19/03/2014
oggi su LA REPUBBLICA
Ezio Raimondi
amava Céline e Caravaggio
Riccardo Mannelli
È morto Ezio Raimondi, aveva quasi 90 anni.
la notizia
Sopra il ritratto fattogli dall'artista Riccardo Mannelli e sotto un articolo dove il professore filosofo parla del suo ultimo libro e del suo amore per i libri nel febbraio 2012.
«Ho incontrato Petrarca in cucina»
Intrecci di storie, amicizie, passioni: Ezio Raimondi
racconta le voci dei suoi libri
BOLOGNA - Le voci dei libri sono le tante voci contenute nei libri, ma sono anche quelle che arrivano a determinarne la scelta e la lettura, e sono quelle che dai libri, una volta letti e consumati, si dipartono per proseguire lungo percorsi imprevisti. I libri sono intrecci di voci, confluenze, crocevia. Le voci dei libri è il titolo del nuovo libro di Ezio Raimondi (a cura di Paolo Ferratini, Il Mulino), che a sua volta è un intreccio di voci e di incontri. Si sarà notata l'abbondanza di «libri» nelle righe che aprono questo articolo. Non è casuale. Perché il nuovo libro di Raimondi, che con i suoi quasi 88 anni è il decano degli italianisti, è in realtà un metalibro, racconta le letture-chiave di una lunga vita, quelle che prima ancora di rappresentare una svolta culturale sono state un momento importante sul piano esistenziale: voci che provenivano da lontano lasciando nell'intimo una lunghissima eco. Nel momento in cui si prefigura il suo tramonto, questo è un canto di riconoscenza dal tono quasi testamentario all'oggetto libro quale segno tangibile e imprescindibile di profonda umanità. Non c'è pagina che si esaurisca in sé. Ogni pagina letta si riallaccia a una presenza, a un incontro, a un'amicizia. Del resto, si sa, per Raimondi la letteratura, non solo quella poetica e narrativa ma anche quella critica, è il luogo del dialogo per eccellenza: non c'è niente di più democratico. Ogni libro è un incontro dentro e fuori le pagine.Il libro prende avvio da un'infanzia povera, da un padre ciabattino che preferirebbe un figlio artigiano e da una madre donna di servizio che insiste perché Ezio continui a studiare. «In realtà - dice Raimondi - io avevo due padri e quello che parlava di più era l'altro, il mio era laconico. Il caso volle che bambino in fasce venni accolto da una coppia di vicini senza figli. Mia madre andava a lavorare e mio padre pure, così io rimanevo con loro tutto il giorno e nacque un affetto di paternità e di maternità. Il Baratta, un operaio specializzato che leggeva il «Corriere» e «La Stampa», divenne per me una specie di padre elettivo che era stato corista a Milano e mi portava a teatro. Mio padre invece era una presenza segreta, vive nella mia memoria in certi gesti di signorilità taciturna, con quel toscano e quel suo vestito a festa della domenica, un abito a puntino azzurro, che contrastava con il grembiule sporco di vernice indossato gli altri giorni: aveva un volto affilato ed era privo della tipica espansività verbale bolognese. L'espansività era un dono del Baratta, che coniugava dialetto e italiano in una miscela molto inventiva».
A proposito di miscela linguistica, c'è un incrocio fatale nella vita di Raimondi: l'amicizia con Giuseppe Guglielmi, lo scrittore, il poeta, il miglior traduttore di Céline. La parte centrale del libro è occupata dall'immagine dell'amico Giuseppe che ogni domenica mattina sale verso via Santa Barbara per leggere con Ezio le traduzioni in corso. Non facili: Céline, Queneau, Baudelaire... Il sodalizio, che durerà per una vita dando frutti straordinari, è anche per Raimondi un'immersione nell'intimità della lingua: «Prima di tradurre Céline schedammo tutto Gadda per capire se poteva servirci il suo lessico, ma scoprimmo che non ne veniva nulla. La pagina di Céline era musicale, fango che si accende di improvvise accensioni celesti: da bambino mi era stato vietato di parlare in dialetto, ma traducendo Céline ripescavo dalla memoria le mescolanze di Baratta e le passavo a Guglielmi».
Bisogna tornare all'infanzia per cogliere le difficoltà di un ragazzo la cui casa è ridotta in macerie dai bombardamenti e che presto perde il padre, morto per malattia nel '45: rimane da solo con sua madre nel locale di una ex caserma, in via Mascarella, un solo locale che è cucina, studio e camera da letto insieme. Il giovane Ezio scrive la tesi in cucina, uno studio su Codro e l'umanesimo bolognese, nelle narici l'odore del soffritto. «Mia madre era una persona spericolata, che aveva combattuto nella Resistenza e incitava mio padre a metter su bottega. Quando finii le elementari, mio padre disse che non c'erano soldi per farmi studiare e fu mia madre ad assumersi l'onere della spesa, qualche volta aiutata dallo stesso Baratta».
Meno caso e più destino, forse, è un altro dono: quello che nel novembre del '68 a Baltimora Raimondi ricevette dai suoi allievi che lo salutavano prima del rientro in Italia: «Era un involto con il fiocco tricolore, conteneva il Rabelais di Michail Bachtin, credo la prima edizione occidentale, un libro che desideravo o, per meglio dire, aspettavo e che mi avrebbe aperto gli orizzonti sulla polifonia dei mondi ideali: le prospettive del mondo si moltiplicavano, le voci composite coesistevano, la lingua diventava pluralità, vitalità e dialogo». E poi Broch e Nabokov, Fuoco pallido, un romanzo travestito da filologia, una prima edizione Mondadori trovata forse alla Biblioteca circolante Brugnoli: «Lì si potevano reperire Proust, Faulkner, Virginia Woolf, Mann. Copertine povere e i commenti dei precedenti lettori, magari a contrappunto: ricordo che Conversazione in Sicilia era costellato ai margini da una serie di "porco". Anche alla Biblioteca circolante ho incontrato tanti libri non sapendo che sarebbero stati grandi eventi della mia vita».
20 febbraio 2012 (modifica il 21 febbraio 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA
Maestro
• Ezio Raimondi (1924 -2014), filologo e saggista, è professore emerito di Letteratura italiana a Bologna
• Il suo lavoro critico spazia dalla letteratura alla storia dell’arte, dalle origini all’Umanesimo, dal Barocco al ’900. Tra i saggi più importanti, quelli su Dante, su Tasso, su Manzoni, su Gadda e su Montale
• È stato tra i fondatori della rivista «Il Mulino». I suoi libri più recenti trattano la letteratura scientifica, la retorica, l’etica della lettura
BELLISIMO RETRATO. DESCUBRE EL ALMA
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