Ad una grande scrittrice
Che la terra ti sia lieve ...
GIO / Mariagrazia Quaranta
“Non ho paura di morire. Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare.
Ho ricordi preziosi.
Ricordatemi come vi pare. Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai”.
Michela Murgia
il bello dei ritratti è che sono senza parole
Riccardo Mannelli
Da ”La Stampa” di oggi venerdì 11 agosto 2023
Addio a Michela Murgia, narratrice, femminista, politica: ci ha regalato una splendida utopia
Da vincitrice del Campiello protestò mostrando subito la sua tempra. Ha scelto come parlare della morte: nei libri, nei post e nelle feste
LOREDANA LIPPERINI
11 Agosto 2023
Addio a Michela Murgia, narratrice, femminista, politica: ci ha regalato una splendida utopia
Era a Gavoi, ed era negli anni Zero. Michela Murgia condivideva la direzione dell’“Isola delle storie” con Marcello Fois. Era la prima volta che la vedevo. Lei era dritta in uno dei vicoli, anzi dei crocicchi sacri agli dei, sorridente come è sempre stata, meravigliosa come è sempre stata. È la prima volta che l’ho vista. E questo non è importante, perché da questo momento ognuno ricorderà la sua Michela, estrapolerà una parola, un dialogo, un incontro, un ricordo, perché con chi muore si fa sempre così, chi muore diventa un’ombra lontana, e noi, al solito, siamo i protagonisti.
Ma Michela Murgia l’ha impedito. In questi mesi ha fatto sì che nessuna parola altrui sopravanzasse le sue: prima che questa notte di San Lorenzo la portasse via, ha scelto come raccontare la sua morte, nei libri, nelle storie Instagram, nelle feste di addio nel suo bellissimo giardino incantato conquistato con la forza e la testardaggine che erano parte integrante di lei, lo sono sempre stati. Lei si è raccontata da sola. Lo diceva, infatti, lo aveva detto sempre: se non si è in grado di sognare, si vive nel sogno degli altri.
Dunque, ripartiamo, ricominciamo. Gavoi. Aveva pubblicato il suo primo romanzo, Il mondo deve sapere. Sarebbe diventato un film di Paolo Virzì, che non aveva amato. Era la storia di quando lavorò come operatrice in un call center. Lei, che aveva studiato filosofia e teologia. Ancora poco, e avrebbe pubblicato Accabadora, che univa tanto di Michela: la sua esperienza di figlia d’anima e le storie antiche della Sardegna. Sarebbe stato un successo enorme, pluripremiato, insignito del Campiello, fra le altre cose. E fu in quell’occasione che Michela mostrò quella che era: la donna fortissima, coraggiosa, in grado di dire quel che gli altri balbettavano o non dicevano affatto. Protestò, da vincitrice, per le parole scorrette di Bruno Vespa, presentatore del premio nella serata televisiva, nei confronti di un’altra giovane scrittrice e della sua scollatura. Certi giornali, quelli che non avrebbero e non hanno perso occasione fino alla fine di considerarla un bersaglio, provarono a demolirla. Impossibile. Qualsiasi bassezza, qualsiasi insulto, di quelli che non sono mai cessati in rete fino alla fine, non l’hanno colpita (e adesso, cari miei, cosa dite? Con quale coraggio parlerete? Come proverete a procurarvi un briciolo di visibilità, voi che ad altro non aspirate, senza di lei?).
Non ha mai smesso di essere quella che è sempre stata: la scrittrice, la saggista, la femminista, la politica. Per Michela la scrittura era politica, come è giusto che sia. Non solo nei libri che ha scritto, tanti e importanti: da Ave Mary a Istruzioni per diventare fascisti, da Stai Zitta a God save the queer, e ancora il podcast Morgana con Chiara Tagliaferri, dove ha raccontato le donne di ogni tempo, fino a Tre ciotole, dove ha osato l’inosabile, raccontare la propria morte, con il coraggio e la gioia, sì, la gioia, che solo una donna straordinaria poteva esibire.
È sempre stato così. Non c’è stato giorno in cui Michela non ha preso posizione, con un coraggio impressionante, sui fatti su cui gli altri e le altre, nella maggior parte dei casi, tacevano per pura convenienza, per non inimicarsi qualcuno, per non incrinare le possibilità di un avanzamento. Lei ha sempre osato. Da quando nel 2013 si presentò per le elezioni regionali con Sardegna Possibile. Me lo ricordo. Ci eravamo incontrate al Salone del Libro di Torino. «Sto cambiando vita», mi disse. E mi raccontò di quell’avventura che chiunque altro, con un premio Campiello alle spalle, avrebbe rifiutato. Mi raccontò dello spot che aveva in mente, una gara di corsa dove non era importante chi arrivava primo, ma quanti avrebbero partecipato. Comunità, coraggio, visione. Piangeva mentre me lo raccontava e ho pianto anche io.
Il cancro l’aveva colpita già allora. Ma la voglia di vita (la vita è bella, bella, bella, diceva) era riuscita a fare non so quale miracolo. Doveva scrivere un romanzo, allora, sui guaritori della Val d’Aosta, in grado di riportare in vita chi era condannato a morte dalla malattia. Non lo fece. Scrisse Chirù, che per lei era più importante, perché raccontava quel che le stava più a cuore, il poter essere madre non con la carne e il sangue ma con lo spirito, a dimostrazione che quel che conta è come si ama, non come gli altri vogliono che si ami. Non ha mai dato importanza all’opinione degli altri, a meno che non fossero le persone che amava e in cui credeva. Non ha mai fatto un calcolo, pesato le parole, cercato una scorciatoia. È stata la donna più coraggiosa e viva che ho conosciuto, e fino alla fine ho sperato che proprio per questo la morte la risparmiasse, che è il pensiero sciocco e inutile che fanno le amiche.
Restano i suoi libri, dicono. Sì, certo, i libri restano e resteranno, tutti. Ma io voglio credere che resterà qualcosa di più. Pochi, come lei, hanno saputo creare una comunità viva e palpitante, che ha visto dove lei sapeva vedere, che sulle donne, sul fascismo di ritorno, sulla politica, sui diritti, sulla dannata speranza che ci manca e che pure lei aveva e conservava, hanno trovato le parole giuste, calde. Quelle parole resteranno, quel che lei ha creato resterà. Resterà persino più delle parole scritte, e sembra assurdo dirlo, sembra assurdo per chi crede che i libri vincano la morte. Sono l’amore, il coraggio, la meravigliosa utopia di cui era portatrice, di cui è portatrice a vincere la morte. A farci sperare ancora, mentre guardiamo le stelle di San Lorenzo, in questo agosto tristissimo, eppure luminoso.
https://www.bing.com/search?q=è+morta+michela+murgia&FORM=HDRSC1
Hai scelto il giorno di San Lorenzo per morire;
chissà se così, quando alzeremo gli occhi verso le stelle e ci ricorderemo di te, di come ti sei battuta per noi, per chi non ne aveva la forza, per le ragioni in cui credevi o credevamo, per rendere questo mondo un posto più bello, fino all’ultimo respiro, sapremo che cosa davvero desiderare.
Beatrice Zerbini
Grazie, Michela Murgia (3 giugno 1972 - 10 agosto 2023)
#sanlorenzo #stellecadenti #guerre #desideri
Mauro Biani
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L’ultima intervista televisiva di Michela Murgia. Che lezione di coraggio. Voglio ricordarla così. https://t.co/pcvvmMOuep
— Massimo Gramellini (@MaxGramel) August 11, 2023
L’ultima intervista televisiva di Michela Murgia. Che lezione di coraggio. Voglio ricordarla così.
Gramellini
E' morta a Roma la scrittrice Michela Murgia. L'autrice di Accabadora e altri libri di successo aveva 51 anni e lo scorso maggio aveva rivelato, in un’intervista al Corriere della Sera, di soffrire di un cancro ai reni al quarto stadio.
Il funerale sarà alla Basilica di Santa Maria in Montesanto, la Chiesa degli Artisti, alle 15.30 di sabato 12 agosto.
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