domenica 19 agosto 2018

E' stato sotto gli occhi di tutti...



Cassandra pressing…
17 agosto 2018
di: NADIA REDOGLIA

Ingegneri, giornalisti d’inchiesta, geologi (tutti quelli seri, ovviamente) da decenni avvertono che il nostro Paese è sull’orlo del baratro dato il fatiscente stato idrogeologico e l’immarcescibile stato di corruttori, corrotti e corruttibili tra costruttori, manutentori, controllori (sicurezza/sanità/prevenzione) sapientemente gestiti dalle impunibili mafie.
Ponte Morandi è inferno annunciato (da persone serie) così come sono stati gli inferni precedenti e quelli che seguiranno. E’ l’ interminabile sequela  horror-catastrofico-fantascientifico, trinomio che spesso troviamo nel genere film. Ma qui non è reality, è realtà di quasi 40 morti ammazzati autentici  che aumenteranno nei giorni a venire tra dispersi e feriti e poi ci sono centinaia di sfollati tra permanenti (ché la loro casa sarà subito abbattuta) e temporanei, e i traumatizzati travolti dall’orrore d’esser testimoni. E’ piangere anche di vergogna…
Dice l’Autostrade per l’Italia SpA: “il ponte era monitorato dalle strutture tecniche della Direzione di Tronco di Genova con cadenza trimestrale secondo le prescrizioni di legge e con verifiche aggiuntive realizzate mediante apparecchiature altamente specialistiche secondo le prescrizioni di legge e con verifiche aggiuntive realizzate mediante apparecchiature altamente specialistiche…avvalendosiper meglio controllare,  di società ed istituti leader al mondo in testing ed ispezioni sulla base delle migliori best practices internazionali [e come farci mancare blablologia workshop ndr]. E questi stessi esiti -prosegue l’Autostrade per l’Italia- sono stati utilizzati come base per la progettazione degli interventi di manutenzione sul viadotto approvati dalMinistero delle Infrastrutture e dei Trasporti secondo le norme di legge e le previsioni della Convenzione…”
Con  tutti ‘sti soloni trimestrali,  i loro super poteri specialistici e i loro supporter garanti, perché dunque questo inferno?!
Sfiga/Malocchio/Fantascienza? Santerie ortottere annuncianciatrici solenni di “la favoletta del crollo del Ponte Morandi” nonché predicatrici dal sacro blog la cecità degli ingegneri (quelli seri) nomati cassandra? Occhio perché oggi è anche più facile credere al malocchio!
Sta di fatto che con certe premesse a molti sembra pur ridicolo rinviare a giudizio per disastro colposo perché questo è disastro annunciato e previsto da quelli seri che il nostro Paese, però, ignora e insulta.



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Genova
Valerio Marini


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Quel che è Stato
Sabato 18 agosto 2018

Con chi ce l’hanno i parenti delle vittime di Genova che sottraggono le bare dei propri cari ai funerali di Stato? In qualche famiglia prevarrà il desiderio comprensibile di preservare l’aspetto privato del dolore anche in una tragedia collettiva. Ma gli altri hanno rifiutato il rito pubblico per incompatibilità ambientale con un Potere che disprezzano e di cui diffidano. Vogliono giustizia e la vogliono subito, perché altrimenti temono di non averla mai. Eppure sarebbe vago e scorretto scrivere che protestano contro lo Stato. Lo Stato sono i vigili del fuoco che hanno scavato tra le macerie con efficienza asburgica e cuore mediterraneo. Sono gli infermieri e i medici della sanità pubblica rientrati spontaneamente dalle vacanze di Ferragosto per dare una mano. Lo Stato è quell’agente della Stradale che con modi gentili ma risoluti (da papà, diremmo, se non lo dicesse già sempre Salvini) ha convinto gli automobilisti a lasciare le macchine sul Ponte per mettersi in salvo. Lo Stato è il suo Capo, la cui sagoma dolente si staglierà stamattina in prima fila, e a cui nessuna di quelle persone straziate ha qualcosa da imputare.

Il bersaglio della rabbia non è dunque lo Stato, ma la politica che si fa dare ordini dalla finanza, ne subisce il fascino e ha perso contatto con la realtà quotidiana dei suoi elettori. La scommessa del governo voluto dagli arrabbiati è tutta qui: salvare la coesione nazionale, impedendo che il Paese si spezzi come quel ponte.



DEL SENNO DEL POI E' PIENO IL POLCEVERA
Tanto per chiarezza io sarei per la nazionalizzazione non solo delle Autostrade ma di tutte le Reti (ferroviarie, telematiche, energetiche) in quanto strategiche e quindi da gestire direttamente dallo Stato e non da lasciare in mano ai privati peggio ancora se in regime di monopolio.
Che questo però possa comportare automaticamente una migliore gestione e manutenzione e quindi una diminuzione dei disastri ce ne corre.
A tal fine occorrerebbero in ogni caso più onestà e meno avidità. Non dico più capacità tecniche perchè sono convinto che queste ci sarebbero, solo che la voce degli esperti è debole e spesso tende ad affievolirsi.
Quando pochi anni dopo l'inaugurazione era già stata evidentemente individuata la criticità degli stralli in cemento forse avrebbe dovuto essere presa la decisione drastica di demolire il ponte subito ma appunto “col senno del poi...”.
Sui motivi e relativi eventuali aspetti penali di non averlo fatto a favore di una continua e costosa manutenzione privata lasciamo indagare solo la Magistratura chè sentir parlare di Commissione d'Inchiesta mi viene molta tristezza.
Gianfranco Uber

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Nota:
foto di Genova di Michele Guyot Bourg scattate negli anni '80






LA MINACCIA ANNUNCIATA (E IGNORATA)
di Doriana Goracci 
Genova, Ponte Morandi | Come vivere sotto una cupa minaccia? Sopra le case deve esserci il cielo, non un’autostrada.
Potrebbero non essere necessarie le parole davanti alle fotografie in quanto sono documento veritiero di una realtà vissuta, se non altro durante l'inquadratura e lo scatto.
E fu così che nel 2012 Michele Guyot Bourg ci presenta su Facebook alcune immagini da lui eseguite a quel mostro della modernità che era il Ponte Morandi. «Nel 2012 ho pubblicato parte di una mia ricerca fotografica effettuata negli anni '80 sull'incidenza negativa dell'autostrada sul quotidiano vivere accanto e sotto questa opera e l'avevo intitolata “Vivere sotto una cupa minaccia”.
Allora mi era costata circa quattro anni di ricerca tra Nervi e Voltri e nelle vallate Bisagno e Polcevera. All'epoca ha avuto un grande successo in molte città italiane e Circoli privati tranne che a Genova, ché alle istituzioni non era piaciuta. Chissà perché! Ne ripubblico una parte in questa purtroppo tragica circostanza per ricordare che alla fine dopo quasi quaranta anni non è cambiato niente».
Ma come hanno potuto costruire quella tenaglia enorme sopra l'esistenza di case persone e le loro cose più care? Come? Quale incuria enorme e sfacciata può avere dato permesso allo Stato di vivere in quel modo pericoloso incivile malato?
Chi è Michele Guyot Bourg? È un non più giovane signore genovese, che ama la fotografia da sempre ed è a questa che ha affidato il compito di trasmettere il suo modo di vedere e interpretare il mondo che lo circonda Usa il bianco e nero per particolari reportages, ed il colore come sorgente di piacere visivo e contemplazione estetica che soltanto nella musica può trovare il suo analogo. Le sue fotografie sono state esposte in varie parti del mondo: dalla Cina alla Russia, dal Sudafrica alle Americhe e nella quasi totalità nelle nazioni europee. Le riviste Qui Touring, Historia, Reflex, New Age hanno pubblicato i suoi servizi fotografici.
È stato insignito del Bfi (Benemerito della fotografia italiana) e dell’Efiap (Excellence de la Federation Internationale de l’Art Photographique).
La biografia di questo signore (privo di qualsivoglia atteggiamento arrogante e/o supponente) l'ho tratta da una mostra avvenuta nel novembre 2017 alla galleria delle Arti del centro Sottostrada: «Questa volta la mostra offrirà uno spaccato dalle tinte oscure che rappresenta senza filtri un realtà che riguarda Genova e i genovesi rappresentata meravigliosamente dal fotografo Michele Guyot Bourg dal titolo «La tenaglia, vivere nell’ombra di una cupa minaccia».
Enormi pilastri di calcestruzzo, collegati da pesanti solettoni precompressi, gettano ombre cupe sulla nostra città, soffocano come una tenaglia interi rioni di un suburbio sempre più triste e spento. Anche il «mugugno», sacro diritto concesso ai Liguri da sempre, sembra non avere più fiato: l’ombra ed il frastuono dei viadotti autostradali lo hanno soffocato rendendo obbligatoria la rassegnazione. La sensazione angosciante di questo quadro, o meglio, di questo spaccato di «non vita» genovese, ce lo comunica drammaticamente Michele Guyot Bourg attraverso le sue fotografie.
La mostra, mai esposta a Genova, resterà in stallo fino al 14 dicembre al Centro Sottostreada, Salita Superiore della Noce n. 41r - San Martino Genova.
Come scrive in un commento alle fotografie di Michele Guyot Bourg, un suo amico FB Marco Fantechi, «Sopra le case deve esserci il cielo, non una autostrada.».
Ringrazio Sandro Tupini, per avermi mandato con un messaggio Facebook il post che aveva condiviso delle sue fotografie, fatte prima di questa ennesima strage italiana. (Genova, venerdì 17 agosto 2018)

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