mercoledì 14 ottobre 2015
Buduàr 29
© dell'autore
L'Estate sta finendo. Buduàr 29!
COPERTINA DI NADIA KHIARI
Dopo l'ubriacatura delle 150 pagine nel mese scorso si torna alla normalità. "Solo" 116 pagine, ma di contenuti di assoluto primordine.
Qualche debutto e qualche riscoperta, come lo Scalarini del Corriere dei Piccoli, gioiellino concesso dalla famiglia del grande autore.
Tanta roba da leggere mentre ci godiamo il graduale rinfrescarsi dell'aria.
L'estate sta finendo...
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Nota:
La disobbedienza a fumetti di Nadia Khiari
“Quando nessuno obbedisce nessuno comanda”, scandisce il rivoluzionario gatto Willis, creatura della vignettista tunisina Nadia Khiari. Willis e i suoi compagni felini hanno virtualmente partecipato alle manifestazioni del 2011 che hanno portato alla caduta del dittatore Ben Ali, dando il via alle primavere arabe. Con i loro slogan che chiedevano libertà, democrazia e lavoro, i personaggi disegnati da Khiari sono subito diventati molto popolari.
“Le vignette e la satira politica sono vitali per la salute di una democrazia: poter parlare e prendersi gioco di tutto è importante. Disegnare è un modo per far ridere ma anche per guardare le cose facendo un passo indietro, adottare una prospettiva diversa e più riflessiva”, spiega Khiari a Cartoon movement, un sito che riunisce disegnatori di tutto il mondo.
Il carattere indipendente del gatto Willis somiglia a quello di tanti giovani che hanno partecipato alla rivoluzione tunisina senza schierarsi con un partito, ma decisi a ottenere la democrazia. Che farà oggi il gatto? “La rivoluzione continua, ogni giorno. La frase che dico sempre è: ‘La rivoluzione è bella ma è lunga’”.
fonte Internazionale
Le Baxar de la Paix
Willis from Tunis
Nadia Khiari e la rivoluzione a fumetti - LaPresse
lunedì 12 ottobre 2015
#paroleorrende
La raccolta di #paroleorrende sui social impegna tantissime persone nella denuncia della deturpazione della lingua italiana.
Bello l'articolo che spiega il fenomeno di Daniela Ranieri per il FQ, illustrato magnificamente da Marilena Nardi.
Lingua italiana sotto attacco: tutto iniziò con “l’attimino”. Il boom delle parole orribili (da eliminare). Scrivici le tue
Oggi la raccolta di #paroleorrende (l’hashtag sta a significare che la cura non può che essere omeopatica) impegna su Facebook molte persone, che - in una specie di trance agonistica - propongono ciascuna le proprie parole-tabù, le bestie nere, le espressioni-orticaria. Diamo un contributo
di Daniela Ranieri
• Da obbrobri come “un attimino” a locuzioni improbabili del tipo “piuttosto che” usato come congiunzione: la lingua italiana, con le sue regole e la sua sintassi, è sotto l’attacco delle espressioni orribili. Sul Fatto Quotidiano continua la pubblicazione delle liste di proscrizione delle firme del nostro giornale. Qui, nei commenti sotto l’articolo, potete inserire le storpiature che più vi hanno colpito voi. Per una battaglia civile per combattere l’antilingua.
In principio era “un attimino”. Inesorabilmente, come un virus, si diffuse a tutti i piani della società, ci inseguiva in banca, in palestra, in ufficio, a casa, nessuno ne era immune, dal prete allo psichiatra, dalla casalinga al parrucchiere. Poi avanzò violento il “piuttosto che” usato non in senso comparativo o avversativo, ma come congiunzione. “Andrei in Giappone, piuttosto che in Cina, piuttosto che a Cuba…”, dicevano i pierre di moda da Milano a Cefalù, i medici estetici, gli avvocati di Prati, le shampiste della Magliana: piacendosi molto. E intorno tutto un florilegio di “gentilmente”, “una firmetta qui”, “naturale o leggermente”… Che fastidio! La lingua italiana, con le sue regole e la sua sintassi, era sotto attacco.
La comunità web delle #paroleorrende
Ne parlai con Vincenzo Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, che convenne: ormai non potevamo più ignorare il crimine, l’attacco efferato, l’invasione di certi obbrobri che ci salivano automaticamente alla bocca, che si impossessavano delle nostre dita. Avremmo dovuto allestire una lista nera, perché, come disse Ostuni in una sorta di manifesto di lotta contro le parole orrende, “la lingua tutta è un campo minato”. Oggi la raccolta di #paroleorrende (l’hashtag sta a significare che la cura non può che essere omeopatica) impegna su Facebook molte persone, che – in una specie di trance agonistica – propongono ciascuna le proprie parole-tabù, le bestie nere, le espressioni-orticaria. Nessuno snobismo, nessuno spirito conservatore: oggi che il Papa parla la lingua del popolo e il latino lo parla solo Claudio Lotito, nessuno vuol tornare all’italiano di Machiavelli. La lingua è un’entità plastica, vulcanica, e l’uso che ne fa la nostra psiche, avvinghiata agli algoritmi della rete, la rimodula incessantemente. Ormai nessun ostacolo può fermare “la pirlolingua degli informatofoni” (Guido Ceronetti). E infatti controllate nelle vostre mail, quelle di lavoro, degli uffici stampa delle case editrici o dei nostri politici. Non ce n’è una in cui non compaia qualche orribile lemma, un trito stilema, un insopportabile tic verbale. Ci sarà un timing, una dead line, una tabella di marcia, un customizzare, un ottimizzare, un funzionare (nel senso di convincere), un top, un performante, un endorsare, un quant’altro.
Nella poltiglia restasoltanto il “Googlish”
Fonemi vuoti, gassosi, che non vogliono dire niente e non hanno un vero e caldo rapporto con la nostra vita, ma evocano tutto un mondo di cultura progredita, sofisticherie aziendali, meeting motivazionali, affettazioni al passo coi tempi. Parole-chiave, hashtag, rapidi input brucia-sinapsi, inglesismi usati per lo più impropriamente (e spesso da chi non sa l’inglese), voci in Googlish, quella lingua diffusa dai motori di ricerca che uniforma i lessici nazionali in una poltiglia globalizzata. Tic linguistici che usiamo per impreziosire il discorso e mostrarci parlanti evoluti, dopo la vittoria dell’antilingua di cui parlava Italo Calvino su Il Giorno nel 1965, quell’italiano paludato che impone di dire “ho effettuato” invece di “ho fatto”, col risultato comico di trovare scritto nei bar: “Non si effettuano panini”.
Oggi è tutto rapido e veloce, la contrazione delle parole è frenetica; negli spasmi del multitasking, non c’è tempo di scegliere. La palude è bassa. Se già nel ‘78 Alberto Arbasino registrava le fissazioni giornalistiche “dello scendere in lizza e dello spezzare una lancia, del lavorare ai fianchi e del battere in ritirata, della levata di scudi, delle frecce all’arco, del sentiero di guerra, della caccia alle streghe, della camicia di forza”, oggi il “giornalismo esploso” dei social diffonde i suoi cliché spompati di “paese reale” e “società civile”, i suoi automatismi dei “gusti del pubblico” e dei “due marò”, i suoi barbarismi da Jobs Act a start-up.
L’antilingua del potere
E non parliamo dei post-politici. Il basic italian da 140 caratteri di Renzi costringe alla ripetizione anche i più avvertiti, con i suoi “la volta buona” e “l’Italia riparte”, “andare a vedere le carte” e “non gettare la palla in tribuna”, “il risultato lo portiamo a casa” e “non cadiamo nel derby ideologico”. Tutta una scialba metafora a condire il vuoto di contenuti; già che un conto è trasformare, usare, muovere la lingua, un conto è fossilizzarla nell’antilingua, assistendo senza resistere all’esaltazione corale del nulla lessicologico. Perché, sempre Calvino: “La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l’odio per se stessi”.
da Il Fatto Quotidiano di giovedì 8 ottobre
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I miei amici su FB
Bello l'articolo che spiega il fenomeno di Daniela Ranieri per il FQ, illustrato magnificamente da Marilena Nardi.
Lingua italiana sotto attacco: tutto iniziò con “l’attimino”. Il boom delle parole orribili (da eliminare). Scrivici le tue
Oggi la raccolta di #paroleorrende (l’hashtag sta a significare che la cura non può che essere omeopatica) impegna su Facebook molte persone, che - in una specie di trance agonistica - propongono ciascuna le proprie parole-tabù, le bestie nere, le espressioni-orticaria. Diamo un contributo
di Daniela Ranieri
• Da obbrobri come “un attimino” a locuzioni improbabili del tipo “piuttosto che” usato come congiunzione: la lingua italiana, con le sue regole e la sua sintassi, è sotto l’attacco delle espressioni orribili. Sul Fatto Quotidiano continua la pubblicazione delle liste di proscrizione delle firme del nostro giornale. Qui, nei commenti sotto l’articolo, potete inserire le storpiature che più vi hanno colpito voi. Per una battaglia civile per combattere l’antilingua.
In principio era “un attimino”. Inesorabilmente, come un virus, si diffuse a tutti i piani della società, ci inseguiva in banca, in palestra, in ufficio, a casa, nessuno ne era immune, dal prete allo psichiatra, dalla casalinga al parrucchiere. Poi avanzò violento il “piuttosto che” usato non in senso comparativo o avversativo, ma come congiunzione. “Andrei in Giappone, piuttosto che in Cina, piuttosto che a Cuba…”, dicevano i pierre di moda da Milano a Cefalù, i medici estetici, gli avvocati di Prati, le shampiste della Magliana: piacendosi molto. E intorno tutto un florilegio di “gentilmente”, “una firmetta qui”, “naturale o leggermente”… Che fastidio! La lingua italiana, con le sue regole e la sua sintassi, era sotto attacco.
La comunità web delle #paroleorrende
Ne parlai con Vincenzo Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, che convenne: ormai non potevamo più ignorare il crimine, l’attacco efferato, l’invasione di certi obbrobri che ci salivano automaticamente alla bocca, che si impossessavano delle nostre dita. Avremmo dovuto allestire una lista nera, perché, come disse Ostuni in una sorta di manifesto di lotta contro le parole orrende, “la lingua tutta è un campo minato”. Oggi la raccolta di #paroleorrende (l’hashtag sta a significare che la cura non può che essere omeopatica) impegna su Facebook molte persone, che – in una specie di trance agonistica – propongono ciascuna le proprie parole-tabù, le bestie nere, le espressioni-orticaria. Nessuno snobismo, nessuno spirito conservatore: oggi che il Papa parla la lingua del popolo e il latino lo parla solo Claudio Lotito, nessuno vuol tornare all’italiano di Machiavelli. La lingua è un’entità plastica, vulcanica, e l’uso che ne fa la nostra psiche, avvinghiata agli algoritmi della rete, la rimodula incessantemente. Ormai nessun ostacolo può fermare “la pirlolingua degli informatofoni” (Guido Ceronetti). E infatti controllate nelle vostre mail, quelle di lavoro, degli uffici stampa delle case editrici o dei nostri politici. Non ce n’è una in cui non compaia qualche orribile lemma, un trito stilema, un insopportabile tic verbale. Ci sarà un timing, una dead line, una tabella di marcia, un customizzare, un ottimizzare, un funzionare (nel senso di convincere), un top, un performante, un endorsare, un quant’altro.
Nella poltiglia restasoltanto il “Googlish”
Fonemi vuoti, gassosi, che non vogliono dire niente e non hanno un vero e caldo rapporto con la nostra vita, ma evocano tutto un mondo di cultura progredita, sofisticherie aziendali, meeting motivazionali, affettazioni al passo coi tempi. Parole-chiave, hashtag, rapidi input brucia-sinapsi, inglesismi usati per lo più impropriamente (e spesso da chi non sa l’inglese), voci in Googlish, quella lingua diffusa dai motori di ricerca che uniforma i lessici nazionali in una poltiglia globalizzata. Tic linguistici che usiamo per impreziosire il discorso e mostrarci parlanti evoluti, dopo la vittoria dell’antilingua di cui parlava Italo Calvino su Il Giorno nel 1965, quell’italiano paludato che impone di dire “ho effettuato” invece di “ho fatto”, col risultato comico di trovare scritto nei bar: “Non si effettuano panini”.
Oggi è tutto rapido e veloce, la contrazione delle parole è frenetica; negli spasmi del multitasking, non c’è tempo di scegliere. La palude è bassa. Se già nel ‘78 Alberto Arbasino registrava le fissazioni giornalistiche “dello scendere in lizza e dello spezzare una lancia, del lavorare ai fianchi e del battere in ritirata, della levata di scudi, delle frecce all’arco, del sentiero di guerra, della caccia alle streghe, della camicia di forza”, oggi il “giornalismo esploso” dei social diffonde i suoi cliché spompati di “paese reale” e “società civile”, i suoi automatismi dei “gusti del pubblico” e dei “due marò”, i suoi barbarismi da Jobs Act a start-up.
L’antilingua del potere
E non parliamo dei post-politici. Il basic italian da 140 caratteri di Renzi costringe alla ripetizione anche i più avvertiti, con i suoi “la volta buona” e “l’Italia riparte”, “andare a vedere le carte” e “non gettare la palla in tribuna”, “il risultato lo portiamo a casa” e “non cadiamo nel derby ideologico”. Tutta una scialba metafora a condire il vuoto di contenuti; già che un conto è trasformare, usare, muovere la lingua, un conto è fossilizzarla nell’antilingua, assistendo senza resistere all’esaltazione corale del nulla lessicologico. Perché, sempre Calvino: “La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l’odio per se stessi”.
da Il Fatto Quotidiano di giovedì 8 ottobre
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I miei amici su FB
Pablito Morelli E poi: "Assolutamente sì", "assolutamente no", "settimana prossima", eccetera. Povera lingua bistrattata.
Anna Laura Folena ...e quantaltro! (scritto tutto attaccato)
Umberto Folena "NARRAZIONE"...
Michelangelo Lucco ·
E di "piuttosto che" al posto di "o" non ne vogliamo parlare?
"Marino stai sereno!"
Ultima ora:
Ignazio Marino ha formalizzato le dimissioni da sindaco di Roma, consegnandole al presidente dell’assemblea capitolina Valeria Baglio. Da domani scattano i 20 giorni previsti dalla legge passati i quali le dimissioni saranno esecutive ed irrevocabili. Il 2 novembre dunque Marino decadrà dal incarico e si aprirà la fase del commissariamento e per le nuove elezioni.
Ripercorro gli ultimi mesi con le vignette di Gianfranco Uber
mercoledì 17 giugno 2015
TANTO TUONO'...
Certo che uno "stai sereno" dall'ex responsabile della Protezione Civile, Franco Gabrielli, dovrebbe tranquilllizzare Marino.
O no?
giovedì 27 agosto 2015
CAFFE' SALATO
Dopo lo scandalo di Mafia Capitale il CDM decide in pratica il commissariamento del Comune di Roma. Marino non era presente alla riunione. Ufficialmente perchè ancora in ferie ai Caraibi, probabilmente perchè subodorava l'impallinamento.
Questo comunque, indipendentemente dal metodo "staisereno" e dai meriti del Sindaco resta un gesto profondamente offensivo nei riguardi dei cittadini romani e degli elettori in genere.
Per curiosità a Genova(*) quando il caffè aveva un brutto gusto si diceva che sapeva di marino.
(*) Nel porto, più importante in Europa per l'importazione del caffè, poteva capitare che durante lo sbarco qualche sacco si bagnasse di acqua salata
venerdì 9 ottobre 2015
IL COCCODRILLO CAPITOLINO
Non ho mai avuto un particolare entusiasmo per la discesa in politica di Marino ma e' molto probabile che i meno entuisiasti fossero i titolari degli sporchi affari consumati dietro il paravento di Roma Capitale.
Adesso molti sembrano rimpiangerlo gia' ma sara' solo un attimo, in attesa di un vecchio volpone o di un nuovo marziano da spernacchiare, come quello di Flaiano, il piu' in fretta possibile.
(e i gemelli? direte voi. Se li sara' mangiati!)
LA SCOSSA
Oggi Marino darà le dimissioni. Il suo vizietto, molto probabilmente vero e cronico, anche se fosse solo limitato alla pochezza degli scontrini falsi rapportati alle ruberie romane, doveva suggerirgli di darle prima. Senza aspettare l'aiutino della Chiesa.
(a proposito non era stata abolita la pena di morte dal Vaticano?)
*********
domenica 11 ottobre 2015
Le Sorelle Bandiera che sfasciano la Capitale
Benny disegna le sorelle Bandiera per il Bestiario di Pansa
IL BESTIARIO
Renzi, Orfini e Marino: le Sorelle Bandiera che sfasciano la Capitale
Qualcuno ricorderà le Sorelle Bandiera. Erano tre uomini vestiti da donna che Renzo Arbore aveva lanciato in un suo straordinario programma televisivo in onda sulla Rai. La loro apparizione suscitò proteste, anatemi, critiche furiose. Ma Arbore è Arbore e se ne infischiò. Le sorelle Bandiera, un messicano, un australiano e un italiano, spopolarono. Cantavano "Fatti più in là, così vicino mi fai turbar!" e mandarono in delirio milioni di telespettatori.
Molti, a cominciare dal sottoscritto, ritenevano che le Sorelle Bandiera fossero morte e sepolte. Non era così.
IL BESTIARIO
Renzi, Orfini e Marino: le Sorelle Bandiera che sfasciano la Capitale
Qualcuno ricorderà le Sorelle Bandiera. Erano tre uomini vestiti da donna che Renzo Arbore aveva lanciato in un suo straordinario programma televisivo in onda sulla Rai. La loro apparizione suscitò proteste, anatemi, critiche furiose. Ma Arbore è Arbore e se ne infischiò. Le sorelle Bandiera, un messicano, un australiano e un italiano, spopolarono. Cantavano "Fatti più in là, così vicino mi fai turbar!" e mandarono in delirio milioni di telespettatori.
Molti, a cominciare dal sottoscritto, ritenevano che le Sorelle Bandiera fossero morte e sepolte. Non era così.
giovedì 8 ottobre 2015
Marino, Marino, Marino
"Marino"
Mi sono innamorato di Marino
Un ragazzo moro ma carino
Ma lui non vuol saperne del mio amore
Cosa faro' per conquistargli il cuor
Un giorno l'ho incontrato solo solo
Il cuore mi batteva mille all'ora
Quando gli dissi che lo volevo amare
Mi diede un bacio e l'amor sboccio'
Marino, Marino, Marino
Ti voglio al piu' presto sposar
Marino, Marino, Marino
Ti voglio al piu' presto sposar
O mia bella Roma
No non mi lasciare
Non mi devi rovinare
Oh, no, no, no, no, no
...la luna
...il dito
Fogliazza
L'ultima cena
Il povero Cristo è crocefisso, Barabba esulta, Giuda conta i trenta euro. Fasci, masso-mafi, 101 d'alemon, Pinocchio e pinocchietti, malversatori di basso e infimo bordo esultano, assieme a delinquenti di ogni risma, e si preparano a partecipare al SACCO SANTO Straordinaro prossimo venturo.Luciano Lodoli
Riverso
il pacco che s'incartava da sè
Mannelli
-
— Mauro Biani (@maurobiani) 8 Ottobre 2015
-
L'intervista al sindaco dimissionario di Roma, Ignazio Marino, di Massimo Gramellini
cocaina in tasca”
“Renzi? Non ho avuto l’opportunità di conoscere il pensiero del presidente del Consiglio. Ma metà dei consiglieri Pd piangeva”
Alle nove di sera il Mostro Marino, sindaco dimissionario di Roma, ha la voce esausta di un chirurgo dopo dieci ore di camera operatoria. «È da ieri che non mangio e che non mi siedo: proprio come quando operavo».
Se ne va a casa per cinque scontrini di ristorante non giustificati?
«Ci avevano provato con la Panda rossa, i funerali di Casamonica, la polemica sul viaggio del Papa. Se non fossero arrivati questi scontrini, prima o poi avrebbero detto che avevo i calzini bucati o mi avrebbero messo della cocaina in tasca».
Su qualche sito sono arrivati a imputarle di avere usato i soldi del Comune per offrire una colazione di 8 euro a un sopravvissuto di Auschwitz.
«Se è per questo, mi hanno pure accusato di avere pagato con soldi pubblici l’olio della lampada votiva di san Francesco, il patrono d’Italia, “per farmi bello”. Senza sapere che sono centinaia di anni che il sindaco di Roma, a rotazione con altri, accende quella lampada».
Vox populi: si dava arie da integerrimo e invece sotto sotto era uno spendaccione come gli altri.
«Infatti una volta in cui mi trovavo in albergo a Londra per un convegno con i sindaci europei, ho rinunciato al buffet da 40 sterline perché mi sembrava uno schiaffo alla miseria. Ho attraversato la strada e sono andato da Starbucks».
Ci sono cinque note spese in cui lei sostiene di avere cenato con qualcuno che invece nega di essere stato a tavola con lei.
«Ho già detto che sono disposto a pagare di persona le mie spese di rappresentanza di questi due anni: 19.704,36 euro. Li regalo al Campidoglio, compresa la cena in onore del mecenate che poi ha staccato l’assegno da due milioni con cui stiamo rimettendo a posto la fontana di piazza del Quirinale, sette colonne del foro Traiano e la sala degli Orazi e Curiazi».
Ma quelle note spese sono bugiarde oppure no?
«Io non so cosa ci hanno scritto sopra. Ho consegnato gli scontrini agli uffici, come si fa in questi casi. Non escludo che possa esserci stata qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi».
Si aspettava che sarebbe venuto giù il mondo?
«Ho rotto le uova nel paniere del consociativismo politico. Ho riaperto gare di acquisti beni e servizi che erano in prorogatio da una vita. Ho tolto il business dei rifiuti a una sola persona e il patrimonio immobiliare a una sola azienda che ha incassato dal comune 100 milioni negli ultimi anni, la Romeo».
Da Renzi si sarebbe aspettato un atteggiamento diverso?
«Diciamo che Renzi non ha avuto la possibilità di apprezzare i cambiamenti epocali che abbiamo fatto in questa città».
Si sente pugnalato alle spalle dal suo partito, il Pd? Non una voce si è alzata a sua difesa.
«Mi hanno espresso vicinanza in due. Il ministro Graziano Del Rio e Giovanni Legnini, vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Erano entrambi molto avviliti per quanto accaduto».
video
E Renzi?
«Non avendo avuto l’opportunità di parlare col presidente del consiglio, non ho potuto conoscere qual è il suo giudizio».
Brr, che freddo. Lei ha presentato le dimissioni dicendo che in base alla legge ha venti giorni di tempo per ritirarle. Cos’è, una minaccia?
«Ma si figuri. Prendo atto che Pd e Sel, due partiti della maggioranza, hanno chiesto le mie dimissioni. E un chirurgo non può restare in sala operatoria senza il suo team»
Pensa che qualcuno starà festeggiando?
«Sicuramente. Eppure oggi ho visto tanti volti rigati dalle lacrime… Alfonso Sabella, assessore e magistrato, mi ha detto che non piangeva così da 35 anni. E dieci consiglieri del Pd su diciannove mi hanno assicurato con le lacrime agli occhi che erano contrari alle mie dimissioni»
Dieci su diciannove è la maggioranza… Se erano sinceri, il partito è spaccato in due. Tornerà indietro?
«La decisione non è più nelle mie mani. E io sono l’ultima persona al mondo che vuole occupare una poltrona. Questo incarico meraviglioso mi ha procurato problemi familiari enormi, proiettili in busta e perdita della libertà personale».
Sta scrivendo un libro sull’esperienza di sindaco e queste dimissioni vi aggiungeranno ancora più pepe. Pensa di avere pagato a caro prezzo la sua natura di marziano a Roma, anzi di marziano della politica, troppo ingenuo nei rapporti e poco avvezzo ai compromessi?
«Se sono accuse, le considero medaglie. Non sono mai andato nei salotti e alle cene della Roma che conta. Non ho mai frequentato il mondo che in passato era abituato a decidere assieme alla politica le strategie economiche della città. Io alla terrazza ho sempre preferito la piazza. E vorrei ricordare che il 5 novembre avverrà un fatto storico: Roma sarà parte civile nel processo di Mafia Capitale. Noi abbiamo tagliato le unghie a chi voleva mettere le mani sugli affari».
Ma le mani hanno finito per tagliarle a lei. E proprio alla vigilia di un evento come il Giubileo. Come mai?
«Non lo so. Certo nei prossimi giorni bisognerà decidere quando e come investire sul Giubileo… La mia giunta ha segnato una discontinuità. Mi auguro che chi verrà dopo di me non riporti Roma indietro».
Sembrano le parole di un uomo nauseato dalla politica.
«Diciamo che il comportamento di una parte della classe dirigente non mi ha entusiasmato. Ho provato a interrompere il consociativismo degli affari che fa sedere maggioranza e opposizione intorno allo stesso tavolo, senza scontrini… E ho pagato per questo».
EX VOTO
Portos
Marino: fatto non fosti a viver come Bruto
di Nadia Redoglia
«…Immediatamente dopo, se gli scontrini non avessero funzionato, sarebbero passati a mettermi la coca in tasca…». Si fa per dire, per sintetizzare in qualche modo il succo delle cose. Ed è in questo modo che Ignazio Marino (già) sindaco di Roma ha sintetizzato.
Chi ha orecchie per intendere, occhi per vedere e capacità di sintesi, intende, vede e costruisce. Sono i “chi” che (perciò) avevano già previsto che non sarebbe durato a lungo…. Fin dalla panda rossa (auto o ailurus fulgens va bene uguale nel nostro caso) stava scritto che quel sindaco vaticinato -non vaccinato da mafia, casta, figli della lupa, marchesi del Grillo, romani poteri più o meno temporali, giungendo fino a quel primo figlio della lupa che, ammazzato il gemello, s’impossessò di ‘sta città eterna- aveva i semestri contati.
Ecco il punto. Eterna dde che? Senz’altro dell’esser “fatti per viver come Bruti”. E’ già un bel passo avanti rispetto a quel Romolo fratricida. Gli è che però già stiamo al 2015 d.C. e ancora esser fermi al tempo delle pugnalate a Gaio Giulio Cesare un po’ ci turba e inquieta (a parte il farci anche un po’ senso).
Se tanto ci dà tanto quanto ancora dobbiamo subire prima d’arrivare a risolvere i (fatti non siamo a esser) Gaio Massimo Carminati?
9 ottobre 2015
Ellekappa
Giannelli
... magnamo dopo...
Bianco
FANGO (SU) MARINO
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Vignettina un po' (MOLTO) in controtendenza con l'adesione viscerale e pressochè plebiscitaria al gettafango su Ignazio Marino!
Fonte QUA:
http://www.facemagazine.it/chi-ha-paura-di-ignazio-marino-ecco-le-vere-ragioni-di-un-linciaggio-senza-precedenti
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La vignetta è visionabile sul mio Spazio Flickr QUA:
https://www.flickr.com/photos/moisevivi/22028926792/#
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…e a breve nella rubrica “MoisEditoriali” di afNews.info QUA:
http://www.afnews.info/wordpress/2015/10/08/fango-marino/
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LINK:
Ho un sospetto su Ignazio Marino che nessuno dice
La rivincita di Mafia Capitale
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Riverso
martedì 6 ottobre 2015
Lo scandalo Volkswagen
VW Paolo Lombardi
The Volkswagen scandal.
23 Sep 2015
Giovedì il numero uno di Volkswagen negli Stati Uniti Michael Horn testimonierà davanti a una commissione del Congresso sullo scandalo delle emissioni diesel.
Stando alla memoria scritta già depositata, il dirigente sarebbe già stato al corrente di possibili problemi nell’aderenza dei veicoli agli standard anti-emissioni statunitensi nel 2014.
Nell'attesa della testimonianza vi propongo alcune vignette delle tante disegnate e il comunicato ufficiale ai clienti Volkswagen, lo trovo esilarante. L'azienda sembra abbia a cuore solo la fiducia dei propri clienti e di sicuro non la loro salute.
23-set-2015 | Corporate News
Volkswagen informa
A tutti i clienti Volkswagen
Gentili Signore e Signori,
come avrete avuto modo di apprendere dagli organi di stampa, in queste ore il Gruppo Volkswagen sta lavorando a pieno ritmo per fare chiarezza su alcune irregolarità che riguardano un particolare software utilizzato su alcuni nostri motori Diesel.
Prima di tutto vogliamo comunicarvi che tutelare la fiducia dei nostri Clienti e del pubblico è e rimarrà un aspetto della massima importanza per noi tutti. Siamo sinceramente e profondamente dispiaciuti che le vicende di questi giorni possano avere incrinato la loro fiducia.
Prenderci cura dei nostri Clienti rimane un elemento centrale della nostra missione aziendale e questo è ancora più valido in questa difficile circostanza.
Pertanto Volkswagen si impegna a farsi carico di affrontare e risolvere il problema nel più breve tempo possibile.
Pertanto Volkswagen si impegna a farsi carico di affrontare e risolvere il problema nel più breve tempo possibile.
(continua in fondo alla pagina)
mercoledì 23 settembre 2015
UNA SITUAZIONE IMBARAZZANTE
I test che davano un risultato migliore sulle emissioni inquinanti delle vetture VW rispetto a quelle reali, sembra ammesso dalla stessa casa automobilistica, erano causati da un sw "volutamente" pilotato per superare i limiti imposti dasl mercato americano.
Detto questo mi chiedo cosa vuol dire richiamare tutte le auto vendute? Per correggere il sw che a questo punto però darebbe un risultato non ammissibile o per un improbabile miglioramento delle prestazioni del motore che, se fosse stato possibile, sarebbe già stato applicato?
Uber
Volkswagen in USA Vladimir Kazanevsky
Volkswagen in USA.
23 Sep 2015
Free fall Giuseppe La Micela
Volkswagen scandal
24 Sep 2015
Volkswagen pollution level Alex Falcó Chang
Volkswagen pollution level.
04 Oct 2015
La caduta degli dei
Mario Bochicchio
VOLKSWAGENWESTERN Marian Kamensky
VOLKSWAGENWESTERN
21 Sep 2015
REAL TEST FOR VOLKSWAGEN
24 Sep 2015
Volkswagon Scandal
BY JOEP BERTRAMS, THE NETHERLANDS - 9/22/2015
panic buttons
BY JOEP BERTRAMS, THE NETHERLANDS - 9/30/2015
junk
BY JOEP BERTRAMS, THE NETHERLANDS - 9/25/2015
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Le scandale #VW - © Chappatte dans The International New York Times pic.twitter.com/M0ABpuobWZ
— Dessins de Chappatte (@chappatte) 27 Settembre 2015
L'ACCUEIL DES MIGRANTS EN ALLEMAGNE, le pays de VOLKSWAGEN. Le dessin du Monde de ce mercredi. pic.twitter.com/YY9GWd6u2f
— PLANTU (@plantu) 23 Settembre 2015
Folkswagen
Valerio Marini
Made in Germany
BY MICHAEL KOUNTOURIS, GREECE - 9/27/2015
— Peter Brookes (@BrookesTimes) 23 Settembre 2015
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Adams for Telegraph
Portos
Riverso
Chubasco
Italia e Germania ... punti in comune
Airaghi
Per i nostri Clienti, comunque, è importante sapere che tutti i nostri veicoli circolanti sono tecnicamente sicuri e adatti alla circolazione su strada. La questione in essere coinvolge eventualmente solo le emissioni inquinanti e ribadiamo il nostro impegno a risolverla quanto prima.
Naturalmente Volkswagen intende farsi carico dei costi per l’organizzazione e l’adozione delle misure tecniche necessarie, una volta che esse siano state chiaramente individuate.
Questo processo richiederà però, purtroppo, del tempo, tempo necessario per eseguire un’analisi accurata e precisa delle circostanze e per introdurre le adeguate misure tecniche correttive.
Per quanto riguarda i veicoli nuovi del Gruppo Volkswagen dotati di motori Diesel EURO 6 e attualmente disponibili per la vendita nell’Unione Europea , essi soddisfano appieno i requisiti legali e gli standard ambientali vigenti. Il software sotto indagine non influenza in questo caso né il comportamento di guida, né i consumi, né le emissioni.
Uno scostamento rilevabile tra i risultati di emissione allo scarico ottenuti al banco di prova e le condizioni di guida reali è stato riscontrato esclusivamente per una famiglia di motori diesel precedenti all’omologazione EU 6 e Volkswagen sta lavorando intensamente per eliminare questa deviazione attraverso l’adozione di adeguate contromisure tecniche.
Purtroppo al momento non siamo ancora in grado di specificare quali modelli e quali anni di costruzione potrebbero essere interessati. Forniremo tutte le informazioni al riguardo non appena ne saremo in possesso.
Noi in Volkswagen faremo tutto ciò che sarà necessario per riconquistare la fiducia dei nostri clienti.
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domenica 4 ottobre 2015
Festival di Internazionale a Ferrara - Concorso Una vignetta per l'Europa 2015: I Vincitori
Ecco i vincitori del concorso per la migliore vignetta dell’anno sull’Europa, scelti da una giuria e dal voto del pubblico.
La premiazione è avvenuta a Ferrara durante il festival di Internazionale 2015 il 4 ottobre.
Presidente della giuria Thierry Vissol autore di Libertà di espressione in Europa
PRIMO PREMIO
Vecchia Europa
di Marilena Nardi
Marilena Nardi, Vecchia Europa, L'Asino www.buduar.it, 24 aprile 2015 / maggio 2015.
Secondo Premio
Tom Janssen, Brexit and Grexit, www.voxeurop.eu, 12 maggio 2015.
Terzo Premio
Marco De Angelis, European Sea, www.buduar.it, Giugno 2015.
Premio speciale del pubblico
Pierfrancesco Uva, La cravatta tedesca, www.italiancomics.it, 8 febbraio 2015.
Premio speciale della giuria
Bruno Olivieri, È l'Europa che lo chiede, L'unione sarda, 26 aprile 2015.
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Edizioni 2011, 2012, 2013 e 2014
Internazionale 2011 concorso vignette
Internazionale 2012 - Concorso Una Vignetta per l'Europa
Internazionale 2013 - Concorso Una Vignetta per l'Europa
Internazionale 2014 - Concorso Una Vignetta per l'Europa
http://www.internazionale.it/festival
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giovedì 1 ottobre 2015
La crisi colpisce anche l'umorismo
Dal 1° Ottobre 2015 il Corriere della Sera abolirà le vignette dalla pagina dei lettori.Un'epoca (per me, ma anche per tutti gli altri disegnatori) che si chiude. E' stato bello, ma ogni cosa - purtroppo - ha una fine. Grazie a tutti i collaboratori del Corriere per la loro assistenza.
Bruno Bozzetto
Tristissima notizia!
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