"Quel giorno l'ho detto ai miei"
Il momento
del “coming out”, la decisione
di rendere esplicita la propria omosessualità:
le difficoltà,
le paure,
il bullismo,
le chiusure dentro casa e gli attacchi a scuola
Il momento
del grande salto nel racconto
di ragazzi e adulti
da Il Fatto quotidiano di Lunedì 4 marzo 2014
disegno di Marilena Nardi
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Autorete
27/02/2014
del “coming out”, la decisione
di rendere esplicita la propria omosessualità:
le difficoltà,
le paure,
il bullismo,
le chiusure dentro casa e gli attacchi a scuola
Il momento
del grande salto nel racconto
di ragazzi e adulti
da Il Fatto quotidiano di Lunedì 4 marzo 2014
disegno di Marilena Nardi
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Autorete
27/02/2014
Massimo Gramellini
Un calciatore del Cagliari, Daniele Dessena, è stato pesantemente insultato sul web da alcuni tifosi della sua squadra per avere indossato dei lacci color arcobaleno a sostegno della campagna contro l’omofobia. Una vicenda che ha subito propiziato nuovi sermoni contro l’arretratezza del maschio italiota. Sono andato a leggere i commenti incriminati: saranno stati una ventina. I tifosi del Cagliari sono almeno cinquecentomila. Se quella manciata di omofobi avesse scritto i propri pensieri sulla parete di un orinatoio, la questione sarebbe rimasta circoscritta ai frequentatori del luogo. Ma poiché i beceri hanno usato la Rete, la loro bravata è diventata una notizia. Senza che nessuno si fermasse a riflettere che sul web non interviene un campione significativo dell’opinione pubblica, ma solo chi è fortemente motivato a esprimersi sull’argomento in questione, perché ne è toccato in prima persona. E chi mai sarà toccato in prima persona dalle campagne contro l’omofobia, se non gli omofobi?
La sudditanza culturale dei giornalisti (e dei politici) verso la Rete sta cominciando ad assumere le forme di una malattia. Si vive appesi agli umori di minoranze infinitesimali, dilatandoli arbitrariamente a giudizi universali. Si scambia il salotto esclusivo di twitter per una piazza collettiva, quando la stragrande maggioranza degli italiani di twitter ignora persino l’esistenza. Come tutte le novità, il fenomeno è stato sopravvalutato proprio da chi dovrebbe avere gli strumenti intellettuali per filtrarlo. E adesso scusate, ma devo correre sui social network a leggere i commenti.
Un calciatore del Cagliari, Daniele Dessena, è stato pesantemente insultato sul web da alcuni tifosi della sua squadra per avere indossato dei lacci color arcobaleno a sostegno della campagna contro l’omofobia. Una vicenda che ha subito propiziato nuovi sermoni contro l’arretratezza del maschio italiota. Sono andato a leggere i commenti incriminati: saranno stati una ventina. I tifosi del Cagliari sono almeno cinquecentomila. Se quella manciata di omofobi avesse scritto i propri pensieri sulla parete di un orinatoio, la questione sarebbe rimasta circoscritta ai frequentatori del luogo. Ma poiché i beceri hanno usato la Rete, la loro bravata è diventata una notizia. Senza che nessuno si fermasse a riflettere che sul web non interviene un campione significativo dell’opinione pubblica, ma solo chi è fortemente motivato a esprimersi sull’argomento in questione, perché ne è toccato in prima persona. E chi mai sarà toccato in prima persona dalle campagne contro l’omofobia, se non gli omofobi?
La sudditanza culturale dei giornalisti (e dei politici) verso la Rete sta cominciando ad assumere le forme di una malattia. Si vive appesi agli umori di minoranze infinitesimali, dilatandoli arbitrariamente a giudizi universali. Si scambia il salotto esclusivo di twitter per una piazza collettiva, quando la stragrande maggioranza degli italiani di twitter ignora persino l’esistenza. Come tutte le novità, il fenomeno è stato sopravvalutato proprio da chi dovrebbe avere gli strumenti intellettuali per filtrarlo. E adesso scusate, ma devo correre sui social network a leggere i commenti.
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