Lucio Mastronardi © Tullio Pericoli |
Incroci
Piccola Biblioteca Adelphi, 735
2019, pp. 97
isbn: 9788845933561
Temi: Ritratti
Risvolto
A volte sembra che Tullio Pericoli usi, per scrivere e disegnare, la stessa matita – magari quel mozzicone minuscolo che porta sempre in tasca, e tira fuori ogni volta che gli serve. Ma la matita con cui Pericoli scrive è anche il suo contrario, una gomma che usa per cancellare tutto quanto gli appare superfluo. Lo dimostra questo libro, dove Pericoli schizza a memoria
ventidue profili di persone che ha incontrato, e che hanno segnato altrettante piccole svolte della sua vita. Può trattarsi di amici da sempre, come Umberto Eco, di bizzarri mecenati come Livio Garzanti, o anche di sconosciuti molto illustri – come Eugenio Montale, incrociato per caso nell’androne del “Corriere”, poi accompagnato a casa in Cinquecento, in un silenzio surreale. In quasi tutti questi racconti lunari e sorridenti ci sono pause di un silenzio che a volte spiazza: ma è solo un piccolo trucco, un piccolo effetto speciale che Pericoli ha inventato per farci sentire meglio il suono – inconfondibile – della sua matita al lavoro.
Ne parla Paolo Mauri per Repubblica :
Cari amici, vi scrivo e disegno Firmato Tullio Pericoli
"Incroci", la nuova raccolta di racconti dell'artista
Tullio Pericoli ha sempre scritto disegnando e dipingendo. Ha, per esempio, raccontato il mondo di Robinson Crusoe, la vita di Robert Louis Stevenson, le biografie letterarie di tantissimi scrittori, letti e trascritti nella loro umana fisionomia, ma anche in quella intellettuale che con la prima è ormai tutt'uno. Il volto di Beckett, più volte narrato da Pericoli, contiene fatalmente la sua scrittura, ne è una specie di proiezione ideale. Una scrittura dunque, che non è soltanto descrizione, ma anche interpretazione. E dipingendo i suoi paesaggi Pericoli ancora una volta scrive. Racconta l'antichità di una terra indagandone la geologia, il variare delle colline marchigiane infinitamente corteggiate, l'intensità delle Langhe che in qualche modo alludono a Pavese o a Fenoglio, perché anche dietro ai paesaggi c'è spesso la scrittura, sicché l'opera di Pericoli più che dal vivo, scaturisce molte volte dall'accumulo di memoria, dal rivivere-ripensare un'emozione che dunque chi guarda può non solo vedere, ma anche leggere, appunto come si fa con un racconto. Ora capita invece che Pericoli pubblichi da Adelphi un piccolo libro, Incroci, in cui compie l'operazione inversa: usa la scrittura per farci vedere un episodio, un frammento significativo, della sua vita. Nel libro ci sono anche dei disegni, ma sono questa volta complementari, perché tocca alla scrittura il compito più importante: fissare un momento, un incontro o addirittura un addio. Lontano nel tempo affiorano i ricordi dell'adolescenza, talvolta enigmatici come quello di un certo Zè, tornato nel paese di Pericoli e accolto dal giubilo di Iolanda, la donna di servizio, che subito si mette a correre su e giù per le strade, accompagnata dal giovane Tullio, per gridare a tutti: è tornato Zè. Chi fosse poi questo Zè, Tullio non lo ha mai saputo.
Tornano i professori del liceo che una frase, un gesto, ha reso eterni nella memoria e, via via, le persone incontrate a cominciare da Zavattini che va a trovare dopo aver viaggiato tutta la notte per arrivare da Ascoli a Roma e che, dopo aver visto i suoi disegni, gli consiglia di andare a Milano e gli scrive sul momento due lettere di presentazione: una per Gian Carlo Fusco e l'altra per Gaetano Baldacci. Non sono racconti lunghi quelli di Pericoli: sono flash, istantanee.
Come quella scattata a Montale. Lo vede di spalle scendere le scale del Corriere della Sera, lo riconosce, lo sorpassa e gli si pone davanti, presentandosi e offrendogli un passaggio in macchina per tornare a casa. È, la macchina, una vecchia Cinquecento nella quale il poeta riesce a infilarsi. Sono anni di bohème. Fusco, un giornalista come pochi, ma anche un irregolare assoluto, se lo porta dietro in locali di dubbia fama, oppure da Bagutta offrendogli la cena. Trova casa in via San Gregorio 40: ultimo piano, il quinto, senza ascensore. Sembra una canzone di Jannacci. Poi scopre perché quella casa costava così poco: al primo piano, con le finestre eternamente sbarrate, si era consumato il delitto di Rina Fort, la belva di via San Gregorio che aveva sterminato la moglie e i figli piccoli del suo amante, un pasticcere presso cui lavorava. Il processo fece epoca e Dino Buzzati lo raccontò sul Corriere. Intanto Tullio aveva cominciato a lavorare per Il Giorno, il magnifico quotidiano diretto da Italo Pietra che fu anche all'avanguardia per la nuova veste grafica. È proprio il direttore Pietra a chiedere a Pericoli un dipinto, un paesaggio delle sue terre. Pericoli illustrava allora i racconti che uscivano la domenica e che erano firmati da Calvino, Soldati, Gadda, Primo Levi. Salì così in macchina (ora era una 1100 di seconda mano) e tornò nelle Marche per guardare con occhi nuovi il paesaggio nel quale era nato e vissuto. Ho scritto prima che Incroci è un piccolo libro. Paradossalmente contiene molta gente e molte cose, molti momenti cruciali e non solo per l'autore. Ecco Garzanti commissionare a Pericoli una grande opera: si tratta di raccontare la storia della casa editrice sui muri di un salone.
Geloso del successo dell'artista, l'editore non si affacciò neppure il giorno dell'inaugurazione. Ecco Tullio che con Andrea Zanzotto e Franco Fortini scrive una lettera, che verrà poi firmata da molti collaboratori del Corriere della Sera per protestare e prendere le distanze all'epoca della P2. Ecco le gite a Vigevano per incontrare Lucio Mastronardi che un bel giorno alla Stazione di Milano si era messo a dar via dei soldi ai passanti.
Era uno scrittore molto originale e molto turbato. Tanto che finì suicida. Vigevano richiama sempre la celebre inchiesta di Giorgio Bocca che fulminava la cittadina con una piazza bellissima, piena di milioni ma senza una libreria. Anche Bocca, conosciuto al Giorno è presente in questo libro. Pericoli lo racconta (stavo per dire lo disegna) in uno degli ultimi incontri, quando, già malato, manda a chiamare l'amico, resta un po' con lui e poi si congeda bruscamente, che era il suo modo di essere affettuoso. Poi ci sono Pirella, Tadini, Fachinelli e quel singolare scrittore che è stato Aldo Buzzi, che Pericoli corteggiava perché voleva conoscere Saul Steinberg che di Buzzi era amico da sempre. E Umberto Eco, salutato infine nel momento della morte, che a Tullio sembra appunto "fare il morto" come quando stava ore nella piscina di Rosara. E c'è, a proposito di Rosara e del paesaggio marchigiano, un invito a visitare i monti della Sibilla che ancora una volta Pericoli ci dipinge con le parole davanti agli occhi, spalancandoci dirupi e orridi, oltre alla grotta leggendaria recentemente toccata dal terremoto. Il vero enigma di tutti quei luoghi.
Ne parla Goffredo Fofi per Avvenire
Gli «estratti» d'amicizia negli “Incroci” di Pericoli
Molti anni fa mi colpì un piccolo libro delle Silerchie, la gloriosa collanina del Saggiatore che faceva Giacomo Debenedetti. Si intitolava Ritratti di contemporanei ma il titolo originale era, se non sbaglio, qualcosa come «Prima impressione di...». Il piccolo libro di Tullio Pericoli Incroci (n. 735 della magnifica Piccola Biblioteca Adelphi), arricchito da illustrazioni in bianco e nero che ci sarebbe piaciuto fossero di più conoscendo la geniale e rara predisposizione dell'autore al ritratto, è proprio questo: una raccolta di “prime impressioni” su personaggi della cultura, delle arti e del giornalismo che hanno lasciato un segno forte nella sua memoria, da Zavattini a Pietra, da Montale a Testori, da Bocca a Eco, da Mastronardi al compagno di molte imprese Pirella: ventitré mini-ritratti scritti con la perizia e l'acume dell'osservatore più attento all'essenziale, più pronto all'interpretazione di un carattere ma anche di una qualità. C'è soltanto una donna in questa galleria, tale Iolanda che fa parte piuttosto dei ricordi infantili, e qui davvero si tratta di “prime impressioni”, e c'è anche un capitoletto sui topi imbalsamati visti alle Halles ormai distrutte (e però i protagonisti veri sono in questo caso Calvino e Ferreri, che alle Halles stava girando un film pseudo-western!) e uno sui Monti Sibillini, per non dimenticare le proprie origini, il costante trasporto di Pericoli per il paesaggio marchigiano. I primi ritratti riguardano imprevedibilmente dei professori di scuola, dai quali qualcosa si è pur appreso, e i giornalisti che a Milano (come l'indimenticabile e strabordante Fusco) lo aiutarono quando vi giunse dalla provincia, su raccomandazione di Zavattini. Quelli che mi hanno più colpito (e alcuni commosso) sono, prevedibilmente, di persone che ho conosciuto e a cui debbo in vario modo molto o tanto, da Elvio Fachinelli ad Andrea Zanzotto, da Livio Garzanti a Emilio Tadini e Aldo Buzzi (che per Pericoli era anche il grande amico di uno dei suoi ideali maestri, Saul Steinberg). Cosa si ammira di Pericoli? La semplicità e immediatezza del racconto senza fronzoli, il modo in cui tiene a bada le tentazioni narcisistiche oggi dominanti, la grazia, insomma, e il culto dell'amicizia. È questo il carattere più simpatico e oso dire istruttivo di questi Incroci, che ci richiama una constatazione di Saba che non dovremmo mai dimenticare: «tutto il mondo ha bisogno d'amicizia».
Il sito di Tullio Pericoli : http://www.tulliopericoli.com/
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