BANKSY, l’artista invisibile
04 agosto 2009
| Chiara Meattelli
Londra. Per anni le autorità di Bristol hanno provato a catturarlo mentre imbrattava i muri della città con i suoi graffiti. Oggi sono costrette a proteggerlo mentre lui, in gran segreto, organizza la più grande esibizione delle sue opere nel museo comunale. Si intitola “Banksy Versus Bristol museum”, ovvero Banksy contro il museo di Bristol, ed è l’ultima sfida del più celebre artista di strada. L’esposizione, gratuita, include cento opere: dai graffiti a un camioncino di gelati bruciato in mezzo all’atrio, a un agente in tenuta antisommossa in sella a un cavallo giocattolo per bambini. Ci sono anche dipinti inediti, composti con la sua tecnica dello stencil, ovvero gli stampi che gli consentono di lasciare il segno nel minor tempo possibile. Poi ancora statue modificate con un senso estremo del paradosso, come il leone dalla cui bocca pende la frusta del domatore, del quale non resta altro che la divisa ai piedi del basamento.
--> Solo la direttrice del museo, Kate Brindley, e due consiglieri comunali, erano a conoscenza dell’installazione: «È stato Banksy a imporre la segretezza, è l’unico modo per lavorare con lui; mentre il suo team allestiva l’esibizione, ho detto allo staff che l’edificio era occupato dal set di un film». Da vandalo a patron artistico di Bristol: quella di Banksy, che oggi vive a a Londra, è una parabola del figliol prodigo in chiave urbana. La mostra resterà aperta fino al 31 agosto: l’obiettivo iniziale dei centomila visitatori non solo è stato già raggiunto, ma addirittura raddoppiato. Hotel, ristoranti e caffè della città registrano incassi record grazie al Banksy-effect. Il consigliere comunale Simon Cook ha disposto che dal 5 agosto il museo sia aperto fino tardi ogni mercoledì «per incontrare l’enorme richiesta del pubblico», inoltre è stato assunto ulteriore personale per gestire il grande afflusso di visitatori, con code già in strada.In mostra c’è anche il “Pet Store”, gli animali robotizzati che l’artista aveva esposto lo scorso ottobre a New York: würstel che si cibano di senape, bastoncini di pesce che nuotano dentro un acquario e altre bizzarre rappresentazioni che servirebbero a sensibilizzare la coscienza sul benessere degli animali. «È la prima volta che utilizzano i fondi dei contribuenti per appendere i miei lavori invece che per toglierli di mezzo» dice il graffitaro più celebre del mondo alla Bbc, ma rigorosamente per posta elettronica. Infatti nessuno l’ha mai visto: la leggenda vuole che nemmeno il suo agente conosca la sua faccia e neppure i genitori conoscerebbero la sua identità artistica. Ma il Daily Mail, lo scorso anno, dichiarava di aver scoperto l’arcano: Banksy è Robin Cunningham, ha 35 anni e viene da una famiglia benestante di Bristol. Notizia né confermata né smentita, nonostante le fitte investigazioni del tabloid e di altre testate ben più rilevanti. L’unica cosa certa è che l’elusività dell’artista è un aspetto chiave della sua popolarità. La curiosità è talmente alta che qualcuno ha persino messo all’asta, su eBay, un cartone di pizza ritrovato a Los Angeles, con presunte tracce del suo dna.
Per molti Banksy è un genio, per altri solo un clown, ma nessuno gli ha mai negato un perspicace senso dell’umorismo. Irriverente e provocatore, usa l’ironia come un’arma ogni volta che attacca istituzioni, politici, capitalismo o quando riproduce scene e simboli di guerra: il graffito della bambina che abbraccia amorevolmente una bomba è ormai un’icona della guerrilla art, così come il lanciatore di fiori con il volto mascherato. A popolare le sue visioni ci sono milioni di ratti, soldati, poliziotti e scimpanzè, che in uno dei quadri in mostra prendono il posto dei ministri al parlamento inglese. In un altro, Simon Cowell, l’inventore dell’X Factor inglese, siede al tavolo di fronte alle ballerine di Degas.
È vero quel che dice parte della critica: le sue immagini sono simili, a volte indistinguibili, da quelle di Blek le Rat, alias Xavier Prou, l’artista di strada francese che, oltre ad aver utilizzato spesso i ratti nei suoi dipinti, inventava la tecnica degli stencil vent’anni prima del graffitaro di Bristol. Eppure, ironia della sorte, Prou è diventato popolare solo dopo, e solo grazie, al suo discepolo: «Banksy ha preso alcune mie idee e le ha cambiate; ha portato il mio stile a un livello internazionale, per me è come un figlio» spiega le Rat al “Times”. Viene in mente una delle opere esposte alla mostra di Bristol, una lastra su cui è incisa la frase di Picasso: “Il pessimo artista imita, quello bravo ruba”, con Banksy che ha manifestamente cancellato la firma del pittore per metterci la propria. L’arte di provocare oltre ogni limite, come quando scriveva sul suo sito: “È incredibile quanto, voi idioti, abbiate speso per comprare questa m...”. Dedicato, tra gli altri, a Brad Pitt e Angelina Jolie, i che avevano appena lasciato 200.000 dollari alla sua mostra di Los Angeles. Ma la lista è lunga: Banksy ha contraffatto 500 album di Paris Hilton inserendo titoli come “Perché sono famosa?”; è piombato nei musei, dal Metropolitan al Louvre, per sovrapporre i suoi quadri agli originali; ha dipinto scale e cieli paradisiaci sul muro israelo-palestinese in Cisgiordania. È un fenomeno globale, inarrestabile: qualche giorno fa hanno scoperto i suoi graffiti contro il capitalismo sui muri di Timbuktu, nel Mali. Genio o clown, conosciuto o anonimo, venduto a Hollywood o fedele solo alla smania di provocare, Banksy continua a sorprendere e far parlare di sé. Per quanto ancora?
Almeno fino quando, camminando per le strade di Londra, e incrociando l’inconfondibile segno del suo passaggio, non ci si senta più così tremendamente fortunati.
chiara_meattelli@yahoo.co.uk
da ilsecoloxix.itse ne parla anche qui:
•Banksy, l'arte a caccia di contraddizioni di Cesare Buquicchio • FOTOGALLERY DELLA MOSTRA •Banksy realizza una campagna video per la sua mostra a Bristol
Nessun commento:
Posta un commento