domenica 13 luglio 2014
World Cup 2014 protagonisti: Seleção Brasileira (4° classificata)
Dalcio
#copa2014
#WorldCup2014
Gilmar
Set
Portos- Franco Portinari
Scolari
Fernandes
Fernandes
Naymar Fred
Dalcio
David Luiz
Dalcio
Materassao
Portos-Franco Portinari
di JAL
Ritratto di Carla Vasio
Il 1 giugno su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Carla Vasio
Carla Vasio: "Ho fatto la guerra del Gruppo '63, ora vivo per dimenticare tutto"
La scrittrice, saggista, storica dell'arte e poetessa italiana, nata a Venezia nel 1932 e poi trasferitasi a Roma, in occasione del cinquantenario della nascita del movimento ha pubblicato il libro di memorie Vita privata di una cultura (Nottetempo, 2013) che ne ripercorre la storia
di ANTONIO GNOLI
E poi c'era lei. Carina. Molto carina. In quel Gruppo '63. In quella foto affollata di teste che sarebbero diventate note e con il vecchio Ungaretti davanti alla torta: "Eravamo nati a un giorno di distanza l'uno dall'altra. Festeggiammo insieme i compleanni. Ungaretti era lì. Con l'immancabile basco. Non spaesato. Sordo e inguaribilmente incazzato. Mio Dio, pensai, ora prende la torta e la lancia contro qualcuno", ricorda Carla Vasio. Sì, Ungaretti poteva essere imprevedibile.
Ma quello che non capisco è perché delle donne che hanno partecipato al Gruppo '63 non si parla mai. Guardo la Vasio - una signora fine, con un bel libro di memorie pubblicato da poco ( Vita privata di una cultura , Nottetempo) - e mi aspetto una risposta risentita, rancorosa. E invece è ironica: "Forse non gliela davamo. O forse pensavano di essere solo loro i protagonisti di questa scena che è durata alcuni anni e molto ha svecchiato nella cultura italiana".
Erano maschilisti incalliti?
"Si sentivano tutti dei geni. E alcuni forse lo furono anche. Sicuramente Edoardo Sanguineti. Il più sorprendente. Paradossale".
C'è una foto in cui ballate avvinghiati.
"Avvinghiati? È di una castità dopolavoristica. Del resto Edoardo era sposato e io avevo le mie storie, rigorosamente fuori dal gruppo".
Di tutta la combriccola fu molto presente Giorgio Manganelli.
"Adorabile nevrotico. Fu un'amicizia vera con lui. Fatta di intesa e di confidenza. Ma senza complicazioni sessuali. A volte reagiva con indignazione alle ingiustizie culturali".
A cosa si riferisce?
"Accadde un episodio, proprio nel 1963. Nella sede milanese di Garzanti fu presentato Accoppiamenti giudiziosi di Gadda. Aprì Ungaretti. A un certo punto Pasolini lo interruppe accennando, provocatoriamente, ad alcuni versi di una poesia piuttosto sconcia da dedicare allo scrittore. Il pubblico rumoreggiava. Gadda in prima fila era rosso come un peperone e in preda a un'angoscia terribile".
E Manganelli?
"Soffriva. Mi trascinò fuori in preda all'ira. Reagì alla provocazione pasoliniana allontanandosi".
Ma il Gruppo '63 non amava Pasolini.
"Non condivideva nulla della sua impostazione anacronistica. Non lo amava, ma non ne parlava. Il vero grande nemico che temevamo non erano neppure Cassola o Bassani, facili bersagli. No. Era Alberto Moravia. Lui, soprattutto. Non gli altri".
La racconta come fosse una guerra.
"E in un certo senso lo è stata. Con morti e feriti. Roma e Milano furono i due grandi campi di battaglia. Preceduti da Palermo che fece da detonatore. Per me che ero veneziana fu un bel divertimento ".
Quanto è rimasta a Venezia?
"Fino all'adolescenza. Con i miei abitammo prima in un angolo di un vecchio palazzo gotico. Poi andammo a vivere al Lido. Feci lì le elementari. Tra le mie compagne di classe c'era Rossana Rossanda".
E com'era
"Bella, elegante e molto intelligente. Quando ci rivedemmo, molti anni dopo, mi propose di collaborare al Manifesto . Ringraziai e poi dissi che i miei interessi erano troppo frivoli per le loro esigenze".
Frivoli?
"Diciamo leggeri, impolitici. Ero stata per un periodo a Parigi nei primi anni Sessanta. Mi ero laureata in storia della musica e facevo le mie brave ricerche su Debussy. Poi conobbi Henri Michaux, un bel tipo. Continuava a parlarmi dei grandi effetti letterari che l'uso della mescalina produceva. Lo guardavo affascinata e inorridita al tempo stesso".
Tornerei ancora un momento a Venezia. Quando la lasciò?
"Durante la guerra. Mio padre, che era un giornalista del Gazzettino, partecipò alla Resistenza. Si trasferì a Roma e noi con lui. Poi sparì e restammo io e mia madre. Il 1943 fu il nostro inverno della fame. Fu terribile. Il padre di due mie compagne ebree notando la mia denutrizione ricordo che mi diede due scatolette di vitamine americane".
Come fu il dopoguerra a Roma?
"Eccitante. Avevo fatto il liceo al Mamiani, l'università a Lettere. La vera Roma, quella straordinariamente reattiva capace di diventare un assoluto centro internazionale, si realizzò nella seconda metà degli anni Cinquanta. Non si può avere un'idea di che cosa fosse la sua vitalità: artistica e culturale. La cosa più strabiliante fu anche un certo lato esoterico che in seguito la città, sotterraneamente, sviluppò".
Cosa intende per esoterico?
"Una certa predilezione per le dottrine orientali e in particolare indiane. Era facile nei primi anni Sessanta incontrare Krishnamurti nel salotto di Vanda Scaravelli. Lei grande esperta di yoga ed entrambi appassionati di automobili. Oppure, in casa del compositore Giacinto Scelsi, trovarsi al cospetto di qualche affascinante lama tibetano. Lì ci si poteva imbattere in Patrizia Norelli- Bachelet. Aveva sposato un diplomatico e si era trasferita in America. Di punto in bianco, così raccontò, sentì la chiamata mentale dall'Ashram di Aurobindo".
Il santone indiano?
"Lui. Patrizia abbandonò tutto. E senza soldi, né un programma, con un bambino di sei anni, si mise in viaggio per raggiungere l'India. Si incamminò verso l'India come fosse il posto più vicino a casa. E fece una lunga tappa a Roma".
E qui cosa accadde?
"Incontrò una giovane pianista, allieva prediletta di Arturo Benedetti Michelangeli, su cui il maestro riponeva grandi speranze. Ma la giovane donna sorprese un po' tutti quando, all'inizio di un concerto, disse che non avrebbe più suonato in pubblico. Da quel momento si dedicò a mettere a punto una terapia musicale per bambini difficili e down".
E lei in tutto questo che c'entrava?
"Eravamo diventate amiche. Io mi occupavo di musica, Patrizia di astrologia e Maura Cova, insieme ad Alberto Neuman, altro allievo straordinario di Michelangeli, fondò una scuola musicale in cui insegnava il nuovo metodo. Il mio compito era trascrivere quello che accadeva. Poi mi accorsi di un fatto abbastanza curioso".
Quale?
"A Roma si era formata una enclave di junghiani".
Lo dice come fosse una setta.
"In un certo senso lo era. Ne fui ammessa andando, per diverso tempo, in analisi da Ernst Bernhard. Alla fine Bernhard, che aveva avuto in cura Manganelli e Fellini, voleva che diventassi analista e mi spedì da un personaggio meraviglioso che viveva ad Ascona".
Chi era?
"Aline Valangin. Non saprei come definirla: una specie di drago mitologico. Era già molto anziana. Era stata una pianista mancata, dopo un incidente alla mano sinistra. Allieva e paziente di Jung. Sposò un avvocato ebreo e la sua casa durante la dittatura fu un punto di riferimento per gli antifascisti. Ebbe anche una storia con Ignazio Silone. Insomma, mi presentai a lei con una lettera di Bernhard. Fu premurosa. Mi disse che avrei dovuto studiare qualche anno a Zurigo, prima di intraprendere la professione di analista".
E cosa decise?
"Ero tentata e lusingata. Ma alla fine prevalse il desiderio di occuparmi di musica e di arte. E poi volevo scrivere. Ma intendevo farlo in forma originale. Passò qualche anno quando realizzai un curioso "romanzo storico", scritto su di un solo grande foglio da appendere alla parete. Enzo Mari ideò la gabbia grafica. E quando il libro uscì ricevetti una telefonata da Italo Calvino".
Cosa le disse Calvino?
"Cominciò a imprecare. Sembrava arrabbiato. Poi di punto in bianco cambiò tono: ti devo parlare. Stasera vediamoci a cena, disse. Eravamo amici. Spesso si mangiava insieme in trattoria e si scherzava su tutto. Sentirlo così rancoroso mi preoccupò. Quando ci vedemmo mi sembrò freddo: come ti sei permessa di scrivere il libro che volevo fare io? Restai sconcertata. Poi capii che era il suo modo di esprimere consenso. Qualche mese dopo uscì una sua recensione in cui definì Romanzo storico uno dei più straordinari libri degli ultimi anni".
Che anno era?
"Mi pare fosse il 1976. Si avvicinava una nuova fase di contestazione che non avrebbe portato a niente. Poi ci fu la tragedia di Aldo Moro. Il Paese allo sbando. Roma da tempo aveva smesso di essere la città straordinaria che era stata. Credo che l'ultimo sussulto lo ebbe con l'estate dei poeti nel luglio del 1979".
Fu un evento che alcuni ancora oggi considerano memorabile.
"Si realizzò grazie alla fantasia e al coraggio di Renato Nicolini e a circostanze fortuite. Fu Fernanda Pivano a portare a Roma i poeti americani. Una sera mi telefonò. Domani arrivo con Allen Ginsberg. Devi condurci con la tua macchina a Ostia. Partimmo in tre. Ginsberg sembrava inquieto. Arrivammo che c'era già una quantità pazzesca di gente. Dal palco qualcuno leggeva poesie".
E cosa accadde?
"Peter Orlovsky fu coinvolto in una rissa. Ginsberg vedendo il fidanzato in difficoltà reagì in modo sublime. Salì sul palco. Afferrò il microfono. Si sedette in terra. E cominciò a cantilenare, con la sua voce bellissima, un mantra. Improvvisamente si fece silenzio. La rissa finì. E l'evento poté finalmente decollare".
Fu un canto del cigno.
"Fu la cosa più bella e gratuita che ci potesse accadere. Ricordo che Nanda era divisa tra lo stupore per quella serata imprevedibile e il racconto che mi fece di un tentativo da parte di Gregory Corso, totalmente drogato, di farsela. Senza riuscirci".
Come reagì la Pivano?
"Non lo so. Sembrava divertita al racconto. C'era nell'aria una strana eccitazione. Tutto poi rientrò con un misto di stanchezza e di quiete. La festa era finita. Quell'estate andai in Puglia e poi, per una decina di anni, ho vissuto in Giappone".
Al quale in seguito ha dedicato un libro.
"Sì, lo pubblicò Einaudi nel 1996. Come la luna dietro le nuvole fu il titolo. Raccontavo attraverso gli occhi di una scrittrice giapponese della fine dell'Ottocento le percezioni che avevo avuto di un mondo capovolto rispetto al nostro. Mi servì anche per prendere le distanze da tutto quello che ero stata. Dal mondo che avevo conosciuto e che era finito".
Lasciando qualche trauma?
"No, in me non ha prodotto ferite. Semmai, resta il rimpianto per coloro che sono scomparsi e che qualche volta vorrei rivedere".??Chi per esempio??"La mia amica Amelia Rosselli, anche lei a suo modo fece parte del Gruppo '63. Fu una poetessa bravissima. Deformata dalla schizofrenia che non le diede mai pace. Per tutta la vita provò a combattere l'oscurità. Ho dentro, sconsolata, la sua sofferenza. Mi telefonò una notte. Era l'inverno del 1996. Mi chiese di portarle da mangiare. E quando giunsi, e non aprì la porta, capii che era troppo tardi".
Come giudica la sua vita, la sua bellezza di allora?
"Non mi sono mai addomesticata, né ammansita. Della mia bellezza non me ne sono fatta uno strumento, anche quando avrei potuto servirmene. Il succo della vita è di viverla. Possibilmente al di là delle transenne. Continuo a farlo. Con le forze che restano in una signora di 91 anni. Ho finito di scrivere un libro, il cui titolo dovrà ruotare attorno all'arte di dimenticare".
Curioso per una donna che ricorda tutto.
"Sono d'accordo, ma considero quell'arte suprema".??Perché??"Via via che il tempo ci passa addosso occorre spogliarsi di ciò che siamo stati. Mi soccorre un'immagine che ricavo dal Libro egizio dei morti. C'è la dea Maat che sta sulla soglia dell'aldilà, per esaminare lo spirito dei morti, e decidere chi potrà varcarla e chi no".
E come conosce l'anima dei defunti?
"Maat ha in una mano la bilancia. Su un piatto mette il cuore del defunto; sull'altro depone una piuma della sua acconciatura. Ecco: il proprio cuore deve essere leggero come una piuma, deve aver dimenticato tutto per poter entrare nell'aldilà".
Lei crede nell'aldilà?
"Non si sa mai, mi verrebbe da dire. E poi via via che mi avvicino alla fine sento che mi seccherebbe oltremodo pensare che non ci sia nulla. Che tutto finisca su quella soglia. No, quanto meno mi sembrerebbe una triste svalutazione della vita".
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Carla Vasio
Carla Vasio: "Ho fatto la guerra del Gruppo '63, ora vivo per dimenticare tutto"
La scrittrice, saggista, storica dell'arte e poetessa italiana, nata a Venezia nel 1932 e poi trasferitasi a Roma, in occasione del cinquantenario della nascita del movimento ha pubblicato il libro di memorie Vita privata di una cultura (Nottetempo, 2013) che ne ripercorre la storia
di ANTONIO GNOLI
E poi c'era lei. Carina. Molto carina. In quel Gruppo '63. In quella foto affollata di teste che sarebbero diventate note e con il vecchio Ungaretti davanti alla torta: "Eravamo nati a un giorno di distanza l'uno dall'altra. Festeggiammo insieme i compleanni. Ungaretti era lì. Con l'immancabile basco. Non spaesato. Sordo e inguaribilmente incazzato. Mio Dio, pensai, ora prende la torta e la lancia contro qualcuno", ricorda Carla Vasio. Sì, Ungaretti poteva essere imprevedibile.
Ma quello che non capisco è perché delle donne che hanno partecipato al Gruppo '63 non si parla mai. Guardo la Vasio - una signora fine, con un bel libro di memorie pubblicato da poco ( Vita privata di una cultura , Nottetempo) - e mi aspetto una risposta risentita, rancorosa. E invece è ironica: "Forse non gliela davamo. O forse pensavano di essere solo loro i protagonisti di questa scena che è durata alcuni anni e molto ha svecchiato nella cultura italiana".
Erano maschilisti incalliti?
"Si sentivano tutti dei geni. E alcuni forse lo furono anche. Sicuramente Edoardo Sanguineti. Il più sorprendente. Paradossale".
C'è una foto in cui ballate avvinghiati.
"Avvinghiati? È di una castità dopolavoristica. Del resto Edoardo era sposato e io avevo le mie storie, rigorosamente fuori dal gruppo".
Di tutta la combriccola fu molto presente Giorgio Manganelli.
"Adorabile nevrotico. Fu un'amicizia vera con lui. Fatta di intesa e di confidenza. Ma senza complicazioni sessuali. A volte reagiva con indignazione alle ingiustizie culturali".
A cosa si riferisce?
"Accadde un episodio, proprio nel 1963. Nella sede milanese di Garzanti fu presentato Accoppiamenti giudiziosi di Gadda. Aprì Ungaretti. A un certo punto Pasolini lo interruppe accennando, provocatoriamente, ad alcuni versi di una poesia piuttosto sconcia da dedicare allo scrittore. Il pubblico rumoreggiava. Gadda in prima fila era rosso come un peperone e in preda a un'angoscia terribile".
E Manganelli?
"Soffriva. Mi trascinò fuori in preda all'ira. Reagì alla provocazione pasoliniana allontanandosi".
Ma il Gruppo '63 non amava Pasolini.
"Non condivideva nulla della sua impostazione anacronistica. Non lo amava, ma non ne parlava. Il vero grande nemico che temevamo non erano neppure Cassola o Bassani, facili bersagli. No. Era Alberto Moravia. Lui, soprattutto. Non gli altri".
La racconta come fosse una guerra.
"E in un certo senso lo è stata. Con morti e feriti. Roma e Milano furono i due grandi campi di battaglia. Preceduti da Palermo che fece da detonatore. Per me che ero veneziana fu un bel divertimento ".
Quanto è rimasta a Venezia?
"Fino all'adolescenza. Con i miei abitammo prima in un angolo di un vecchio palazzo gotico. Poi andammo a vivere al Lido. Feci lì le elementari. Tra le mie compagne di classe c'era Rossana Rossanda".
E com'era
"Bella, elegante e molto intelligente. Quando ci rivedemmo, molti anni dopo, mi propose di collaborare al Manifesto . Ringraziai e poi dissi che i miei interessi erano troppo frivoli per le loro esigenze".
Frivoli?
"Diciamo leggeri, impolitici. Ero stata per un periodo a Parigi nei primi anni Sessanta. Mi ero laureata in storia della musica e facevo le mie brave ricerche su Debussy. Poi conobbi Henri Michaux, un bel tipo. Continuava a parlarmi dei grandi effetti letterari che l'uso della mescalina produceva. Lo guardavo affascinata e inorridita al tempo stesso".
Tornerei ancora un momento a Venezia. Quando la lasciò?
"Durante la guerra. Mio padre, che era un giornalista del Gazzettino, partecipò alla Resistenza. Si trasferì a Roma e noi con lui. Poi sparì e restammo io e mia madre. Il 1943 fu il nostro inverno della fame. Fu terribile. Il padre di due mie compagne ebree notando la mia denutrizione ricordo che mi diede due scatolette di vitamine americane".
Come fu il dopoguerra a Roma?
"Eccitante. Avevo fatto il liceo al Mamiani, l'università a Lettere. La vera Roma, quella straordinariamente reattiva capace di diventare un assoluto centro internazionale, si realizzò nella seconda metà degli anni Cinquanta. Non si può avere un'idea di che cosa fosse la sua vitalità: artistica e culturale. La cosa più strabiliante fu anche un certo lato esoterico che in seguito la città, sotterraneamente, sviluppò".
Cosa intende per esoterico?
"Una certa predilezione per le dottrine orientali e in particolare indiane. Era facile nei primi anni Sessanta incontrare Krishnamurti nel salotto di Vanda Scaravelli. Lei grande esperta di yoga ed entrambi appassionati di automobili. Oppure, in casa del compositore Giacinto Scelsi, trovarsi al cospetto di qualche affascinante lama tibetano. Lì ci si poteva imbattere in Patrizia Norelli- Bachelet. Aveva sposato un diplomatico e si era trasferita in America. Di punto in bianco, così raccontò, sentì la chiamata mentale dall'Ashram di Aurobindo".
Il santone indiano?
"Lui. Patrizia abbandonò tutto. E senza soldi, né un programma, con un bambino di sei anni, si mise in viaggio per raggiungere l'India. Si incamminò verso l'India come fosse il posto più vicino a casa. E fece una lunga tappa a Roma".
E qui cosa accadde?
"Incontrò una giovane pianista, allieva prediletta di Arturo Benedetti Michelangeli, su cui il maestro riponeva grandi speranze. Ma la giovane donna sorprese un po' tutti quando, all'inizio di un concerto, disse che non avrebbe più suonato in pubblico. Da quel momento si dedicò a mettere a punto una terapia musicale per bambini difficili e down".
E lei in tutto questo che c'entrava?
"Eravamo diventate amiche. Io mi occupavo di musica, Patrizia di astrologia e Maura Cova, insieme ad Alberto Neuman, altro allievo straordinario di Michelangeli, fondò una scuola musicale in cui insegnava il nuovo metodo. Il mio compito era trascrivere quello che accadeva. Poi mi accorsi di un fatto abbastanza curioso".
Quale?
"A Roma si era formata una enclave di junghiani".
Lo dice come fosse una setta.
"In un certo senso lo era. Ne fui ammessa andando, per diverso tempo, in analisi da Ernst Bernhard. Alla fine Bernhard, che aveva avuto in cura Manganelli e Fellini, voleva che diventassi analista e mi spedì da un personaggio meraviglioso che viveva ad Ascona".
Chi era?
"Aline Valangin. Non saprei come definirla: una specie di drago mitologico. Era già molto anziana. Era stata una pianista mancata, dopo un incidente alla mano sinistra. Allieva e paziente di Jung. Sposò un avvocato ebreo e la sua casa durante la dittatura fu un punto di riferimento per gli antifascisti. Ebbe anche una storia con Ignazio Silone. Insomma, mi presentai a lei con una lettera di Bernhard. Fu premurosa. Mi disse che avrei dovuto studiare qualche anno a Zurigo, prima di intraprendere la professione di analista".
E cosa decise?
"Ero tentata e lusingata. Ma alla fine prevalse il desiderio di occuparmi di musica e di arte. E poi volevo scrivere. Ma intendevo farlo in forma originale. Passò qualche anno quando realizzai un curioso "romanzo storico", scritto su di un solo grande foglio da appendere alla parete. Enzo Mari ideò la gabbia grafica. E quando il libro uscì ricevetti una telefonata da Italo Calvino".
Cosa le disse Calvino?
"Cominciò a imprecare. Sembrava arrabbiato. Poi di punto in bianco cambiò tono: ti devo parlare. Stasera vediamoci a cena, disse. Eravamo amici. Spesso si mangiava insieme in trattoria e si scherzava su tutto. Sentirlo così rancoroso mi preoccupò. Quando ci vedemmo mi sembrò freddo: come ti sei permessa di scrivere il libro che volevo fare io? Restai sconcertata. Poi capii che era il suo modo di esprimere consenso. Qualche mese dopo uscì una sua recensione in cui definì Romanzo storico uno dei più straordinari libri degli ultimi anni".
Che anno era?
"Mi pare fosse il 1976. Si avvicinava una nuova fase di contestazione che non avrebbe portato a niente. Poi ci fu la tragedia di Aldo Moro. Il Paese allo sbando. Roma da tempo aveva smesso di essere la città straordinaria che era stata. Credo che l'ultimo sussulto lo ebbe con l'estate dei poeti nel luglio del 1979".
Fu un evento che alcuni ancora oggi considerano memorabile.
"Si realizzò grazie alla fantasia e al coraggio di Renato Nicolini e a circostanze fortuite. Fu Fernanda Pivano a portare a Roma i poeti americani. Una sera mi telefonò. Domani arrivo con Allen Ginsberg. Devi condurci con la tua macchina a Ostia. Partimmo in tre. Ginsberg sembrava inquieto. Arrivammo che c'era già una quantità pazzesca di gente. Dal palco qualcuno leggeva poesie".
E cosa accadde?
"Peter Orlovsky fu coinvolto in una rissa. Ginsberg vedendo il fidanzato in difficoltà reagì in modo sublime. Salì sul palco. Afferrò il microfono. Si sedette in terra. E cominciò a cantilenare, con la sua voce bellissima, un mantra. Improvvisamente si fece silenzio. La rissa finì. E l'evento poté finalmente decollare".
Fu un canto del cigno.
"Fu la cosa più bella e gratuita che ci potesse accadere. Ricordo che Nanda era divisa tra lo stupore per quella serata imprevedibile e il racconto che mi fece di un tentativo da parte di Gregory Corso, totalmente drogato, di farsela. Senza riuscirci".
Come reagì la Pivano?
"Non lo so. Sembrava divertita al racconto. C'era nell'aria una strana eccitazione. Tutto poi rientrò con un misto di stanchezza e di quiete. La festa era finita. Quell'estate andai in Puglia e poi, per una decina di anni, ho vissuto in Giappone".
Al quale in seguito ha dedicato un libro.
"Sì, lo pubblicò Einaudi nel 1996. Come la luna dietro le nuvole fu il titolo. Raccontavo attraverso gli occhi di una scrittrice giapponese della fine dell'Ottocento le percezioni che avevo avuto di un mondo capovolto rispetto al nostro. Mi servì anche per prendere le distanze da tutto quello che ero stata. Dal mondo che avevo conosciuto e che era finito".
Lasciando qualche trauma?
"No, in me non ha prodotto ferite. Semmai, resta il rimpianto per coloro che sono scomparsi e che qualche volta vorrei rivedere".??Chi per esempio??"La mia amica Amelia Rosselli, anche lei a suo modo fece parte del Gruppo '63. Fu una poetessa bravissima. Deformata dalla schizofrenia che non le diede mai pace. Per tutta la vita provò a combattere l'oscurità. Ho dentro, sconsolata, la sua sofferenza. Mi telefonò una notte. Era l'inverno del 1996. Mi chiese di portarle da mangiare. E quando giunsi, e non aprì la porta, capii che era troppo tardi".
Come giudica la sua vita, la sua bellezza di allora?
"Non mi sono mai addomesticata, né ammansita. Della mia bellezza non me ne sono fatta uno strumento, anche quando avrei potuto servirmene. Il succo della vita è di viverla. Possibilmente al di là delle transenne. Continuo a farlo. Con le forze che restano in una signora di 91 anni. Ho finito di scrivere un libro, il cui titolo dovrà ruotare attorno all'arte di dimenticare".
Curioso per una donna che ricorda tutto.
"Sono d'accordo, ma considero quell'arte suprema".??Perché??"Via via che il tempo ci passa addosso occorre spogliarsi di ciò che siamo stati. Mi soccorre un'immagine che ricavo dal Libro egizio dei morti. C'è la dea Maat che sta sulla soglia dell'aldilà, per esaminare lo spirito dei morti, e decidere chi potrà varcarla e chi no".
E come conosce l'anima dei defunti?
"Maat ha in una mano la bilancia. Su un piatto mette il cuore del defunto; sull'altro depone una piuma della sua acconciatura. Ecco: il proprio cuore deve essere leggero come una piuma, deve aver dimenticato tutto per poter entrare nell'aldilà".
Lei crede nell'aldilà?
"Non si sa mai, mi verrebbe da dire. E poi via via che mi avvicino alla fine sento che mi seccherebbe oltremodo pensare che non ci sia nulla. Che tutto finisca su quella soglia. No, quanto meno mi sembrerebbe una triste svalutazione della vita".
sabato 12 luglio 2014
Ritratto di Eugenio Borgna
Il 26 maggio su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Eugenio Borgna
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Eugenio Borgna
Eugenio Borgna: "L'anima non guarisce mai del tutto, le resta sempre accanto un'ombra"
Dagli studi universitari all'interesse per quei malati un tempo tenuti ai margini, lo psichiatra racconta come è cambiata la disciplina
di ANTONIO GNOLI
LA PRIMA cosa che viene in mente osservando Eugenio Borgna, mentre è ad attendermi alla stazione di Novara, è il suo spiccato senso di gentilezza. Nelle movenze dinoccolate di quest'uomo alto e asciutto, che flette lieve verso l'altro come un giunco, si coglie la disponibilità rara dell'ascolto. Ci fermiamo, vista l'ora di pranzo, a un ristorante gradevole e semivuoto: "Qui veniva Scalfaro", ricorda Borgna.
E ho l'impressione di un altro tempo. Che è la medesima sensazione che provo nella casa di questo grande psichiatra: vasta, spoglia, ma anche sovraccarica di libri. Come congelata in un altro tempo. Forse più prezioso. Più intimo. Certamente meno duro e perfino più fragile. Proprio al tema della fragilità Borgna ha dedicato un libretto ( La fragilità che è in noi, edito da Einaudi) ricco di considerazioni tenui. Intonate al pastello più che all'acido; alle sfumature più che ai tratti decisi. Ho l'impressione che il pensiero di quest'uomo si svuoti dell'aggressività necessaria in una società votata all'urlo e alla chiacchiera.
Cosa rappresentano le parole per un medico come lei?
"Le parole hanno un immenso potere. Ci sono parole troppo dure e violente. Troppo inumane. Che i medici, non tutti per fortuna, rivolgono al malato. E ci sono parole in grado di aiutare l'altro. Le mie parole sono state anche domande a me stesso e agli altri. Sono i dubbi e le incertezze che ho seminato lungo la mia lunga vita".
Che ha avuto inizio dove?
"A Borgomanero, a una trentina di chilometri da qui. Vi ho trascorso la mia infanzia e poi l'adolescenza. Interrotta bruscamente quando i tedeschi nel 1943 occuparono la nostra casa. Mio padre, avvocato, faceva parte della Resistenza. E noi, sei figli, con mia madre che teneva in braccio l'ultimo nato, ci avviammo a piedi verso la collina dove protetti da un parroco ci nascondemmo".
Quanto durò?
"Sei mesi. Tornammo per constatare che la casa era stata distrutta. A poco a poco la vita riprese. La scuola, poi il liceo, infine l'Università a Torino e la specializzazione a Milano nella prima clinica per le malattie nervose ".
Perché quel tipo di scelta?
"Sulle orme paterne avrei potuto fare l'avvocato. O magari il letterato avendo divorato i libri della biblioteca di mio padre. Ma compresi, grazie anche alla letteratura e alla poesia, che occuparsi delle persone che stavano male poteva dare un senso più autentico alla mia esistenza".
Essere autentici è un dovere?
"Diciamo che avvertivo il desiderio di una verità più grande di quella che di solito osserviamo".
Mi faccia capire.
"Dopo un po' che frequentavo la Prima clinica mi accorsi che esistevano due tipi di pazienti, ben distinti: neurologici e psichiatrici. Questi ultimi erano ignorati".
Perché?
"Si pensava che solo le malattie del cervello meritassero attenzione. Mentre a me interessava relativamente quel tipo di indagine. E fu attraverso quei pochi pazienti psichiatrici, tenuti ai margini, che scoprii un mondo di dolore e di sofferenza che mi parve più autentico di quello biologico e organicistico".
Non le bastava la verità clinica?
"No, desideravo toccare una verità più esistenziale. Non volevo l'oggettività del neurologo. Ero portato ad ascoltare la sofferenza e l'angoscia come aspetti di una soggettività più complessa. Avevo 32 anni e una libera docenza che mi dischiudeva le porte per una grande carriera milanese".
E invece?
"Decisi - tra lo sconcerto dei colleghi, dei superiori e degli amici - di accettare il posto di direttore del reparto femminile dell'ospedale psichiatrico di Novara. Quando entrai vidi all'esterno degli enormi giardini. Mi accompagnava un silenzio assoluto. E malgrado fosse inverno le finestre dell'ospedale erano spalancate. Con i pazienti che guardavano fuori".
Una scena irreale?
"Sembravano le marionette di un teatro dell'assurdo. Ma era niente rispetto alla situazione che trovai all'interno. Quello che vidi fu raccapricciante: i pazienti legati o rinchiusi in spazi asfissianti. Le urla e i lamenti. Era agghiacciante. Sembrava di essere in un carcere crudele e senza senso. So bene che oggi la situazione è cambiata, ma allora, nei primi anni Sessanta, fu sconvolgente constatare che c'erano esseri umani cui era stata tolta la dignità del vivere".
Come reagì?
"Provai una profonda vergogna. E al tempo stesso capii che avevo fatto la scelta giusta. Provai a cambiare la situazione. Aprii le porte e vietai l'uso dei letti di contenzione. Nessun paziente poteva più essere legato. Chiamai da Milano alcuni assistenti con i quali avevo lavorato e che avevano, come me, combattuto contro certi metodi".
Metodi comunque fondati su una lunga tradizione clinica.
"Certo. In quelle decisioni non c'era malvagità, ma tanto pregiudizio. Meglio: l'incapacità di capire veramente cosa si nasconde nella follia".
Non è facile trovare un varco per la comprensione.
"Non lo è finché ci si rifiuta di pensare alla schizofrenia come a una forma di esistenza. Certo diversa dalla nostra normalità, ammesso che esista, ma pur sempre esistenza vitale".
Lei dice: la schizofrenia è un mondo vitale. Cosa ha trovato in quel mondo?
"La schizofrenia è una delle forme di sofferenza più enigmatiche e strazianti che si conoscano. Si radica, per lo più, nella crisi esistenziale segnata dal passaggio dall'adolescenza alla giovinezza".
Si insinua nel mutamento degli orizzonti di vita?
"Esattamente. E può essere vista come un'anarchica e totale perdita di senso, oppure essere riconosciuta, compresa e utilizzata solo se si riesce a guardarla con un forte atteggiamento interiore".
Intende dire che ci si deve porre alla stessa altezza della malattia?
"Intendo dire che le radici della malattia sono esistenziali e non cliniche. E questa convinzione fa venir meno il rapporto asimmetrico tra medico e paziente".
Ma è pur sempre il medico che decide per l'eguaglianza.
"È vero. Ma con quella decisione è il medico a mettersi in discussione. Negli anni della mia professione ho capito che o si tenta di rivivere le cause del dolore e dell'angoscia degli altri, con tutte le risonanze e i rischi personali, oppure si è destinati al fallimento".
C'è un modo certo per registrare questo fallimento?
"La nostra maschera portata davanti a chi vive immerso in una condizione schizofrenica è immediatamente percepita nella sua insopportabile finzione e lontananza ".
Cos'è per lei la guarigione?
"Parlando di guarigione in psichiatria c'è il rischio di sconfinare in una segreta violenza".
Cioè?
"Intesa in senso dogmatico la guarigione vorrebbe sanare tutto; risolvere ogni problema legato alla malattia ".
E invece?
"La guarigione assoluta, in psichiatria, è solo un gesto totalitario. L'altra faccia, se vuole, del modo in cui la scienza dell'anima si è lungamente accanita sul corpo del malato. Senza pudore né dignità. Personalmente sono convinto che la guarigione avvenga anche quando i sintomi della malattia continuano a manifestarsi. Si può guarire continuando ad avere accanto quest'ombra ".
Non ha mai temuto di essere lei stesso avvolto o sfiorato da quell'ombra?
"Mi sta chiedendo se il peso di ciò che ho sostenuto in questi lunghi anni mi abbia in qualche modo coinvolto più del dovuto?".
Sì. Nel senso che se si fa propria la sofferenza del paziente cade ogni distinzione.
"Viene meno la distanza e con essa ci si apre alla sofferenza dell'altro. Penso anche che la sofferenza sia una condizione necessaria alla via della conoscenza" .
Ma è una domanda più diretta che vorrei farle e che spieghi la sua "posizione scomoda": ha mai sofferto di depressione?
"Sì, è un universo che in alcune fasi della mia vita mi ha inghiottito".
E cosa si prova?
"Nella depressione si vive come sprofondati nel passato. Non si vede più il futuro né la speranza. Si blocca la percezione del cambiamento; si sprofonda nelle cose avvenute che non mutano mai. E poi affiora l'esperienza fiammeggiante della colpa: una delle ragioni del nostro strazio. Ma nei miei quarant'anni di manicomio ho imparato che ci sono tante forme di depressione a seconda dei nostri caratteri e delle nostre emozioni. Teresa di Lisieux vedeva nella malinconia il sentiero per conoscere Dio".
C'è un nesso tra psichiatria e misticismo?
"Ovviamente no se si considera la psichiatria solo una scienza positiva. Ma le esperienze mistiche ci inducono a riflettere sugli abissi dell'anima, sulle sue lacerazioni. E non può immaginare quante volte mi sia trovato davanti alle oscure notti dell'anima".
Si nota quasi un desiderio di ricorrere alla religione.
"Non alla religione in quanto tale. Ma a certe sue pratiche: voler camminare con l'altro, immedesimarsi nell'altro. Si parla tanto di etica. Dove pensa debba stare tra il cuore di ghiaccio e il cuore segnato dal dolore? Dalla sofferenza occorre uscire. Ma guai non averla mai provata in vita".
Crede in Dio?
"Credo in senso pascaliano all'idea del mistero. Non credo a un Dio razionale che ordina il mondo. Oltretutto, visti i risultati, sarebbe stato un pessimo architetto. Ciascuno deve fare bene il proprio lavoro".
E il suo, ora che non ha più l'ospedale?
"Continuo a dedicare parte del mio tempo ai pazienti. Senza di loro mi sarei trasformato in un piccolo funzionario. Decida lei se del bene o del male".
E il resto della giornata che fa?
"Leggo e scrivo i miei libri. È un'altra maniera di raccontare il dolore e le fragilità umane. A volte per mesi non riesco a scrivere. È come se il buio calasse in me. Durò a lungo dopo la scomparsa di mia moglie".
Cosa accadde?
"Soffriva di una malattia autoimmune. Se la trascinò per buona parte della vita. E provai spesso dolore e disperazione. Morì 14 anni fa. Era una psichiatra infantile. Con un carattere molto dolce. Ancora oggi ne avverto il vuoto".
Cos'è la mancanza?
"Qualcosa che ci accompagna per sempre e che cerchiamo disperatamente di mettere tra parentesi. Ma si può ingabbiare ciò che non avremo mai più?".
Le cose passano. Destinate come sono a finire. Soprattutto nell'orizzonte della vecchiaia.
"Muta la luce, non necessariamente la materia".
E la vecchiaia di uno psichiatra?
"Perché dovrebbe essere diversa da quella di un fabbro o di un insegnante di matematica? Conta molto il destino di come è stata la propria vita".
Destino è una parola impalpabile.
"Sono le migliori. Le meno usurate. Il destino non lo intendo come la macchina inesorabile del fato. È sapere ancora una volta leggere dentro di sé. Riconoscersi. Freud lo fece da giovane e da vecchio. Fino a quando le forze lo sorressero continuò a lavorare. L'importante è non farsi divorare dall'homo faber. Solo così si ha più tempo per ascoltare".
Non teme il tempo della clessidra?
"Lo temo oggi come lo temevo da giovane. Ho sempre avuto la percezione acutissima dell'imprevedibile. Il morire era per me una possibilità immanente a trent'anni e adesso".
Citava Freud. Che rapporto ha con la psicoanalisi?
"Nessuno in particolare. È una grande esperienza culturale. Abbastanza inservibile per la schizofrenia".
Perché?
"Gli schizofrenici non possono raccontare i loro sogni perché non sognano. Servono altre strade. Altre parole. Starei per dire altri dolori. Sa una cosa che vorrei?".
Dica.
"Vorrei che non ci fossero più giorni muti e senza parole. Vorrei che anche quando il silenzio avvolgesse le nostre vite esso avesse la forma della dignità e non dell'indifferenza ".
venerdì 11 luglio 2014
“This land is mine” di Nina Paley
“This land is mine”
"Questa terra è mia"
"This land is mine" è un video animato realizzato nel 2012 da Nina Paley ,fumettista americana,
e come ammette lei stessa, vista la terribile situazione di questi giorni tra Palestina ed Israele, purtroppo sempre attuale.
Scrive su Facebook Nina Paley:
I toni tragici del racconto vengono smorzati da uno stile vagamente comico e da una musica dai toni allegri: il tutto mirato a costruire una sensazione di tragi-comicità che raggiunge il suo apice nel finale, quando è la morte stessa ad affermare contenta “this land is mine”.
La canzone eseguita nel video, è “The exodus song”; testo di Pat Boone ed eseguita da Andy Williams.
This Land is Mine
La satira amara di Nina Paley
La fumettista americana, che spesso si confronta con il mondo arabo e in particolare con la storia e la cultura ebraica, ripercorre tremila anni di conflitti e si scaglia contro il mito del possesso della Terra Santa. Un disegno insieme naif e cruento.
Dal Blog di Nina Paley
la presentazione dei protagonisti del video:
The Exodus Song, “This Land is Mine”
(Lyrics by Pat Boone. Sung by Andy Williams)
This land is mine
God gave this land to me
This brave and ancient land to me
And when the morning sun
Reveals her hills and plains
Then I see a land
Where children can run free.
So take my hand
And walk this land with me
And walk this lovely land with me
Tho’ I am just a man
When you are by my side
With the help of God
I know I can be strong.
Tho’ I am just a man
When you are by my side
With the help of God
I know I can be strong.
To make this land our home
If I must fight
I’ll fight to make this land our own.
Until I die this land is mine!
Da dietro queste mura
Ho sentito la tua canzone
Oh, dolci parole
La musica che si gioca
Il mio mondo si illumina
Il più dolce che ho sentito
E ' possibile
Che ho toccato e trasformato
Oh Signore, prego infine
Finalmente le cose stanno cambiando
Questa terra è mia, ma ti lascio regola
Farvi passare e la domanda
Basta che sai di che questa terra è mia
Così trova la tua casa e stabilirsi in
Oh, io sono pronto a farvi
Basta che sappiamo che questa terra è mia
Dopo tutte le battaglie e le guerre
Le cicatrici e le perdite
Io sono ancora la regina del mio dominio
E la sensazione più forte ora
Le pareti sono giù un po' di più ogni giorno
Dal momento che sei venuto, finalmente, finalmente le cose stanno cambiando
Questa terra è mia, ma ti lascio regola
Farvi passare e la domanda
Basta che sai di che questa terra è mia
Così trova la tua casa e stabilirsi in
Oh, io sono pronto a farvi
Basta che sappiamo che questa terra è mia
Seguire i giorni che ho viaggiato da solo
In questo posto freddo e incolore fino ad ora
È quello che ho dovuto pagare
Questa terra è mia, ma ti lascio regola
Farvi passare e la domanda
Basta che sai di che questa terra è mia
Così trova la tua casa e stabilirsi in
Oh, io sono pronto a farvi
Basta che sappiamo che questa terra è mia
Questa terra è mia e mi lasci si regola
Io ti permettono di navigare su richiesta
Basta che sai di che questa terra è mia
Note: If you want to support this project, please notice I have Paypal and Flattr buttons. TAX-DEDUCTIBLE donations accepted via the nonprofitQuestionCopyright.org.
"Questa terra è mia"
"This land is mine" è un video animato realizzato nel 2012 da Nina Paley ,fumettista americana,
e come ammette lei stessa, vista la terribile situazione di questi giorni tra Palestina ed Israele, purtroppo sempre attuale.
Scrive su Facebook Nina Paley:
"Sad to say this little animation will never go out of style. "Lucky" me, I guess.Il video racconta la storia della terra più contesa da sempre: Israele/Palestina/Canaan/Levante.
https://vimeo.com/50531435"
I toni tragici del racconto vengono smorzati da uno stile vagamente comico e da una musica dai toni allegri: il tutto mirato a costruire una sensazione di tragi-comicità che raggiunge il suo apice nel finale, quando è la morte stessa ad affermare contenta “this land is mine”.
La canzone eseguita nel video, è “The exodus song”; testo di Pat Boone ed eseguita da Andy Williams.
This Land is Mine
La satira amara di Nina Paley
La fumettista americana, che spesso si confronta con il mondo arabo e in particolare con la storia e la cultura ebraica, ripercorre tremila anni di conflitti e si scaglia contro il mito del possesso della Terra Santa. Un disegno insieme naif e cruento.
Dal Blog di Nina Paley
la presentazione dei protagonisti del video:
Who’s Killing Who? A Viewer’s Guide
Because you can’t tell the players without a pogrom!
Early Man
This generic “cave man” represents the first human settlers in Israel/Canaan/the Levant. Whoever they were.
Canaanite
What did ancient Canaanites look like? I don’t know, so this is based on ancient Sumerian art.
What did ancient Canaanites look like? I don’t know, so this is based on ancient Sumerian art.
Egyptian
Canaan was located between two huge empires. Egypt controlled it sometimes, and…
Assyrian
….Assyria controlled it other times.
….Assyria controlled it other times.
Israelite
The “Children of Israel” conquered the shit out of the region, according to bloody and violent Old Testament accounts.
Babylonian
Then the Baylonians destroyed their temple and took the Hebrews into exile.
Then the Baylonians destroyed their temple and took the Hebrews into exile.
Macedonian/Greek
Here comes Alexander the Great, conquering everything!
Greek/Macedonian
No sooner did Alexander conquer everything, than his generals divided it up and fought with each other.
No sooner did Alexander conquer everything, than his generals divided it up and fought with each other.
Ptolemaic
Greek descendants of Ptolemy, another of Alexander’s competing generals, ruled Egypt dressed like Egyptian god-kings. (The famous Cleopatra of western mythology and Hollywood was a Ptolemy.)
Seleucid
More Greek-Macedonian legacies of Alexander.
More Greek-Macedonian legacies of Alexander.
Hebrew Priest
This guy didn’t fight, he just ran the Second Temple re-established by Hebrews in Jerusalem after the Babylonian Exile.
Maccabee
Led by Judah “The Hammer” Maccabee, who fought the Seleucids, saved the Temple, and invented Channukah. Until…
Roman
….the Romans destroyed the Second Temple and absorbed the region into the Roman Empire…
….the Romans destroyed the Second Temple and absorbed the region into the Roman Empire…
Byzantine
….which split into Eastern and Western Empires. The eastern part was called the Byzantine Empire. I don’t know if “Romans” ever fought “Byzantines” (Eastern Romans) but this is a cartoon.
….which split into Eastern and Western Empires. The eastern part was called the Byzantine Empire. I don’t know if “Romans” ever fought “Byzantines” (Eastern Romans) but this is a cartoon.
Arab Caliph
Speaking of cartoon, what did an Arab Caliph look like? This was my best guess.
Speaking of cartoon, what did an Arab Caliph look like? This was my best guess.
Crusader
After Crusaders went a-killin’ in the name of Jesus Christ, they established Crusader states, most notably the Kingdom of Jerusalem.
Mamluk of Egypt
Wikipedia sez, “Over time, mamluks became a powerful military caste in various Muslim societies…In places such as Egypt from the Ayyubid dynasty to the time of Muhammad Ali of Egypt, mamluks were considered to be “true lords”, with social status above freeborn Muslims.[7]” And apparently they controlled Palestine for a while.
Wikipedia sez, “Over time, mamluks became a powerful military caste in various Muslim societies…In places such as Egypt from the Ayyubid dynasty to the time of Muhammad Ali of Egypt, mamluks were considered to be “true lords”, with social status above freeborn Muslims.[7]” And apparently they controlled Palestine for a while.
Ottoman Turk
Did I mention this is a cartoon? Probably no one went to battle looking like this. But big turbans, rich clothing and jewelry seemed to be in vogue among Ottoman Turkish elites, according to paintings I found on the Internet.
Did I mention this is a cartoon? Probably no one went to battle looking like this. But big turbans, rich clothing and jewelry seemed to be in vogue among Ottoman Turkish elites, according to paintings I found on the Internet.
Arab
A gross generalization of a generic 19-century “Arab”.
A gross generalization of a generic 19-century “Arab”.
British
The British formed alliances with Arabs, then occupied Palestine. This cartoon is an oversimplification, and uses this British caricature as a stand-in for Europeans in general.
The British formed alliances with Arabs, then occupied Palestine. This cartoon is an oversimplification, and uses this British caricature as a stand-in for Europeans in general.
Palestinian
The British occupied this guy’s land, only to leave it to a vast influx of….
European Jew/Zionist
Desperate and traumatized survivors of European pogroms and death camps, Jewish Zionist settlers were ready to fight to the death for a place to call home, but…
Desperate and traumatized survivors of European pogroms and death camps, Jewish Zionist settlers were ready to fight to the death for a place to call home, but…
PLO/Hamas/Hezbollah
….so were the people that lived there. Various militarized resistance movements arose in response to Israel: The Palestinian Liberation Organization, Hamas, and Hezbollah.
….so were the people that lived there. Various militarized resistance movements arose in response to Israel: The Palestinian Liberation Organization, Hamas, and Hezbollah.
State of Israel
Backed by “the West,” especially the US, they got lots of weapons and the only sanctioned nukes in the region.
Backed by “the West,” especially the US, they got lots of weapons and the only sanctioned nukes in the region.
Guerrilla/Freedom Fighter/Terrorist
Sometimes people fight in military uniforms, sometimes they don’t. Creeping up alongside are illicit nukes possibly from Iran or elsewhere in the region. Who’s Next?
Sometimes people fight in military uniforms, sometimes they don’t. Creeping up alongside are illicit nukes possibly from Iran or elsewhere in the region. Who’s Next?
and finally…
The Angel of Death
The real hero of the Old Testament, and right now too.
The real hero of the Old Testament, and right now too.
The Exodus Song, “This Land is Mine”
(Lyrics by Pat Boone. Sung by Andy Williams)
This land is mine
God gave this land to me
This brave and ancient land to me
And when the morning sun
Reveals her hills and plains
Then I see a land
Where children can run free.
So take my hand
And walk this land with me
And walk this lovely land with me
Tho’ I am just a man
When you are by my side
With the help of God
I know I can be strong.
Tho’ I am just a man
When you are by my side
With the help of God
I know I can be strong.
To make this land our home
If I must fight
I’ll fight to make this land our own.
Until I die this land is mine!
Da dietro queste mura
Ho sentito la tua canzone
Oh, dolci parole
La musica che si gioca
Il mio mondo si illumina
Il più dolce che ho sentito
E ' possibile
Che ho toccato e trasformato
Oh Signore, prego infine
Finalmente le cose stanno cambiando
Questa terra è mia, ma ti lascio regola
Farvi passare e la domanda
Basta che sai di che questa terra è mia
Così trova la tua casa e stabilirsi in
Oh, io sono pronto a farvi
Basta che sappiamo che questa terra è mia
Dopo tutte le battaglie e le guerre
Le cicatrici e le perdite
Io sono ancora la regina del mio dominio
E la sensazione più forte ora
Le pareti sono giù un po' di più ogni giorno
Dal momento che sei venuto, finalmente, finalmente le cose stanno cambiando
Questa terra è mia, ma ti lascio regola
Farvi passare e la domanda
Basta che sai di che questa terra è mia
Così trova la tua casa e stabilirsi in
Oh, io sono pronto a farvi
Basta che sappiamo che questa terra è mia
Seguire i giorni che ho viaggiato da solo
In questo posto freddo e incolore fino ad ora
È quello che ho dovuto pagare
Questa terra è mia, ma ti lascio regola
Farvi passare e la domanda
Basta che sai di che questa terra è mia
Così trova la tua casa e stabilirsi in
Oh, io sono pronto a farvi
Basta che sappiamo che questa terra è mia
Questa terra è mia e mi lasci si regola
Io ti permettono di navigare su richiesta
Basta che sai di che questa terra è mia
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mercoledì 9 luglio 2014
Buduàr 15
COPERTINA DI LUCIO TROJANO
Buduàr ha vizio di fondo. Questo suono onomatopeico mutuato dal francese, questa evocazione del salotto che deve comunque qualcosa al libro “Filosofia del Budoir” del marchese De Sade (La Philosophie dans le boudoir ou Les instituteurs immoraux), saggio drammatico, ma nel contempo cinico e ironico, in cui si instrada al piacere la giovane Eugénie, vive parallelamente al piacere che proviamo nel prepararlo, piacere che speriamo di trasmettere, esattamente come quello che cerca di propagare Madame de Saint-Ange nell’educare e istruire la giovane promessa del futuro piacere, diffuso e diffondibile, in ogni momento. E torno, per un attimo, al vizio di cui ho accennato all’inizio. Ci piace! Questo è il vizio di fondo. E il piacere che proviamo nel confezionarlo è impagabile. E nella follia, forse anomala, forse lucida, ci sentiamo come delle madame, delle maîtresse (da materasso, tipico anche del budoir), con intenti divulgativi e pedagocici, alla ricerca di un sorriso, magari amaro o stiracchiato, ma pur sempre un sorriso.
(DINO ALOI, dall'editoriale del numero 15)
In questo numero:
Dino Aloi, Mirko Amadeo, Carlos Amorim, Pietro Ardito, Gianni Audisio, Pierre Ballouhey, Carlo Baffi, Antonio Botter, Graziano Braschi, Battì, Jean Marie Bertin, Berlinghero Buonarroti, Gian Paolo Caprettini, Luciano Caratto, Athos Careghi, Sergio Cavallerin, Giorgio Cavallo, Davide Ceccon, Lido Contemori, Lele Corvi, Milko Dalla Battista, Marco De Angelis, Paolo Della Bella, Umberto Domina, Franco Donarelli, Maurizio Fei, Guido Giordano, Emilio Isca, Gianlorenzo Ingrami, Benito Jacovitti, Mario Lovergine, Enzo Lunari, Boris Makaresko, Ro Marcenaro, Fabio Magnasciutti, Melanton, Claudio Mellana, Aldo Mola, Paolo Moretti, Gaspare Morgione, Angelo Olivieri, Franco e Agostino Origone, Andrea Pecchia, Omar Perez, Danilo Paparelli, Passepartout, Alessandro Prevosto, Umberto Romaniello, Robert Rousso, Giuliano Rossetti, Marta Saijni, Oscar Sacchi, Ugo Saijni, Doriano Solinas, Carlo Squillante, Sergio Staino, Achille Superbi, Lamberto Tomassini, Lucio Trojano, Pietro Vanessi, Firuz Kutal, Fabrizio Zubani.
Il giornale è sfogliabile usando gli appositi tasti di navigazione in basso a destra di ogni pagina.
E' anche possibile sfogliare clikkando col mouse o usando il dito (su palmari e smartphone) e trascinando la pagina a destra, sinistra o in basso.
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lunedì 7 luglio 2014
"Divino in vino" Cartoons (concorso)
Un’idea ed un progetto di Nicola Bucci “Bucnic” in collaborazione con 56 ^Fiera del Vino
di Montefiascone
Concorso internazionale di satira disegnata
a partecipazione gratuita.
a partecipazione gratuita.
Intorno all'anno 1111 Giovanni Deuc detto Defuk,
un principe prussiano amante del buon vino, incaricò il fedele servo Martino di
cercare per lui il migliore. Martino partì per questa ricerca e per far capire al suo
padrone che era stato in quel paese e che vi si trovava del buon vino, scriveva
sulla porta della locanda Est! Che significava "è qui". Defuk, passando per i
paesi visitati dal servo, si fermava dove trovava la scritta "Est!". Martino arrivato a
Montefiascone rimase talmente colpito da questo vino da scrivere Est! Est!!
Est!!!. Quando Defuk assaggiò quel vino non poté più smettere di gustarlo così
che il troppo bere lo portò alla morte. Il principe prussiano venne sepolto nelle
basilica di San Flaviano, dove ancora oggi si trova la sua tomba, e prima di
morire espresse il desiderio che ogni anno nella ricorrenza della sua morte
venisse versato del vino sulla sua tomba. Da questa vicenda nasce il Corteo
Storico falisco e viene tratta la manifestazione “Fiera del Vino”, che si svolge
ogni anno nel mese di agosto
BANDO DI CONCORSO 2014
56^ Fiera del Vino di Montefiascone, nell'ambito della prima edizione del “DiVino in Vino Cartoons” - Concorso Internazionale di satira disegnata dedicato al Vino bandisce un concorso internazionale di satira disegnata a partecipazione gratuita.
1. Tema del concorso: " Il vino - EST! EST! EST!”
La partecipazione è gratuita ed aperta ad artisti di qualsiasi nazionalità.
Le opere devono essere in originale, eseguite con tecnica libera,
sviluppate su una tavola unica nel formato massimo UNI A4 (cm. 21 x 29,7).
Sono ammesse al concorso anche le opere in digitale stampate su supporto cartaceo e firmate in originale.
Le opere non devono essere state pubblicate in passato.
Un Comitato di Garanzia - composto da professionisti del settore e da esponenti del mondo culturale
selezionerà per la mostra ”DiVino in Vino Cartoons” i 30 lavori più significativi
Le 30 opere selezionate per la mostra finale dovranno essere in originale, eventuali copie non saranno accettate.
Le opere finaliste non saranno restituite e rimarranno proprietà del Comitato organizzatore.
Per i minorenni è obbligatoria l'autorizzazione di un genitore o di chi ne fa le veci.
Ogni autore può partecipare con un’unica opera. Qualora siano inviate più opere il Comitato di garanzia, a suo
insindacabile giudizio, sceglierà l’opera che parteciperà al concorso.
2. Il termine ultimo per l’ammissione in concorso è fissato al 31 Luglio 2014.
Le opere, accompagnate dalla scheda di partecipazione in formato integrale debitamente compilata e firmata,
dovranno pervenire, a mezzo e-mail (in formato .jpg (300 dpi)) all’indirizzo:
satirical.cartoon@gmail.com
satirical.cartoon@gmail.com
Gli autori selezionati per la mostra finale si impegnano ad inviare le opere in originale a mezzo posta ordinaria all’indirizzo:
Nicola Bucci - “DiVino in Vino Cartoons“ - Via Nino Taranto, 30 A2/A - 00125 - Roma - Italia
Le opere dovranno riportare sul retro: nome, cognome ed indirizzo dell'autore.
Le opere non saranno restituite e rimarranno proprietà del Comitato organizzatore.
Le opere saranno pubblicate sui siti ufficiali della manifestazione
3. Sarà la giuria a decretare il/i vincitore/i del “DiVino in Vino Cartoons”
Le 30 opere finaliste saranno pubblicate sul sito www.fieradelvinomontefiascone.it
Il pubblico potrà esprimere il proprio voto on-line decretando il vincitore del “DiVino in Vino Web”
La giura si riserva la possibilità di assegnare eventuali premi e menzioni speciali.
4. I lavori ammessi alla fase finale saranno esposti in mostra per tutta la durata della 56^ Fiera del Vino di
Montefiascone.
Le trenta opere finaliste saranno successivamente esposte in mostra itinerante presso le aziende vinicole sponsor dell’evento.
5. Ciascun autore risponde del contenuto delle proprie opere.
Gli elaborati pervenuti rimarranno proprietà del comitato organizzatore, potranno essere scelti per la
pubblicazione, riproduzione ed ogni altro tipo di utilizzo.
Tutti i partecipanti al concorso implicitamente accolgono questa norma e accettano, senza previsione di
compenso alcuno, l'esposizione della propria opera in una o più mostre successive alla manifestazione ed il suo
compenso alcuno, l'esposizione della propria opera in una o più mostre successive alla manifestazione ed il suo
utilizzo per la pubblicazione di cataloghi, libri, manifesti, segnalibri, magliette, cappellini, calendari, agende e
sui mezzi di informazione per servizi richiesti o predisposti dall’ Organizzatore. In ogni caso sarà obbligatoria la
citazione sia dell'autore, sia del Paese di provenienza, sia della manifestazione “DiVino in Vino Cartoons :
citazione sia dell'autore, sia del Paese di provenienza, sia della manifestazione “DiVino in Vino Cartoons :
Concorso Internazionale di satira disegnata dedicato al Vino"
6. Premi
Premio “DiVino in Vino Cartoons” : 500 euro + fornitura in vino
Premio “DiVino in Vino Web” : 300 euro + fornitura in vino
7. 56^ Fiera del Vino pur impegnandosi rigorosamente nella cura e nella custodia delle opere,
non si assume la responsabilità per eventuali furti, danneggiamenti o smarrimenti che queste dovessero subire
dal momento dell'arrivo a quello della chiusura della mostra.
8. La partecipazione al Concorso implica la piena accettazione del presente Regolamento.
Ai responsabili del Comitato Organizzatore spetta il giudizio finale sui casi controversi e su quanto
non espressamente previsto.
Per ulteriori informazioni:
satirical.cartoon@gmail.com
Per informazioni sulla Fiera del Vino:
www.fieradelvinomontefiascone.it
Ufficio Turistico
Piazza Vittorio Emanuele (Montefiascone)
Tel. 0761 832060 - Fax 0761 832073
Assessorato alla Cultura e Turismo
Piazza Vittorio Emanuele 19 (Montefiascone)
Tel. 0761 832062
turismo@comune.montefiascone.vt.it
Info Point
Piazzale Roma (Montefiascone)
info@fieradelvinomontefiascone.it
Ufficio Turistico
Piazza Vittorio Emanuele (Montefiascone)
Tel. 0761 832060 - Fax 0761 832073
Assessorato alla Cultura e Turismo
Piazza Vittorio Emanuele 19 (Montefiascone)
Tel. 0761 832062
turismo@comune.montefiascone.vt.it
Info Point
Piazzale Roma (Montefiascone)
info@fieradelvinomontefiascone.it
SCHEDA DI PARTECIPAZIONE
Da allegare alle opere, che dovranno pervenire a:
E-mail: satirical.cartoon@gmail.com
Posta ordinaria: “DiVino in Vino Cartoons” - International competition of satirical design about Wine
Nicola Bucci – Via Nino Taranto, 30 A2/A
00125 – Roma - Italia
E-mail: satirical.cartoon@gmail.com
entro e non oltre il 31 Luglio 2014
COGNOME e NOME ________________________________________________
PSEUDONIMO ________________________________________________
DATA DI NASCITA ________________________________________________
INDIRIZZO ________________________________________________
CAP ___________________
CITTÀ ________________________________________________
TELEFONO ________________________________________________
FAX ________________________________________________
E-MAIL ________________________________________________
PSEUDONIMO ________________________________________________
DATA DI NASCITA ________________________________________________
INDIRIZZO ________________________________________________
CAP ___________________
CITTÀ ________________________________________________
TELEFONO ________________________________________________
FAX ________________________________________________
E-MAIL ________________________________________________
SITO WEB ________________________________________________
CURRICULUM VITAE
CURRICULUM VITAE
(FOTO o CARICATURA)
Data __________________
FIRMA ________________________________________________
domenica 6 luglio 2014
World Cup 2014 protagonisti: Neymar ed il suo dramma
...matitinha basilera por Neymar...
InkyJohn 17/06/2014
Charge de hoje para o Diário do Grande ABC
Luis Carlos Fernandes
di Luis Carlos Fernandes |
PERDEMOS NEYMAR PARA A COPA. Vitima de um futebol que se mostra cada vez mais violento e contra o futebol arte
JAL
Di Dalcio |
Lute-Brasil |
JBosco Azevedo
Mondiale finito per Neymar
Era la speranza di un intero Paese, il simbolo della squadra verdeoro. Oggi è solo un altro giocatore infortunato. Neymar è finito in ospedale, dopo un brutto scontro sul campo da gioco.
Il Brasile è in semifinale contro la Germania, ma è stata una qualificazione amara. Neymar non ci sarà in campo, né nel prossimo turno, né eventualmente nella finalissima al Maracana. Ricoverato all’ospedale di Fortaleza, dopo il contatto con Zuniga durante il match, il verdeoro ha dovuto accettare una diagnosi terribile: frattura trasversale della terza vertebra lombare. Secondo i medici non occorrerà un intervento chirurgico, ma per guarire il fuoriclasse brasiliano dovrà restare immobile. Tradotto, oltre un mese di stop. E ora tutti si chiedono se il Brasile senza il suo pilastro potrà vincere comunque la sesta Coppa del Mondo.
sabato 5 luglio 2014
World Cup 2014: I Simpson avevano previsto tutto!
*
In una puntata del cartone animato I Simpson dedicata al Mondiale, il campione (chiamato "El Divo") prima viene preso in giro per le sue simulazioni, poi viene portato fuori in barella dopo aver subito un fallo...
(fonte)
La Notizia
(ANSA) - RIO DE JANEIRO, 5 LUG - Mondiale finito per Neymar.
L'asso del Brasile, trasportato in un ospedale di Fortaleza dopo l'infortunio contro la Colombia, è stato sottoposto a esami che hanno evidenziato la frattura della terza vertebra lombare. Per lui la prognosi è di almeno un mese di stop e ora dovrà portare un busto, secondo Rodrigo Lasmar, uno dei medici della Cbf.
In una puntata del cartone animato I Simpson dedicata al Mondiale, il campione (chiamato "El Divo") prima viene preso in giro per le sue simulazioni, poi viene portato fuori in barella dopo aver subito un fallo...
(fonte)
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(ANSA) - RIO DE JANEIRO, 5 LUG - Mondiale finito per Neymar.
L'asso del Brasile, trasportato in un ospedale di Fortaleza dopo l'infortunio contro la Colombia, è stato sottoposto a esami che hanno evidenziato la frattura della terza vertebra lombare. Per lui la prognosi è di almeno un mese di stop e ora dovrà portare un busto, secondo Rodrigo Lasmar, uno dei medici della Cbf.
I miei migliori auguri di pronta guarigione a Neymmar.
Fany
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