giovedì 2 luglio 2015

Buduàr 26




COPERTINA DI GIANNI CHIOSTRI

Questo numero, forse più dei precedenti, da una dimensione del presente e del passato dell’umorismo.

Con buona pace di chi pensa che non ci sia più nulla da dire e da proporre.

Mostre, scoperte, interventi e discussioni riempiono all’inverosimile, ad ogni uscita, le nostre pagine anticate, e molto è il materiale che di volta in volta, siamo costretti a rimandare “al prossimo numero”.

Quando abbiamo cominciato questa avventura, nel lontano agosto 2012 (ebbene sì, lo possiamo dire con un po’ di orgoglio misto ad emozione!) ci ponevamo il problema contrario: come faremo a riempire il nostro salotto anticato?

Nelle pagine che seguono troverete molte proposte che vi porteranno avanti ed indietro nel tempo. Si parlerà di musica, di pubblicità, di grafica. Troverete momenti di puro divertimento, di studio e di malinconia.

Mi rendo conto, scrivendo, che ormai Buduàr è un piccolo universo.

Una sorta di simulazione della vita reale, dove si intrecciano avvenimenti, si ride, sorride e piange. E ci sofferma a pensare, ma non troppo, perché subito, dietro l’angolo, c’è l’ora dell’aperitivo.

Chissà come si immaginavano i propri lettori gli autori dei grandi storici giornali d’epoca: dove veniva letta La Sigaretta; come veniva aperto Il Travaso. Come era vestito l’affezionato lettore dell’antichissima La Rana... Noi, apparendo in uno schermo abbiamo più o meno le stesse curiosità. Non ci è dato sapere se in questo momento ci state leggendo su un tablet, su un monitor grande o piccolo, seduti o in piedi aspettando la metropolitana. Soli o con una persona accanto con cui condividere almeno il nostro finto scricchiolio cartaceo.

Possiamo solo immaginare che sul vostro volto appaia, ogni tanto, un bel sorriso. E questo è il segnale che abbiamo fatto, anche questa volta, un buon lavoro, ma soprattutto, che ci siamo nuovamente divertiti da matti a prepararlo.

(Palex dall'editoriale del numero 26)

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Come anteprima ho ho scelto due grandi: Burato e Ro Marcenaro







molto interessante la segnalazione a pagina 11:
 "Padiglione Tibet, ideato e curato da Roberto Maggi, sino al 2 Agosto 2015, nella suggestiva sede della chiesa di Santa Marta a Venezia, ospita in questa terza edizione, contestuale alla Biennale di Venezia, una mostra di Buduàr, curata da Dino Aloi, sul tema "Tibet c'è poco da ridere" con interventi di artisti italiani e francesi. Un modo di contribuire alla nostra maniera, con umorismo e ironia, ad una causa importante di cui si parla realmente molto poco."

La libertà è come un'opera d'arte… va creata, plasmata, modellata.
Gli artisti invitati a Padiglione Tibet hanno creato i loro interventi su una stessa base costituita appunto dall'ombrello, dalla sua stoffa, dalla sua stessa struttura, realizzando ombrellipoemi, ombrelliopere che, come un grande ed unico ombrello cerimoniale, uno degli otto simboli di buon auspicio presenti nello stupa (simbolo della natura della mente), secondo il grande veicolo (Mahayana) della compassione e della saggezza illimitati, rappresenterà il superamento di ogni sofferenza
Purtroppo il governo cinese considera il Tibet una nazione di morti… morta deve essere la sua lingua, morta deve essere la sua cultura, morta deve essere la sua arte. I Tibetani devono essere annichiliti dalla violenza.
Padiglione Tibet è sempre stato e sempre sarà un progetto puramente artistico, nato per dare dignità a questo popolo martoriato; ma non può esimersi dal dimostrare, ancora una volta in modo fermo e deciso, il proprio sdegno davanti al disinteresse di tutti verso questo grave problema.
Problema affrontato anche dalla mostra “Tibet… c'è poco da ridere” un'idea che ho proposto anni fa a Dino Aloi, grande frequentatore di… artistici Buduàr (almanacco dell'arte leggera, mensile satirico online da lui diretto) e dalla dirompente ironia che, coinvolgendo con cura ed intelligenza artisti italiani e francesi, nella sua presentazione si chiede: "Ma come è possibile scherzare sul Tibet, la nazione che non c’è ma che dovrebbe esserci in quanto esiste? E poi con tutto quello che succede? Già, perchè è proprio tutto quello che succede di cui spesso non siamo informati, o perlomeno malamente informati, che vorremmo portare alla luce con questa esposizione, partendo, per l’appunto, dal disegno umoristico, dalla satira e dalla caricatura, che sono elementi fondanti della democrazia [...]
di Marco De Angelis


- Artisti della mostra Tibet… c'è poco da ridere

Dino Aloi, Gianni Audisio, Pierre Ballouhey, Gianni Chiostri, Lido Chiostri, Milko Dalla Battista, Marco De Angelis, Guido Giordano, Ruggero Maggi, Claudio Mellana, Danilo Paparelli, Alessandro Prevosto, Robert Rousso, Fabio Sironi, Carlo Squillante.

http://www.buduar.it/

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