domenica 29 agosto 2021

Celebrato il premio dei World Humor Awards 2021



Celebrato il premio dei World Humor Awards 2021

Speciale per Fany Blog


di Francisco Puñal Suárez

Foto di Marco de Angelis


Con grande gioia ed emozione per gli organizzatori ei vincitori, la tanto attesa cerimonia si è svolta al Castello di Bardi, a 60 chilometri da Salsomaggiore, provincia di Parma, Italia.

A questo concorso internazionale World Humor Awards, organizzato dall'Associazione Culturale Lepidus, nella città italiana di Salsomaggiore, in provincia di Parma, Italia, i comici grafici partecipano su invito. Quest'anno 250 autori da 75 paesi hanno inviato le loro opere, e oltre al tema libero per la caricatura personale, il tema centrale è stato "Il pianeta avvelenato", vinto dall'italiana Margherita Allegri.

Queste le parole dei principali vincitori: l'italiana Margherita Allegri nel disegno umoristico e il basco Asier Sanz, nella caricatura personale.


Margherita Allegri:

“Ricevere un premio così prestigioso mi riempie di gioia e orgoglio quindi vorrei ringraziare la giuria e l’organizzazione di Word Humor Award per questo invito.

Per creare il mio lavoro solitamente non devo mai andare molto lontano, la quotidianità offre tanti spunti di riflessione che ho imparato a osservare”.


“La mia, ad esempio, è quella di una madre che si trova spesso a disegnare con bambini in casa, nelle scuole, nelle biblioteche o nei musei”.


“L’ idea per la vignetta vincitrice, in effetti, mi è arrivata sul divano di casa. Le fiabe classiche e la strega disneyana di Biancaneve, che in quei giorni stavo guardando con mia figlia in TV, mi sono subito sembrati un bel modo di interpretare un tema oscuro e velenoso come quello del cambiamento ambientale. Quella strega così ossuta, con gli occhi incavati, è davvero mostruosa, ma me ne sono resa conto solo attraverso lo sguardo di mia figlia, che la vedeva per la prima volta”.


“Questo mi ha fatto pensare che i mostri visti con gli occhi dei bambini sono più mostruosi di tutti i mostri che noi adulti possiamo immaginare”. 


“E devo anche dire che le rassicurazioni che forniamo noi “grandi" non sono mai così convincenti”.


“Sono davvero contenta che questa visione del tema abbia trovato il favore della Giuria, ma vorrei prima di tutto ringraziare la mia famiglia per gli stimoli che inconsapevolmente mi offre e  per il supporto quotidiano.

Trovare il lato ironico della propria vita mi sembra una buona forma di resistenza non passiva…quindi viva l’umorismo!”




Asier Sanz

“È un grande onore per me ricevere questo prestigioso premio di caricatura al 6° World Humor Awards con i migliori fumettisti internazionali. Mi sento molto grato e voglio ringraziare la giuria e l'organizzazione del World Humor Awards per la loro generosità e per avermi invitato nel paese di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, Botticelli, Tiziano, Caravaggio, Dante... E per ricevere questo premio in questo leggendario Castello di Bardi.
“Uno dei miei artisti preferiti è Picasso e ha una frase che mi ispira molto: "Tutto ciò che può essere immaginato è reale".
“Per creare il mio collage di Trump ho immaginato che Trump potesse essere fatto da una costoletta di vitello e ho passato sei mesi a setacciare macellerie e supermercati finché, finalmente, eureka! Ho trovato una carne che era più o meno della sua forma, ho tagliato il contorno con un coltello e voilà! Trump”.
“Sono molto felice che questo collage abbia ricevuto il primo premio perché per me rappresenta la mia filosofia di lavoro: credere nell'impossibile. È il collage che mi ha richiesto più tempo per creare. È stato come un miracolo per me.
Grazie mille per il vostro amore, riconoscimento e per avermi reso felice.
Lunga vita ai World Humor Awards!”



Chiediamo a Marco de Angelis, noto fumettista italiano e membro della
Giuria di questa sesta edizione dei World Humor Awards, di darci la sua opinione
su questi due principali riconoscimenti assegnati.


Marco de Angelis:

“Abbiamo apprezzato la capacità di Margherita Allegri di usare gli iconici personaggi e la morale della favola di Biancaneve per interpretare con efficacia
e in modo originale il tema proposto: nel racconto della nonna la mela avvelenata
è una Terra inquinata, mortale per Biancaneve come per tutti noi.
Il piacevole stile grafico dell'autrice (nota soprattutto nell'illustrazione per ragazzi)
si è perfettamente prestato per inviare un messaggio di grande efficacia satirica”.



Asier Sanz ci ha sempre colpito per la sua capacità caricaturale e il suo stile personale.
Si resta stupiti di fronte alla sua originalissima abilità nel realizzare somiglianti collages e
caricature tridimensionali con l'uso di oggetti imprevedibili.
In questa bistecca cruda c'è il profilo perfetto del presidente americano Donald Trump;
ma in questo pezzo di carne c'è anche la sintesi simbolica del suo spirito, il suo rozzo carattere,
che lo fa sembrare più un cowboy che un newyorkese”.




La giuria di questa sesta edizione dei World Humor Awards era presieduta da
Guido de María, e composta anche da Marco de Angelis, Regina Vetter, Marzio Dall Acqua,
Gianandrea Bianchi, Laura Panini, Lucio Trojano, Raffaella Spinazzi e Olivier Raynaud.


Gli altri due vincitori nella categoria della caricatura personale in questa sesta edizione
dei World Humor Awards sono stati:
Silver Trophy per Marcelo Guerra, dall'Argentina;
e il Trofeo di Bronzo è stato vinto dal francese Jean Michel Renault.

Nella categoria disegno, con il tema "Il pianeta avvelenato",
il Trofeo d'Oro è andato all'italiana Margherita Allegri;
quello d'argento, Yong Zhang, dalla Cina;
e quello di Bronzo a Egil Nyhus, dalla Norvegia.


Gli Excellence Awards sono stati inoltre assegnati a:
Milko Dalla Battista, Italia; Ali Mirae, Irtan; Hani Abbas, Palestina; Gatis Sluka, Lettonia,
e Agim Sulaj, dall'Albania.


Altri Premi Speciali sono stati assegnati anche ad autori italiani:


Premio “RINO MONTANARI” – Caricatura RICCARDO MAZZOLI “ANIMAZZOLI” Italy Premio “HUMOR IN COMICS” – L’umorismo nel fumetto LEO ORTOLANI Italy Premio BUDUAR – Maestro dell’arte leggera EMILIO ISCA Italy SPECIAL GUEST - FRANCESCO TULLIO ALTAN Italy


















martedì 24 agosto 2021

L'ultimo articolo di Gino Strada ci spiega la guerra in Afghanistan


Uragano Talebano
© GIO / Mariagrazia Quaranta



L’ULTIMO ARTICOLO DI GINO STRADA del 13 agosto SU “LA STAMPA”

parla della GUERRA IN AFGHANISTAN, FALLIMENTO DEL TUTTO PREVEDIBILE

Ecco l’ultimo articolo di Gino Strada, pubblicato da  “La Stampa” in prima pagina, con il titolo “Così ho visto morire Kabul”.

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di Gino Strada per “La Stampa”, 13 agosto

Si parla molto di Afghanistan in questi giorni, dopo anni di coprifuoco mediatico. È difficile ignorare la notizia diffusa ieri: i talebani hanno conquistato anche Lashkar Gah e avanzano molto velocemente, le ambasciate evacuano il loro personale, si teme per l’aeroporto. Non mi sorprende questa situazione, come non dovrebbe sorprendere nessuno che abbia una discreta conoscenza dell’Afghanistan o almeno buona memoria. Mi sembra che manchino - meglio: che siano sempre mancate - entrambe. La guerra all’Afghanistan è stata - né più né meno - una guerra di aggressione iniziata all’indomani dell’attacco dell’11 settembre, dagli Stati Uniti a cui si sono accodati tutti i Paesi occidentali.

Il Consiglio di Sicurezza - unico organismo internazionale che ha il diritto di ricorrere all’uso della forza - era intervenuto il giorno dopo l’attentato con la risoluzione numero 1368, ma venne ignorato: gli Usa procedettero con una iniziativa militare autonoma (e quindi nella totale illegalità internazionale) perché la decisione di attaccare militarmente e di occupare l’Afghanistan era stata presa nell’autunno del 2000 già dall’Amministrazione Clinton, come si leggeva all’epoca sui giornali pakistani e come suggerisce la tempistica dell’intervento. Il 7 ottobre 2001 l’aviazione Usa diede il via ai bombardamenti aerei.

Ufficialmente l’Afghanistan veniva attaccato perché forniva ospitalità e supporto alla “guerra santa” anti-Usa di Osama bin Laden. Così la “guerra al terrorismo” diventò di fatto la guerra per l’eliminazione del regime talebano al potere dal settembre 1996, dopo che per almeno due anni gli Stati Uniti avevano “trattato” per trovare un accordo con i talebani stessi: il riconoscimento formale e il sostegno economico al regime di Kabul in cambio del controllo delle multinazionali Usa del petrolio sui futuri oleodotti e gasdotti dall’Asia centrale fino al mare, cioè al Pakistan. Ed era innanzitutto il Pakistan (insieme a molti Paesi del Golfo) che aveva dato vita, equipaggiato e finanziato i talebani a partire dal 1994.

Il 7 novembre 2001, il 92 per cento circa dei parlamentari italiani approvò una risoluzione a favore della guerra. Chi allora si opponeva alla partecipazione dell’Italia alla missione militare, contraria alla Costituzione oltre che a qualunque logica, veniva accusato pubblicamente di essere un traditore dell’Occidente, un amico dei terroristi, un’anima bella nel migliore dei casi. Invito qualche volonteroso a fare questa ricerca sui giornali di allora perché sarebbe educativo per tutti. L’intervento della coalizione internazionale si tradusse, nei primi tre mesi del 2001, solo a Kabul e dintorni, in un numero vittime civili superiore agli attentati di New York. Nei mesi e negli anni successivi le informazioni sulle vittime sono diventate più incerte: secondo “Costs of War” della Brown University, circa 241 mila persone sono state vittime dirette della guerra e altre centinaia di migliaia sono morte a causa della fame, delle malattie e della mancanza di servizi essenziali. Solo nell’ultimo decennio, la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) ha registrato almeno 28.866 bambini morti o feriti. E sono numeri certamente sottostimati.

Ho vissuto in Afghanistan complessivamente 7 anni: ho visto aumentare il numero dei feriti e la violenza, mentre il Paese veniva progressivamente divorato dall’insicurezza e dalla corruzione. Dicevamo 20 anni fa che questa guerra sarebbe stata un disastro per tutti. Oggi l’esito di quell’aggressione è sotto i nostri occhi: un fallimento da ogni punto di vista. Oltre alle 241 mila vittime e ai 5 milioni di sfollati, tra interni e richiedenti asilo, l’Afghanistan oggi è un Paese che sta per precipitare di nuovo in una guerra civile, i talebani sono più forti di prima, le truppe internazionali sono state sconfitte e la loro presenza e autorevolezza nell’area è ancora più debole che nel 2001. E soprattutto è un Paese distrutto, da cui chi può cerca di scappare anche se sa che dovrà patire l’inferno per arrivare in Europa. E proprio in questi giorni alcuni Paesi europei contestano la decisione della Commissione europea di mettere uno stop ai rimpatri dei profughi afgani in un Paese in fiamme.

Per finanziare tutto questo, gli Stati Uniti hanno speso complessivamente oltre 2 mila miliardi di dollari, l’Italia 8,5 miliardi di Euro. Le grandi industrie di armi ringraziano: alla fine sono solo loro a trarre un bilancio positivo da questa guerra. Se quel fiume di denaro fosse andato all’Afghanistan, adesso il Paese sarebbe una grande Svizzera. E peraltro, alla fine, forse gli occidentali sarebbero riusciti ad averne così un qualche controllo, mentre ora sono costretti a fuggire con la coda fra le gambe. Ci sono delle persone che in quel Paese distrutto cercano ancora di tutelare i diritti essenziali. Ad esempio, gli ospedali e lo staff di Emergency - pieni di feriti - continuano a lavorare in mezzo ai combattimenti, correndo anche dei rischi per la propria incolumità: non posso scrivere di Afghanistan senza pensare prima di tutto a loro e agli afghani che stanno soffrendo in questo momento, veri “eroi di guerra”.


Catene - GIO / Mariagrazia Quaranta



«Sì, è uno scontro di civiltà», lettera di Gino Strada da Kabul 

(Strada fu tra i primi, già negli anni '90, a ritenere un errore la guerra in Afghanistan, a profetizzare che non avrebbe portato a nessuno degli obiettivi sperati e certo non alla pace)

Di questi tempi si sente spesso discorrere di «scontro di civiltà», e credo che ciò sia vero. Non nel senso che due mondi e due culture, quelli occidentali e quelli islamici, siano entrati in rotta di collisione: questo è del tutto falso. Ad essere in crisi è, piuttosto, l’idea stessa di «civiltà», o meglio la nostra idea di civiltà.

È come se, in una nuova Macondo, non riconoscessimo più i principî, i concetti, perfino le parole. L’occupazione militare di un paese sovrano diventa missione di «peace-keeping», l’assassinio di cinquemila civili afgani sotto le bombe – ero in Afghanistan in quel periodo – si trasforma in «guerra al terrorismo». Cinquemila esseri umani spariti nel nulla, «effetti collaterali», cavie da laboratorio.

Non ci deve sorprendere il disagio che proviamo, né la nostra spaventosa capacità di digerire ogni orrore della guerra. È frutto di una prolungata e puntuale opera di condizionamento dei nostri cervelli, una ferita prodotta da «un’arma» nuova e micidiale: l’informazione.

Un’arma di «distrazione» di massa.

Il mio mestiere di chirurgo mi ha portato a vivere in mezzo alle guerre negli ultimi 15 anni, in Africa, in Asia, in America latina, perfino nella nostra Europa. Forse questo mi rende refrattario alla manipolazione, almeno sulla guerra. Perché quella che ho visto in molti paesi non c’entra niente con la favola che ho sentito raccontare da giornali e televisioni: la guerra che ristabilisce diritti umani, la guerra che porta la pace, la guerra che libera le donne. Non ci sono, non esistono. Non c’è guerra umanitaria, non può esserci uccisione degli uomini in nome dell’uomo.

Facciamo la guerra? A chi? La guerra si fa al nemico, lo si colpisce il più duro possibile. Ho visto il nemico sconfitto, annientato. Bambini fatti a pezzi dalle bombe e dalle mine antiuomo, o lasciati spegnere da malattie diventate incurabili per l’embargo alle medicine. Loro sono stati colpiti, loro sono stati il nostro nemico. Per qualcuno di noi – cittadini del nostro stesso pianeta – sono solo «effetti», non esseri umani. Mi spaventa solo lo scriverlo.

Il nemico «ufficiale» invece, quello che non abbiamo colpito, è sempre lì. È il mostro, o il mostro di turno, il feroce dittatore che chiamavamo presidente finché eravamo noi ad armarlo. Nell’ultima metà del secolo scorso abbiamo assistito a un rito macabro: in tutti i conflitti decisi da politici e generali, su dieci morti, nove sono stati civili. Un dato statistico inoppugnabile.

Che orrendo gioco è questo? Perché molti nostri «governanti» ci stanno mentendo, e ci propongono la guerra per difendere «la nostra sicurezza»? La sicurezza di noi tutti, cittadini del pianeta, dipende invece – lo sappiamo benissimo – dalla nostra capacità di mettere al bando la guerra, di farla sparire dalla faccia della Terra, di lottare contro la guerra con forza, come stiamo facendo per vincere il cancro.

È un compito difficile ma improrogabile che spetta a noi, donne e uomini di questo inizio di millennio. Dobbiamo riuscirci, e in tempi brevi, perché le armi di distruzione di massa, anche quelle progettate «per la nostra sicurezza», rischiano di distruggerci e di consegnare un mondo inospitale alle generazioni future. Come siamo potuti arrivare fin qui?

Se centinaia di milioni di noi muoiono ogni anno di fame e di guerra, di malattia e di povertà, se siamo arrivati al punto che la guerra – che le famiglie europee hanno ben conosciuto – ci viene offerta come condizione normale di vita, ciò è potuto accadere solo perché nel mondo c’è poca democrazia, molto poca. Certo è responsabilità di molti, a cominciare da chi non si è mai preoccupato di quel che gli succedeva intorno. Mancanza di partecipazione, disinteresse alla politica. Non ci siamo preoccupati che la politica del paese militarmente più forte fosse decisa da elezioni finanziate per tre miliardi di dollari dalle varie «corporation», e le corporation hanno fatto il loro lavoro. Ciascuna lobby ci ha indicato il «suo» politico, non il nostro.

Ci presentano due candidati, entrambi loro, e noi scegliamo. O meglio, come è successo nelle ultime elezioni Usa, il 30 per cento della popolazione sceglie e alla fine la Corte Suprema dichiara il vincitore senza passare per la conta dei voti. Se davvero chi governa esprimesse, rappresentasse il volere del popolo, l’Europa non sarebbe lacerata com’è. I popoli dell’Europa, la grande maggioranza dei cittadini europei, non vogliono la guerra all’Iraq. Anzi, non vogliono più nessuna guerra: la ritengono una barbarie, contraria all’etica e alla ragione umana.

Eppure alcuni governanti non considerano affatto l’opinione dei loro governati – tantomeno si sognano di indire consultazioni popolari – e vogliono portare il paese in guerra contro la volontà dei cittadini. Magari violando, come è già successo in Italia ad opera di governi di centro-sinistra e di centro-destra, la stessa Costituzione. In occasione della guerra all’Afghanistan, il 92 per cento del parlamento italiano ha votato per la guerra, cioè contro la Costituzione del proprio paese. Un esempio che ben chiarisce quanto grande sia il bisogno di democrazia, soprattutto di questi tempi. Gli Stati Uniti sono lì a dimostrare quanto la democrazia faccia a pugni con la guerra, quanto sia incompatibile.

I cittadini di quel paese stanno pagando un prezzo enorme: possono venire arrestati, interrogati con le moderne tecnologie, perfino giustiziati, senza passare da un tribunale, senza diritto a una difesa. È la nuova legge, che seppellisce la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Quant’altra democrazia ha già macinato nel mondo il bellicismo della giunta petrolifera al potere negli Usa? Diritto internazionale, accordo di Kyoto, Corte penale, Convenzioni di Ginevra, autonomia delle Nazioni Unite… Io mi sento solidale con il popolo statunitense, e sono contrario a quel «governo», il loro, che annienta persino la libertà dei propri cittadini, che agisce «contro il suo stesso popolo». E credo che essere contrari alla politica di George Bush e dei suoi amici sia un imperativo morale per tutte le persone per bene che abitano il pianeta.

Perché la politica in quel paese – e non solo in quello, ahimè – è stata usurpata da lobby pronte «a colpire» se vedranno «minacciati» i loro interessi, che spacciano per «interessi nazionali». Sono quegli interessi che oggi dettano la politica. La politica non è più cosa per cittadini, non deve più sforzarsi di migliorare la cosa pubblica e il nostro vivere associati. Oggi la politica serve gli interessi privati dei «Signori della Politica», di chi la finanzia e la controlla. Che sono anche i Signori della Guerra.

Hanno scelto la guerra. Perché fa aumentare vertiginosamente i loro conti correnti, ma soprattutto perché l’uso illimitato e indiscriminato della forza è l’unico mezzo che hanno ormai a disposizione per mantenere la situazione attuale, quella che vede meno del 20 per cento degli uomini possedere più dell’80 per cento delle ricchezze del mondo. Le armi per mantenere ad ogni costo i privilegi di pochi. Un ritorno al passato, nella storia dell’uomo, altro che new economy.

Questa è la vera guerra mai dichiarata: la guerra ai poveri del mondo, agli emarginati, agli sfruttati, ai deboli, ai diversi, la guerra a tutti gli «spendibili», vittime designate dei nostri consumi.

In molti hanno trovato il coraggio di una ribellione morale e si rifiutano di essere complici di chi pensa, dopo averli spogliati di tutti i loro averi, di eliminare i poveri anziché la povertà. Mai come oggi il mondo è stato percorso da una voglia di cambiamento così forte, mai si erano visti tanti milioni di persone mobilitarsi per la pace. Chiedono pace. E hanno voglia di giustizia, non di Guantanamo. Hanno voglia di diritti, per tutti, magari perché nella loro umanità residua ancora riescono a sentirsi meglio se nessuno muore di fame intorno a loro, anche se a migliaia di chilometri. Hanno voglia di un mondo più umano, più giusto, più solidale, un mondo di donne e uomini «liberi ed eguali in dignità e diritti». Perché ancora credono che quell’«effetto collaterale», cui nessuno porterà un fiore né una coccarda, abbia in realtà una faccia e un nome, una storia e degli affetti. Insomma credono che sia uno di noi, e che sia un valore per tutti che lui continui ad esistere. E credono che la vita umana, di ciascuno di noi, sia un valore, un fine, e che non possa mai essere ridotta a un mezzo, assoggettabile o addirittura spendibile, sull’altare della finanza o del mercato, o della politica. È l’etica – ritengono – che deve guidare la politica, non viceversa.

Utopia, pacifismo infantile?

Assolutamente no. Anzi, un progetto in via di realizzazione. Il 15 febbraio i cittadini del mondo hanno chiesto pace, e i governanti non potranno girarsi dall’altra parte. L’arma di «distrazione» di massa si è inceppata, i cittadini hanno ricominciato a capire il senso delle parole. Prima fra tutte, «democrazia»: non sarà più permesso ai governi di dichiarare guerre a nome dei popoli. Il mondo non sarà più lo stesso, dopo il 15 febbraio.

Kabul, 16 febbraio 2003


Nota:  Era il 15 febbraio 2003. In tutto il mondo 110 milioni di persone scendevano in piazza in più di 600 città contro la guerra in Iraq. In Italia la manifestazione di Roma portò in piazza 3 milioni di persone, ed entrò nel Guinness Book of Records come la più grande manifestazione contro la guerra della storia. Dal gennaio si discuteva di una coalizione militare per aggredire l’Iraq, una guerra non ancora iniziata ma già preannunciata.

Com’è noto, l’Iraq venne attaccato un mese dopo, a marzo. L’Italia partecipò all’invasione assieme agli USA e ai paesi alleati. Una sporca guerra per il petrolio, giustificata con menzogne di ogni tipo che i media diffusero a reti unificate: il dittatore da rovesciare per portare la “democrazia”, le armi chimiche mai trovate, i legami col terrorismo inesistenti. Nell’Iraq occupato e ridotto a in macerie originano l’Isis e molti dei problemi che oggi affliggono il Medio Oriente.

I vincitori del concorso CARICARUSO



Si è tenuta sabato sera (21 agosto) la premiazione del concorso Caricaruso. Una caricatura per Enrico Caruso promosso dall’Associazione nazionale Case della Memoria nell’ambito del cartellone di eventi messo a punto dalle rete di case museo per ricordare il grande tenore in occasione dei cento anni dalla scomparsa (1873-1921). Oltre che un maestro del canto, Caruso, che ha tuttora a Lastra a Signa (Firenze), una Casa della memoria e un museo che lo ricordano, è stato infatti anche un eccellente caricaturista: per questo motivo l’associazione ha pensato di ricordarlo con un omaggio dei colleghi di lapis.

La manifestazione ha registrato la partecipazione di 134 caricature pervenute da tutto il mondo. Fra queste sono state scelte le 81 finaliste, protagoniste della mostra promossa da Comune di Viareggio e Fondazione Festival Pucciniano. Un’esposizione inaugurata il 2 agosto nel foyer del Gran Teatro Puccini e che, alla luce del successo registrato, è stata prorogata fino al 30 agosto.

L'evento ha registrato la partecipazione di 134 caricature ricevute da tutto il mondo.

Tra questi gli 81 finalisti, protagonisti della mostra promossa dal Comune di Viareggio e Fondazione Pucciniano Festival.

Una mostra inaugurata il 2 agosto nel foyer del Gran Teatro Puccini e che, visto il successo registrato, è stata prorogata fino al 30 agosto Tra gli 81 finalisti sono stati scelti i vincitori, selezionati da una giuria internazionale di esperti e da una giuria popolare. 

 

Questi sono i risultati: 

Primo premio ex aequo: ad Alireza Pakdel (Iran, tecnica digitale) e Theodosis Teneketzidis (Grecia, matita su carta). 

 

Secondo premio ex aequo a:

Morhaf Youssef (Siria, tecnica manuale e digitale)

Emil Idzikowski (Polonia)

Pedro Silva (Portogallo lapislazzuli)

Raffaello Gori (Italia, tecnica digitale)

 






Cinque menzioni speciali:

Marco Martellini (Italia, matita su carta)

Ángel Ramiro Zapata Mora (Colombia, tecnica digitale)

Omar Zevallos Velarde (Perù, inchiostro)

Enrico Guerrini (Italia, tecnica tradizionale)

Chistophe Bod' (Francia, Tecnica) digitale)


Un grazie speciale all' Associazión Canaria de Humoristas Gráficos y Caricaturistas nella persona del suo Presidente, Néstor Dámaso del Pino, che oltre a essere coorganizzatore ha anche donato la caricatura di Enrico Caruso che è diventata l’immagine del concorso.



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lunedì 23 agosto 2021

L'European Cartoon Award 2021 annuncia i suoi 16 candidati

 


L'European Cartoon Award 2021 annuncia i suoi 16 candidati

L'European Cartoon Award annuncia i nominati per la sua edizione 2021. 16 opere sono state selezionate dalla giuria e dalla giuria dei vincitori su un totale di 287 proposte, inviate da fumettisti provenienti da 28 paesi. Queste vignette raccontano la storia dell'anno passato, che vanno dalla pandemia di coronavirus e dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, alla Brexit, alle migrazioni e al più recente attacco ai giornalisti in Bielorussia.

A settembre uscirà il nome del fumettista vincitore del prestigioso premio ECA 2021 di 10.000 euro e dei due secondi classificati.

Guarda le 16 vignette a questo link : https://www. Europeanpressprize.com/ cartoon-award/shortlist-2021/


I nominati

Dal gruppo di 14 fumettisti che hanno raggiunto la fase finale dell'ECA, la giuria identificherà un vincitore e due secondi classificati, scelti per l'intensità e la rilevanza che il loro lavoro ha avuto a livello internazionale. I nominati sono: André Carrilho, Vitor Neves e Vasco Gargalo e Pedro Silva dal Portogallo; Marco de Angelis dall'Italia; Niels Bo Bojesen dalla Danimarca; Musa Gumus dalla Turchia; Osama Hajjaj dalla Giordania; Tchavdar Nikolov dalla Bulgaria; Saeed Sadeghi dall'Iran; Tom Janssen, Hajo de Rejiger e Tjeerd Royaards dai Paesi Bassi; e Konstantinos Tsanakas - DINO, dalla Grecia.


La giuria

La giuria era composta da: Janet Anderson (presidente), Khalid Albaih, Gian-Paolo Accardo, Paulo Jorge Fernandes, Anne Derenne. La giuria dei vincitori ha contato cinque tra i nominati dell'anno precedente: Costel Patrascan, Mette Dreyer, Claudio Antonio Gomes, Halit Kurtulmuş, Tomás Serrano.


Una parola dagli organizzatori

Thomas van Neerbos , direttore dell'European Press Prize

“I fumettisti sono una 'specie in via di estinzione': affrontano sempre più resistenze, minacce e talvolta anche censure. Il loro spazio sta diventando sempre più ristretto, sia nel "tempo di trasmissione" letterale che nei temi che affrontano. Questo vale anche per i fumettisti qui in Europa».

Gonny Willems , direttore dello Studio Europa Maastricht

“In questi tempi di polarizzazione senza precedenti, c'è sempre più una mancanza di comprensione per la prospettiva dell'altro e un suono critico ben fondato. Il potere delle vignette politiche è di offrire un'apertura alla verità dell'altro con ironia, umorismo e acutezza”.

A proposito del Premio Cartoon Europeo

L'European Cartoon Award è stato fondato dall'European Press Prize e dallo Studio Europa Maastricht nel 2019, anno in cui il New York Times ha deciso di interrompere del tutto la pubblicazione di vignette editoriali. Entrambe le organizzazioni mirano a premiare il coraggio e la qualità nel campo del fumetto, incoraggiando i fumettisti a continuare il loro compito essenziale, cruciale per una sana società democratica, sia all'interno che all'esterno dell'Europa. 


Il centro Librexpression ha recentemente aderito all'ECA come partner editoriale.




sabato 21 agosto 2021

Concorso LIBEX 2021: 56 sono i semi-finalisti, per la mostra di Conversano.

 


Terzo concorso internazionale di vignette di stampa Libex 2021 – Cancel culture e politically correct

Per questo concorso, 160 vignettisti di stampa, provenienti da 55 paesi, sono stati invitati personalmente da Libex a partecipare. 90 da 40 paesi hanno accettato la sfida, inviando 218 vignette. Una giuria internazionale ha selezionato 56 vignettisti, provenienti da 28 paesi. Le loro vignette saranno presentate in una mostra nel Monastero San Giuseppe di Conversano (Italia) dal 20 settembre alla fine di dicembre 2021 e pubblicate in un catalogo cartaceo. 

I 3 vincitori saranno annunciati il 26 settembre.

Membri della giuria: Marlene Pohle (Argentina), Marilena Nardi (Italia), Joep Bertrams (Olanda), 

Z (Tunisia), Gian Paolo Accardo (Italia), Oscar Buonamano (Italia), Presidente: Thierry Vissol 



Troisième concours International de dessins de presse Libex 2021 – Cancel culture et politiquement correct

Pour ce concours, 160 dessinateurs de presse professionnels, originaires de 55 pays, ont été personnellement invités par Libex à participer. 90 d'entre eux, originaires de 40 pays, ont relevé le défi en envoyant 218 caricatures. Un jury international a sélectionné 56 dessinateurs, originaires de 28 pays. Leurs dessins seront présentés dans une exposition au monastère San Giuseppe de Conversano (Italie) du 20 septembre à la fin décembre 2021 et publiés dans un catalogue papier. 

Les 3 gagnants seront annoncés le 26 septembre.

Membres du jury : Marlene Pohle (Argentine), Marilena Nardi (Italie), Joep Bertrams (Pays-Bas), 

Z (Tunisie), Gian Paolo Accardo (Italie), Oscar Buonamano (Italie), Président: Thierry Vissol  


Third International competition of editorial cartoons Libex 2021 – Cancel Culture and politically correct

For this competition, 160 professional editorial cartoonists, from 55 countries, have been personally invited by Libex to participate. 90 from 40 countries accepted the challenge, sending 218 cartoons. An international Jury have selected 56 cartoonists, coming from 28 countries. Their cartoons will be presented in an exhibition in the Monastery of Conversano (Italy) from the 20th of September to the end of December 2021 and published in a paper catalogue. 

The 3 winners will be announced on the 26th of September.

Members of the Jury: Marlene Pohle (Argentina), Marilena Nardi (Italy), Joep Bertrams (Netherlands), 

Z (Tunisia), Gian Paolo Accardo (Italy), Oscar Buonamano (Italy), President: Thierry Vissol 





Odio, violenza, ostracismo: il pericolo della cancel culture e del politicamente corretto 

Thierry Vissol, direttore del Centro Librexpression/Libex – Fondazione Giuseppe Di Vagno

La cultura “woke” è un sistema di credenze, una consapevolezza delle ingiustizie sociali e razziali (da cui il termine “woke” in inglese o “svegliato”), con l’imperativo di agire per risolverle. Discende del calvinismo, che aveva un duplice obiettivo: stabilire il regno di Dio sulla terra e la giustizia totale. La Repubblica di Ginevra e il suo Governo dei Santi, inizio Seicento, con la sua ossessione per la rettitudine morale stabiliva un controllo sociale senza precedenti. Un "Concistoro" fu creato per sorvegliare la comunità e tenere d'occhio l'esistenza di ogni cittadino, non solo loro comportamenti ma anche loro parole, loro opinioni e idee. Secondo Stefan Zweig (in “Conscience vs Violence”) era una forma di Gestapo della morale. Il “wokismo” tipico della politica americana e del suo puritanesimo, risale agli anni ’20 del secolo scorso, per poi svilupparsi nella società civile, con le “guerre culturali” da cui il fine era e rimane il dominio di un ethos culturale e morale sull'altro. Dalla sfera della cultura, i litigi si sono allargati all'aborto, all'omosessualità, ai diritti dei transgender, alla pornografia, al multiculturalismo, ai punti di vista razziali e ad altri conflitti culturali basati su valori, moralità e stili di vita. Assumerà qualche anno fa una dimensione mondiale con i movimenti identitari di razza e di genere e le campagne come #metoo e #black lives matter.

Nessuno può mettere in dubbio la legittimità delle battaglie contro le discriminazioni, contro il sessismo e la misoginia, il razzismo, le disuguaglianze, né l’importanza politico-sociale di permettere alle minoranze di esprimere i loro disaggi e le loro rivendicazioni che non sono trattate dai media mainstream. Tuttavia, il fine non può mai giustificare i mezzi.  Soprattutto, quando tramite azioni coordinate da collettivi di diffamatori, con la delazione o l’ampia risonanza offerta ad essi grazie agli social network, queste forme di “fatwa” permettono di censire, annullare, boicottare o umiliare pubblicamente individui - del passato o del presente - le cui opinioni o i comportamenti sono ritenuti offensivi o giudicati divergenti, fastidiosi, non consensuali, infami o disonorevoli. Quando l’obbiettivo è quello di minare la carriera o la reputazione di quelli “giudicati” devianti dalla Doxa, delle voci dissenzienti, fino a volerne cancellare le tracce per far sì che le loro parole, azioni o memorie non siano più ne menzionate ne ammirate, le statue distrutte. 

Come lo dimostrano centinaia di esempi recenti, sembra che, durante il sonno della sua ragione, il popolo degli “svegliati” si sia trapiantato nel cervello gli algoritmi dei social network. Censurano, insultano, incitano all’odio, ostracizzano, reagendo ad una parola o ad una espressione senza spesso capirne il contesto storico, educativo, letterario, né essere in grado di distinguerne l’ironia, l’umorismo o la poesia. Sempre più numerosi sono quelli che nel mondo dei media, dell’educazione, dell’editoria, persino della politica - per interesse, per convinzione o nel terrore di diventare anche loro un bersaglio o per paura di perdere il loro mercato -, danno retta e credibilità a queste vittime e indignazioni circoscritte, contribuendo a creare una situazione di polarizzazione dei dibattiti, alla radicalizzazione e alla violenza del clima sociale.

Questa wokizzazione crea una seconda società composta da tribù o “comunità” in guerra permanente, sicure del loro diritto e della loro purezza ideologica. Agiscono fuori del campo della politica e delle istituzioni giudiziari, rifiutando persino di contare su di esse, di accettare il dibattito contradittorio e la libertà di espressione che caratterizza le democrazie. La conseguente “cancel culture” o cultura dell’annullazione, secondo il filosofo austriaco Konrad Paul Liessmann, condurrà a una barbarie intellettuale e politica



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lunedì 16 agosto 2021

Gino Strada l'omaggio dei disegnatori italiani (parte seconda)

 

«Non sono un pacifista, sono contro la guerra»

Gino Strada ❤

#GinoStrada #emergency #GinoStradaEmergency #pace #guerra #cura

#MarilenaNardi #inchiostro #ink #portrait

Marilena Nardi


Risparmiateci condoglianze e coccodrilli. Gino Strada era un buonista del cazzo per tutti quelli, a destra e sinistra, per i quali esistono guerre giuste, specialmente quando hanno cariche di governo o autorità politica. Oggi è morto un utopista convinto che la pace sia un utopia realizzabile con la volontà e con la passione. Oggi è morto un sognatore che tentava di praticare i sogni. Oggi è morto un realista certo che la pace non si costruisce con le armi. Oggi è morto un cretino come me e come qualche altro. Spero solo che il cretinismo buonista sia contagioso più del covid. La speranza è l’ultima a morire dicono ma con Gino io ho imparato che l’ultima a morire è la disperazione.

Vauro


Gino - Un Saluto Bambino
Riccardo Mannelli


collaboro con Emergency da molti anni
devo questo onore a Michela
niente più che disegni e qualche canzone
quella E è anche una congiunzione
che possa traghettare il lavoro e l'esperienza di un essere umano straordinario verso le molte, troppe, sfide future
buon lavoro a Rossella e a tutte le persone che dedicano tempo, abilità ed energia
la mia vicinanza e la mia stima a Cecilia per ciò che sta facendo, proprio ora
Fabio Magnasciutti



I grandi Uomini, quando se ne vanno, ci lasciano un'eredità enorme. I loro pensieri, idee e umanità resteranno per sempre.
.
#Vignetta #IlManifesto #lelecorvi #GinoStrada #Gino #Strada #emergency #medici #medico #pace #noallaguerra #nowar #umanità #mondo #vittime #cure #ultimi
Lele Corvi


#GinoStrada
p.s. qui le mie vignette, negli anni, su Emergency: https://maurobiani.it/tag/emergency/
Mauro Biani



GINO STRADA
1948 - 2021
🙏😞❤️
“La sanità italiana era tra le migliori ma adesso è in crisi per colpa della politica che ha inserito il profitto. Gli ospedali sono diventati delle aziende. Oggi il medico viene rimborsato a prestazione, che è una follia razionale, scientifica ed etica. Si mette il medico in condizioni di dover fare o di ambire a fare più prestazioni perché così si guadagna e quindi si inventano nuove malattie e cure, oppure si fanno interventi chirurgici inutili”.
“L’obiettivo non è più la salute, ma il fatturato. Il profitto va abolito nella sanità, perché abolendolo e rendendo una sanità gratuita a tutti coloro che sono sul territorio italiano, si avrebbero 30 miliardi di euro da investire ogni anno”.
🌟
#ginostrada #emergency #sanità #umanità #vignette #noprofit #sofferenza #cuore 
Mike Comics


Un pensiero per il grande Gino
Arcangelo Carrera




Roby il pettirosso


Ciao Gino
Paride Puglia


13 agosto 2021 - Ci ha improvvisamente lasciati Gino Strada, cofondatore e anima di Emergency.

© Milko Dalla Battista



Addio a Gino Strada, il chirurgo contro tutte le guerre! "Il pianto" 
by Chenzo, www.chenzoart.it #GinoStrada #ginostradaemergency #emergency Gino Strada EMERGENCY #chenzo



Tiziano Riverso



sabato 14 agosto 2021

Gino Strada l'omaggio dei disegnatori italiani (parte prima)

 

Un Mito

Gio / Mariagrazia Quaranta


Il nostro amato Gino è morto questa mattina.

È stato fondatore, chirurgo, direttore esecutivo, l’anima di 

EMERGENCY.

“I pazienti vengono sempre prima di tutto”, il senso di giustizia, la lucidità, il rigore, la capacità di visione: erano queste le cose che si notavano subito in Gino. E a conoscerlo meglio si vedeva che sapeva sognare, divertirsi, inventare mille cose.

Non riusciamo a pensare di stare senza di lui, la sua sola presenza bastava a farci sentire tutti più forti e meno soli, anche se era lontano.

Tra i suoi ultimi pensieri, c’è stato l’Afghanistan, ieri. È morto felice.

Ti vogliamo bene Gino.

-- Lo staff di EMERGENCY



Cambiare il Mondo è impossibile, renderlo migliore è possibile, sicuramente Gino Strada lo ha reso migliore a milioni di persone in tante zone dimenticate e marginali dove guerre e ingiustizie sono sovrane
Paolo Lombardi


Molte vignette che ho disegnato sono state ispirate da quello che Gino Strada faceva in tante parti del mondo, questa è una, ricordo la sua rabbia quando raccontava delle vittime delle mine, vittime in gran maggioranza bambini, mine spesso costruite in Italia, a Brescia per esattezza
Paolo Lombardi



Addio a un GRANDE uomo!
Umberto Rigotti



Un altro mondo è possibile!
Non serve essere Santi, non serve essere Supereroi, ma uomini.
Uomini nel senso più pieno e profondo.

E Gino Strada lo era.

Sarà difficile portare avanti questa lezione di umanità.

Il mio omaggio a Gino Strada
Alagon / Virginia Cabras



È morto Gino Strada.
#Emergency EMERGENCY #GinoStrada #Lutto
Stefano Tartarotti

Dedico questa mia vecchia illustrazione del 1987 a Gino Strada, scomparso oggi, fondatore della ONG Emergency, medico al fronte contro tutte le guerre. Grazie!
I dedicate this old illustration of mine from 1987 to Gino Strada, deceased today, founder of the ONG Emergency, doctor at the front against all wars. Thank you!
Marco De Angelis



Vanessi


Kutoshi Kimimo

La Rotta

#ginostrada #ginostradaemergency #emergency #sketch #cartoon #vignette #watercolor #drawing
Luca Garonzi


Alla mia maniera in ricordo di un grade personaggio che troppo presto è andato avanti... buon viaggio #GinoStrada !
Perazzolli



A Gino Strada.
https://www.nicocomix.it/gino-strada/
#Nicocomix #GinoStrada #Emergency #ospedali #umanità #fumetti #vignette #artist #painting #drawing #emergencymedicine #13agosto


Riposa in pace e... grazie!

#GinoStrada #emergency #Gino @emergency_ong #satiraneurodeficiente #disegni #Vignette
Mario Airaghi


Gallo


Ciao Gino.
#ginostrada #emergency
Romaniello

Andrea Savostano




La mia vignetta pubblicata su LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO l'11 luglio 2007. Gino Strada lascia l'Afghanistan per le accuse infamanti che descrivono Emergenzcy fiancheggiatrici di al-Qaeda. Il medico accusa il nostro governo di non aver smentito immediatamente le gravi accuse. Adesso che è morto non ci sarà città che non gli dedicherà UNA STRADA.
Nico Pillinini


LA NOTTE DI SAN NESSUNO... era il 2005.
Fogliazza




“I pazienti vengono sempre prima di tutto”, è la frase che Emergency ha voluto sottolineare per ricordare al meglio Gino Strada.
Christian Durando



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Addio, Gino
È morto oggi a 73 anni Gino Strada, fondatore di Emergency e da sempre paladino dei diritti umani. Nato a Sesto San Giovanni nel 1948, studiò al Liceo classico Carducci per poi laurearsi in Medicina e Chirurgia all'Università Statale di Milano, specializzandosi in Chirurgia d'urgenza. Aveva una spiccata sensibilità Gino Strada, un'umanità rara che lo aveva portato a diventare uno dei più grandi esperti di trapianti di cuore e cure delle vittime di guerra. Tra il 1989 e il 1994 ha lavorato con il Comitato internazionale della Croce Rossa in Afghanistan, Pakistan, Gibuti, Etiopia, Bosnia ed Erzegovina, Perù e Somalia.
Quando fondò nel 1994 Emergency forse non immaginava che la Ong sarebbe diventata una delle più importanti associazioni umanitarie internazionali che avrebbe curato e salvato circa 11 milioni di persone in tutto il mondo. Tra le posizioni critiche assunte, quelle più veementi riguardarono la partecipazione dell'Italia in Afghanistan nell'Operazione Isaf. Proprio nel Paese oggi di nuovo in mano ai talebani, Strada visse sette anni. Il programma di Emergency partì in Afghanistan nel 1999 e, con tre ospedali e 40 cliniche, ha permesso di curare oltre sette milioni e mezzo di persone. Fu tra i primi già negli anni '90 a ritenere un errore la guerra nel Paese e a profetizzare che non avrebbe portato a nessuno degli obiettivi sperati. Strada aveva dichiarato di non votare alle elezioni politiche da circa trent'anni, perché contrario alle scelte di politica estera di vari governi a sostegno delle missioni, alla partecipazione del Paese in diversi conflitti e alle politiche di gestione del fenomeno migratorio.
A seguito delle dimissioni dei vari commissari straordinari alla sanità in Calabria nel 2020, il nome di Strada era circolato per ricoprire questo ruolo, ma alla fine non se ne fece niente. Strada decise allora di creare e gestire con Emergency un reparto Covid in un ospedale da campo a Crotone. (adnkronos)