ci impongono di non rimanere in silenzio: dinanzi alla condizione che vive chi vuole denunciare la situazione che subiscono milioni di persone in un Paese che l’Italia e l’Unione Europea riconoscono soltanto come importante socio commerciale, rimanere in silenzio sarebbe una forma di complicità”.
Tra i primi firmatari ci sono Dario Fo (attore, regista, scrittore. Premio Nobel per la letteratura), Paco Ignacio Taibo II (scrittore), Raúl Vera López (vescovo di Saltillo, nello Stato di Coahuila, in Messico), Roberto Saviano, Don Luigi Ciotti (presidente di Libera), il collettivo di scrittori Wu Ming, Nando Dalla Chiesa (docente universitario, scrittore e politico) e Tonio dell’Olio (responsabile del settore internazionale di Libera). (continua)
Siamo tutti Rubén Espinosa
Mauro Biani
Periodistas asesinados
BY DARIO CASTILLEJOS, EL IMPARCIAL DE MÉXICO - 8/4/2015
SE DOVESSE ACCADERMI QUALCOSA......
Nadia Vera Pérez, antropologa originaria del Chiapas, voleva cambiare il volto del Messico e del mondo. Per questo promuoveva la cultura indipendente e partecipava alle lotte dei movimenti sociali. È stata torturata, violentata e uccisa il 31 luglio, insieme al compagno Rubén Espinosa e ad altre tre donne che si trovavano nell’appartamento di Città del Messico in cui abitava dopo esser stata costretta a fuggire da Veracruz. Otto mesi prima aveva rilasciato un’intervista a Rompeviento Tv durante la quale non aveva mai smesso di guardare la porta e la finestra temendo l’irruzione di qualcuno. Le sue ultime parole (le potete ascoltare qui sotto) erano state per dire che qualora fosse successo qualcosa a lei, alla sua famiglia o ai suoi compagni, la responsabilità andava attribuita tutta allo Stato e al governatore di Veracruz, Javier Duarte. La Procura di Città del Messico ora sostiene si tratti di rapina e vuole chiudere il caso
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La tortura y ejecución que he hecho es un crimen de Estado #NadiaVera #JusticiaParaRuben http://t.co/hIHfVPiShu pic.twitter.com/RgT3k3OPDY
— Gianluca Costantini (@channeldraw) 4 Agosto 2015
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Nadia Vera señala al posible agresor en caso de que le sucediera algo... from Rompeviento Televisión on Vimeo.
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I was Telling the Truth. Rubén Espinosa #RubenEspinosa #MexicoCity #JusticiaParaRuben #JusticiaParaRubenEspinosa pic.twitter.com/J7gJnLE3sU
— Gianluca Costantini (@channeldraw) 3 Agosto 2015
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Conflicto entre particulares
BY ANGEL BOLIGAN, EL UNIVERSAL, MEXICO CITY, WWW.CAGLECARTOONS.COM - 3/22/2015
Lineamiento para conductores
BY ANGEL BOLIGAN, EL UNIVERSAL, MEXICO CITY, WWW.CAGLECARTOONS.COM - 3/22/2015
Un cartón que se repite. Una muerte más.
RapèMonero
Da Libera
Gli omicidi del fotogiornalista Rubén Espinosa, dell'attivista Nadia Vera, della studentessa Yesenia Quiroz Alfaro e di altre due donne che si trovavano con loro, Nicole Simon e Alejandra, avvenuti a Città del Messico, venerdì 31 luglio scorso, ci impongono di non rimanere in silenzio. Dinanzi alla condizione che vive chi vuole denunciare la situazione che subiscono milioni di persone in un paese, il Messico, che l'Italia e l'Unione Europea riconoscono soltanto come importante socio commerciale, rimanere in silenzio sarebbe una forma di complicità.
Rubén Espinosa è l'ultimo giornalista ucciso in Messico in un massacro che sembra non avere fine. Sono più di cento i giornalisti assassinati dal 2000 ad oggi. Nello stato del Veracruz, dove Rubén lavorava raccontando gli abusi del governo statale e le violente repressioni contro gli oppositori politici, sono 14 i giornalisti uccisi durante il governo di Javier Duarte de Ochoa, soprannominato anche il mataperiodistas, l'ammazza giornalisti.
Rubén Espinosa e Nadia Vera erano fuggiti dallo stato del Veracruz proprio per le minacce ricevute da funzionari del governo di Javier Duarte, indicato mesi fa come responsabile di qualsiasi gesto di aggressione nei loro confronti. Non è stato sufficiente fuggire a Città del Messico, considerata finora un porto sicuro in cui ripararsi dalle aggressioni contro la libertà di stampa. Il messaggio è chiaro: non si è sicuri da nessuna parte. Tutti i giornalisti critici devono avere paura perché possono essere raggiunti nelle loro case, torturati e ammazzati.
La libertà di stampa in Messico viene violentata quotidianamente. Fare il giornalista in Messico è una delle professioni più a rischio e i dati delle più importanti organizzazioni di difesa dei giornalisti e della libertà di stampa (come Article19 o RSF) indicano chiaramente come la maggior parte delle minacce, aggressioni, intimidazioni, sparizioni e uccisioni di giornalisti, fotografi e comunicatori si debbano imputare alle istituzioni dello Stato.
Il Messico e l'Unione Europea sono vincolati dal Trattato di Libero Commercio che si basa su una clausola democratica, e i nostri paesi, i nostri Parlamenti - sia nazionali che quello europeo - non possono rimanere in silenzio di fronte a questa situazione.
Nel maggio del 2016 si compiranno dieci anni dal massacro di San Salvador Atenco. Una Commissione Civile di Osservazione dei Diritti Umani - i cui componenti erano cittadini europei - nel giugno del 2006 ha presentato al Parlamento Europeo un rapporto sui fatti e sulle gravi violazioni dei diritti umani in relazione allo sgombero forzato di una comunità per costruire il nuovo aeroporto di Città del Messico in una zona ejidal (cioè di proprietà collettiva) dello Stato del Messico.
Negli ultimi dieci anni la situazione si è fatta se possibile ancora più grave, con decine di migliaia di sparizioni forzate, violenza sistematica contro chi vuole difendere e promuovere i diritti umani, contro attivisti dei movimenti sociali e contro i giornalisti e fotografi che documentano la condizione di violenza strutturale scelta come forma di "politica attiva" dai governi di Felipe Calderón, prima, e di Enrique Peña Nieto (che nel 2006 era governatore dello Stato del Messico durante i fatti di Atenco), ora.
Tra gli attivisti e giornalisti minacciati e perseguitati ci sono anche cittadini italiani ed europei; tra le vittime ci sono anche cittadini italiani ed europei (come il finlandese Jyri Antero Jaakkola, assassinato dai paramilitari nello stato del Oaxaca nel 2010).
In questo panorama di violenza diffusa e repressione contro i civili ricordiamo la sparizione forzata dei 43 studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa, avvenuta la notte del 26 settembre del 2014 nella città di Iguala, stato del Guerrero, in cui sono coinvolti la polizia municipale di Iguala ed elementi dell'esercito messicano. Da dieci mesi i 43 giovani studenti sono vittime di sparizione forzata di persone.
Il 30 giugno 2014 l'esercito messicano, con un ordine scritto dall'Alto Comando Militare, fucilava 22 ragazzi in un'esecuzione extragiudiziale, una delle tante esecuzioni extragiudiziali portate a termine dall'esercito che ha l'ordine di "abbattere" civili considerati delinquenti senza alcun diritto ad avere un processo.
L'ONU ha recentemente spiegato come in Messico la tortura sia un metodo utilizzato in maniera sistematica negli interrogatori da tutte le forze di sicurezza.
Tutto questo accade nel silenzio della cosiddetta "comunità internazionale" e l'Unione Europea di fatto si disinteressa dei crimini dello stato messicano, continuando a mantenere relazioni commerciali con uno Stato che viola costantemente i diritti umani.
Tra il 2007 e il 2014 in Messico ci sono stati più di 164mila omicidi di civili. Negli stessi anni in Afghanistan e in Iraq si sono contate circa 104mila vittime. Il numero di persone sparite dal 2006 ad oggi, basandosi su dati conservativi del governo messicano, supera le 30mila persone. È indefinito il numero delle persone sfollate forzatamente all'interno del paese, ma molte organizzazioni di difesa dei diritti umani parlano di più di due milioni e mezzo di persone.
A fronte di tutto questo l'indifferenza dei grandi mezzi di comunicazione internazionali è impressionante e complice.
Per tutto questo, #MexicoNosUrge e non possiamo rimanere in silenzio.
Chiediamo che il Parlamento Europeo esprima la sua preoccupazione rispetto alla grave crisi dei diritti umani che vive il Messico, in particolare per le costanti aggressioni ai giornalisti e difensori dei diritti umani.
Chiediamo all'Italia e all'Unione Europea che si sospendano tutte le relazioni (politiche e commerciali) con il Messico fino a quando non si farà luce sui gravi casi di omicidio, violenza e sparizione forzata di persone. I paesi dell'Unione Europea devono applicare l'embargo agli investimenti in Messico e chiudere le loro Ambasciate, così come si è fatto nel caso di altri paesi che non osservano l'obbligo del rispetto dei diritti umani e del diritto alla vita dei propri cittadini.
Rubén Espinosa è l'ultimo giornalista ucciso in Messico in un massacro che sembra non avere fine. Sono più di cento i giornalisti assassinati dal 2000 ad oggi. Nello stato del Veracruz, dove Rubén lavorava raccontando gli abusi del governo statale e le violente repressioni contro gli oppositori politici, sono 14 i giornalisti uccisi durante il governo di Javier Duarte de Ochoa, soprannominato anche il mataperiodistas, l'ammazza giornalisti.
Rubén Espinosa e Nadia Vera erano fuggiti dallo stato del Veracruz proprio per le minacce ricevute da funzionari del governo di Javier Duarte, indicato mesi fa come responsabile di qualsiasi gesto di aggressione nei loro confronti. Non è stato sufficiente fuggire a Città del Messico, considerata finora un porto sicuro in cui ripararsi dalle aggressioni contro la libertà di stampa. Il messaggio è chiaro: non si è sicuri da nessuna parte. Tutti i giornalisti critici devono avere paura perché possono essere raggiunti nelle loro case, torturati e ammazzati.
La libertà di stampa in Messico viene violentata quotidianamente. Fare il giornalista in Messico è una delle professioni più a rischio e i dati delle più importanti organizzazioni di difesa dei giornalisti e della libertà di stampa (come Article19 o RSF) indicano chiaramente come la maggior parte delle minacce, aggressioni, intimidazioni, sparizioni e uccisioni di giornalisti, fotografi e comunicatori si debbano imputare alle istituzioni dello Stato.
Il Messico e l'Unione Europea sono vincolati dal Trattato di Libero Commercio che si basa su una clausola democratica, e i nostri paesi, i nostri Parlamenti - sia nazionali che quello europeo - non possono rimanere in silenzio di fronte a questa situazione.
Nel maggio del 2016 si compiranno dieci anni dal massacro di San Salvador Atenco. Una Commissione Civile di Osservazione dei Diritti Umani - i cui componenti erano cittadini europei - nel giugno del 2006 ha presentato al Parlamento Europeo un rapporto sui fatti e sulle gravi violazioni dei diritti umani in relazione allo sgombero forzato di una comunità per costruire il nuovo aeroporto di Città del Messico in una zona ejidal (cioè di proprietà collettiva) dello Stato del Messico.
Negli ultimi dieci anni la situazione si è fatta se possibile ancora più grave, con decine di migliaia di sparizioni forzate, violenza sistematica contro chi vuole difendere e promuovere i diritti umani, contro attivisti dei movimenti sociali e contro i giornalisti e fotografi che documentano la condizione di violenza strutturale scelta come forma di "politica attiva" dai governi di Felipe Calderón, prima, e di Enrique Peña Nieto (che nel 2006 era governatore dello Stato del Messico durante i fatti di Atenco), ora.
Tra gli attivisti e giornalisti minacciati e perseguitati ci sono anche cittadini italiani ed europei; tra le vittime ci sono anche cittadini italiani ed europei (come il finlandese Jyri Antero Jaakkola, assassinato dai paramilitari nello stato del Oaxaca nel 2010).
In questo panorama di violenza diffusa e repressione contro i civili ricordiamo la sparizione forzata dei 43 studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa, avvenuta la notte del 26 settembre del 2014 nella città di Iguala, stato del Guerrero, in cui sono coinvolti la polizia municipale di Iguala ed elementi dell'esercito messicano. Da dieci mesi i 43 giovani studenti sono vittime di sparizione forzata di persone.
Il 30 giugno 2014 l'esercito messicano, con un ordine scritto dall'Alto Comando Militare, fucilava 22 ragazzi in un'esecuzione extragiudiziale, una delle tante esecuzioni extragiudiziali portate a termine dall'esercito che ha l'ordine di "abbattere" civili considerati delinquenti senza alcun diritto ad avere un processo.
L'ONU ha recentemente spiegato come in Messico la tortura sia un metodo utilizzato in maniera sistematica negli interrogatori da tutte le forze di sicurezza.
Tutto questo accade nel silenzio della cosiddetta "comunità internazionale" e l'Unione Europea di fatto si disinteressa dei crimini dello stato messicano, continuando a mantenere relazioni commerciali con uno Stato che viola costantemente i diritti umani.
Tra il 2007 e il 2014 in Messico ci sono stati più di 164mila omicidi di civili. Negli stessi anni in Afghanistan e in Iraq si sono contate circa 104mila vittime. Il numero di persone sparite dal 2006 ad oggi, basandosi su dati conservativi del governo messicano, supera le 30mila persone. È indefinito il numero delle persone sfollate forzatamente all'interno del paese, ma molte organizzazioni di difesa dei diritti umani parlano di più di due milioni e mezzo di persone.
A fronte di tutto questo l'indifferenza dei grandi mezzi di comunicazione internazionali è impressionante e complice.
Per tutto questo, #MexicoNosUrge e non possiamo rimanere in silenzio.
Chiediamo che il Parlamento Europeo esprima la sua preoccupazione rispetto alla grave crisi dei diritti umani che vive il Messico, in particolare per le costanti aggressioni ai giornalisti e difensori dei diritti umani.
Chiediamo all'Italia e all'Unione Europea che si sospendano tutte le relazioni (politiche e commerciali) con il Messico fino a quando non si farà luce sui gravi casi di omicidio, violenza e sparizione forzata di persone. I paesi dell'Unione Europea devono applicare l'embargo agli investimenti in Messico e chiudere le loro Ambasciate, così come si è fatto nel caso di altri paesi che non osservano l'obbligo del rispetto dei diritti umani e del diritto alla vita dei propri cittadini.
MESSICO, OMICIDIO GIORNALISTA. LIBERA CON LE ORGANIZZAZIONI PARTNER MESSICANE DI ALAS ALLE ORGANIZZAZIONI DENUNCIANO: E' IL RISULTATO DI DIVERSE OMISSIONI DI FRONTE ALLE DENUNCE DI MINACCIA E ALLA MANCATA APPLICAZIONE DI PROTOCOLLI DI PROTEZIONE"
"La morte di questi cinque innocenti, tra i quali il giornalista Rubén Espinosa e l'attivista Nadia Vera, è il risultato di diverse omissioni di fronte alle denunce di minaccia ed in particolar modo alla mancata applicazione di protocolli di protezione per i giornalisti ed i difensori dei diritti umani a Città del Messico da parte del governo locale e federale. In diverse occasioni il giornalista Espinosa aveva fatto ricorso alle Autorità e alle Istituzioni messicane per ricevere garanzie e sistemi di protezione, e nonostante l'attivismo di organizzazioni sociali e il sostegno di colleghi messicani, tutto è rimasto inascoltato ." Libera chiede verità e giustizia insieme alle organizzazioni partner messicane della rete Alas in particolar Periodistas de a Pie e la Red RETOÑO per l'ennesimo pluriomicidio di di Rubén Espinosa, Nadia Vera, Yesenia Quiroz, Alejandra Negrete Avilés e Nicole accaduto a Città del Messico lo scorso 31 luglio.
" Con le organizzazioni della società civile messicane e i familiari delle vittime chiediamo alle Autorità e Istituzioni verità e giustizia, ed al Procuratore del Distretto Federale della città di avere un controllo trasparente e imparziale delle indagini per non consentire infiltrazioni che non permettano di assicurare alla giustizia i responsabili (mandanti e esecutori materiali) come già denunciato in tante occasioni. In memoria di tutti i giornalisti e difensori dei diritti umani scomparsi e uccisi , il Messico deve dire basta alla strada della violenza che con la complicità del clima di corruzione e di impunità non consentono l'applicazione della Giustizia e il riconoscimento della verità."
Libera con la sua campagna Pace per il Messico - México por la Paz chiede al governo messicano e alla comunità internazionale di attivarsi per dar vita e sostenere iniziative di prevenzione, politiche sociali ed educative che, insieme a un'informazione d'inchiesta e alla forza della memoria che abbiamo sperimentato anche nel nostro Paese, possono costituire la rete di un'antimafia sociale che in Italia e altrove non manca di offrire un contributo all'affermazione della legalità democratica e di raggiungere qualche risultato. Pace per il Messico - México por la paz" è soprattutto un appello affinché all'espansione internazionale dei narcotrafficanti si risponda con un'azione di antimafia sociale internazionale e una cooperazione giudiziaria e investigativa efficace.
SILENCIO - il docu-film sul Messico
" Con le organizzazioni della società civile messicane e i familiari delle vittime chiediamo alle Autorità e Istituzioni verità e giustizia, ed al Procuratore del Distretto Federale della città di avere un controllo trasparente e imparziale delle indagini per non consentire infiltrazioni che non permettano di assicurare alla giustizia i responsabili (mandanti e esecutori materiali) come già denunciato in tante occasioni. In memoria di tutti i giornalisti e difensori dei diritti umani scomparsi e uccisi , il Messico deve dire basta alla strada della violenza che con la complicità del clima di corruzione e di impunità non consentono l'applicazione della Giustizia e il riconoscimento della verità."
Libera con la sua campagna Pace per il Messico - México por la Paz chiede al governo messicano e alla comunità internazionale di attivarsi per dar vita e sostenere iniziative di prevenzione, politiche sociali ed educative che, insieme a un'informazione d'inchiesta e alla forza della memoria che abbiamo sperimentato anche nel nostro Paese, possono costituire la rete di un'antimafia sociale che in Italia e altrove non manca di offrire un contributo all'affermazione della legalità democratica e di raggiungere qualche risultato. Pace per il Messico - México por la paz" è soprattutto un appello affinché all'espansione internazionale dei narcotrafficanti si risponda con un'azione di antimafia sociale internazionale e una cooperazione giudiziaria e investigativa efficace.
SILENCIO - il docu-film sul Messico
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