lunedì 22 aprile 2013

Elezioni Quirinale: Rodotà il candidato dei cittadini

By InkyJohn



Un tram che si chiama Desiderio
Gianfranco Uber


SEL: "Rodotà: sarebbe un grande presidente della Repubblica!"
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 20/04/2013
Perché, perché, perché?
di Paolo Flores d'Arcais

Bersani incontra Monti! E poi forse Berlusconi! Parlamentari del Pd perché non votate Rodotà, che tutta la vostra base vuole? Perché, perché, perché?

Volete eleggere un Presidente insieme a Monti e Berlusconi, quando potete eleggere un uomo che appartiene alla vostra storia, che è stato presidente del Pds, cioè dell’antecedente del Pd, che ha tutte le caratteristiche di un autentico e intransigente Custode della Costituzione e dei suoi valori fondanti di giustizia e libertà, dunque di ciò di cui ha bisogno l’Italia?
Il M5S ha detto chiaramente che se votate Rodotà, il “vostro” Rodotà, si aprono “praterie” per un governo. Era quello che chiedevate da settimane. Ora che lo ottenete lo rifiutate? Allora era tutta una messa in scena, tutta una pantomima?

Se non votate Rodotà, non riuscirete a formare un governo, andrete alle elezioni, e potrebbe vincerle Berlusconi. E’ questo che volete? Berlusconi è ineleggibile, lo ha detto anche il vostro capogruppo al Senato Luigi Zanda, insieme al M5S potreste dichiarare Berlusconi ineleggibile in pochi giorni, tutta la vita politica italiana uscirebbe da un incubo di quasi vent’anni, e invece volete salvare di nuovo il Caimano e anzi consegnargli il paese? (continua)
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Uno del PD ha detto : "Non si può votare perchè la gente non sa chi è!"
 Lo ha detto una nullità non mi ricordo neppure il suo nome...

CeciGian


CeciGian



PORTOS / Franco Portinari


PORTOS / Franco Portinari
 

Nico Pillinini

Rodotà al Quirinale?
Paolo Piccione




19.4.13
Le vignette di Vauro - Servizio Pubblico - Puntata #22


VAURO

Maramotti - L'Unità

L’AMACA
MICHELE SERRA
_18/04/2013_______________________________________

Si dice, da anni, che la sinistra italiana non è più in grado di captare gli umori del paese. Ora sappiamo che non è più in grado di captare neanche gli umori della sua gente: quella che alla sinistra vuole bene, che dentro la sinistra vive, che nella sinistra ancora spera. Eventuali primarie tra Marini e Rodotà vedrebbero il secondo trionfare con un margine così schiacciante da far sembrare perfino stravagante la candidatura del primo. Non che Marini non sia una persona degna, o un incapace. Nessuno lo sostiene. Ma tutti intendono che il cambiamento tanto invocato dallo stesso Bersani non passa da Berlusconi, no che non ci passa: e invece è proprio dal parlottio con Berlusconi e i suoi che il nome di Marini è sortito. Tutti intendono che Rodotà incarna la politica alta e la sinistra degna. Tutti sanno che Rodotà è stato presidente del Pds. Tutti colgono il vero e proprio colpo di fortuna toccato alla sinistra con l’esito delle “quirinarie” grilline, con la rinuncia di Gabanelli e Strada e il nome di Rodotà che chiede solamente di essere riconosciuto. Tutti, infine, ora intendono che Grillo ha avuto ragione a sfidare il Pd su Rodotà al Colle, già sapendo che quel partito non avrebbe avuto l’estro, la libertà, la forza di accettare. Ieri Grillo ha stravinto. Il Pd ha straperso. E molte persone, chi con il magone, chi schiumando rabbia, si sono chieste come è possibile farsi talmente male.




Quirinarie
Vukic

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Questa la lettera di Stefano Rodotà a Eugenio Scalfari, che lo aveva pesantemente attaccato per la sua scelta di offrire il fianco al Movimento 5 Stelle:

Sono e resto un uomo di sinistra

di STEFANO RODOTA'
CARO direttore, non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l'articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all'interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice "non c'è problema ", non gira la testa dall'altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com'è andata concretamente a finire.

La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l'esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all'assassinio di Giovanni Falcone, l'esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l'immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d'uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato "imposto da Pannella". Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l'infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.

Incostituzionale il Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l'esame del sangue di costituzionalità, dobbiamo partire dai partiti che saranno nell'imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha documentato Repubblica
nel corso di tanti anni sull'intrinseca e istituzionale incostituzionalità dell'agire dei diversi partiti berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con una legge elettorale viziata di incostituziona-lità, come ci ha appena ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il confronto e la dialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e istituzionale che stiamo vivendo.

Peraltro, una analisi seria del modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione dell'iter che l'ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere come mai persone storicamente appartenenti all'area della sinistra italiana siano state snobbate dall'ultima sua incarnazione e abbiano, invece, sollecitato l'attenzione del Movimento 5Stelle. L'analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o anatemi.

Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito l'immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo rispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato, perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza, forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua distrazione con l'alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della Rete.

Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull'intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.
(22 aprile 2013)La Repubblica



by Marco Careddu


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domenica 21 aprile 2013

Similarity


Napolitano bis
che tristezza...
Marilena Nardi


Elchicotriste




Similitudini....
Alcuni potrebbero trovarlo offensivo, ma non lo è. La rubrica non intende diffamare o rivolgere accuse gratuite. È solo una documentazione di fatti che accadono ogni giorno, in tutto il mondo. Si evidenzia il fatto che l'arte in tutto il mondo ha molto in comune non solo con le nozioni ma anche con i mezzi di comunicazione. E la cosa è più evidente nelle vignette che in qualsiasi altra forma di arte. Poichè il sarcasmo è come la musica, va oltre tutti gli ostacoli che l'uomo crea nella sua limitata prospettiva geografica... il sarcasmo va oltre la lingua e il filo spinato, si libra in alto in quella dimensione che è l'umanità.
          ( rubrica di Buduàr di Julian Pena-Pai)


Sono partita un po' da lontano, proponendo le due vignette di Marilena Nardi e di Elchicotriste, sbocciate ieri sotto i miei occhi contemporaneamente, una su FB e l'altra via mail  e quindi non ancora in rete, e quindi nessuna possibiltà di essersi copiati l'uno con l'altro, sulle cose buffe che possono capitare.
La stessa idea in menti diverse ed a volte anche in tempi diversi.
Così posso capire lo stupore del disegnatore Lubomir Kotrha quando ha visto la vignetta vincitrice del primo premio categoria gag a Sintra avere lo stesso soggetto da lui disegnato tanti anni prima per il magazin Rohac.
Ecco i due disegni:


Lubomir Kotrha 1985



Nota:
Sono ottimista di natura, credo nella buona fede degli autori, il mio intento non è polemico ma visto che sono stata messa a parte del fatto, fare le congratulazioni anche a Kotrha per il suo cartoon. Brillante idea Lubomir!

Nota 2:
Sono 5 anni che mi occupo per hobby di cartoons, cerco di farlo in un modo molto serio oserei dire quasi professionale e mi va di spendere una parola per la giuria del premio World Press Cartoon Sintra : " Ottimo lavoro"! Sono diversi anni che seguo il concorso e sono ammirata dall'alto livello professionale e ringrazio per avermi fatto conoscere opere ed artisti eccezionali.
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World Press Cartoon Sintra by Fany
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Elezioni Quirinale: Prodi


 
Nero
CeciGian


Romano Prodi non ce l'ha fatta: al quarto voto per l'elezione del presidente della Repubblica (dopo la sconfitta di Marini al primo voto e le due consultazioni dominate dalle schede bianche) il Professore non ha raggiunto il quorum. L'ex fondatore dell'Ulivo si è ritirato dalla corsa accusando i vertici del partito: «Chi mi ha portato fin qui si assuma le proprio responsabilità». In effetti la sconfitta di Prodi nella prima votazione a maggioranza semplice, quando gli sarebbero serviti solo 504 voti, è tutta targata Pd: Lega e Pdl, dopo l'annuncio della candidatura Prodi, hanno urlato al tradimento e al golpe e non hanno partecipato al quarto voto, mentre Scelta civica e i Cinquestelle sono rimasti fermi sui loro candidati, rispettivamente Anna Maria Cancellieri e Stefano Rodotà.






Claudio Cadei


Romaniello



Mario Dimpo


Nico Pillinini


Milko



Valerio Marini



Pierfrancesco Uva

Giannelli - Corriere della sera


Paride Puglia


Natangelo


 Il teorema
Vukic







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sabato 20 aprile 2013

Povera Italia!

"Nel 2013 sarà boom di poveri".
La crisi economica si sta espandendo molto più velocemente di quanto avevamo previsto e, l’area della assoluta che potrebbe estendersi a oltre quattro milioni di persone nel 2013.



Marilena Nardi


Marilena Nardi



Marilena Nardi



Marilena Nardi

Pietro Vanessi
Pietro Vanessi


Pietro Vanessi


CeciGian - L'Avvenire


cecigian


cecigian
 

Pierfrancesco Uva



Pierfrancesco Uva





Molti, moltissimi, occuperebbero volentieri la camera. E un angolo cottura.
Mauro Biani




Tiziano Riverso




e le stelle? ... stanno a guardare
Gianfranco Uber

La Carta è Morta evviva la CartA di Maurizio Maggiani disegno di Marilena Nardi



La Carta è Morta evviva la CartA 
 
Italiani popolo di navigatori, non di lettori: in trent'anni dimezzate le copie di giornali


Maurizio Maggiani 

"Il Fatto Quotidiano", 18 marzo 2013
Magari non sarà bello dirlo proprio qui, su questo i giovane e speranzoso supporto di cellulosa editoriale, ma, sono più che certo che la storia della carta in generale e di quella stampata nel particolare, ecco, ciò che gli appassionati definiscono come l'era, o addirittura la civiltà della carta stampata, è finita, conclusa, estinta. Faccio una semplice, ragionevole constatazione sull'oggi e sul domani mattina. 
Innanzitutto e sopra ogni altra cosa perché imprimere informazioni su supporto cartaceo, e diffonderle con i collaudati mezzi di distribuzione perché giungano nei pressi dei potenziali interessati, è l'attività più straordinariamente antieconomica del sistema produttivo universale. La più dispendiosa e la più inefficiente. 
La carta è un manufatto molto costoso, lo è sempre stato e continua ad esserlo, anche se non si usano più stracci ma cellulosa e sono stati inventati degli alberi apposta,per fare molta cellulosa in poco tempo. Riciclare la carta, poi, costa più che coltivarla vergine. Infatti la carta fa sempre più schifo. Chi legge libri e giornali da un po' di tempo, sa quanto sia peggiorata la sua qualità negli ultimi decenni. Ovviamente la carta non serve solo per stamparci sopra, e gli industriali del ramo, dovendo lavorare sulla qualità si orientano sui prodotti cartacei dove possono provvedersi di maggiore guadagno. Infatti, decennio dopo decennio, migliora ad esempio la qualità della carta igienica, un mercato incomparabilmente più aggressivo e lucroso, dove la clientela non è disposta a tollerare i difetti del prodotto come invece assai generosamente fanno gli acquirenti di carta stampata. Quando ascolto lo straziato lamento di quegli appassionati della lettura che inorridiscono all'idea che un giorno non potranno più godere dei sensuale piacere indotto dai libri cartacei, e non potranno più in particolare, così riferiscono, gustare l'odore della carta, mi chiedo se si rendano conto che oggi la carta da stampa odora di indicibili eiezioni corporali, visto che è praticamente con quella materia che è prodotta. A tal proposito, non credo che circa la carta igienica si rifletta con la dovuta ponderatezza. A quel prodotto che siamo ormai abituati a considerare di primissima necessità, è destinata una gran fetta della cellulosa prodotta nelle apposite coltivazioni, e tra la migliore; per quel prodotto nei mercati ricchi l'uso della carta riciclata è ridottissimo, e chi incidentalmente ne ha fatto l'esperienza ne conserva un duraturo, spiacevole ricordo. 
ORDUNQUE, dei sette miliardi di umani abitatori del pianeta, a tutt'oggi almeno due non accedono a quel bene primario; Asia, sub continente indiano, Africa e persino America Latina, paesi sofferenti ma emergenti. Per quanto tempo ancora quei due miliardi di umani saranno disposti a provvedere altrimenti? Non è lecito pensare per molto. Un anno, tre anni, dieci? Poi, chi e come potrà negare loro il diritto a consumare carta igienica? Quanta? Essendo popolazioni di millenaria abitudine alla morigeratezza, non molta. Diciamo 5 segmenti giornalieri cadauno? Constatando le nostre abitudini di consumo, un metro al giorno è veramente un'inezia, ma facciamo che sarà così, magari con l'aiuto di apposite politiche repressive dei governi. Fanno venti milioni di chilometri di carta igienica da fabbricare in più ogni giorno. A questo aggiungerei la cellulosa necessaria alla fabbricazione di pannolini per l'igiene intima femminile e per neonati, a cui attualmente un miliardo di umani non ha costante e certo accesso, e anche se non è proprio giusto, lascerei al momento da parte, i fazzolettini per il naso, e le lacrime, a cui accede ancor meno umanità. E allora il giorno che il genere umano avrà finalmente accesso universale alla cellulosa per uso personale, il globo sarà interamente ricoperto da un manto di pioppi transgenici. E se mai volessimo conservare qualche boschetto e qualche parchetto, saremo chiamati a scegliere. Allora come sarà possibile contrastare chi vorrà tutelare i suoi a lungo vagheggiati cinque segmenti giornalieri e ci imporrà, a noi sperperatori di risorse, di scegliere tra boschetto e libretto? Tra brossura e parco? Non lo sarà, perché la carta da stampa è indifendibile. 
PARLIAMO DEI LIBRI, degli adorati volumi cartacei. Tanto per dire, il 15% del loro costo è dovuto alla carta e alla sua stampa, il 40% al sistema di distribuzione del prodotto stampato. Dopodiché, una volta distribuiti, l'80% di quei volumi viene reso all'editore e avviato al macero. Il solo fatto di dover tenere nei magazzini quella montagna di carta prima di essere distribuita e dopo che è stata resa, costa quanto il compenso che riceve l'autore delle parole che ci sono scritte dentro. Che senso economico ha tutto questo? Dov'è l'affare? E dove il rispetto delle limitate risorse? Non ce n'è. C'è solo un'industria tipografica e una editoriale, un sistema distributivo e di vendita destinati allo spreco, nutriti da costi intollerabili. 
Ma non tutto è materia, c'è anche lo spirito. Ed è disumano sottrarre allo spirito il nutrimento della saggezza libresca. Dunque non aboliamo i libri, e a tal fine, ringraziando Iddio, abbiamo a disposizione la sezione elettronica dell'editoria, l'estensione digitale" 

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La grande invenzione cinese
 DAL PAPIRO ALLE TAVOLETTE Gli antichi inventarono molti mezzi per riuscire a scrivere: dai rotoli di papiro alle tavolette di cera. La carta arrivò dopo. Secondo la tradizione, il primo a produrre la carta fu Ts'ai Lun, eunuco della corte cinese Man dell'imperatore Ho Ti. Correva l'anno 15 avanti Cristo. Il materiale usato dagli inventori della carta era molto verosimilmente la corteccia del gelso da carta (Brussonetia papyrifera) trattata e filtrata in uno stampo di bastoncini di bambù. Recenti ritrovamenti hanno portato alla luce enormi quantità di carta risalente al II secolo avanti Cristo. Dopo sei secoli, intorno al 610, la carta fu introdotta in Giappone e, intorno al 750, nell'Asia centrale. La carta comparve in Egitto all'incirca nell'800. 
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della pagina scritta, gli e-books. Una gran fortuna che li abbiano inventati in tempo. Personalmente sono anni che acquisto e leggo quella roba lì. Ed è come essere rinati, per diverse e straordinariamente felici e infelici ragioni. 
Ho cominciato a leggere sullo schermo a Ied del mio ipad senza avere un'ideologia alle spalle, ma spinto dalla necessità di vederci meglio. I miei occhi sono troppo poco specializzati per stare al passo con la politica di riduzione dei costi, e del nitore e del corpo di carattere, dell'editoria cartacea. A parte il disgusto per la polta cellulitica a cui sono ridotte le edizioni "dure" al pari delle molli, non avevo più occhiali buoni per una lettura anche solo decente. Adesso non solo mi scelgo il corpo che meglio mi conviene, ma, usando le opzioni tipografiche a disposizione, mi compongo sullo schermo l'edizione che più mi aggrada; adesso torno ai bei tempi delle edizioni da nababbi che manco mi potevo permettere, nell'età d'oro di Millenni e compagnia. Dire che anche l'occhio vuole la sua parte è un po' troppo riduttivo: la lettura è prima di ogni altra cosa, prima ancora di una faccenda dell'anima, una questione dell'occhio. E con l'acuirsi dei fatti artrosici, pure una questione di dolenti giunture degli arti superiori, che trovano non secondario sollievo dal peso assai ridotto di un lettore digitale rispetto alle suntuose edizioni di cui si diceva. 
NATURALMENTE più si riempie la memoria dell'ipad e più faccio spazio in casa mia. Non sono mai stato un esibizionista di interessanti librerie, affascinanti cataste di libri nel cesso, dotti cumuli di dispense sull'acquaio, ma adesso posso davvero pensare che quello che leggo è affar mio, nutrimento dello spirito e non delle relazioni sociali. Ora la mia biblioteca si sta facendo dovutamente interiore, custodita nel mio cuore e nel ben protetto cip di memoria dell'ipad. Non è poca cosa nell'epoca che ci consegna alla sobrietà come all'ultima delle virtù. Dopodiché, rinascendo, sono tornato ignorante, ma parecchio ignorante. Il fatto è che, così come parlo e scrivo, parimenti leggo in lingua italiana. È un limite, ma non arrivo al punto di ritenerla una colpa. Certo, è una magagna, visto che, differentemente dai parlanti e leggenti in inglese, tedesco, spagnolo, cinese, giapponese, coreano e francese la mia biblioteca digitale non può che essere ridicolmente limitata, appena sufficiente ad una frettolosa alfabetizzazione; non avessi letto qualcosina al tempo della carta ora non saprei quasi niente del mondo. Il fatto è che l'editoria nazionale non si è arrischiata ad investire capitali in un settore così incerto. Riferendo l'espressione di uno di loro, di uno dei lungimiranti, seppur avveduti, industriali dell'editoria: "abbiamo fatto i conti della serva". Non mi giunge nuova; gli industriali italiani dovrebbero farla incidere sul frontone della sede del loro sindacato la frase "Abbiamo Fatto i Conti della Serva". Fatto sta che i titoli digitali a disposizione in italiano sono pochi o niente. Zero in saggistica, zero virgola uno nei classici. Tanto per capire come suonano in moneta i conti della serva, si sappia che digitalizzare un libro a stampa, fosse pure Guerra e Pace, costa a voler esagerare un migliaio di euro, se il lavoro è eseguito a regola d'arte. E così ciò che si trova nel net sono le novità, dei maggiori editori, e un pochino di catalogo che era già disponibile sotto forma di file, ovvero, adatto per la versione digitale senza doverci spendere. In verità non è che sia disponibile tutto quanto ciò che sarebbe facilmente digitalizzabile. Non è disponibile, ad esempio, Infinite Jest di Wallace, mentre gli altri suoi titoli sì, come mancano alcuni dei titoli migliori di Philip Roth, e manca il mio amato Stephen King. Gli editori danno la colpa agli agenti italiani degli autori, che sarebbero smodatamente famelici. Non stento a credere cjje gli agenti letterari nazionali siano di indole predatoria, privi come sono per deontologia professionale di senso delle proporzioni, ma oso pensare che la battaglia che ingaggiano con gli editori sia una Ardenne delle serve. Ovviamente, nel solco dei conti serveschi, le edizioni digitali italiane costano mediamente di più, e anche molto di più, di quelle delle più fortunate e rifornite lingue già citate. Perché? Forse per la stessa ragione per cui in questo paese il latte per neonati o l'arnica per i dolori costano il doppio che in Germania? Forse. Oltre al tema della particolare venalità degli agenti letterari e dei loro autori, gli editori aggiungono che hanno investito parecchio nel settore, e ritengono che l'investimento non se lo devono tenere sul groppone solo loro, ma anche un pochino la spettabile clientela.

RISCHIO ESTINZIONE Prima i computer. Poi internet. E oggi il colpo quasi di grazia di app e tablet, sottili quasi come fogli. Ecco allora che la carta, ma soprattutto i libri e i giornali, sono entrati in crisi e devono ormai dividersi tra siti internet, edizioni cartacee e altre cosiddette pdf consumabili dal computer.                                                                                                                                            
È di pochi mesi fa la notizia che uno dei più noti giornali del mondo, il settimanale americano Newsweek, ha cessato di uscire in edizione cartacea per comparire soltanto online. È soltanto l'ultimo più clamoroso caso. Prendete l'inglese Guardian, quotidiano tra i più prestigiosi del mondo: le copie vendute in edicola sono calate da 380 mila (nel 2008) a 210 mila nel 2012. In compenso gli utenti unici dell'edizione online sono passati da 15 a 70 milioni nello stesso periodo. Calano i lettori e, in un circolo vizioso, anche la pubblicità (-8,7% in un anno in Italia). Il giornale più famoso del mondo, il New York Times ha registrato recentemente il sorpasso delle entrate da vendite rispetto a quelle prodotte dalla pubblicità: 233 milioni l'anno contro 220. Un segnale non positivo, ma almeno si registra un aumento degli abbonamenti, soprattutto online. Non accade a molti altri giornali. La situazione in Italia non è certo migliore che altrove. Basti pensare che negli ultimi trent'anni le copie di quotidiani vendute ogni giorno sono più che dimezzate. Nel 1983 gli italiani compravano ogni giorno oltre otto milioni di copie di giornali. Oggi sono scesi a meno di quattro milioni, ma si prevede che nel giro di altri cinque anni si assisterà a un ulteriore dimezzamento: due milioni di copie. Così qualcuno si aggrappa a proposte singolari: Grimsby Telegraph, giornale britannico, viene stampato su una       carta che, grazie agli additivi chimici, dovrebbe profumare di pane. circondariale.                                

 COMUNQUE io leggo giorno e notte, perché c'è tanto da leggere anche così; non leggo quello che vorrei ma solo quello che trovo. Anche il sommo Dante nei lunghi decenni dell'esilio non leggeva quello che gli sarebbe piaciuto ma solo quello che trovava in giro per le altrui scale. Compro gli e-books che leggo; non mi avvalgo della facoltà di sgraffignarli, se non altro per solidarietà con chi vive di diritti d'autore. Come il sottoscritto. Compro nei siti appositi. Quei siti sono la forma digitale delle odierne catene di librerie, e dunque brutti, scomodi, chiassosi, dispersivi, ignoranti. Si basano sul principio che vendere un libro o un videogioco sia la stessa menata, probabilmente perché i loro allestitori sono stati scelti tra i sagaci marketing dei video games. Un sito copia digitale di una bella, austera, confortevole classica libreria, ancora non l'ha costruito nessuno. Come a suo tempo le case discografiche, anche gli editori sono in preda alla paranoia per il pirataggio digitale, e se non trovano il modo di rilassarsi, sono destinati alla stessa dolorosa fine dei discografici. Perché i sistemi di protezione sono insultanti e creano un'infinità di contrattempi agli onesti, mentre sono sempre e comunque inefficaci con i ladri. Il più odioso e diffuso sistema di protezione consiste in questo capolavoro: io compro dall'editore e pago, l'editore consegna il mio acquisto alla ditta Adobe che lo critta ben bene e me lo restituisce, sempre se tutto funziona come dovrebbe, riservandosi di controllare i miei sistemi di lettura. Come se il mio libraio venisse a casa mia a controllare se per caso il libro che ho acquistato da lui lo stia per caso, leggendo anche la mia ragazza per chiedermi qualcosina in più. Come è nei conti della serva,gli editori per le loro edizioni digitali non si son messi d'accordo per un unico standard e un'unica crittatura, cosicché mi devo arrangiare con almeno tre diversi programmi di acquisto. Come se dovessi entrare in tre diversi negozi, tenere in casa tre diverse librerie, leggere in tre diverse stanze con tre diverse serrature. Mah, è più facile e sicuro acquistate sul internet un'arma letale e per strada un etto di coca. 

EPPURE all'edizione digitale non c'è alternativa. È così, come è stato così quando si è passati, con tutto l'umanissimo sconcerto degli utilizzatori e la comprensibile angoscia degli addetti al ramo, dalle tavolette di argilla al papiro, dagli amanuensi di Granada agli stampatori di Magonza. Come accadde allora, qualcosa del vecchio sistema rimarrà ancora per anni, decenni, forse secoli. Lussuose edizioni in carta uso mano per nababbi bibliofili, qualcosa di un po' più economico per gli amatori del ceto medio, cose più tecniche per le biblioteche e gli archivi. Ma inutile negare che per gli addetti al ramo, dagli operai tipografici ai distributori, sarà una strage. Non sono invece convinto che debbano straziarsi i librai, quei librai che sono veri librai. A parte le grandi catene, che potranno mettersi a vendere qualunque altra cosa, perché mai dovrebbero sparire le librerie indipendenti, le piccole, leggiadre, amabili librerie con dentro dei bravi, colti, affidabili librai? A chi ha bisogno di leggere, a chi ha voglia di leggere, saranno necessari in eterno e in eterno faranno piacere un luogo e un umano che gli offrano un servizio che i siti di vendita non sono interessati a dare e non possono offrire. Il servizio esclusivo del libraio, che non è quello di andare a prendere un libro da uno scaffale, ma è la competenza e la sensibilità intorno alle necessità e ai desideri del cliente. Un tutore? Un confessore? Un prosseneta? Sì, un libraio è quella roba lì. E può fare benissimo, e magari anche meglio, il suo mestiere in una libreria dove, assieme ai pochissimi, esclusivi acquirenti di opere cartacee di lusso, ce ne saranno molti che andranno in ambienti, tradizionalmente amichevoli e accoglienti come nessun sito potrà mai essere, a scaricarsi i libri sui loro tablet, ben disposti a pagare qualche centesimo in più in cambio delle sue intellettuali cure e premure. E comunque sia, come ci spiega quotidianamente il governo più amato dagli italiani, di carta non ce n'è più per nessuno. 

PUBBLICITÀ TORMENTONE La trovate ovunque su internet. Il marito che sbeffeggia la moglie basta post it sul frigo. Basta giornali. Basta libri a letto. C'è l'ipad. Ma poi, nel momento del bisogno, l'antica vecchia carta vince sulla tecnologia 


IL PRIMATO ITALIANO La carta arriva tardi in Europa, soltanto nel XII secolo, oltre un millennio dopo l'invenzione del materiale che rivoluzionerà la comunicazione umana. Ma la prima cartiera europea nasce in Italia, nel 1268, a Fabriano che per secoli resterà uno dei luoghi specializzati nella lavorazione della cellulosa. 
1268 SI APRE LA PRIMA CARTIERA D'EUROPA A FABRIANO IL RECORD AMERICANO L'Europa, nonostante la crisi, è ai primi posti nel mondo per il consumo della carta e dei suoi derivati con oltre 393 chilogrammi l'anno a testa. L'America anche in questo primeggia con 504 chili. Al terzo posto l'America Latina con 94 chili, quindi l'Asia con 90. In Africa il consumo è di 16 chili pro capite. 
393 KG IL CONSUMO DI CARTA PRO CAPITE L'ANNO IN EUROPA "Mi dispiace dirlo, ma la storia della carta stampata è finita. Imprimere informazioni sulla cellulosa e diffonderle con i collaudati mezzi di distribuzione perché giungano ai potenziali interessati, è l'attività più antieconomica del sistema produttivo universale. La più dispendiosa e la più inefficiente. Oltre che inquinante".


Maurizio Maggiani (Il Fatto Quotidiano, 18/3/2013)
Nel 1995 con "II Coraggio del pettirosso" ha vinto il Premio Mareggio e il Premio Campiello; nel 1998 con "La Regina disadorna" il premio Alassio e nel 1999 il premio Stresa di narrativa e il Letterario Chianti. Nel 2005 il premio Strega con il romanzo "II viaggiatore notturno" tutti editi da Feltrinelli. Oltre all'attività di scrittore collabora con "II Secolo XIX" e "La Stampa".

venerdì 19 aprile 2013

Elezioni Quirinale: Marini fumata nera


PORTOS / Franco Portinari
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Candidato per PD e PdL Marini!


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L’AMACA
MICHELE SERRA
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Il clamoroso “no” di quasi metà dei grandi elettori del centrosinistra leva sul nascere ogni argomento a chi volesse attribuire alla “sinistra dei salotti”, al capriccio degli intellettuali, a un radicalismo di minoranza l’ostilità all’operazione Marini. Sono gli umori popolari, di questi tempi, a essere radicali, e non è il radical-chic, è il radicalpop a far vacillare le certezze dei palazzi. Non hanno disobbedito poche teste calde, hanno disobbedito deputati e senatori avvezzi alla disciplina, fedeli all’idea, tutt’altro che movimentista, che un partito sia una cosa importante, e un segretario un capo da rispettare.
Se esiste un Nume della sinistra speriamo illumini i suoi capi, li aiuti a non confondere questa clamorosa bocciatura con il boicottaggio delle solite mosche cocchiere, con l’agitazione di giornali e circoli minoritari per vocazione. Sono gli amici della sinistra, non i suoi nemici a essersi messi le mani nei capelli, è il suo popolo ad avere creduto a Bersani quando, dopo la botta elettorale, indicava nel cambiamento la sola strada percorribile. Poche (per fortuna) voci dall’interno del Pd, ieri, cercavano di contrapporre il sindacalista Marini all’accademico Rodotà, l’uomo del popolo all’intellettuale. E dire che se ha un merito storico da rivendicare, la sinistra italiana, è avere raccolto intellettuali e popolo sotto le stesse bandiere.
19/04/2013



 
Nico Pillinini




Nomen nominis
Kurt


Romaniello





Bersani, dileggiato e sbeffeggiato, secondo me a dispetto della maggioranza del partito, si sta giocando bene la sua partita a poker.......A oggi 18 aprile il risultato è 1-0 per lui. Vedrete che ora proporrà un altro candidato che possa andare bene anche al PdL., ma che domani sarà bocciato! E poi dirà "o ragassi ci ho provato ma nel mio partito non me lo hanno concesso di votare un nome che potesse andare bene anche a voi! del PdL" .....e poi il 20 aprile calerà la sua carta vincente. Chi? ......secondo me colui che fin dall'inizio era nei suoi piani...volete un indizio? Sòccia,...




18/04/13
SERGIO STAINO


19/04/13
SERGIO STAINO


LA RIVOLTA DI UNA GENERAZIONE
CURZIO MALTESE - La Repubblica
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LA CORSA di Pierluigi Bersani si è fermata ieri alle due e un quarto, quando Laura Boldrini ha letto il risultato del primo voto per il presidente della Repubblica. Una disfatta. Con la carta dell'accordo per Franco Marini presidente, il segretario (o ex?) del Partito democratico aveva provato a vincere su tre tavoli in contemporanea. Quello di grande elettore del prossimo capo dello Stato, l'altro di premier del possibile governo di larghe intese, il terzo di un congresso di partito parallelo. Ebbene, ha perso su tutta la linea. Da ieri pomeriggio è chiaro che non sarà Pierluigi Bersani a scegliere il presidente della Repubblica, non sarà mai premier di nessun governo o governissimo e già non è più lui, di fatto, il leader del Partito democratico. Forse non esiste neppure più un Pd, a giudicare dal voto sparso in cinque o sei tronconi. Spetterà al successore di Bersani rimettere insieme i pezzi del partito, trasformato da una scelta insensata nel più grande gruppo misto nella storia del Parlamento italiano.
Ora si dirà che è stata questa o quella corrente ad aver affondato il progetto di Bersani. Si contano i renziani e i prodiani, s'indaga sulla fedeltà dei veltroniani e perfino dei dalemiani, come si sarebbe fatto nella Prima Repubblica con le correnti democristiane. Ma è una falsa prospettiva. La verità è che nel Pd c'è stata una gigantesca rivolta generazionale. Con in prima fila proprio molti giovani portati in Parlamento da Bersani.
Non i giovani turchi di Fassina, che si erano già allineati. I giovani e basta, in maggioranza donne. «I giovani del Pd stanno con noi», aveva detto Beppe Grillo alla vigilia, a ragione. L'età media dei parlamentari del Pd è più o meno quella del Paese, un po' sopra i 45 anni, e quello è stato lo spartiacque. Sotto i 45 anni quasi nessuno, al di là delle correnti di appartenenza, ha seguito le indicazioni di inciucio della leadership e la scelta di Marini, vista come un arroccamento della nomenclatura, una strada senza futuro. Un suicidio assistito. Per giunta, assistito da Silvio Berlusconi. Si può essere cinici e intelligenti e astuti. A volte la sinistra italiana lo è stata. Per esempio, ai tempi della Bicamerale di Massimo D'Alema. Ma cinici, ostinati e dilettanti no. In ogni caso, i giovani del Pd non sono nessuna delle tre.
Fine corsa di Bersani, dunque. Per quanto, probabilmente fosse finita molto prima. In politica, come nel cinema e nella vita, la fine reale della storia non sempre coincide con l'ultimo atto. Nel caso di Bersani, i titoli di coda del suo film di leader erano già scorsi dopo la vittoria delle primarie. Da allora in poi il segretario non ne ha più azzeccata una. Una campagna elettorale grigia e moscia, un dopo elezioni da temporeggiatore confuso, infine la catastrofe di questi giorni. Gli dei accecano coloro che vogliono perdere, ricordava ieri il pindarico Nichi Vendola. Così è andata. Accecato dall'insuccesso, che dà sempre molto alla testa, Bersani non ha visto quanto si muoveva nella società italiana, nel cuore del popolo del centrosinistra, negli stessi uomini e donne che lui aveva fatto eleggere. Incapace a lungo di decidere, ha scelto alla fine da solo e contro tutti, imboccando alla massima velocità una strada senza uscita, fino all'inevitabile schianto.
Ora al centrosinistra, o quanto ne rimane, restano soltanto due possibilità di sopravvivenza. Andare in ginocchio dall'unico che potrebbe rimetterne insieme i cocci. L'unico candidato presidente che avrebbe un senso agli occhi del mondo, ammesso che all'Italia interessi ancora farne parte: Romano Prodi. Oppure riversare il voto su quel gran galantuomo di Stefano Rodotà, un simbolo di che cosa la sinistra italiana potrebbe o avrebbe dovuto essere, ma accettando di capitolare di fronte alla superiore intelligenza politica di un ex comico. La terza via, perseverare diabolicamente nel patto con Berlusconi, con il povero e incolpevole Marini o un altro, a questo punto significa
l'estinzione.




Capire la base
Natangelo


E se
Makkox