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sabato 4 maggio 2013

Disegni per il 3 maggio, giorno mondiale per la libertà della stampa.

3 maggio giorno mondiale per la libertà di stampa
Ogni anno WAN-IFRA mette a disposizione una serie di disegni per promuovere Press Freedom Day mondiale, che i giornali possono pubblicare liberamente.
Quest'anno in collaborazione con Cartooning for Peace sono stati scelti questi:




Plantu: Having started medical school, Jean Plantureux moved to Brussels to attend drawing lessons at Ecole Saint-Luc founded by Hergé. In 1972 he joined the newspaper Le Monde with a first cartoon on the Vietnam War. From 1980 to 1986 he collaborated with the newspaper Phosphore and since 1991 he has been publishing a weekly page in L’Express. In 1992 he won the "Rare document award" at the Angers Festival du Scoop for managing to get signatures by Yasser Arafat and Shimon Peres on the same drawing. In 2006 Plantu turned the wish he shared with Kofi Annan into reality – a large number of cartoonists were brought together and Cartooning for Peace finally saw the light of day.


 
Boligan: Originally from Cuba, Angel Boligán Corbo graduated in Fine Arts in Havana in 1987. He has lived in Mexico since 1992, where he works as a cartoonist for the newspaper El Universal, the magazine Conozca Más and the political humour magazine El Chamuco. He also chairs the agency CartonClub (latin caricature club).

Hassan: Artistic director, graphic designer and freelance cartoonist, Hassan Karimzadeh works for several Iranian publications, including Etemaad-e Melli (Confidence of the People). Hassan was jailed in 1992 for having produced a caricature representing the Ayatollah Khomeini. After countless campaigns of protest, Lawyers Without Borders were able to get him released after two years in prison.

Zlatkovsky: Zlatkovsky Mikhail lives and works as a political cartoonist in Moscow. Between 1999 and 2001, he moved to the United States before returning to Moscow where he is artistic director of a publishing conglomerate. He has won more than 200 awards worldwide and is considered by his peers as one of the greatest among them. His drawings are large frescoes where he deals with the major themes of freedom and democracy. Today, he is forbidden to draw Vladimir Putin, which prompts him to miss the liberal era of Boris Yeltsin.



Boukhari: Baha Boukhari has been a cartoonist since 1964. Working mainly for Al-Ayyam newspaper in Ramallah since 1999, he participates in many debates in Jerusalem and has had several problems with Hamas as a result of his cartoons.
fonte per richiedere i disegni in alta risoluzione
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World Association of Newspapers (WAN) (Associazione mondiale della carta stampata) è un'associazione no-profit, non governativa costituita da 76 associazioni nazionali di giornalismo, 12 Agenzie di stampa, 10 organizzazioni regionali di media e redattori e giornalisti in 100 paesi.

Fondata nel 1948, l'associazione rappresenta più di 18 000 pubblicazioni in cinque continenti. I giornali rappresentano circa un business di 190 miliardi di dollari USA con 1,6 miliardi di lettori al giorno. I giornali veicolano pubblicità con la percentuale seconda al mondo (29,8%), superiore a bilancio combinato di radio, all'aperto (sul suolo pubblico ecc.), cinema, riviste e internet. Combinato con le riviste periodiche, la stampa è il mezzo di pubblicità più grande del mondo con una quota del 42 per cento.
Gli scopi principali sono:

  • difendere e promuovere la libertà di stampa e l'indipendenza economica dei giornali come una condizione essenziale per tale libertà.
  • sostenere lo sviluppo editoriale della carta stampata nel mondo e promuovere comunicazioni e i contatti tra i redattori di giornali di diverse regioni e culture.
  • promuovere la cooperazione tra le organizzazioni aderenti, a livello nazionale, regionale o mondiale.

sabato 22 dicembre 2012

La crisi di Pubblico travolge gli amici vignettisti

merda

o per dirla più elegantemente, pupù
il nome di un giornale nato morto
una bella cosa
morta
neanche il tempo di formulare una promessa
figuriamoci mantenerla
belle firme bella gente bei pensieri
di sinistra
quella che tutela i lavoratori
che ricorda l'articolo uno
della costituzione più bella del mondo
una costituzione da 5.800.000 euro a puntata
a un comico di sinistra
che ha avuto in braccio berlinguer
perché il lavoro va pagato
sempre
quasi sempre
a volte
se insisti se pretendi se hai quel sano senso pratico
se non pensi stupidamente che chi te lo propone
il lavoro
poi debba ricompensarti col  giusto
senza che tu lo chieda
figuriamoci un direttore di sinistra di un giornale di sinistra
ero al suo funerale
ma berlinguer non l'ho potuto prendere in braccio
piuttosto ho mia figlia
alla quale cerco di spiegare perché
questi disegni
che lei ha visti nascere
per i quali mi ha fornito consigli
ha visti stampati
col suo cognome impresso su un lato
perché non saranno pagati
perché non lo saranno
eppure sa che viviamo di questo
non potrà capirlo
forse non è abbastanza di sinistra
dovrò lavorarci
ora
prima che vada ad iscrivermi ad alba dorata
ecco le tavole realizzate
sui bei testi di francesca fornario
che ringrazio
in attesa di occuparci ancora insieme di bellezza














22/12/2012
Fabio Magnascciutti


 Dalle pagine di FB:
 Ho raccontato più volte sulle pagine di «Pubblico» il dramma del lavoro precario in un paese il cui presidente del consiglio sentenzia che «Il posto fisso è monotono» un secondo dopo aver accettato la nomina di senatore a vita (Il posto fisso è monotono? Lo racconti ai precari che tentano di farsi prestare i soldi da una banca per comprare un monolocale! Ieri nella mia filiale sono entrati quattro precari armati, con le maschere dei presidenti americani Regan, Carter, Nixon e Johnson: volevano chiedere un mutuo. Il posto fisso è monotono?! Parla lui che è sposato da 40 anni! Abbiamo opinioni molto diverse riguardo al concetto di «monotonia»). Ho raccontato su Pubblico il dramma dei consulenti, delle finte partite Iva pagate con un ritardo che una volta era di 60 giorni, poi di 120, ora, mediamente, si viene pagati nella prossima vita (se l’ultimo bonifico che hai ricevuto era in sesterzi significa che nel 30 avanti Cristo eri un consulente.
E sono andata in giro per l’Italia, gratis, mettendoci la mia faccia, a raccontare quanto ero orgogliosa di collaborare per un giornale che avrebbe pagato tutti i collaboratori e degnamente, perché il lavoro va pagato. Così non è stato. Dunque, pur dovendo rispettare un contratto che mi obbliga a scrivere un corsivo satirico al giorno (questo), sono alquanto in difficoltà a fare satira su chi sfrutta il lavoro su un giornale che sfrutta il lavoro. 


Anche se l'azienda non è ancora inadempiente nei miei confronti, rescindo il mio contratto di collaborazione con Pubblico, perché il mio lavoro vale quanto quello dei miei collaboratori Fabio Magnasciutti, Valeria Petrone, Gavagnin Marco, GianLorenzo Ingrami e quello del generoso capitano @bruno tognolini che con me hanno dato vita a «Pupù, il giornale che fa nascere i fiori». Ringrazio le belle persone che ho incrociato, su tutte Paola Natalicchio Mariagrazia Gerina, Luca Sappino, Simone Salis, Boris Sollazzo, Marco Filoni Pasquale Videtta e tutte le altre che fb non mi fa taggare. Ringrazio tutti i lettori, di tutte le età. Spero di incrociarvi ancora, lavorare con voi è un privilegio e una gioia. Buona fortuna, così è la vita (21/12/12
Francesca Fornario 


Bertolotti e DePirro


   La situazione economica della testata Pubblico diretta da Luca Telese, è tanto grave da rischiare la liquidazione immediata.

Lunedì scorso lo sciopero  e il comunicato stampa.

 Riporto di seguito alcuni estratti del comunicato dell'assemblea dei redattori:
"Nelle ultime ore l’azienda, con una tempistica inaccettabile, ci ha comunicato che la tenuta economica è grave al punto da palesare già nei prossimi giorni uno scenario di messa in liquidazione della Pubblico edizioni srl. E tutt’ora non abbiamo nessuna certezza né garanzia su cosa verrà dopo. Di sicuro non accettiamo di essere liquidati in modo così brutale. Qualsiasi decisione dovrà avvenire nel confronto con la redazione e le rappresentanze sindacali."
"Davanti abbiamo mesi cruciali e una campagna elettorale decisiva per il futuro del Paese. Noi vogliamo esserci. E per esserci abbiamo il dovere di far fronte alla situazione di difficoltà che il nostro giornale vive in queste ore con la stessa dignità e lo stesso coraggio delle persone che abbiamo raccontato in questi mesi. Lo dobbiamo a loro. E lo dobbiamo a noi stessi, che in questo progetto abbiamo investito tutto. Vogliamo continuare a crederci. Ai lettori chiediamo di sostenerci scegliendo questo giornale ogni giorno. Ma lunedì 17 dicembre 2012 nelle edicole Pubblico non ci sarà. Mentre il sito domenica 16 non è stato aggiornato. Scioperiamo in difesa del nostro lavoro, di queste pagine e della possibilità di continuare a scriverle, senza perdere diritti e dignità.
L’assemblea dei redattori di Pubblico."

sabato 6 agosto 2011

Omaggio a Giuseppe D'Avanzo


OMAGGIO A GIUSEPPE D'AVANZO
Pubblicato da Grieco -http://www.coriandoli.it/vignette.aspx?sezione=satira&categoria=&view=

Giuseppe D'Avanzo (Napoli, 10 dicembre 1953 – Calcata, 30 luglio 2011) è stato un giornalista e scrittore italiano, firma del quotidiano la Repubblica.
Queste le sue inchieste più famose:
  • Il "Nigergate" - che vide approdare nel discorso sullo Stato dell'Unione di George W. Bush la falsa notizia del tentativo di Saddam Hussein di acquistare uranio del Niger, del tipo "yellowcake" - fu da lui ricollegato a un dossier costruito a Roma in ambienti contigui ad ambasciate africane e al Sismi, il servizio d'intelligence militare italiano (ma un anno prima, luglio 2004, Daniele Luttazzi aveva proposto lo stesso collegamento in un articolo pubblicato dal mensile Rolling Stone).[1]
  • Il rapimento di Abu Omar fu da lui ripetutamente ricollegato non solo a un'attività clandestina della CIA in territorio italiano, ma a una vera e propria operazione congiunta degli statunitensi con il Sismi: la pubblicazione di indizi in tal proposito si valse delle prime indagini condotte dalla Procura di Milano, ma parve anche indirizzarle in un feedback alquanto inusuale, accennando alla possibilità che la rilevazione satellitare delle utenze di telefonia mobile dei rapitori indicasse che sul luogo del rapimento vi fossero anche agenti italiani.
  • Scandalo Telecom-Sismi: La strada così aperta condusse all'individuazione della sinergia illecita tra il cosiddetto "Tiger team", una squadra di esperti informatici della Telecom-Italia e Sismi, che si sarebbe svolta sia per depistare le precedenti indagini, sia per mettere sotto controllo una serie di personaggi pubblici italiani. L'indagine in proposito è ancora in corso, ma le notizie sul "centro d'ascolto" di via Nazionale si sono arricchite nel 2006 della novità che lo stesso D'Avanzo sarebbe stato tra gli intercettati.
  • Il caso delle "dieci domande" al Presidente del Consiglio, inaugurato dalle rivelazioni di Conchita Sannino della redazione partenopea di Repubblica in merito alla partecipazione di Silvio Berlusconi alla festa di compleanno di Noemi Letizia, una diciottenne di Portici, e, dopo la seconda lettera pubblica di Veronica Lario, oggetto di uno "speciale multimediale"[2] curato da D'Avanzo per rimarcare le presunte incoerenze nella ricostruzione pubblica della vicenda.
  • Il caso delle "escort di Tarantini", saldato alla precedente inchiesta dalla decisione di Ezio Mauro di trasporvi parte delle domande rivolte dal suo giornale al Presidente del consiglio.
fonte Wikipedia

Riporto qui un articolo di D'Avanzo sul rugby. I giocatori di rugby sono leali, fanno squadra e non ammettono pastette.

Giuseppe D'Avanzo e il rugby per salvare l'Italia

Noi appassionati del rugby - diversi e un po' sfigati come può esserlo in Italia chi non ama il calcio - abbiamo un sogno: vedere l' 8 settembre a Marsiglia, quando l'Italia giocherà con gli All Blacks la partita di esordio dei Mondiali, il premier, il leader dell' opposizione. Perché no?, il capo dello Stato. In buona sostanza, chi ha sulle spalle la responsabilità di guidare il Paese. Per un motivo elementare: abbiamo la convinzione che l'Italia abbia bisogno del rugby; che i princìpi del rugby consentano di guardare meglio lo «stato presente del costume degli italiani».

Siamo persuasi che questo gioco possa migliorare l'Italia. È un mistero inglorioso, per gli italiani, il rugby. Pochi sanno esattamente di che cosa si tratta. È un peccato perché il rugby ha le stesse capacità mitopoietiche del calcio e, come il calcio, permette di interpretare il mondo. Dalla sua, il football può vantare moltissimi scrittori che si sono misurati con quest'impresa. Qui da noi con il rugby si è misurato soltanto, che io sappia, Alessandro Baricco con tre cronache (due su questo giornale) che, per noi del rugby, sono ancora oggi una medaglia da mostrare in giro. Di quelle cronache, negli spogliatoi e sugli spalti semideserti, se ne conoscono le frasi a memoria. Un paio in particolare: «Rugby, gioco da psiche cubista»; «Qualsiasi partita di rugby è una partita di calcio che va fuori di testa». Non si discute la scintillante eleganza della scrittura. Mi sembra, però, che la prova di Baricco confonda quel poco che nel rugby è chiaro. «Psiche cubista». A naso, credo che si possa contestare l' accostamento tra i volumi, i vuoti del cubismo e il rugby. 

Il rugby è fatto di traiettorie e di pieni, quando è ben organizzato e giocato. Se si apre un vuoto è per sfinitezza o errore tattico. L'omogeneità dello spazio non interrotto, impenetrabile alle cose, di Braque mi appare l'immagine rovesciata del rugby dove i giocatori devono irrompere continuamente nello spazio altrui. Il fatto è che faccio molta fatica a vedere nella leggiadria nuda e molle de Les demoiselles d'Avignon di Picasso l' di una "linea trequarti", nella certezza che non si possa trattare di un "pacchetto di mischia" (gli "avanti" hanno troppo da fare là sotto per essere leggiadri). Soprattutto i tempi non tornano. 

Quando il cubismo nacque tra il 1907 e il 1908 al Salon d'Automne, il rugby era già più che maggiorenne con i suoi ottantaquattro anni, se è vero che uno spiritello anarchico consigliò a quel mattocchio d' irlandese di William Webb Ellis - nel Bigside della "pubblic school" di Rugby - di afferrare la palla con le mani e di non giocarla con i piedi, il 1 novembre del 1823. Qualcosa sulla natura del gioco vorrà, dovrà pure svelarsi se è nato nel terzo decennio dell' Ottocento e non nel primo del Novecento. La differenza - mi pare - è addirittura decisiva per comprendere quale cultura, nella sua fase originaria, sia custodita dal carattere del gioco. A cavallo di quel 1823 in Inghilterra è in corso una rivoluzione. 

Il Paese - il primo Paese urbanizzato e modernizzato della storia - è "l'officina del mondo", un vortice impetuoso di scienza, tecnologia, industria, istruzione, cultura, riformismo politico che cancella le antiche demarcazioni sociali tra signori e contadini, fra agricoltori nelle campagne e artigiani nelle città. La forza di quel processo di modernizzazione in movimento in quegli anni divide più che unire. Nella grande Isola, scrive Benjamin Disraeli, ci sono "due Nazioni": «Non vi è comunità in Inghilterra. Crediamo di essere una Nazione e siamo due Nazioni sullo stesso territorio, due Nazioni ostili nei ricordi, inconciliabili nei progetti». (Già qui qualche eco della nostra attuale condizione dovrebbe appassionarci). 

Nella palude di una nazione divisa affiora la necessità di trovare ragioni comuni, l'urgenza di creare un sistema educativo capace di formare giuristi, medici, funzionari dello stato, scienziati che sappiano - sì - lavorare con efficienza, ma siano anche consapevoli dell' interesse pubblico e dotati di "buone maniere". In questo bisogno prende forma l'idea di Thomas Arnold, preside della Rugby School, l'autentico padre del gioco, al di là del mito fondativo che fa di William Webb Ellis l'eroe. Egli immagina un nuovo modello educativo fondato su una "cristianità energica", sul servizio alla collettività, sulla disciplina abbinata al senso di responsabilità; una formazione innervata da valori che, senza rallentare "l'officina del mondo", cancelli la frattura che si è creata tra le "due Nazioni" con il rispetto e la reciproca comprensione, una memoria comune, un progetto non più "inconciliabile", ma condiviso. (Quanto questo sia necessario - oggi - all' Italia è inutile dire). 

Thomas Arnold è convinto che lo sport possa avere un ruolo essenziale in questa missione. Il corpo lo si può dire veramente "formato", conclude, soltanto quando con tutte le sue risorse è al servizio di un ideale morale. Lo sport non è più svago, allora. Diventa un cardine della "formazione morale". Se ogni ragazzo conosce la vittoria e la sconfitta, si rafforza la sua stabilità emotiva. Lo si prepara al servizio sociale perché si confronta con grande impegno in un quadro di regole reciprocamente accettate. Gli si insegna a rispettare l' avversario pur volendolo sconfiggere. Lo si educa ad accettare serenamente e senza alibi l'esito della competizione. Una partita - soprattutto la brutale franchezza di una partita di rugby - apre il solco entro cui si definisce un ethos, un'idea di gentleman, un modo di stare al mondo e con gli altri. Offre la possibilità di dimostrare forza d' animo, coraggio, capacità di sopportazione, tempra morale, la materia grezza di quella etica del fair play, che trova il suo slogan nell'esortazione vittoriana Play up and play the man! Gioca e sii uomo

Perdonatemi la tirata. Voglio dire che il rugby è spesso raccontato con una retorica che lo rende irriconoscibile. Ai molti che non ne conoscono le regole appare la sfrenatezza di un regime psichico primitivo segnata dai gesti di ragazzotti saturi di irrequieto testosterone. In questa luce, non se ne intravedono le metamorfosi di comportamento che si consumano nel gioco né quanto quelle metamorfosi siano indotte da un pratica auto-repressiva, governata dal Super-Io. Credo che non sia coerente allora parlare di "follia", di "caos", di «una partita di calcio che va fuori di testa». Il rugby è una faccenda per niente caotica o folle. Quindici uomini (o donne) contro quindici, separati con nettezza dalla linea immaginaria creata dalla palla, in gara per conquistare l'area di meta e schiacciarvi l'ovale. 

Si conquista insieme il terreno, spanna dopo spanna. Lo si difende insieme. Non esiste Io, se non vuoi andare incontro a guai seri per te e la tua squadra. Esiste soltanto Noi. Il rugby è lineare, addirittura spudorato nella sua essenzialità. È colto perché, nonostante l' apparenza, è l'esatto contrario di tutto ciò che è naturale. Nelle sue manifestazioni migliori, mai scava nella cloaca degli istinti o nel gorgo emotivo. Al contrario, impone controllo. Dicono che educhi, ma istruisce. Dicono che dia carattere, invece accultura. Postula una placenta comunitaria; un pensiero ordinato; paradigmi condivisi senza gesuitismi o imposture. 

Nessun odio e, per riflesso, nessuna paura (l'odio è paura cristallizzata, odiamo ciò che temiamo). Sottende una forza spirituale prima che fisica. Esclude la mossa furbesca, la sottomissione gregaria, l'arroganza del prepotente. Aborre ogni cinismo immoralistico perché è capace di essere schietto e leale nonostante la violenza o forse proprio grazie a quella. Dite, si può immaginare qualcosa di meno italiano? Ogni passo nel rugby (valori, pratiche, comportamenti, riti) è in scandalosa contraddizione con quella specificità italiana che glorifica l'ingegno talentuoso e non il metodo. La furbizia e non la lealtà. L'inventiva e mai la preparazione. Il "miracolo" e mai l'organizzazione. L'individualità e mai il collettivo. Il caldo piacere autoreferenziale del "gruppo chiuso" e mai il desiderio di farsi stimare da chi al "gruppo" (ceto, famiglia, corporazione) non appartiene: la più grande soddisfazione di un giocatore di rugby, anche se sconfitto, è l'ammirazione che suscita nell' avversario. Il rugby - la comprensione del gioco, della sua nervatura, del suo spirito e consuetudine - spiegano, come meglio non si potrebbe, il deficit del carattere italiano e le debolezze del nostro stare insieme. 

Ecco perché a noi del rugby piace pensare che questo gioco così estraneo all'identità nazionale possa offrire, felicemente, un esempio per riformarla. L'appuntamento è al Velodrome di Marsiglia, l' 8 settembre. Le prenderemo, ma non importa. Play up and play the man! 

Giuseppe D'Avanzo - La Repubblica





D'Avanzo e il motto del rugby

Articolo di Massimo Bordin pubblicato su Il Riformista, il 02/08/11

Non avevo mai letto un articolo di Giuseppe D'Avanzo sul rugby, di cui era grande appassionato. L'ho sentito leggere ieri al funerale laico di Peppe da Bruno Arpaia, uno scrittore suo amico. Quell'articolo mi è servito a capire una cosa in più. Non quanto fosse bravo D'Avanzo a scrivere, perché lo sapevo già. Nemmeno che lo sport sia una metafora della vita, perché questo è quasi un luogo comune.

L'elogio che D'Avanzo fa del rugby in quell'articolo è in realtà una affilata disamina dei nostri vizi nazionali. Uno sport che ha poche e semplici regole, infrangere le quali ha poco senso. Non c'è spazio per la furbizia né per estenuanti contestazioni e recriminazioni, anche perché la forza dello scontro fisico è ammessa e regolamentata al minimo indispensabile. Non c'è spazio per la furbizia e il dolo ma solo per la lealtà. Non c'è spazio per il funambolo ma solo per la squadra. Non ci si salva con un colpo di genio o di fortuna ma solo con l'organizzazione e l'altruismo. Insomma i valori del rugby sono l'esatto contrario di come si vive da noi la politica e non solo essa. Siamo un paese malato di calcio e di moviola. Ascoltavo quell'articolo e pensavo quante volte, anche molto recentemente, sui giornali vicini al governo si sia tessuto l'elogio di Berlusconi proprio come l'uomo che ha saputo portare in politica lo spirito, anzi il sogno del calcio. E pensavo che c'entrano fino a un certo punto le leggi ad personam o il "giustizialismo ", il partito di plastica o il giornale partito. Aiuta molto più il motto del rugby: «Gioca e sii uomo». Che è poi quello che ha fatto D'Avanzo, finché il suo cuore ha retto. (fonte)
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_8-lpZKJ6Hv0s-3e8XEuJq4ivvz9g-gH2lA33w6QmhUEQ_3Ar2DYRNAOQnwp7KbvR_KQ1dpYFrQW8sjSN0jLO1Bra-B4iZp64T7F4QrNM82DwZaAXBTc04zsF2ZALzbUmFGgxlMV4jkxJ/s1600/v2246.jpg
Tutti...tranne uno - Paride Puglia
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHrSlgTcwMYUdkeNmFPxI0l9WV2UZ21VbjLJCIkB3dwSnKGHeJl1fqc2d04YfXPSnZ9IZyq-l0yHm22MWoanIoud06iwSpZdRjqsZ0GFdRO3_qywvdwdt0qmhUmYn6UZwxbmrGB4Iy_ic/s1600/r.i.p.davanzo.jpg
Signor Stalin
Morto il giornalista Giuseppe D'Avanzo.
Pubblicato da Marco Tonus


Link:

Giuseppe D'Avanzo, le grandi inchieste
"Ecco che cosa mi ha insegnatol'amicizia con Peppe D'Avanzo"(Roberto Saviano)

domenica 10 ottobre 2010

Il dossier bufala

Ecco il dossier su Emma Marcegaglia

Lo hanno costruito l'Espresso, il Fatto Quotidiano, La Repubblica e l'Unità: noi lo ripubblichiamo integralmente. Così si scopre una volta per tutte chi sparge fango e chi invece se lo prende in faccia

Forattini


Quelli che seguono sono gli articoli che costituiscono il famigerato dossier del Giornale sulla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia:
- Emma concilia - L'Espresso (8 ottobre 2010)
- Il comunicato del Cdr - Il Sole-24Ore
- Marcegaglia fa l'utile a spese dei fornitori - il Fatto Quotidiano (18 settembre 2010)
- Marcegaglia fa rima con Alitalia (l'Unità, 19 aprile 2009)
- Antonio Marcegaglia patteggia per una tangente a Enipower (Corriere della sera, 29 marzo 2008)
- Sembra la Carfagna ma è la Marcegaglia (L'Espresso, 12 giugno 2008)
- Sviste pulite (il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2010)
- Quanti guai per l'azienda di Emma la zarina (il Fatto Quotidiano, 8 ottobre 2010)
- Per Emma è già autunno (L'Espresso, 4 agosto 2010)

Fonte Il Giornale.it 



http://www.aenigmatica.it/oedipower/Smileys/classic/lipsrsealed.gif

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Può interessare anche:
Bravi Giornalisti

sabato 9 ottobre 2010

Bravi Giornalisti

 Emma Marcegaglia ha osato dissentire l'operato di Berlusconi, e subito pronto contro di lei un dossier sul Giornale oggi in edicola.

«Non saranno intercettazioni o frasi antipatiche a fermare il mio mandato
Io andrò avanti forte e determinata».

Lo ha assicurato il presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo in collegamento video all'assemblea dell'associaizone degli industriali del Trentino, in corso a Rovereto. «Non sono presunti atteggiamenti di vario tipo, che non so se ci sono e la magistratura accerterà, che mi possono far cambiare atteggiamento. Continuerò come prima a guidare Confindustria, senza paura a esprimere i timori, le istanze degli imprenditori in un momento dove serve unità e coraggio».



Bravi giornalisti

PORTOS http://www.portoscomic.com/
Etichette: caricatura Feltri, caricatura Porro, caricatura Sallusti


ovvero (cfr. nota di Travaglio sul Fatto di oggi):


Il Buono, Il Brutto , Il Cattivo.


Squalidi - Matteo Bertelli






Dossieraggio
Non chiedetemi di esprimere solidarietà, non ne sarei capace.
MAX [fra parentesi]


In seguito alle intercettazioni tra Porro (vicedirettore) e Arpisella (portavoce della Marcegaglia) dalle quali, secondo i Pm, sarebbe emersa la presunta intenzione del Giornale di mettere in piedi una campagna di stampa contro la Marcegaglia, lo stesso Porro ha affermato che quelle pronunciate nella telefonata erano "solo frasi scherzose".
Pubblicato da ilpoeta LE COSE DA SALVARE





Infeltrito
Andy Ventura INSERTO SATIRICO


https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaKvuEhzFCSiGzVH7BNvc6iHRV1RTBVv2DZ91kBXlvE8YjGSZuwca2NtiLRGM4buPxKNo8Z9RVN50ZAdbl4Ixug8DYganaH64NmSnioDqVPWKzsiywSNR-Nvgc85aHEK8tKG_uMGJ44ek/s1600/Branduardi.jpg
Alla Fiera dell'Est Ofante
PV Pietro Vanessi - Una Vignetta di PV

Pronto un dossier scottante anche su Tiziano Ferro:
pare che in realtà gli piaccia la gnocca.

In attesa del tanto atteso dossier su Emma Marcegaglia e famiglia, gli house organs (o orgasm?) del Premier preparano un dossier su tutti i satiristi di Inserto Satirico.
Haldeyde Haldeyde's graffiti

quotidianamente - fabiomagnasciutti