Bacon, hamburger e salsicce potrebbero causare il cancro al pari delle sigarette. A dirlo è l'Organizzazione mondiale della Sanità, che aggiungerà i prodotti confezionati di carne rossa alla propria lista di sostanze cancerogene, assieme a fumo, arsenico, alcol e amianto. Nel mirino anche la carne rossa fresca, che verrà inserita nella "enciclopedia dei cancerogeni" ed etichettata come "lievemente meno pericolosa" rispetto ai lavorati industriali. Lo rivela in anteprima al Daily Mail britannico una "fonte interna ben posizionata".
Lo scoop della rivista inglese è stato ripreso da tutte le testate giornalistiche italiane creando molto panico tra la popolazione. Il testo dell OMS verrà reso noto a metà del 2016 Mi chiedo perchè fare tutto questo allarmismo in modo ingiustificato? In attesa cerchiamo di sorridere ...
CARNI ROSSE
L'OMS avvisa che vi sono numerose prove che il consumo di carni rosse aumenti il rischio di cancro.
Dovremo marcare tutti i bovini come già fatto per i pacchetti di sigarette? UBER
MUTANDA PARTY
Ma quello che timbrava in mutande,
stava entrando o uscendo ?? Roberto Mangosi
Perché Sanremo è Sanremo
MASSIMO GRAMELLINI
Se un dipendente pubblico dichiara di essere in ufficio senza esserci commette un reato. Ma se a dichiarare il falso sono in duecento, quasi la metà della forza lavoro del Comune di Sanremo, la strisciata collettiva di cartellini taroccati che cosa diventa? Una prassi. La costituzione non scritta di questa repubblica fondata sul livore per le ruberie altrui, ma dove si ruba pacificamente ovunque, mica solo all’Anas. La repubblica delle BanAnas. Per farne parte occorre avere la faccia come il badge. Come il vigile che timbra il cartellino in mutande e scompare nella nuvola dei fatti suoi. Come lo stakanovista della canoa che si segna lo straordinario e poi va a pagaiare, e magari si lamenta dei politici senza nemmeno essere attraversato dal sospetto di appartenere a una casta anche lui. Come il funzionario animato da nobili intenti educativi che manda la figlia a timbrare al posto suo e la povera fanciulla, volenterosa ma inesperta, striscia quattro volte il cartellino prima di imparare a truffare lo Stato. Come l’impiegata che passa nella macchinetta il proprio badge e quello di un paio di amiche con la naturalezza di chi oblitera il biglietto della metropolitana, mentre i colleghi in coda dietro di lei fingono di non vedere o si accingono a fare lo stesso.
La malattia è talmente diffusa che i malati non sanno più di esserlo e i medici stanno peggio di loro. Forse qualche licenziamento in tronco potrebbe rinfrescare la memoria a tutti quanti. Perché Sanremo è Sanremo, cuore pop dell’Italia intera, ma se le telecamere nascoste venissero piazzate su qualsiasi altro palco del Belpaese lo spettacolo non sarebbe più allegro.
Senti chi casta MASSIMO GRAMELLINI
Una rapida scorsa ai profili Facebook dei dipendenti del Comune di Sanremo arrestati per assenteismo reiterato e molesto introduce il lettore in un universo meraviglioso. «Mi vergogno di essere rappresentato da politici corrotti che saccheggiano ogni santo giorno uno dei Paesi più belli del mondo», scrive un saccheggiatore quotidiano delle casse pubbliche di uno dei Paesi più belli del mondo. Sorvolando sulle citazioni di Falcone e Margherita Hack in materia di morale e legalità, dispensate a pioggia da quei pulpiti illuminati, ecco un altro frequentatore seriale di cartellini taroccati che posta la foto di un uomo spiaggiato in un bar all’aperto accanto al cartello «Oggi passo la giornata come un politico, cioè non faccio un czz.». Col senno di poi sembrerebbe un’autodenuncia, ma con quello di prima si rivela soltanto l’ennesima testimonianza di una dissociazione mentale: i politici che rubano incarnano il male assoluto, mentre chi li critica comportandosi in piccolo come loro presidia l’avamposto del bene.
Perché sta qui l’aspetto peculiare e forse inemendabile dell’illegalità spicciola all’italiana. L’impiegato assenteista che striscia il badge per sé e i suoi cari non si sente un delinquente che imbroglia, ma una vittima che si arrangia. Un meschino tartassato o un talento incompreso, in ogni caso una persona in debito con la vita, che nella piccola truffa allo Stato vede una sorta di parziale e sempre provvisoria compensazione. Disprezza i politici perché in fondo ne invidia il potere. Il potere di rubare molto di più.
La dama nera? Ci spertichiamo a riportare nomignoli d’effetto nel verminaio Anas, giusto perché pigliamo (piamo) più attenzione, ché da anni il “solo” riferire l’ennesimo nazionale atto delinquenziale acchiappa più nessuno. Nello stesso giorno c’è stato propinato il vigile sanremese in mutande, senz’altro più acchiappante degli altri forsennati colleghi-ladri di pubblici stipendi vestiti. Tutti comunque accomunati nel timbrare il cartellino in proprio e per delega e subito dopo via, a occuparsi dei propri personalissimi affari. E fàmosi pure ‘sto Sanremo’!
Queste storie nazionali sono iniziate fin dal secondo dopoguerra e da allora ampiamente s’è puppato, compiacenti i tempi di vacche grasse. Poi furono vacche e basta. Fu poi epoca di “magre” (vacche e no) che scodellò profonda assenza dei servizi di base e strade mai finite e/o piene di voragini insidiose. E qui stiamo: con le amministrazioni che falliscono perché non c’è più ticket da spremere ai contribuenti prosciugati (strisce blu da ZTL assurde, ammende lunari da telecamere, ammennicoli strategici per diritti di segreterie strampalate ecc. in cambio di carenze devastanti nell’assistenza sanitaria/scolastica/assistenziale). E poi… e poi oggi: la povertà e la miseria degli sconosciuti (ai nazionali media embedded) dilaga. Nelle nostre passeggiate è sufficiente non voltare la testa da un’altra parte per capire.
Gli italiani (non delinquenti) annaspano per arrivare a fine mese. Servono ai Salvini di turno per farsi pubblicità a gratis, mica per entrare nel merito.
Nel merito c’entra lo Renzi il Munifico: gli servono per dichiarare che è materia per gufi disfattisti.
E fàmosi st’altro giro…
23 ottobre 2015
A TUTTA MAZZETTA
Esisterà in Italia una STRADA
per fermare la corruzione ? Roberto Mangosi
25 OTT - E' morta Carlotta Guareschi, figlia dello scrittore e umorista Giovannino Guareschi (1908-1968).
Ne dà notizia il fratello Alberto:
"Oggi ha concluso serenamente il suo percorso terreno mia sorella Carlotta riunendosi in cielo ai nostri genitori. Sposa, madre ammirevole, ha dedicato tutta la sua vita alla famiglia, alle persone che la circondavano e alla cura della memoria di nostro padre. sono certo che la "Pasionaria" sia già tra le braccia di Giovannino e Margherita".
La figlia dello scrittore del Mondo Piccolo aveva 72 anni.
Insieme al fratello Alberto si occupava dell'archivio di Roncole Verdi e del Centro Studi dedicato al padre, creatore tra l'altro delle vicende di Peppone e Don Camillo.
Carlotta era nata mentre il padre si trovava prigioniero in un campo di concentramento nazista insieme a quei militari italiani che dopo l'8 settembre si erano rifiutati di passare alla Repubblica di Salò. Lo poté vedere di persona solo quando aveva compiuto due anni al termine della guerra.
Rinchiuso nel lager, Giovannino le scrisse una canzone, la canzone di Carlotta:
“Carlotta”
Un chant de Giovannino Guareschi et Arturo Coppola écrit en 1944 alors qu'ils étaient tous deux prisonniers au Stalag X B de Sandbostel
Quando sopra il lager nel mattino senza color
si scatena il vento e porta cupo gelo nel cuor
nel paese del sol, tutto luce e calor
sulla sua seggiolina, la Carlottina sta.
(refrain)
La mamma l'ha annunciato con estrema serieta'
il babbo tornera', ma certo tornera'
pero' lei deve stare buona, buona sul balcon
guardando sempre la', verso il canton.
Seduta sul balcone la Carlotta se ne sta
e aspetta quel papa', che visto mai non ha
e palesando invero ragguardevole apprension
sospira masticando il biberon.
(bridge)
Chi sa, chi sa come sara'
questo famosissimo marito di mamma'
forse avra' i baffon, la barba ed il pancion
la pipa ed il baston, e gli occhiali col cordon.
(spoken) (Chi sa, chi sa che scassatissimo papa')
Ormai tramonta il sole e tutta azzura e' la citta'
per oggi non verra', cattivo d'un papa'
gli occhietti gia' si chiudon sulla nuova delusion
il sonno fa cadere il biberon.
~~~~~
(2)
Giace il lager muto, senza vita, senza doman
le baracche vuote, le torrette senza guardian
nel paese del sol, tutto luce e calor
sulla sua seggiolina, la Carlottina sta.
(refrain)
La mamma l'ha annunciato con estrema serieta'
il babbo tornera', ma certo tornera'
pero' lei deve stare buona, buona sul balcon
guardando sempre la', verso il canton.
Seduta sul balcone la Carlotta se ne sta
e aspetta quel papa', che visto mai non ha
e palesando invero ragguardevole apprension
sospira masticando il biberon.
(bridge)
Chi sa, chi sa come sara'
questo famosissimo marito di mamma'
forse avra' i baffon, la barba ed il pancion
la pipa ed il baston, e gli occhiali col cordon.
(spoken) (Chi sa, chi sa che scassatissimo papa')
Ed ecco appare all'angolo uno splendido guerrier
le stelle ha sul cimier, d'argento e' il suo piastrin:
il giustacuore azzurro ed i bottoni tutti d'or:
E' il babbo! E torna quasi vincitor! ...
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Canzone che Giovannino Guareschi, prigioniero IMI (Internati Militari Italiani) durante la 2a guerra mondiale, dedica a sua figlia, nata nel frattempo: porta un po' d'allegria e viene fischiettata durante le durissime giornate nelle baracche.
Il ricordo delle sofferenze patite avviene attraverso la forma comunicativa che più si presta a suscitare emozioni: la canzone. Guareschi era consapevole della funzione del canto in ambito militare, della forza trascinatrice di testi e musiche in cui i combattenti possono riconoscersi in un'identità comune; e se nel pezzo Le stellette che noi portiamo aveva inserito il ritornello di una canzone della Grande Guerra - l'unica canzone di trincea della quale i repubblicani, per quanto propensi agli inni, non si sarebbero mai potuti appropriare -, con le canzoni scritte durante la prigionia assieme a Coppola aveva dato vita a una nuova produzione musicale, acconcia a divulgare le idee-base e a rafforzare la solidarietà, la coesione e la fierezza nel gruppo dei resistenti. Una produzione, quella del lager, che può stare alla pari, per qualità se non per quantità, con quella partigiana. La rubrica Canzoni del lager di Radio B90 ospitava nelle interpretazioni del cantante Pierino (Valerio dei Cas) diverse canzoni in voga al tempo, ma anche testi scritti e musicati nella prigionia dalla coppia Mario Vezzosi e Camillo Mariani (Un bel dì vedremo un fil di fumo, C'era una volta tre porcellin, Milàn Milàn), da Rino Mazzucchelli (Lontano dal mio cuore, Ritorno), da Cesarini (Angioletti) e dalla coppia Guareschi-Coppola (Dai dai Peppino - nata nell'estate 1944 su ispirazione dell'avanzata russa, e aggiornata nei primi mesi del 1945 - , Magri ma sani - che trae il titolo dal motto adottato nella baracca 18 di Benjaminow per resistere agli inviti al lavoro - e Carlona), o del solo Coppola (Cesarina - che narra di un prigioniero tradito nei sentimenti - e Treviso - in dialetto Veneto, dedicata a tutte le città italiane devastate dai bombardamenti).
“Fu a Natale, nel ’47”, da Lo Zibaldino, 1948
(…) Forse Margherita ha ragione quando dice che occorre la maniera forte coi bambini: il guaio è che, a poco a poco, usando e abusando della maniera forte, in casa mia si lavora soltanto con le note sopra il rigo. La tonalità, anche nei più comuni scambi verbali, viene portata ad altezze vertiginose e non si parla più, si urla. Ciò è contrario allo stile del “vero signore”, ma quando Margherita mi chiede dalla cucina che ore sono, c’è la comodità che io non debbo disturbarmi a rispondere perché l’inquilino del piano di sopra si affaccia alla finestra e urla che sono le sei o le dieci.
Margherita, una sera del mese scorso, stava ripassando la tavola pitagorica ad Albertino, e Albertino s’era impuntato sul sette per otto.
«Sette per otto?» cominciò a chiedere Margherita. E, dopo sei volte che Margherita aveva chiesto quanto faceva sette per otto, sentii suonare alla porta di casa. Andai ad aprire e mi trovai davanti il viso congestionato dell’inquilino del quinto piano (io sto al secondo).
«Cinquantasei!» esclamò con odio l’inquilino del quinto piano.
Rincasando, un giorno del dicembre scorso, la portinaia si sporse dall’uscio della portineria e mi disse sarcastica: «È Natale. è Natale — è la festa dei bambini — è un emporio generale — di trastulli e zuccherini!».
“Ecco” dissi tra me “Margherita deve aver cominciato a insegnare la poesia di Natale ai bambini.”
Arrivato davanti alla porta di casa mia, sentii appunto la voce di Margherita: «È Natale, è Natale — è la festa dei bambini!…».
«È la festa dei cretini» rispose calma la Pasionaria. Poi sentii urla miste e mi decisi a suonare il campanello.
Sei giorni dopo, il salumaio quando mi vide passare mi fermò.
«Strano» disse «una bambina così sveglia che non riesce a imparare una poesia così semplice. La sanno tutti, oramai, della casa, meno che lei.»
«In fondo non ha torto se non la vuole imparare» osservò gravemente il lattaio sopravvenendo.
«È una poesia piuttosto leggerina. È molto migliore quella del maschietto: “O Angeli del Cielo — che in questa notte santa — stendete d’oro un velo — sulla natura in festa…”.»
«Non è così» interruppe il garzone del fruttivendolo. « “o Angeli del Cielo — che in questa notte santa — stendete d’oro un velo — sul popolo che canta…”» Nacque una discussione alla quale partecipò anche il carbonaio, e io mi allontanai. Arrivato alla prima rampa di scale sentii l’urlo di Margherita:
«”… che nelle notti sante — stendete d’oro un velo – sul popolo festante”».
Due giorni prima della vigilia, venne a cercarmi un signore di media età molto dignitoso.
«Abito nell’appartamento di fronte alla sua cucina» spiegò. «Ho un sistema nervoso molto sensibile, mi comprenda. Sono tre settimane che io sento urlare dalla mattina alla sera: “È Natale, è Natale — è la festa dei bambini — è un emporio generale — di trastulli e zuccherini”. Si vede che è un tipo di poesia non adatto al temperamento artistico della bambina e per questo non riesce a impararla. Ma ciò è secondario; il fatto è che io non resisto più: ho bisogno che lei mi dica anche le altre quartine. Io mi trovo nella condizione di un assetato che, da quindici giorni, per cento volte al giorno, sente appressarsi alla bocca un bicchiere colmo d’acqua. Quando sta per tuffarvi le labbra, ecco che il bicchiere si allontana. Se c’è da pagare pago, ma mi aiuti.»
Trovai il foglio sulla scrivania della Pasionaria.
Il signore si gettò avidamente sul foglio: poi copiò le altre quattro quartine e se ne andò felice.
«Lei mi salva la vita» disse sorridendo.
La sera della vigilia di Natale passai dal fornaio, e il brav’uomo sospirò.
«È un pasticcio» disse. «Siamo ancora all’emporio generale. La bambina non riesce a impararla, questa benedetta poesia. Non so come se la caverà stasera. Ad ogni modo è finita!» si rallegrò.
Margherita, la sera della vigilia, era triste e sconsolata.
Ci ponemmo a tavola, io trovai le regolamentari letterine sotto il piatto. Poi venne il momento solenne.
«Credo che Albertino debba dirti qualcosa» mi comunicò Margherita.
Albertino non fece neanche in tempo a cominciare i convenevoli di ogni bimbo timido: la Pasioraria era già ritta in piedi sulla sua sedia e già aveva attaccato decisamente: «”O Angeli del Cielo — che in questa notte santa stendete d’oro un velo — sul popolo festante…”».
Attaccò decisa, attaccò proditoriamente, biecamente, vilmente, e recitò, tutta d’un fiato, la poesia di Albertino.
«È la mia!» singhiozzò l’infelice correndo a nascondersi nella camera da letto.
Margherita, che era rimasta sgomenta, si riscosse, si protese sulla tavola verso la Pasionaria e la guardò negli occhi.
«Caina!» urlò Margherita.
Ma la Pasionaria non si scompose e sostenne quello sguardo. E aveva solo quattro anni, ma c’erano in lei Lucrezia Borgia, la madre dei Gracchi, Mata Hari, George Sand, la Dubarry, il ratto delle Sabine e le sorelle Karamazoff.
Intanto Abele, dopo averci ripensato sopra, aveva cessata l’agitazione. Rientrò Albertino, fece l’inchino e declamò tutta la poesia che avrebbe dovuto imparare la Pasionaria.
Margherita allora si mise a piangere e disse che quei due bambini erano la sua consolazione.
La mattina un sacco di gente venne a felicitarsi, e tutti assicurarono che colpi di scena così non ne avevano mai visti neanche nei più celebri romanzi gialli.
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Peppone e Don Camillo Giovannino Guareschi raccontato dai figli
Nei locali del Palazzo Orsoline a Fidenza è stata inaugurata nei giorni scorsi, il 16 ottobre 2015, l'esposizione " dal Mondo Piccolo al Mondo Grande" che nasce da un'idea di Gianandrea Bianchi. L'esposizione vuol essere un primo momento, un'anteprima come recita il manifesto, di un progetto più ampio che negli anni futuri potrebbe fare del "mondo piccolo" fidentino la capitale dell'umorismo grafico.
Parlare di "Mondo Piccolo" è parlare di Giovannino Guareschi ed a lui è dedicata la prima parte della mostra, con alcuni disegni dello scrittore e quelli degli illustratori del Mondo Piccolo nel mondo, da Gus Bofa (Francia), a Istvan Kelemen (Ungheria), a Karel Thole (Paesi Bassi) a GiPi ( lo "straniero di casa nostra" che illustrò l'edizione di Don Camillo stampato dal settimanale satirico "Cuore" ).
Ma mondo piccolo è anche prossimità ed allora ecco nella seconda saletta le copertine del Numero Unico, il giornale satirico di Fidenza, nato il 9 ottobre 1898 in occasione della fiera locale "San Donnino" e da allora una tradizione indispensabile della festa patronale.
Nel 1899 viene fondato anche il Risveglio, voce dei cattolici fidentini, in un confronto che precorre quello fra Peppone e Don Camillo.
Luigi Musini, il fondatore del numero unico, è laico socialista e quindi i direttori del settimanale della curia sono sono spesso oggetto della satira dal fogliaccio.
Il raccordo tra i due mondi ha pur sempre la sua chiave di lettura in Giovannino Guareschi, gli autori non sono della "bassa" o delle nostre zone, ma autori italiani pluripremiati internazionalmente Lucio Trojano e Marco De Angelis
La mostra è molto interessante e consiglio la visione diretta delle opere, ricordando che l'esposizione è aperta sino al primo di novembre a Fidenza in Via Andrea Costa n° 8.
da lunedì a venerdì: 17-19,30
sabato e domenica: 10-12 e 16-19,30
ingresso in Via Andrea Costa, 8
Karel TholeDON CAMILLO NEL MONDO
Marco De Angelis
MOSTRA PERSONALE
Lucio Trojano
MOSTRA PERSONALE
I "WORLD HUMOR AWARDS" sono un progetto per il 2016.
L'anteprima "dal Mondo Piccolo al Mondo Grande" pur non avendo opere in concorso propone un’interessante rassegna di autori qualificati.
L'associazione culturale LEPIDUS con la collaborazione di Alberto e Carlotta Guareschi presenta infatti una mostra di autori internazionali
che hanno illustrato le opere del padre ed alle quali il titolo fa riferimento.
Sono pannelli che riproducono le tavole di Karel Thole (Olanda), Gus Bofa (Francia), Istvan Kelemen (Ungheria), Gipi (Italia).
La rassegna inizia con alcune riproduzioni di Giovannino Guareschi.
Sul tema del "Mondo Piccolo" anche le sculture di Maurizio Zaccardi.
Un’interessante integrazione alla mostra riguarda le caricature realizzate per pubblicazioni locali d'epoca da: Nullo Musini - Musolino (1902) - Erberto Carboni (1922, la mano del futuro designer Barilla si vede già in questa esperienza giovanile) - Vittorino Ortalli - Il Tarlo (1927) assieme agli esordi di Rino Montanari con Bruno Rabaiotti e l'arch. Tassi Carboni.
Sono i precursori ed i contemporanei del "Mondo Piccolo".
Il "Mondo Grande" entra in scena con le personali di Lucio Trojano e Marco De Angelis, affermati e pluripremiati disegnatori di livello internazionale, entrambi fra i componenti della giuria del premio in progetto. Completa la rassegna Gio Testi (1° premio alla Biennale dell'Umorismo di Vercelli, 2000 per la caricatura di Dario Fo).
Inaugurazione, Gianandrea Bianchi al centro spiega il progetto.
Non tutte le ciambelle riescono col buco
la mostra non è andata in porto
ma cari amici del blog non fate che tutto questo lavoro cada nel nulla
sfogliate il catalogo online e condividete
Ci eravamo messi in 35 per realizzare una mostra di satira sull’Expo, ma non se ne fa niente.
Per motivi tecnici, organizzativi, sponsor ritirati, riunioni rimandate, persone prima disponibili ma che poi si sono rese irreperibili e altro ancora, la mostra che era programmata per giugno è stata ripetutamente rimandata, talmente tanto che alla fine è diventato tardi… per tutto!
Infatti l’Expo sta per chiudere e la mostra è expirata prima ancora di vedere la luce.
Ma non tutto è perduto: Pietro Vanessi, che si è dato da fare per realizzare l’idea, ci mette a disposizione il catalogo online. Non costa niente e non c’è coda chilometrica da affrontare.
Mettetevi comodi e sfogliatelo: la tavola che illustra quest’articolo è di Gianni Burato.
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Catalogo EXBOH
Catalogo virtuale per una mostra mai fatta. Questo è il catalogo EXBOH, pronto da 6 mesi, per una mostra che doveva tenersi a giugno, poi a luglio, poi a settembre e poi... mai avvenuta e sempre rimandata per motivi tecnici, organizzativi, sponsor ritirati, appuntamenti mancati ecc ecc.
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Non è facile, io ci avevo creduto ed ero, come al solito, partito pieno di entusiasmo ma ...alla fine ho dovuto desistere e abbandonare la lotta. Mi sono ritrovato SOLO ad affrontare tutto e non era né giusto né corretto.
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Mi spiace solo per i tanti professionisti che ho coinvolto invano... ora dovrò sdebitarmi con loro per la figuraccia fatta. Ma non è dipeso da me, sappiatelo....
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Godetevi queste pagine testimoni di quello che SAREBBE POTUTO ESSERE e che invece non è stato Pietro Vanessi
Senza parole per il necrologio,
a lui proprio non piacevano.
Lo Saluteremo insieme e a modo suo,
Mercoledi' 21 Ottobre dalle 15 alle 17 presso la "Sala del commiato" del cimitero monumentale di Verona.
Non fiori ma da bere
Iaia Anita e Alessandro ringraziano tutti per l'affetto...
"Nello stile di Gianni", dice Iaia, "naturalmente, lo saluteremo anche con dei sorrisi e, perchè no, anche con un buon bicchiere di vino!"
ANOTHER TIME, ANOTHER PLACE
Gianni Burato, 59 anni da poco compiuti, disegnatore satirico, art pubblicitario e molto altro si ritrovò in quell’ottobre del duemilaquindici – un po’ spaesato a dire il vero – dinnanzi ad una Grande Porta.
Quando la oltrepassò fu subito investito da un ondata di applausi e di saluti , in decine di lingue diverse.
Il primo che riconobbe, però, fu Lino Simeoni che con il solito sorriso beffardo lo apostrofò “Eccolo, sempre in ritardo! Ma lo sai che son più di dieci anni che aspetto?”
Burato, un po’ perplesso ma felice di rivedere il vecchio amico sorrise. “ehh che pressia! proprio ti te me parli de puntualità!” disse abbracciando Lino. “Vieni che ti presento gli altri” proseguì il Simeoni “quelli che sono già arrivati, almeno…”
Solo allora Gianni si rese conto di chi lo stava applaudendo e salutando con calore. Riconobbe immediatamente Crepax, Tamburini, Bonvi, Pratt, Wolinski… e poi tutti gli altri, disegnatori satirici, scrittori, vignettisti, advertiser, illustratori di ogni stile e di ogni tempo. In mezzo all’immenso gruppo notò anche Gustavo Dorè!
Lino, rendendosi conto, della titubanza dell’amico gli indicò, per tagliare l’aria, un omino magro e infagottato che indossava, a corredo del suo buffo dishabillé, un paio di sandali francescani, rigorosamente sopra i calzini corti. “E questo lo conosci?” gli disse indicandoli Cesare Furnari.
Cesare – come sempre con l’aria da intellettuale sovietico decaduto, dopo la caduta del muro – abbraccò sorridente Gianni.
“Porca putana! ma si tuti qua!” escamo il Burato ” Ma cosa fate tutto il giorno? ghelo mia un goto de Ripasso? e na cicca magari?”
“Certo che c’è mon amì” disse Wolinski, tendendogli un pacchetto di Marlboro “per il vino, però, Vi porto io a bere un bicchiere di Bourgogne, altro che il vostro ridicolo Ripasso!”
Lino, Gianni e Cesare lo fulminarono con lo sguardo… la folla di artisti si azzitti improvvisamente… Wolinski, impettito, si aggiustò gli occhiali, li guardò con fare arcigno e poi scoppiò in una fragorosa risata. Era il Mondo Felice, come potevano litigare?
Con un’agilità che non ricordava da tempo, abbracciato ai compagni, si diresse assieme ad un folto gruppo di artisti verso l’insegna di un’osteria che non prometteva niente male.
Il sole splendeva, il clima era mite e Gianni iniziò a fischiettare come fanno i ragazzi di ven’anni quando sono felici. Stefano Russo
Stamattina ho deciso che sarei andata a dare un ultimo saluto a Gianni Burato. Volevo portare il mio abbraccio a Iaia e alla sua famiglia. Stranamente sono arrivata a Verona puntuale e senza intoppi. Per contro, ho sbagliato parcheggio, ma il custode quando ha saputo che ero lì per il commiato a Gianni, mi ha guardata negli occhi e mi ha fatto passare senza aggiungere altro. Ho lasciato l’auto e, non sapendo bene che direzione prendere, ho seguito alcune persone. Non sapevo se fosse il corteo giusto. Dopo una frazione di secondo, mi è arrivato un chiarissimo profumo di vino e ho avuto la certezza di essere arrivata. Erano in tanti raccolti nel cortile, che chiacchieravano, si abbracciavano e bevevano alla memoria di Gianni. Molte belle facce e molta cordialità. Dentro, nel salone erano altrettanto numerosi. Una piccola folla riunita intorno al feretro. Diversi gli omaggi. Dei fiori, gerbere in particolare, dei biglietti, forse qualche disegno. Anche una cassetta di legno - quelle della frutta, per intenderci - e una sporta di carta da cui si intravedevano forse un cespo di insalata e alcune bottiglie di vino. Omaggi volutamente semplici ma di sostanza. Come le persone presenti lì. Dietro il feretro, di lato sulla parete erano proiettate le illustrazioni e le vignette, e una bella musica scaldava il cuore. Molti dei presenti hanno dedicato poesie e raccontato aneddoti ed episodi divertenti. Molte le testimonianze e le risate. Poco per volta si è composto e condiviso un ritratto nitido di Gianni, fatto di piccole sfumature che ognuno aveva raccolto dentro di sé. A guardar bene, in tanti avevamo gli occhi velati, ma si è riso parecchio, come lui avrebbe desiderato. Poi ho visto Iaia, che è una donna straordinaria per davvero. Ci siamo abbracciate e strette forte. Non so spiegare, ma sentivo in cuor mio che le portavo non solo il mio, ma un affetto più grande: quello degli amici, dei vignettisti e degli estimatori di Gianni che avrebbero voluto essere lì a stringerla con me. Per stare accanto a lei, ai suoi figli e con Gianni ancora una volta.
Ciao Iaia, ciao Gianni.
Marilena
...hic!! di Marco Careddu
Paolo Lombardi: "Rende proprio l'idea questa tua vignetta Marco, un GRANDE VUOTO ..... e restano quelli come noi...piccoli piccoli, pressoché insignificanti al cospetto di un grande come Gianni...
di Nadia Redoglia
Oltre mezzo milione di euro annuale è appannaggio (chissà poi perché) riservato alle segreterie personali degli ex presidenti della repubblica italiana (di diritto senatori a vita). Grazie alla riforma costituzionale in atto chiamata Boschi e (bontà sua riconoscente) Napolitano ( nell’ art. 40 C.5 ddl 1429) nulla è modificato e così gli ex presidenti, in carica garanti dello Stato e della Costituzione (mica sovrani), proseguiranno a essere “…regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge…” ovvero saranno regolati con quella stessa somma oltre a benefit vari, a esclusiva garanzia di se stessi, però in carica.
500 e rotti mila euro sono l’equivalente di 1000 e rotti euro mensili per 500 mesi (40 anni circa) di pensione media di un italiano che per ottenerli dovrebbe doppiare la boa dei cent’anni, ben distante però dalla vita media. Perciò con quella somma lo stato retribuisce assai più di un pensionato per non parlare di quelli che percepiscono solo la metà (meno è incompatibile con la vita).
I signori ex presidenti della repubblica invece li ottengono una volta l’anno per ogni anno che sopravvivono alla dismissione del loro mandato.
Questa è la revisione della spesa pubblica (spending review per i più fichi) agganciata a quella legge di stabilità che lo Renzi il munifico proclama: “Si scrive legge di stabilità ma si pronuncia legge di fiducia per un Paese più semplice e più giusto”?!
Difficile a credersi a meno di non spostare provvisoriamente le pezze dalle chiappe alle palpebre.
LA QUIETE
Io non ho mai capito la necessita' e l'urgenza delle modifiche costituzionali. Adesso comunque non resta che aspettarne gli effetti e confidare nella promessa del Referendum confermativo sperando che una convinta maggioranza di italiani lo approvi o lo cancelli. UBER
La moglie Iaia ha annunciato la gravissima dipartita del marito Gianni.
Se ne è andato in silenzio, senza scalpore e senza preavviso. Era malato da tempo, ma non ha mai voluto che si venisse a sapere. Diceva che non avrebbe sopportato sguardi pietosi e mutamento di atteggiamenti nei suoi confronti.
Era schivo, di poche parole, eravamo amici di FB. Mi disse, quando abbiamo fatto amicizia:
"gran bel hobby! ciao!"
e da allora mi faceva partecipe di capolavori.
Mancherà a tutti noi e tantissimo alla sua famiglia a cui mi stringo forte.
In questo post ho raccolto i suoi angeli e i disegni del salto , del volo, del passaggio...
...che la terra ti sia lieve caro amico.
Il talento di disegnatore di Gianni Burato è talmente lampante da convincerti già dalla prima occhiata. Se poi li osservi più a lungo, i suoi disegni rivelano un'altra diabolica qualità : la capacità di osservazione, di individuare una quantità sbalorditiva di dettagli che solo lui è in grado di registrare e che anche tu ti ricordi di avere visto, ma solo dopo che lui te li ha spiattellati davanti. Ma tra le capacità straordinarie di Gianni ce n'è una particolarmente ammirevole: la cura che mette in qualsiasi cosa faccia. Ho collaborato con lui a un giornalino satirico piuttosto irregolare, Verona Infedele. Ovviamente il giornalino veniva chiuso sempre e comunque all'ultimo momento, la notte prima di consegnarlo in tipografia, anche per sfruttare tutto il tempo utile ad inserire eventuali avvenimenti recentissimi che meritassero un commento. Nel cuore della notte, il nostro impareggiabile direttore Cesare Furnari pronunciava ogni volta, convinto che fosse la prima, la frase che a noi disegnatori faceva tremare i garretti: "Bene, il giornale è fatto. Mancano solo i disegni". Per un giornalino composto al novanta per cento da disegni, quell'avverbio "solo" poteva suonare magari ironico, o minaccioso, o preoccupato. Invece no. Cesare lo pronunciava senza la minima intenzione, neppure vagamente di rimprovero, ma con il sollievo di avere terminato la sua parte, lui era scrittore, e con la serena fiducia che noi disegnatori avremmo terminato la nostra entro la nottata. Fiducia quasi mai giustificata. La fretta, la stanchezza, il sonno, il fumo, il vino (soprattutto il vino) gradualmente, col passare delle ore, inducevano noi disegnatori ad abbassare sempre di più la soglia della decenza grafica, azzerando ogni barlume autocritico. Tutti noi, tranne Gianni Burato. Lui continuava col suo passo regolare macinando disegni su disegni, sempre con la stessa cura, la stessa perfezione, la stessa ricchezza di dettagli, la stessa freschezza. Non era solo (e lo era) sacrosanto rispetto per i lettori, tanto meno era sfoggio di un virtuosismo sovrumano (non è il tipo) . Era semplicemente la spontanea inderogabile necessità di fare bene il proprio lavoro. Potrei dire addirittura il piacere di fare bene il proprio lavoro. Anche quando, sfiniti, abbrutiti, praticamente morti, davamo gli ultimi ritocchi al carro di carnevale di Verona Infedele, carro già rimarchevole per la cazzuta ferocia, mentre era ormai partita la sfilata per le vie della città, Gianni aggiungeva quei nuovi letali dettagli, quei contundenti particolari che rendevano il carro definitivamente indigeribile per i bersagli della satira. E anche qui per lo stesso motivo: fare bene il proprio lavoro. C'è chi pensa che se ognuno facesse bene il proprio lavoro il mondo farebbe un gran balzo in avanti. Probabilmente è vero. Il problema è che non tutti abbiamo il talento e la coscienza di Gianni Burato. Milo Manara
Gianni Burato: un cane sciolto in mezzo ai burattini aggrappati ai fili, che esercita quell'elementare diritto all'irrisione con armi desuete. Innanzitutto sa disegnare, e già questo è un handicap, e, ancora più grave, sa pensare. Basterebbe la sua antesignana serie prima dell'avvento dell'euro (esposta proprio a Forte dei Marmi) con la vignetta che mostrava la nuova sciagurata moneta nella quale campeggiava "l'artefice" di tale bella trovata intento a martellarsi gli attributi, per farne un classico. Formatosi nella fucina di Verona Infedele, diretta dal mai abbastanza compianto Cesare Furnari, con a fianco Milo Manara, l'ottima sua sorella Nives, Luca Garonzi e altri talenti, Burato ha fatto tesoro di tale esperienza, periferica e vernacola quanto si vuole, ma proprio per questo unica e nodale. Qui ha compreso che il vignettista deve essere una sorta di terrorista e le sue tavole bombe che scoppiano, facendo saltare conformismi e opportunismi, corruzioni e malcostume. Fabio Norcini
Gli amici:
La notizia fulminea ha attraversato la rete, gli amici dichiarano stupore e dolore: Gianni Burato non è più qui.
La prima volta che ci siamo incontrati abbiamo condiviso un piatto di pasta e ceci e mi sorprese il suo voler sapere come era stata fatta, da dove venivano gli ingredienti. Normalmente se uno gradisce mangia volentieri e raramente approfondisce più di tanto; lui no, era curioso, dedicava attenzione sincera a quello che gli altri facevano.
Poi ci siamo rivisti in altre occasioni: performances poetiche, un dibattito dopo la tragedia di Parigi, un incontro con gli studenti, la presentazione di un libro. C’era stima reciproca e avevamo più di una visione in comune ed ero sicuro che prima o poi si sarebbe presentata l’occasione per scambiarsi, magari con in mezzo una bottiglia, pensieri e idee sulla satira e sull’ironia. Non è andata così, le cose bisogna farle quando ti vengono in mente: la vita (anzi la morte) arriva all’improvviso e non ti lascia niente in mano.
Non voglio ricordare Gianni illustratore e disegnatore di satira (altri lo faranno meglio di me), ho voluto solo rimpiangere una persona che ammiravo e avrei voluto conoscere più a fondo.
Cerco di farlo con questo schizzo veloce; rinuncio alla mia sigla e firmo col suo stile, riconoscendo in lui un maestro.
Ciao Gianni, che l’ultimo sentiero ti porti incontro al sole.
Gianni Falcone
ADDIO A GIANNI BURATO.
Oggi se ne è andato un grande della Satira, che ho conosciuto e visto 3/4 volte. L'ultima a Verona a una conferenza su Charlie Hebdò in cui strabiliò tutta la platea con il disegno improvvisato di Maometto con un pisello gigante scrivendo "UL-ALLAH".
Personaggio schivo e disallineato ma di una dolcezza d'animo infinita... Emoticon frown Emoticon cry
Riposa in Pace, Gianni...
Pietro Vanessi
Gianni Burato
Nasce a Verona 16/8/56 dove vive, lavora e ci lascia il 17/10/15
Artista eclettico con una disposizione naturale per il disegno che sviluppa con grande creativita' utilizzando tutte le tecniche.Grande talento e una sensibilita' non comune lo portano a creare illustrazioni raffinate per le maggiori testate, come le celebri copertine per il "Venerdi"(La Repubblica) e la collaborazione con "Cuore".
E' tra i fondatori con Milo Manara del giornale satirico "Verona Infedele".
Nel 1995 vince,nella sezione multimediale
il 1° Premio Internazionale di Satira Politica di Forte dei Marmi disegnando il CD interattivo "MegalomaNet",riconosciuto anche dalla Apple Italia. E sucessivamente nel 1998 giunge il riconoscimento con il piu' ambito premio "Pino Zac" sempre al Premio Satira Internazionale di Forte dei Marmi, per le illustazioni dedicate all'Euro.
La satira non esaurisce la sua vena creativa.
lavora per le piu' importanti Agenzie di pubblicita'. Crea splendide illustrazioni per la Ferrero, il Gruppo Volkswagen,Chevrolet
Ferrari Spumanti, Aeroporto Catullo, Telecom, Unicredit e alcune fra le maggiori case vinicole Italiane.
Suo il Marchio del famoso Festival internazionale dei Giochi di strada "Tocati' "
Attualmente collabora con il "Fatto Quotidiano", con gli architetti designers Mendini e per Clear Channel Communications.
Ha illustrato svariati libri per le piu note case editrici.
Il suo segno e' ormai inconfondibile:preciso,espressivo,ricco di particolari, suggestivo.
Tutte le tecniche gli appartengono e sono esplorate con curiosita' e desiderio di scoperta
Le sue opere sono state esposte in Italia e all'estero
fonte: Gianni Burato - Museo della Satira