Terzo concorso internazionale di vignette di stampa Libex 2021 – Cancel culture e politically correct
Per questo concorso, 160 vignettisti di stampa, provenienti da 55 paesi, sono stati invitati personalmente da Libex a partecipare. 90 da 40 paesi hanno accettato la sfida, inviando 218 vignette. Una giuria internazionale ha selezionato 56 vignettisti, provenienti da 28 paesi. Le loro vignette saranno presentate in una mostra nel Monastero San Giuseppe di Conversano (Italia) dal 20 settembre alla fine di dicembre 2021 e pubblicate in un catalogo cartaceo.
I 3 vincitori saranno annunciati il 26 settembre.
Membri della giuria: Marlene Pohle (Argentina), Marilena Nardi (Italia), Joep Bertrams (Olanda),
Z (Tunisia), Gian Paolo Accardo (Italia), Oscar Buonamano (Italia), Presidente: Thierry Vissol
Troisième concours International de dessins de presse Libex 2021 – Cancel culture et politiquement correct
Pour ce concours, 160 dessinateurs de presse professionnels, originaires de 55 pays, ont été personnellement invités par Libex à participer. 90 d'entre eux, originaires de 40 pays, ont relevé le défi en envoyant 218 caricatures. Un jury international a sélectionné 56 dessinateurs, originaires de 28 pays. Leurs dessins seront présentés dans une exposition au monastère San Giuseppe de Conversano (Italie) du 20 septembre à la fin décembre 2021 et publiés dans un catalogue papier.
Les 3 gagnants seront annoncés le 26 septembre.
Membres du jury : Marlene Pohle (Argentine), Marilena Nardi (Italie), Joep Bertrams (Pays-Bas),
Z (Tunisie), Gian Paolo Accardo (Italie), Oscar Buonamano (Italie), Président: Thierry Vissol
Third International competition of editorial cartoons Libex 2021 – Cancel Culture and politically correct
For this competition, 160 professional editorial cartoonists, from 55 countries, have been personally invited by Libex to participate. 90 from 40 countries accepted the challenge, sending 218 cartoons. An international Jury have selected 56 cartoonists, coming from 28 countries. Their cartoons will be presented in an exhibition in the Monastery of Conversano (Italy) from the 20th of September to the end of December 2021 and published in a paper catalogue.
The 3 winners will be announced on the 26th of September.
Members of the Jury: Marlene Pohle (Argentina), Marilena Nardi (Italy), Joep Bertrams (Netherlands),
Z (Tunisia), Gian Paolo Accardo (Italy), Oscar Buonamano (Italy), President: Thierry Vissol
Odio, violenza, ostracismo: il pericolo della cancel culture e del politicamente corretto
Thierry Vissol, direttore del Centro Librexpression/Libex – Fondazione Giuseppe Di Vagno
La cultura “woke” è un sistema di credenze, una consapevolezza delle ingiustizie sociali e razziali (da cui il termine “woke” in inglese o “svegliato”), con l’imperativo di agire per risolverle. Discende del calvinismo, che aveva un duplice obiettivo: stabilire il regno di Dio sulla terra e la giustizia totale. La Repubblica di Ginevra e il suo Governo dei Santi, inizio Seicento, con la sua ossessione per la rettitudine morale stabiliva un controllo sociale senza precedenti. Un "Concistoro" fu creato per sorvegliare la comunità e tenere d'occhio l'esistenza di ogni cittadino, non solo loro comportamenti ma anche loro parole, loro opinioni e idee. Secondo Stefan Zweig (in “Conscience vs Violence”) era una forma di Gestapo della morale. Il “wokismo” tipico della politica americana e del suo puritanesimo, risale agli anni ’20 del secolo scorso, per poi svilupparsi nella società civile, con le “guerre culturali” da cui il fine era e rimane il dominio di un ethos culturale e morale sull'altro. Dalla sfera della cultura, i litigi si sono allargati all'aborto, all'omosessualità, ai diritti dei transgender, alla pornografia, al multiculturalismo, ai punti di vista razziali e ad altri conflitti culturali basati su valori, moralità e stili di vita. Assumerà qualche anno fa una dimensione mondiale con i movimenti identitari di razza e di genere e le campagne come #metoo e #black lives matter.
Nessuno può mettere in dubbio la legittimità delle battaglie contro le discriminazioni, contro il sessismo e la misoginia, il razzismo, le disuguaglianze, né l’importanza politico-sociale di permettere alle minoranze di esprimere i loro disaggi e le loro rivendicazioni che non sono trattate dai media mainstream. Tuttavia, il fine non può mai giustificare i mezzi. Soprattutto, quando tramite azioni coordinate da collettivi di diffamatori, con la delazione o l’ampia risonanza offerta ad essi grazie agli social network, queste forme di “fatwa” permettono di censire, annullare, boicottare o umiliare pubblicamente individui - del passato o del presente - le cui opinioni o i comportamenti sono ritenuti offensivi o giudicati divergenti, fastidiosi, non consensuali, infami o disonorevoli. Quando l’obbiettivo è quello di minare la carriera o la reputazione di quelli “giudicati” devianti dalla Doxa, delle voci dissenzienti, fino a volerne cancellare le tracce per far sì che le loro parole, azioni o memorie non siano più ne menzionate ne ammirate, le statue distrutte.
Come lo dimostrano centinaia di esempi recenti, sembra che, durante il sonno della sua ragione, il popolo degli “svegliati” si sia trapiantato nel cervello gli algoritmi dei social network. Censurano, insultano, incitano all’odio, ostracizzano, reagendo ad una parola o ad una espressione senza spesso capirne il contesto storico, educativo, letterario, né essere in grado di distinguerne l’ironia, l’umorismo o la poesia. Sempre più numerosi sono quelli che nel mondo dei media, dell’educazione, dell’editoria, persino della politica - per interesse, per convinzione o nel terrore di diventare anche loro un bersaglio o per paura di perdere il loro mercato -, danno retta e credibilità a queste vittime e indignazioni circoscritte, contribuendo a creare una situazione di polarizzazione dei dibattiti, alla radicalizzazione e alla violenza del clima sociale.
Questa wokizzazione crea una seconda società composta da tribù o “comunità” in guerra permanente, sicure del loro diritto e della loro purezza ideologica. Agiscono fuori del campo della politica e delle istituzioni giudiziari, rifiutando persino di contare su di esse, di accettare il dibattito contradittorio e la libertà di espressione che caratterizza le democrazie. La conseguente “cancel culture” o cultura dell’annullazione, secondo il filosofo austriaco Konrad Paul Liessmann, condurrà a una barbarie intellettuale e politica
Un concorso in collaborazione con:
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