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martedì 21 gennaio 2014

Claudio Abbado e la musica maestra

...un omaggio ad un grande maestro della musica.
Edy - Pierpaolo Perazzolli - http://www.edydesign.com/


 20 gennaio 2014
Un grande maestro, Claudio Abbado,
 ci ha lasciati...
un piccolo omaggio.. lascio parlare lui stesso con una delle sue ultime interviste a Repubblica del 12 maggio scorso, dove parla del suo grande amore per la musica.



by frostyhu

CLAUDIO ABBADO    'Musica maestra'
12 maggio 2013
BOLOGNA : Quando Claudio Abbado affronta un' intervista, circostanza molto rara, il suo interlocutore dovrà misurarsi con le fertili qualità dell' attesa. Ci sono misteri piccoli e grandi nei suoi silenzi. In un mondo in cui tutti parlano di sé, e l' esposizione dell' ego è una pratica ossessiva, Abbado tende a ritrarsi, scansando l' esternazione per dare spazio all' ascolto. È come se sottolineasse che ogni parola ha un suono e un senso. Atteggiamento legato al fare musica. Perché «la musica insegna ad ascoltare», dice. «Ascoltando s' impara, e così dovrebbe essere anche nella vita: se tutti gli uomini conoscessero la musica, le cose funzionerebbero assai meglio». Il 26 giugno Claudio Abbado compie ottant' anni, ed è un' età che il direttore d' orchestra milanese, uno dei più amati e ammirati musicisti del nostro tempo, porta con straordinaria leggerezza. Abbado è un mito musicale. Eppure non c' è mitologia nella semplicità del suo tratto. Persino nel pieno del lavoro, quand' è in prova con una delle "sue" orchestre ("sue" perché le fonda e le modella, imprimendo loro una fisionomia all' insegna dell' eccellenza), esprime naturalezza e capacità di non farsi prendere dall' ansia. È una delle sue virtù più sorprendenti. Qualcosa che somiglia a un modo d' essere orientale, cui sono ascrivibili anche il suo amore per la natura, la sua profonda sintonia con gli amici e il suo vivere immerso totalmente nella musica. Per il fedele e immenso pubblico che lo ammira, i suoi ottant' anni sono una festa. La celebreranno tra l' altro i suoi prossimi concerti a Berlino (18, 19, 21 maggio, con i Berliner Philharmoniker) e un concerto a Bologna il 9 con l' Orchestra Mozart e Radu Lupu al pianoforte, che sarà replicato alla Salle Pleyel di Parigi l' 11. Nell' arco di mezzo secolo, l' insieme delle sue interpretazioni offre uno spaccato tra i più significativi e alti della direzione orchestrale del Novecento. Ne è una riprova il cofanetto che Deutsche Grammophon lancia per il compleanno, contenente vari cicli sinfonici da lui diretti e selezionati in 41 cd. (segue nelle pagine successive) (segue dalla copertina)
Le orchestre sono quelle che hanno scandito la sua carriera: la Mozart di Bologna (l' ultima nata, nel 2004), la Chamber Orchestra of Europe, la London Symphony, i Berliner Philharmoniker, i Wiener Philharmoniker, la Mahler Chamber Orchestra e la Lucerne Festival Orchestra. È anche in uscita il disco con la sua lettura della Seconda di Schumann, eseguita dall' Orchestra Mozart: «Forse tra le sinfonie di Schumann è la più nuova e appassionata», sostiene. «La scrisse in anni in cui era innamoratissimo di Clara. Cosa che emerge dalla ricchezza del pezzo». L' amore è uno spunto ideale per dare il via alla nostra conversazione.
   Conta di più l' amore o l' amicizia nella vita di Claudio Abbado?
 «Sono sentimenti inseparabili, entrambi essenziali e spesso complementari. Amo certi amici e nutro amore per i figli. A Daniele, il maggiore, che fa il regista, mi unisce un' autentica amicizia. Abbiamo un rapporto libero e aperto».
    E per quanto riguarda gli altri tre?
  «L' amicizia e l' affetto sono una cosa sola sia con mia figlia Alessandra, sia con Sebastian che fa l' architetto a Londra e sia con Misha, il più giovane, che vive tra Londra e Cambridge. Suona il corno e il pianoforte, oltre al basso elettrico in un gruppo rock, e frequenta l' università. Un gentleman versatile».
    Chi sono le persone alle quali oggi pensa con più amore, oltre ai suoi figli?
«Di sicuro una è mia madre, che fu donna di generosità meravigliosa. Fece scappare vari partigiani durante la guerra e riuscì a far passare in Svizzera molti ebrei. Tanti sono tornati a ringraziarla, nel dopoguerra».
    Sua mamma Maria Carmela scrisse bei libri per ragazzi. 
 «Fu autrice di una raccolta di novelle siciliane ascoltate durante la sua infanzia in Sicilia e di un volume di fiabe tradotte da mio nonno Guglielmo Savagnone dal poeta persiano Ferdowsi».
    Un nonno formidabile, narrano le cronache di famiglia. 
 «Un grande saggio, docente di diritto romano all' università di Palermo. Morì a novantasei anni, restando lucido fino alla fine. La sua sapienza delle lingue antiche era sterminata. Aveva tradotto dall' aramaico il testo originale del Vangelo, e dalla traduzione emerse l' esistenza di altri figli di Maria oltre a Gesù. L' aver rivelato che Gesù aveva fratelli e sorelle gli costò la scomunica. Ne andava fiero, perché era un riconoscimento della rilevanza della sua scoperta. Quando io ero bambino veniva con noi in Val d' Aosta, e passeggiando in montagna mi consegnava frasi che sarebbero rimaste dentro di me per sempre. Rapide e lapidarie».
    Mi dia un esempio.
«La generosità arricchisce».
    Che ricordo serba di suo padre?
«Mio papà Michelangelo, violinista e insegnante al conservatorio, mi ha insegnato la disciplina. Da ragazzo odiavo certe sue durezze, ma crescendo ho capito l' importanza di quell' impostazione. Facevo il liceo e parallelamente studiavo musica: composizione, pianoforte, direzione d' orchestra... Alle due di notte non mi lasciava andare a letto se non avevo terminato tutto. Grazie a lui ho imparato che le cose cominciate vanno concluse e non rinviate». 
 La sua memoria del fascismo e della guerra l' ha condizionata?
«Certo. Il clima era tremendo. Rammento il suono delle fucilazioni dei partigiani a Milano, in via Fogazzaro, dove abitavamo. Il rumore somiglia a quello delle saracinesche dei negozi che calano bruscamente. Ancora oggi, ogni volta che lo sento, penso a quelle raffiche di morte. Un' altra cosa che mi è rimasta impressa è l' irruzione della Gestapo a casa nostra. Avvenne per colpa mia». Quale colpa?
«Col gesso, sul muro esterno, avevo scritto "viva Bartòk". Un po' come si scrive "W il Milan". Ero entusiasta del compositore ungherese, di cui stavo studiandoi pezzi del Microcosmo. Quelli della Gestapo pensarono che fosse il nome di un partigiano. Per dissuaderli dovetti mostrare loro una partitura di Bartòk».
 Fu Bartòk il suo primo amore musicale? 
 «Fu Debussy. Quand' ero piccolo ascoltai i Nocturnes dal loggione della Scala. Una magia nella quale avrei voluto vivere per sempre. In seguito per me arrivarono Bartòk, Stravinskij, Prokofiev e la scuola viennese: Berg, Schoenberg e Webern. Poi, dopo la guerra, tanti altri sono statii compositori che mi hanno catturato, e ogni volta c' è stata un' evoluzione. Il bello della musica è che non ha limiti. Si continua a esplorarla e affiorano idee sempre nuove. L' interpretazione musicale è un viaggio sconfinato».
Riascolta i suoi dischi del passato?
 «Cerco continuamente di andare avanti e di comprendere di più. Avevo inciso la Prima Sinfonia di Bruckner trent' anni fa, e di recente l' ho registrata in una nuova edizione (contenuta nel cofanetto in uscita per Deutsche Grammophon, ndr) che mi ha aperto un mondo: Bruckner, dopo venticinque anni dalla prima versione, riscrisse la sinfonia facendone un pezzo tanto più moderno, pieno di anticipazioni della scuola di Vienna. Si dice, giustamente, che Mahler sia stato un precursore della musica moderna. Ora, con quest' edizione più tarda della Prima Sinfonia, capiamo che anche Bruckner aveva una genialità profetica».  
A Berlino ha lavorato per dodici anni come direttore musicale dei Berliner. È stata la città più importante del suo percorso artistico?
«Ovviamente per me ha contato molto Milano, dove sono nato e cresciuto e dove per vent' anni ho fatto progetti e diretto alla Scala. È stato decisivo anche il mio periodo a Vienna, città culturalmente ricchissima, nella quale tra l' altro ho fondato il festival Wien Modern. Ma credo che non esista al mondo una città che si sia sviluppata tanto velocemente come Berlino dopo la guerra. È viva, civile, stimolante, piena di verde e generosa di cultura, con nove orchestre sinfoniche, tre teatri d' opera e vari teatri di prosa».
Come trova oggi l' orchestra dei Berliner? 
 «Magnifica e molto ringiovanita».
 Che significa per lei essere giovani?
«L' età come dato anagrafico non significa nulla. Quello che conta negli individui è la personalità». Un uomo riservato come lei ha faticato a vivere per decenni sotto i riflettori?
«Spesso è molto bello sentirsi utili. Ieri camminavo qui a Bologna con mia figlia Alessandra, e continuavo a incontrare gente che mi ringraziava per quanto cerco di fare in questa città, dove suoniamo con la Mozart e dove sto sostenendo il progetto del nuovo auditorio di Renzo Piano. Ma confesso che quando, a fine Novanta, mi ammalai gravemente, i giornali scrissero troppo di me. Tanta invadenza».  
Come si difende dagli assalti?
 «Se è una cosa è ingiusta o mediocre, io l' accantono. È una risorsa».
Oggi lei lavora meno di prima: dilaziona gli impegni.
«Sono comunque numerosi. Molti sono i concerti con la Mozart, anche in tournee, così come i dischi. E in estate sarò a Lucerna, con l' orchestra del festival. Inoltre con la Mozart abbiamo una residenza al Musikverein di Vienna e un' altra in Oman, Paese in grande espansione, dove hanno costruito un nuovo auditorio nel quale portiamo cicli regolari di concerti».
Quando non dirige quali sono le sue priorità?
«Lo studio, la lettura,i figli,i nipoti, gli amici, la natura. Mi piace camminare in Engadina, una valle a duemila metri d' altezza, luogo incontaminato che ritrovo ogni anno. Quanto alla Sardegna nove ettari di costa, di fronte a casa mia, sono diventati un parco naturale. Li strappai alla speculazione alcuni decenni fa, quando i soliti costruttori stavano per edificare qualche mostruosità edilizia. Vi piantai novemila piante. Ora sono tante, è diventato un bosco fiorito».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LEONETTA BENTIVOGLIO




Lunedì 27 gennaio, alle ore 18, nel Teatro alla Scala - con sala vuota e porte aperte - l’Orchestra Filarmonica eseguirà la Marcia funebre (Adagio assai) dall’Eroica di Beethoven, in memoria di Claudio Abbado. L’esecuzione, sotto la bacchetta di Daniel Barenboim, Direttore Musicale della Scala, verrà diffusa nella Piazza.

On Monday 27 January at 6 pm at the Teatro alla Scala – with empty theatre and open doors – the Philharmonic Orchestra will execute the Funeral March (Adagio assai) from Beethoven’s Eroica, in memory of Claudio Abbado. The execution, under the baton of Daniel Barenboim, La Scala’s Musical Director, will be broadcast in the Square.







Claudio Abbado durante le prove di Boris Godunov, 1979

Giannelli - Corriere della sera
 

Pergolesi - Stabat Mater


Claudio Abbado di Cadei


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LINKS:
http://www.orchestramozart.com/index.php?page=rassegna-stampa
L'altra voce della Musica. In viaggio con Claudio Abbado tra Caracas 
 http://it.wikipedia.org/wiki/Claudio_Abbado
Abbado, per sempre

sabato 18 gennaio 2014

lunedì 23 dicembre 2013

La porti un bacione da Firenze

La porti un bacione da Firenze,
che l'è la sua città
che in cuore ho sempre qui.
La porti un bacione da Firenze,
lavoro sol per rivederla un dì.



RENZI visto dai disegnatori italiani * 


Franco Portinari

martedì 8 ottobre 2013

Angelino Alfano diversamente berlusconiano.

"La mia lealta' al presidente Berlusconi e' longeva e a prova di bomba. La lealta' non e' malattia dalla quale si guarisce oggi lealta' mi impone di dire che non possono prevalere posizioni estremistiche estranee alla nostra storia, ai nostri valori e al comune sentire del nostro popolo".

"Se prevarranno quegli intendimenti il sogno di una nuova Forza Italia non si avverera'". "So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi Berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io saro' diversamente berlusconiano".
Angelino Alfano


DIVERSAMENTE BERLUSCONIANO
Primi timidi tentativi di Alfano di emancipazione dal padre.
Gianfranco Uber

domenica 6 ottobre 2013

2 ottobre: il ripensamento di Silvio (vignette)

235 si, 70 no al Senato. 435 voti favorevoli e 162 voti contrari alla Camera.
Questi i numeri con cui il premier Enrico Letta ha incassato la fiducia. Un passaggio senza sorprese dopo la decisione, inaspettata di Berlusconi di votare la fiducia a Palazzo Madama («Ma non è stato un cambio di rotta», sostiene il Cavaliere uscendo dal Senato dopo il voto). Un «colpo di scena» che sorprende e fa sorridere in aula a Montecitorio lo stesso Letta che, come si vede in un video, alle parole del cavaliere si rivolge verso Alfano e commenta: «E’ un grande».



Contro -Pro Letta
le contraddizioni di Silvio Berlusconi
By Petar Pismestrovic


martedì 13 agosto 2013

In attesa della grazia per Silvio (vignette)

A breve la risposta di Napolitano alla richiesta di grazia, dopo la salita al colle di Brunetta e Schifani, lo scorso 5 agosto per intercedere in favore di Silvio.


UN ATTIMO DI RELAX PLEASE
Attesa a breve la meditata comunicazione del Colle sul futuro politico/giudiziario di Berlusconi.
Gianfranco Uber

GRANDI OPERE
In corso le operazioni di alta ingegneria politica per la realizzazione del primo salvacondotto di recupero risorse politiche mondiale.
Gianfranco Uber
Etichette: berlusconi, giustizia, pdl, politica



IL PELO NELL'UOVO
Ci sarà mai una sentenza definitiva in Italia?
Sembra che i rappresentanti della Magistratura lo facciano apposta per aggiungere ai tre gradi di giudizio dell'iter processuale gli infiniti altri gradi di giudizio delle loro sentenze provocati dalle improvvide e ricorrenti dichiarazioni a microfoni accesi.
Gianfranco Uber

Tiziano Riverso

 
Maramotti - L'Unità
 



PORTOS / Franco Portinari
Etichette: Berlusconi condannato, Brunetta, Grazia, Graziella, postcards, Quirinale, Schifani


e grazie a al capo, dello stato
 fabiomagnasciutti
Etichette: berlusconi, magnasciutti, napolitano








Famme na grazia!

Matteo Bertelli
 In attesa della grazia!
- Questa giustizia mi provoca la nausea!!
Romaniello



Moise




La grazia di Silvio
COME CADERE IN DIS...GRAZIA
Ora le prova proprio tutte,
pur di sfuggire anche a quel poco
- troppo poco -
che gli è rimasto da scontare.
Al punto di mandare due suoi picciotti
a chiedere il perdono.
Con molta ... GRAZIA.
Roberto Mangosi www.enteroclisma.com




Io non mollo
CeciGian




Corriere della sera: "Nessun sconto al condannato. Epifani contro Berlusconi."
Enrico Letta: "Speriamo che Guglielmo non sbagli la mira"
Giannelli - Corriere della sera


E se vedi cadere una stella?
Non mi dire che il tuo desiderio è l'abolizione dell'IMU!!
Giannelli - Corriere della sera



Dichiaratemi innocente, o ...
Bertolotti e De Pirro


Equivoci
Le vignette di ElleKappa - Repubblica.it



 Pena sospesa
Claudio Cadei

Claudio Cadei 



The Prayer
Massimo Bucchi



Fisco Ring
Massimo Bucchi


Mediashining
Massimo Bucchi


SERGIO STAINO
 


La scelta di re Giorgio

di Alessandro Giglioli
La partita, in queste ore, si sta giocando sulle scrivanie di due uomini anziani.
Uno è chiuso in una grande villa appena fuori Milano, ad Arcore; l’altro in una grande villa appena fuori Roma, a Castelporziano.
Il primo, fondamentalmente, minaccia: se non gli verrà garantita la sua salvezza personale – anche dal carcere, sì – scatenerà una guerra che bloccherà il Paese per mesi. Con l’arma finale dello scioglimento delle Camere e del ricorso al Tar per farsi rieleggere, affidata al mastino Nitto Palma.
Il secondo deve scegliere. Deve scegliere se il ‘bene del Paese’ è cedere al ricatto in nome della pacificazione o far prevalere la Costituzione, lo Stato di diritto, l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Ogni sovrano, a un certo punto, si trova di fronte a una scelta fondamentale. Di quelle che si tramanderanno alla storia. Oggi è il turno di re Giorgio. Auguri veri, che sia illuminato e soprattutto non abbia paura.

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LINK:

Ore decisive per il caso Berlusconi In arrivo la dichiarazione del Quirinale

martedì 30 luglio 2013

Fassina, Letta ed il fisco




http://www.corriere.it/economia/13_luglio_25/evasione-recupero-befera_55d243c6-f517-11e2-b38b-ce85f307318c.shtml
 PORTOS / Franco Portinari


Fassina commenta il balzo record della pressione al 54%
«Esiste anche un’evasione di sopravvivenza . Senza voler strizzare l’occhio a nessuno e senza ambiguità nel voler contrastare l’evasione ci sono ragioni profonde che spingono molti soggetti verso comportamenti di cui farebbero a meno». 
Per il viceministro dell'Economia, insomma, «esiste una connessione stretta tra pressione fiscale, spesa ed evasione». Quanto basta per scatenare la bufera.





venerdì 26 luglio 2013
EVADERE NECESSE EST
La sorpresa non è che uno di sinistra affermi che in questa situazione l'evasione fiscale diventa quasi necessaria ma che dalla sinistra non venga formulata una proposta "di sinistra" coraggiosa e non ambigua per renderla, per taluni, non più necessaria ma, per molti, meno facile.
Gianfranco Uber

Le vignette di ElleKappa - Repubblica.it


Lettera a un evasore mai nato
di Nadia Redoglia

“Caro dipendente da lavoro subordinato perciò tutelato (e qui ci vuole un inciso ché il termine “tutela” è -mica poco- ambiguo: interdetto e/o inabilitato rispetto a tutti quelli che le tasse le versano in proprio?!) da sostituto d’imposta, che ne pensi dell’esternazione del nostro rappresentante parlamentare (per amore o per forza) Fassina? Lascia perdere, accantona, adeguati al fatto, ti prego, che sei sempre stato di sinistra e che comunque hai voluto proseguire a credere d’esserlo ancora, nonostante il PP (pro porcellum). Fai uno (ulteriore) sforzo legato allo stato attuale dei fatti. Fatti che, secondo Fassina, così sono impostati: per evitare di fallire (e dunque far “fallire” i propri dipendenti) milioni di bottegai, artigiani, piccoli/medi imprenditori (i grandi nel nostro Paese da decenni fanno casta a sé come la medaglia dell’amore: più di ieri e meno di domani, dunque non fanno testo) sono costretti a evadere le tasse… Oh: sia chiaro! Buttata così, di primissimo acchito a uno ci verrebbe pure d’aggregarsi a ‘sto anomalo spirito di sopravvivenza da “mors tua, vita mea” (da qui l’Epifani che s’è appellato all’emendamento del frainteso).

Gli è che, caro dipendente subordinato al tuo datore di lavoro, ho da farti notare una “cosa”: tutto ciò che evade il tuo datore di lavoro (pur in extremis Fassina dipendente) lo PROSEGUIRAI a pagare tu col tuo sostituto d’imposta (tutore!) per busta-paga/pensione! In attesa di tuo cortese cenno di riscontro, caro dipendente, ti saluto. Con ossequi ciao”

PS. Ove il tuo datore di lavoro, esaurita l’evasione ad usum sopravvivenza (new entry legittimabile per Fassina ché la storica delinquenziale è ormai di fatto legittimamente omologata) ti sbattesse fuori per non saper più a che attingere per stipendiarti, glielo chiedi tu a quel Fassina lì un altro sistema “legittimo” per sfamare te e la tua famiglia?
26 luglio 2013



BRUNETTA: «LUI COME BERLUSCONI»
Claudio Cadei 






Evadere per sopravvivere
Vukic



Il viceministro dell'Economia Fassina e l'evasione fiscale
Domenica, 28 Luglio 2013
 Giorgio Forattini

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Letta durante un incontro con i dipendenti delle entrate:
 «Chi ha portato i soldi all'estero sappia che il clima ora è cambiato »





SERGIO STAINO



giovedì 25 luglio 2013
AVVISO AI NAVIGANTI
Letta "tuona" contro l'esportazione illegale dei capitali e prevede, probabilmente a ragione, un cambiamento del clima mondiale.
Io sento odore non tanto di ozono quanto di un nuovo scudo fiscale e Voi?
Gianfranco Uber



sabato 20 luglio 2013

Affare kazako: Alfano non lo sapeva ...

 ... e se non lo sapeva è ancora peggio

19 luglio
Senato si vota la sfiducia al ministro degli Interni Angelino Alfano per l'estradizione della signora Alma Shalabayeva e di sua figlia

Letta ha difeso il suo vice: "I fatti descritti ci lasciano attoniti e non sono tollerabili nell'Italia 2013. Specie nei confronti di una donna e di una bambina", ma è "inoppugnabile l'estraneità di Alfano".
Voti:
226 no, 55 sì, 13 astenuti.


Etichette: Alfano, Kazakistan, postcards, Shalabayeva



Etichette: Angelino Alfano, berlusconi, E' una storia vera, Enrico Letta, Governo Letta



Informing Alfano

Natangelo


Test
Una farfalla, evidente.
Mauro Biani


18/07/2013
Il ministro ombra
massimo gramellini

È possibile che travestire una palestra da prima casa sia colpa infinitamente più grave che consegnare moglie e figlia di un dissidente al satrapo di un Paese fornitore di petrolio. Quindi non le dimissioni della perfida Idem si pretendono dal timido Alfano, ma semmai un’immissione sulla poltrona di ministro dell’Interno, che per sua stessa ammissione è attualmente disabitata. Alfano ha un vero talento nel non abitare le poltrone che occupa. Sarà per questo che gliene offrono in continuazione. Se fosse stato effettivamente il segretario del Pdl, quando il proprietario del partito gli fece ringoiare la promessa delle primarie avrebbe dovuto dimettersi. Ma lui non è il segretario del Pdl, lui non è il ministro dell’Interno, lui probabilmente non è neanche Alfano, ma un cortese indossatore di cariche per conto terzi. Tra le tante squisitezze che ha pronunciato l’altro giorno al Senato vi è l’affermazione perentoria che al cognato della signora kazaka (o kazakistana, per citare quell’acrobata del vocabolario di La Russa) i poliziotti non abbiano torto un capello. E pazienza se nell’intervista al nostro Molinari il cognato racconta di essere stato preso a pugni e ceffoni, come conferma il verbale del pronto soccorso pubblicato dall’«Espresso». Alfano era e rimane all’oscuro di tutto: pugni, ceffoni, cognati, forse anche che esista una polizia e che sia alle sue dipendenze.

Rimane la speranza che certi giudizi come questo lo offendano a morte e che in un soprassalto di dignità il ministro ombra di se stesso si dimetta, preferendo passare per responsabile che per inutile. Ma la nostra è, appunto, solo una speranza.





Non esiste
Napolitano: “Se cade il governo contraccolpi irrecuperabili per Paese”. Senato, Pd voterà no alla sfiducia.
E via, avanti avanti.
Mauro Biani


Claudio Cadei



Sfiducia
Paolo Lombardi



Vukic



SERGIO STAINO


SERGIO STAINO


L’AMACA del 20 luglio 2013 (Michele Serra)
20 luglio 2013

Non credo che il Pd abbia salvato Alfano (e il governo Letta) “per le poltrone”, come si sente dire in rete. C’è una malattia forse peggiore del potere, dentro la sinistra italiana, ed è la paura. Quella forma specifica di paura che è la paura di non essere all’altezza, di essere inadeguati, di sbagliare la mossa, di rischiare a viso aperto. Mai una volta che si provi a fare o a dire la cosa giusta senza chiedersi, trepidanti, quali saranno le conseguenze, chi ti sgriderà (per esempio il Colle, che nella nostra democrazia ha il ruolo del Padre), chi sarà scontento di te e te lo farà osservare, mettendoti in crisi. È tipica del non-adulto, questa esitazione imbronciata, come se le spalle non fossero mai abbastanza larghe da sopportare il peso delle conseguenze. Ma le conseguenze ci sono poi lo stesso. Anche le conseguenze del non fare, del non dire, del non scegliere. Si perde piano piano fiducia, si perde sicurezza, stima di sé.

Nella scena finale dell’Attimo fuggente di Peter Weir gli alunni di una classe si trovano costretti a scegliere, in pochi decisivi istanti, se salire in piedi sul banco, e ribellandosi diventare grandi, o rimanere seduti a capo chino, come bambini impauriti. È solo un film. Ma è un bellissimo film.

(La Repubblica)




 I tagli della politica
Romaniello


Paride Puglia



20 luglio 

Spunta il cablo kazakistano

Cablo da Astana: "Deportate la Shalabayeva"
L'ordine dal Kazakhstan che inchioda Alfano

Il blitz avviato da un messaggio del 28 maggio: "Anche lei è un obiettivo". E così si rivela che l'operazione aveva come scopo finale il trasferimento fuori dall'Italia dell'intera famiglia Ablyazov. E la nostra polizia è stata messa a disposizione di un governo straniero

di CARLO BONINI e FABIO TONACCI

CI HANNO raccontato per cinquanta giorni - dal ministro Angelino Alfano, al suo capo di gabinetto, all'intero Dipartimento di Pubblica Sicurezza - che la notte del 28 maggio la nostra Polizia, teleguidata dalla diplomazia kazaka accampata al Viminale, cercava solo Mukhtar Ablyazov, "un pericoloso latitante". E che quando la caccia si rivelò infruttuosa la storia fini lì. Che di Alma Shalabayeva e della sua bimba Alua di 6 anni nessuno sapeva, né poté sapere, se non a cose fatte. Che la loro espulsione fu un "danno collaterale".

Per "un blocco cognitivo". Per un cortocircuito dei "flussi informativi ascendenti e discendenti". Ebbene, è un falso. Ora documentabile.

Negli atti allegati alla relazione del Capo della Polizia Alessandro Pansa e depositati all’attenzione dei senatori che ieri hanno rinnovato la fiducia al ministro, una nota Interpol proveniente da Astana la mattina del 28 maggio chiede alla nostra Polizia, alla vigilia del blitz, di identificare, fermare e “deportare” la donna che i kazaki ritengono viva con Ablyazov e che con lui dovrebbe trovarsi all’interno della villa di via di Casal Palocco 3. Alma Shalabayeva, nata il 15 agosto 1966. Anche questo, un “dettaglio” cruciale espunto dalla sintesi della relazione finale del Capo della Polizia letta in Senato venerdì scorso da Alfano. Per ragioni evidenti. Dissimulare una verità che giorno dopo giorno si conferma tuttavia incoercibile. Che, sin dall’incipit, l’operazione orchestrata tra Astana e Roma aveva un unicoobiettivo. L’intera famiglia Ablyazov. E che a quell’operazione tout-court il ministro dell’Interno Alfano diede impulso mettendo a disposizione dei kazaki la nostra Polizia.
Vediamo.
IL PRIMO CABLO DA ASTANA
La mattina del 28 maggio, alle 10,15, sui terminali di “Arianna”, il sistema informatico della nostra Direzione Centrale della Polizia Criminale, lampeggia l’alert che indica l’arrivo di una nota Interpol. Il cablo è in lingua inglese, porta il numero 22/3-1614 e proviene dall’ufficio collegato di Astana, Kazakistan. È la nota — ne abbiamo dato conto nei giorni scorsi — che di fatto resuscita un polveroso inserimento di un ordine di cattura internazionale nei confronti del cittadino kazako Mukhtar Ablyazov inserito nel sistema Interpol nel marzo del 2009, ma da allora rimasto in sonno.
Sappiamo già che, nel sapiente canovaccio predisposto dai kazaki, la nota è cruciale. Deve cioè attivare l’ufficio Interpol italiano obbligandolo ad aggiornare la banca dati delle nostre polizie. Un passaggio cruciale necessario a eccitare, di lì a poche ore, il capo della squadra Mobile di Ro-ma e a convincerlo che le richieste che si sentirà fare dall’ambasciatore Yelemessov (la visita in Questura è delle 15.30) hanno una patente di legittimità.
Alle 12.26, il cablo kazako comincia dunque ad essere lavorato e tradotto dai nostri uffici Interpol i quali, sulla base delle informazioni che hanno ricevuto, attestano che “Ablyazov Mukhtar” è un ricercato, utilizza false identità, e — si legge testualmente — «vive a Roma, in una villa in affitto in via di Casal Palocco 3 di proprietà di una cittadina tedesca, utilizza una macchina modello Volvo XC90 targata EP241FJ e unLancia Voyager con targa olandese».Ancora: «È spesso accompagnato da un maschio asiatico che guida una Nissan Qashqai targata EM089MZ e potrebbe essere scortato da bodyguard armate in grado di reagire al suo arresto». Nello stesso cablo, i kazaki chiedono alla nostra Polizia di verificare queste informazioni e procedere all’arresto del lati-tante, «verificando l’identità di altri eventuali uomini presenti nella villa». Quindi, una chiosa. Già in qualche misura cruciale. «Non è escluso — si legge — che, nella stessa villa in affitto, viva con Ablyazov sua moglie, una cittadina kazaka di nome Alma Shalabayeva Boranbaevna, nata il 15 agosto 1966».
LA PRIMA MENZOGNA
Tradotto in italiano, il cablo 22/3-1614 — come documentano gli atti dell’inchiesta interna del Capo della Polizia — viene trasmesso alla Questura di Roma alle 16.57. E dunque, è possibile sostenere, senza ombra di dubbio, che, il pomeriggio del 28, la nostra Polizia, il capo di gabinetto del ministro dell’Interno, Alfano stesso,appunto.abbiano le informazioni necessarie per sapere che, nell’operazione di “cattura del pericoloso latitante”, balli anche il nome della moglie che con lui vive. La Shalabayeva, Chi ha sostenuto il contrario, non dice il vero. E chi “non ricorda” di aver «mai sentito parlare di una donna» — e sono in molti, diciamo pure tutti i protagonisti dell’af-faire all’interno del Viminale — o ricorda molto male o tace la verità.
Ma c’è di più.
“DEPORTATELA”
Sempre quel 28 maggio, qualche ora dopo il primo cablo e mentre a Roma l’ambasciatore kazako fa flanella nell’ufficio di Procaccini in attesa di verificare con i propri occhi che all’operazione venga dato semaforo verde dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza (il blitz scatterà alla mezzanotte), Astana decide di inviare una nuova nota Interpol a Roma. È il cablo 22/3-1625.
Leggiamo: «In aggiunta al nostro precedente messaggio concernente l’arresto del ricercato Ablyazov Mukhtar vi informiamo che con lui potrebbe vivere sua moglie Alma Shalabayeva. Vi confermiamo che è una cittadina kazaka, che ha un passaporto kazako NO816235 rilasciato il 3 agosto 2012 e un secondo passaporto N5347890 rilasciato il 23 aprile 2007. La Shalabayeva potrebbe inoltre utilizzare un falso passaporto di un altro Paese, presumibilmente della Repubblica Centro Africana, con numero 06FB04081, rilasciato a nome Ayan Alma l’1 Aprile 2010. A tal riguardo, vi chiediamo dunque di identificare tutte le donne che vivono nella villa di Casal Palocco (…) e, qualora fosse provato che Alma Shalabyeva è in Italia illegalmente (con uso di documenti falsi), chiediamo alle rispettabili autorità italiane di “deportarla” in Kazakistan. Vi preghiamo di fornirci le informazioni sui soggetti in questione e di informarci anche in caso di esito negativo delle ricerche».
LA PROVA REGINA
Eccola, dunque, la prova regina del macroscopico insabbiamento della verità che in questi 50 giorni ha negato prima la logica, quindi l’evidenza dei fatti, aggiustando versioni di comodo in corsa. Eccola l’«inoppugnabilità» dei documenti, per parafrasare il premier Enrico Letta nella sua accorata difesa di Alfano. Che però, come si vede, non assolve il ministro, ma lo affossa con l’intero apparato. Non ci fu “un prima” e un “dopo” nell’Operazione Ablyazov. Alla vigilia del blitz, i kazaki avvertirono l’autorità politica e gli apparati della sicurezza italiani che nella caccia grossa a Casal Palocco le prede erano due. Mukhtar Ablyazov e Alma Shalabayeva, di cui veniva segnalato in anticipo persino il falso passaporto centro africano che avrebbe poi effettivamente mostrato al momento del fermo. Con una differenza. Per Mukhtar, esisteva un titolo almeno formale che ne giustificava la cattura. Alma aveva la sola colpa di essere la sua compagna, madre di una bimba di 6 anni. «Vi chiediamo di deportarla». 28 maggio 2013. Tutti sapevano. Nessuno ha detto la verità. Che, per giunta, ieri in Senato, era sotto gli occhi di tutti. Soltanto a volerla vedere.
(La Repubblica)




Le vignette di ElleKappa - Repubblica.it



Altan


QUESTIONE DI VOCABOLARIO
Non sappiamo neanche come si chiamino di preciso,
ma ubbidiamo a loro come schiavi.
Come se non bastassero le dittature interne
e quelle storiche degli "alleati",
ora anche il Kazakistan ci impartisce ordini.
E noi
- poveri idioti -
calpestiamo i diritti civili in loro vece.
Un gran bel governo, non c'è che dire !!
Roberto Mangosi

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