lunedì 22 luglio 2013

Belgio: l'abdicazione di re Alberto II

Belgio 21 luglio
Alberto II abdica dopo vent'anni di regno in favore del figlio Filippo.
Il monarca è stato molto seguito ed  amato dalle cronache rosa italiane, per aver sposato nel 1958 Paola Ruffo di Calabria.
Saluto il re Alberto II con i disegni di tre artisti Belgi,  Pierre Kroll, Sondron, e Cecile Bertrand, e il francese Nicolas Vadot.
In Belgio la satira è molto amata.




















Non d'une pipe ! J'avais fait faire 99 exemplaires ( signé et numérotés) de ma statuette ... il m'en reste 8 ! C'est un collector à coup sûr ... si ça vous dit ( c'est quand même cher, je sais, 850 euros, mais on n'a qu'un roi et la robe de chambre lui va mieux que jamais !) dépêchez-vous ...




Beaucoup n ont pas compris le dessin que vous je montrais hier ( une allusion à une famille bien belge rendue célèbre par ses expressions colorées ) ...il y en a d'autres dans Le Soir ( voir sur leur site si vous voulez ) et celui-ci ( fort simple !) est inédit.

 Pierre Kroll è un disegnatore belga nato nel 1958 nell'attuale Repubblica democratica del Congo (all'epoca colonia belga). Architetto e diplomato in Scienza dell'ambiente, diventa nel 1985 disegnatore free-lance. È il vignettista titolare del quotidiano brussellese Le Soir e del settimanale belga Télémoustique. Disegna anche delle caricature durante una trasmissione politica della domenica sulla tv pubblica belga RTBF.  I suoi disegni sono ripresi anche da Courrier International. Ha ottenuto il Premio dell’humour vache in Francia nel 1986 e il primo premio del Press Cartoon of Belgium 2006 e 2009.
Il sito
La pagina di FaceBook
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L’ultimo messaggio di re Alberto II
Nel suo discorso di abdicazione il re del Belgio Alberto II ha fatto appello alle autorità del paese e al suo successore Filippo perché "lavorino senza tregua per la coesione del Belgio".
Ma a catturare l'attenzione degli osservatori è stato soprattutto il "grande bacio" che il sovrano ha mandato alla moglie Paola.

 Jacques Sondron è un disegnatore belga nato nel 1963. Laureato in arti plastiche, dal 1997 pubblica le sue vignette sul quotidiano di Namur L'Avenir.
Il sito


un disegno di Cecile Bertrand per il libro di Pierre Kroll
Cécile Bertrand (1953) ha realizzato diversi libri per bambini prima di iniziare a disegnare per varie testate belghe, tra cui La Libre Belgique.




Nicolas Vadot (Londra, 1971) è un vignettista e disegnatore di fumetti franco-britannico e vive a Bruxelles dall'età di 17 anni. Ha vinto il Press Cartoon Europe e pubblica i suoi disegni sul settimanale Le Vif/L’Express, il quotidiano L'Echo e il suo supplemento settimanale Mon Argent.

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LINK:
Belgique : discours d'abdication du roi Albert II

Detroit, una città in bancarotta


Peter Brookes for The Times

Una carcassa di automobile usata come metafora del degrado ed abbandono di una grande città americana  Detroit.
Detroit è fallita
Diversi fattori hanno influito sui problemi economici di Detroit, tra cui il calo di un quarto di abitanti tra il 2000 e il 2010 (erano 1,8 milioni negli anni Cinquanta, oggi sono meno di 700 mila), così come la fuga di imprese e classe media, che hanno diminuito drasticamente le entrate fiscali. Il deficit nel bilancio cittadino è stimato in oltre 380 milioni di dollari, ma Orr ha stimato i debiti di lungo periodo a oltre 14 miliardi di dollari, forse addirittura 18,5 miliardi.
E paradosso tutto questo succede mentre l'industria automobilistica ha un boom!




The city of Detroit, once the heart of the U.S. automobile industry, filed for Chapter 9 bankruptcy protection in federal court on Thursday, laying the groundwork for a historic effort to bail out a city that is sinking under billions of dollars in debt and decades of mismanagement, population flight and loss of tax revenue. The bankruptcy filing makes Detroit the largest city in U.S. history to do so. Full story
In this cartoon from The Daily Telegraph, Blower uses the rusty wreck of an American automobile as a metaphor for the decline of this once great city. (I'm no expert on cars, but I think it's a Cadillac.) The hood is open and the wheels have been removed. A solitary tire lies on the ground. The license plate bears the words "Motor City", a nickname for Detroit. On the right, we can see the ruins of a house, another symbol of Detroit's decay.
NOTE 
The cartoonist may also have been thinking of the expession Rust Belt, the name given to the heavily industrial area of the northeastern U.S. containing the older industries and factories. The term gained popularity in the United States in the 1980s as an informal description of a postindustrial region straddling the Northeastern and the East North Central States.
VOCABULARY1. Cars are one of the areas where American English and British English differ in their vocabulary.
• automobile (US) = (motor) car (UK)
• hood (US) = bonnet (UK)
• trunk (US) = boot (UK)
• license plate (US) = number plate (UK)
• windshield (US) = windscreen (UK)
• fender (US) = wing (UK)
• tire (US) = tyre (UK)
• flat (US) = flat tyre, puncture (UK)
2. If you describe something, such as an old car, as rusty, you mean that it is covered with rust (a reddish-brown substance that is formed on some metals by the action of water and air). Rust is also a verb. • Brass doesn't rust.  • Water had got in and rusted the engine.





Enzo Apicella



Detroit
By Sean Delonas, CagleCartoons.com - 7/18/2013



Crash
By Petar Pismestrovic, Kleine Zeitung, Austria - 7/19/2013




Detroit
By Joe Heller, Green Bay Press-Gazette - 7/19/2013



new guy
By Luojie, China Daily, China - 7/20/2013

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ALSO SEE

Detroit's Beautiful, Horrible Decline (TIME Magazine photo gallery)

The rise and fall of Detroit: A timeline (The Week)

Detroit è fallita









domenica 21 luglio 2013

Mamma Olga ha bruciato davvero i quadri?



19/07/2013
La mamma che bruciò Picasso

massimo gramellini


Una donna di nome Olga Doganu ha ammesso di avere arrostito sette capolavori rubati al museo di Rotterdam, fra cui la «Testa d’Arlecchino» di Picasso, per cancellare le prove della colpevolezza del figlio. La vicenda è destinata a segnare una tappa importante nella storia del mammismo iperprotettivo. La libertà di un figlio, ancorché mascalzone, vale più o meno di un Picasso al forno?

Di fronte a interrogativi di tale portata, lo scribacchino si fa rispettosamente da parte, concedendosi tutt’al più qualche riflessione laterale. Mamma Olga era consapevole dell’enormità artistica dell’infornata, oppure avrà pensato che quegli occhi sconnessi e quelle labbra contorte fossero il parto di uno studente affetto da reumatismi alla mano? Quanto vale, al borsino dei sentimenti offesi, il dolore del direttore del museo, straziato dalla perdita di ben sette figli, che ha denunciato la donna per crimini contro l’umanità? E se il mammismo della Doganu fungesse da schermo a una furbizia atavica, capace di confezionare una bugia depistante perché in realtà il Picasso sano e salvo sta strabuzzando gli occhi nella villa del miliardario che ne ha commissionato il furto? A quest’ultima domanda potrebbe rispondere solo un segugio come Alfano. Sempre che il miliardario non sia kazako.


 
Pompei
Gianni Soria

Nota :
I dipinti rubati erano quasi tutti opere di autori molto famosi: un Picasso (“Testa di Arlecchino”, 1971), un Gauguin (“Ragazza davanti a una finestra aperta”, 1898), un Matisse (“Ragazza che legge in bianco e giallo”, 1919), un quadro di Lucian Freud del 2002 (“Donna con gli occhi chiusi”) e due di Claude Monet (“Il ponte di Waterloo a Londra” e “Il ponte di Charing Cross a Londra”). Il settimo quadro era un autoritratto del pittore olandese Meyer de Haan, del 1890 circa. (fonte)







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PS: Nell'ipotesi che effettivamente la mamma abbia bruciato i quadri, la cosa mi riempe di tristezza infinita e mi fa pensare a quanto bisogna lavorare sull'educazione , sull'insegnamento dei valori dei beni culturali ma anche delle persone. Proprio un anno fa un'altra donna una parrocchiana spagnola, con una profonda ignoranza, ma tanta buona volontà, aveva restaurato un affresco rovinandolo completamente.

Il restauro della parrocchiana


sabato 20 luglio 2013

Affare kazako: Alfano non lo sapeva ...

 ... e se non lo sapeva è ancora peggio

19 luglio
Senato si vota la sfiducia al ministro degli Interni Angelino Alfano per l'estradizione della signora Alma Shalabayeva e di sua figlia

Letta ha difeso il suo vice: "I fatti descritti ci lasciano attoniti e non sono tollerabili nell'Italia 2013. Specie nei confronti di una donna e di una bambina", ma è "inoppugnabile l'estraneità di Alfano".
Voti:
226 no, 55 sì, 13 astenuti.


Etichette: Alfano, Kazakistan, postcards, Shalabayeva



Etichette: Angelino Alfano, berlusconi, E' una storia vera, Enrico Letta, Governo Letta



Informing Alfano

Natangelo


Test
Una farfalla, evidente.
Mauro Biani


18/07/2013
Il ministro ombra
massimo gramellini

È possibile che travestire una palestra da prima casa sia colpa infinitamente più grave che consegnare moglie e figlia di un dissidente al satrapo di un Paese fornitore di petrolio. Quindi non le dimissioni della perfida Idem si pretendono dal timido Alfano, ma semmai un’immissione sulla poltrona di ministro dell’Interno, che per sua stessa ammissione è attualmente disabitata. Alfano ha un vero talento nel non abitare le poltrone che occupa. Sarà per questo che gliene offrono in continuazione. Se fosse stato effettivamente il segretario del Pdl, quando il proprietario del partito gli fece ringoiare la promessa delle primarie avrebbe dovuto dimettersi. Ma lui non è il segretario del Pdl, lui non è il ministro dell’Interno, lui probabilmente non è neanche Alfano, ma un cortese indossatore di cariche per conto terzi. Tra le tante squisitezze che ha pronunciato l’altro giorno al Senato vi è l’affermazione perentoria che al cognato della signora kazaka (o kazakistana, per citare quell’acrobata del vocabolario di La Russa) i poliziotti non abbiano torto un capello. E pazienza se nell’intervista al nostro Molinari il cognato racconta di essere stato preso a pugni e ceffoni, come conferma il verbale del pronto soccorso pubblicato dall’«Espresso». Alfano era e rimane all’oscuro di tutto: pugni, ceffoni, cognati, forse anche che esista una polizia e che sia alle sue dipendenze.

Rimane la speranza che certi giudizi come questo lo offendano a morte e che in un soprassalto di dignità il ministro ombra di se stesso si dimetta, preferendo passare per responsabile che per inutile. Ma la nostra è, appunto, solo una speranza.





Non esiste
Napolitano: “Se cade il governo contraccolpi irrecuperabili per Paese”. Senato, Pd voterà no alla sfiducia.
E via, avanti avanti.
Mauro Biani


Claudio Cadei



Sfiducia
Paolo Lombardi



Vukic



SERGIO STAINO


SERGIO STAINO


L’AMACA del 20 luglio 2013 (Michele Serra)
20 luglio 2013

Non credo che il Pd abbia salvato Alfano (e il governo Letta) “per le poltrone”, come si sente dire in rete. C’è una malattia forse peggiore del potere, dentro la sinistra italiana, ed è la paura. Quella forma specifica di paura che è la paura di non essere all’altezza, di essere inadeguati, di sbagliare la mossa, di rischiare a viso aperto. Mai una volta che si provi a fare o a dire la cosa giusta senza chiedersi, trepidanti, quali saranno le conseguenze, chi ti sgriderà (per esempio il Colle, che nella nostra democrazia ha il ruolo del Padre), chi sarà scontento di te e te lo farà osservare, mettendoti in crisi. È tipica del non-adulto, questa esitazione imbronciata, come se le spalle non fossero mai abbastanza larghe da sopportare il peso delle conseguenze. Ma le conseguenze ci sono poi lo stesso. Anche le conseguenze del non fare, del non dire, del non scegliere. Si perde piano piano fiducia, si perde sicurezza, stima di sé.

Nella scena finale dell’Attimo fuggente di Peter Weir gli alunni di una classe si trovano costretti a scegliere, in pochi decisivi istanti, se salire in piedi sul banco, e ribellandosi diventare grandi, o rimanere seduti a capo chino, come bambini impauriti. È solo un film. Ma è un bellissimo film.

(La Repubblica)




 I tagli della politica
Romaniello


Paride Puglia



20 luglio 

Spunta il cablo kazakistano

Cablo da Astana: "Deportate la Shalabayeva"
L'ordine dal Kazakhstan che inchioda Alfano

Il blitz avviato da un messaggio del 28 maggio: "Anche lei è un obiettivo". E così si rivela che l'operazione aveva come scopo finale il trasferimento fuori dall'Italia dell'intera famiglia Ablyazov. E la nostra polizia è stata messa a disposizione di un governo straniero

di CARLO BONINI e FABIO TONACCI

CI HANNO raccontato per cinquanta giorni - dal ministro Angelino Alfano, al suo capo di gabinetto, all'intero Dipartimento di Pubblica Sicurezza - che la notte del 28 maggio la nostra Polizia, teleguidata dalla diplomazia kazaka accampata al Viminale, cercava solo Mukhtar Ablyazov, "un pericoloso latitante". E che quando la caccia si rivelò infruttuosa la storia fini lì. Che di Alma Shalabayeva e della sua bimba Alua di 6 anni nessuno sapeva, né poté sapere, se non a cose fatte. Che la loro espulsione fu un "danno collaterale".

Per "un blocco cognitivo". Per un cortocircuito dei "flussi informativi ascendenti e discendenti". Ebbene, è un falso. Ora documentabile.

Negli atti allegati alla relazione del Capo della Polizia Alessandro Pansa e depositati all’attenzione dei senatori che ieri hanno rinnovato la fiducia al ministro, una nota Interpol proveniente da Astana la mattina del 28 maggio chiede alla nostra Polizia, alla vigilia del blitz, di identificare, fermare e “deportare” la donna che i kazaki ritengono viva con Ablyazov e che con lui dovrebbe trovarsi all’interno della villa di via di Casal Palocco 3. Alma Shalabayeva, nata il 15 agosto 1966. Anche questo, un “dettaglio” cruciale espunto dalla sintesi della relazione finale del Capo della Polizia letta in Senato venerdì scorso da Alfano. Per ragioni evidenti. Dissimulare una verità che giorno dopo giorno si conferma tuttavia incoercibile. Che, sin dall’incipit, l’operazione orchestrata tra Astana e Roma aveva un unicoobiettivo. L’intera famiglia Ablyazov. E che a quell’operazione tout-court il ministro dell’Interno Alfano diede impulso mettendo a disposizione dei kazaki la nostra Polizia.
Vediamo.
IL PRIMO CABLO DA ASTANA
La mattina del 28 maggio, alle 10,15, sui terminali di “Arianna”, il sistema informatico della nostra Direzione Centrale della Polizia Criminale, lampeggia l’alert che indica l’arrivo di una nota Interpol. Il cablo è in lingua inglese, porta il numero 22/3-1614 e proviene dall’ufficio collegato di Astana, Kazakistan. È la nota — ne abbiamo dato conto nei giorni scorsi — che di fatto resuscita un polveroso inserimento di un ordine di cattura internazionale nei confronti del cittadino kazako Mukhtar Ablyazov inserito nel sistema Interpol nel marzo del 2009, ma da allora rimasto in sonno.
Sappiamo già che, nel sapiente canovaccio predisposto dai kazaki, la nota è cruciale. Deve cioè attivare l’ufficio Interpol italiano obbligandolo ad aggiornare la banca dati delle nostre polizie. Un passaggio cruciale necessario a eccitare, di lì a poche ore, il capo della squadra Mobile di Ro-ma e a convincerlo che le richieste che si sentirà fare dall’ambasciatore Yelemessov (la visita in Questura è delle 15.30) hanno una patente di legittimità.
Alle 12.26, il cablo kazako comincia dunque ad essere lavorato e tradotto dai nostri uffici Interpol i quali, sulla base delle informazioni che hanno ricevuto, attestano che “Ablyazov Mukhtar” è un ricercato, utilizza false identità, e — si legge testualmente — «vive a Roma, in una villa in affitto in via di Casal Palocco 3 di proprietà di una cittadina tedesca, utilizza una macchina modello Volvo XC90 targata EP241FJ e unLancia Voyager con targa olandese».Ancora: «È spesso accompagnato da un maschio asiatico che guida una Nissan Qashqai targata EM089MZ e potrebbe essere scortato da bodyguard armate in grado di reagire al suo arresto». Nello stesso cablo, i kazaki chiedono alla nostra Polizia di verificare queste informazioni e procedere all’arresto del lati-tante, «verificando l’identità di altri eventuali uomini presenti nella villa». Quindi, una chiosa. Già in qualche misura cruciale. «Non è escluso — si legge — che, nella stessa villa in affitto, viva con Ablyazov sua moglie, una cittadina kazaka di nome Alma Shalabayeva Boranbaevna, nata il 15 agosto 1966».
LA PRIMA MENZOGNA
Tradotto in italiano, il cablo 22/3-1614 — come documentano gli atti dell’inchiesta interna del Capo della Polizia — viene trasmesso alla Questura di Roma alle 16.57. E dunque, è possibile sostenere, senza ombra di dubbio, che, il pomeriggio del 28, la nostra Polizia, il capo di gabinetto del ministro dell’Interno, Alfano stesso,appunto.abbiano le informazioni necessarie per sapere che, nell’operazione di “cattura del pericoloso latitante”, balli anche il nome della moglie che con lui vive. La Shalabayeva, Chi ha sostenuto il contrario, non dice il vero. E chi “non ricorda” di aver «mai sentito parlare di una donna» — e sono in molti, diciamo pure tutti i protagonisti dell’af-faire all’interno del Viminale — o ricorda molto male o tace la verità.
Ma c’è di più.
“DEPORTATELA”
Sempre quel 28 maggio, qualche ora dopo il primo cablo e mentre a Roma l’ambasciatore kazako fa flanella nell’ufficio di Procaccini in attesa di verificare con i propri occhi che all’operazione venga dato semaforo verde dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza (il blitz scatterà alla mezzanotte), Astana decide di inviare una nuova nota Interpol a Roma. È il cablo 22/3-1625.
Leggiamo: «In aggiunta al nostro precedente messaggio concernente l’arresto del ricercato Ablyazov Mukhtar vi informiamo che con lui potrebbe vivere sua moglie Alma Shalabayeva. Vi confermiamo che è una cittadina kazaka, che ha un passaporto kazako NO816235 rilasciato il 3 agosto 2012 e un secondo passaporto N5347890 rilasciato il 23 aprile 2007. La Shalabayeva potrebbe inoltre utilizzare un falso passaporto di un altro Paese, presumibilmente della Repubblica Centro Africana, con numero 06FB04081, rilasciato a nome Ayan Alma l’1 Aprile 2010. A tal riguardo, vi chiediamo dunque di identificare tutte le donne che vivono nella villa di Casal Palocco (…) e, qualora fosse provato che Alma Shalabyeva è in Italia illegalmente (con uso di documenti falsi), chiediamo alle rispettabili autorità italiane di “deportarla” in Kazakistan. Vi preghiamo di fornirci le informazioni sui soggetti in questione e di informarci anche in caso di esito negativo delle ricerche».
LA PROVA REGINA
Eccola, dunque, la prova regina del macroscopico insabbiamento della verità che in questi 50 giorni ha negato prima la logica, quindi l’evidenza dei fatti, aggiustando versioni di comodo in corsa. Eccola l’«inoppugnabilità» dei documenti, per parafrasare il premier Enrico Letta nella sua accorata difesa di Alfano. Che però, come si vede, non assolve il ministro, ma lo affossa con l’intero apparato. Non ci fu “un prima” e un “dopo” nell’Operazione Ablyazov. Alla vigilia del blitz, i kazaki avvertirono l’autorità politica e gli apparati della sicurezza italiani che nella caccia grossa a Casal Palocco le prede erano due. Mukhtar Ablyazov e Alma Shalabayeva, di cui veniva segnalato in anticipo persino il falso passaporto centro africano che avrebbe poi effettivamente mostrato al momento del fermo. Con una differenza. Per Mukhtar, esisteva un titolo almeno formale che ne giustificava la cattura. Alma aveva la sola colpa di essere la sua compagna, madre di una bimba di 6 anni. «Vi chiediamo di deportarla». 28 maggio 2013. Tutti sapevano. Nessuno ha detto la verità. Che, per giunta, ieri in Senato, era sotto gli occhi di tutti. Soltanto a volerla vedere.
(La Repubblica)




Le vignette di ElleKappa - Repubblica.it



Altan


QUESTIONE DI VOCABOLARIO
Non sappiamo neanche come si chiamino di preciso,
ma ubbidiamo a loro come schiavi.
Come se non bastassero le dittature interne
e quelle storiche degli "alleati",
ora anche il Kazakistan ci impartisce ordini.
E noi
- poveri idioti -
calpestiamo i diritti civili in loro vece.
Un gran bel governo, non c'è che dire !!
Roberto Mangosi

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    venerdì 19 luglio 2013

    Caso Ablyazov: cronologia del blitz

    Caso Ablyazov: cronologia del blitz



    ORE 24.00

    FRA 28 E 29 MAGGIO

    Cinquanta agenti di Digos e Mobile fanno irruzione nella villetta di Casal Palocco: alcuni cercano di entrare dalle finestre, altri bussano alla porta



    ORE 04.00

    29 MAGGIO
    La moglie del dissidente Ablyazov viene sottoposta a un interrogatorio in una stazione di polizia del centro di Roma


    ORE 10.00

    30 MAGGIO

    Dal centro di detenzione di Ponte Galeria dove viene rinchiusa può incontrare gli avvocati. Le dicono che per legge non possono trattenerla più di 48 ore


    ORE 00.00

    31 MAGGIO

    Alma, insieme alla figlia Alua, di sei anni, vengono portate a Ciampino e fatte salire su un jet privato che le avrebbe rimpatriate



     Tavole di Marilena Nardi disegnate per Il Fatto Quotidiano

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