Dopo l'attacco di quindici giorni fa alla caricatura di Elly Schlein questa settimana
attaccano la vignetta di Riccardo Mannelli sulle dichiarazioni della Mannocchi.
Riccardo Mannelli, rieccoci. L’ultima volta, se ricordo bene, fu per “le cosce” di Maria Elena Boschi. È la stessa storia. La reazione a questa vignetta è la solita, dalle cosce in giù: malafede, pregiudizi e conformismo. ...
Giletti e Mentana hanno aperto la trasmissione "Non è l'arena" su la7 parlando della mia vignetta di oggi sul Fatto, sulla Mannocchi.
Mentana aggredendomi, dicendo che non è satira ma insulto, che è indecente insultare così una giornalista che sta sul campo di battaglia eccetera, come al solito....nessuno dei due mi nomina, come al solito e vanno avanti per più di cinque minuti con lo schifo e l'indecenza per il mio lavoro.La solita vigliaccata, perchè a me nessuno mi interpella, mi sparano solo addosso da lontano, cercando di delegittimarmi...ma il microfono l'hanno solo loro. Insomma, come al solito, continuo ad essere l'artista più chiacchierato e nessuno si azzarda a chiacchierare con me. Buffo, no?
Riccardo Mannelli 26/3/23
«ERANO TUTTI “JE SUIS CHARLIE”, OGGI SONO TUTTI IPOCRITI E TIFOSI CHE IGNORANO LA SATIRA»
Riccardo Mannelli, rieccoci. L’ultima volta, se ricordo bene, fu per «le cosce» di Maria Elena Boschi.
«È la stessa storia. La reazione a questa vignetta è la solita, dalle cosce in giù: malafede, pregiudizi e conformismo».
Stavolta lei ha colpito una giornalista, Francesca Mannocchi.
«Era tutto fuorché un attacco personale a Mannocchi. Il punto è quello che ha detto: scemenze, credo. Anzi, è un eufemismo. Atrocità».
Quali?
«Più d’una, ma è gravissimo soprattutto il discorso sull’uranio impoverito. In Ucraina è quasi un anno e mezzo che si sparano addosso. Anzi molto di più, dal 2014. Queste armi sarebbero devastanti per i russi, ma pure per gli ucraini stessi. Come si fa a minimizzare?».
Mannocchi non è una potente, in senso stretto. Perché fare satira su un’inviata di guerra?
«Ne hanno fatto un santino. E questo mi dispiace per lei. I suoi servizi vengono sempre presentati come “bellissimi”. Forse sarebbe il caso di smettere di definire così i reportage dalla guerra. Possono essere duri, struggenti, atroci, importanti, ma non “bellissimi”. E poi ci si lamenta dell’assuefazione. Il punto non è Mannocchi, ma ciò che dice: per me sono atrocità».
Qualcuno l’ha anche accusata di aver deriso una persona con una malattia neurodegenerativa.
«È davvero un’infamia bassissima, delirante. Non so nulla del suo stato di salute. È imbarazzante che si arrivi a questi livelli, dovrei essere un boia per fare una cosa del genere. Quante persone che ho disegnato avranno avuto problemi di salute o situazioni personali? La satira è questione d’arte e basta. Non c’entra nulla con il giornalismo, né con l’informazione, la politica o la militanza, solo incidentalmente si incontra con la cronaca e la storia».
Tra i tanti, Mentana in diretta tv ha detto che la sua vignetta «fa schifo» e «non fa ridere».
«E senza nemmeno nominarmi, come un reietto. Mi hanno sparato addosso senza dignità di replica. Per fortuna non coincidono con l’opinione pubblica, loro. Anzi, credo siano agli antipodi».
Loro chi?
«Quella compagnia di giro che da decenni gironzola per le televisioni, sono sempre gli stessi. C’è una cosa che mi fa imbestialire nel merito. Anzi, due. E mi rimangio la parola “imbestialire”, perché a quanto pare la bestia sono io... La prima è l’ignoranza e la cialtroneria di chi dà per scontato che l’arte satirica debba coincidere con l’umorismo o la comicità. La seconda: almeno abbiate la bontà d’animo di dire “non mi fa ridere”. Parlate per voi. La risata è una delle espressioni più intime della persona umana. Anche più della commozione. Ce l’hanno più con lei o con il giornale per cui lavora? Credo entrambi. Mi trattano come un sicario del Fatto Quotidiano, come fossi il braccio armato di Travaglio o Padellaro. Ignorano la mia storia personale, credono di potermi umiliare e sputtanare, ma non mi offendo. Non sanno che sono stato inviato anche io in decine di guerre. E chissà dov’erano quando Scalfari mi cacciò da Repubblica nel 1989».
Perché la mandò via?
«Quello che davvero non sopportava Scalfari era non poter vedere i miei disegni: con la scusa di essere inviato, i miei lavori li facevo arrivare direttamente la notte in tipografia (ride). L’ultimo reportage per Satyricon di Repubblica fu sul Partito socialista e il congresso dell’Ansaldo, l’apoteosi del craxismo: prevedevo un finale, chiaramente uno sberleffo, in cui si preparavano i ganci come in Piazzale Loreto. Due anni dopo scoppiò Mani Pulite. La satira certe volte ha capacità visionarie».
Dove sono finiti i santini di Charlie Hebdo?
«Si sono rimangiati tutto, ma ci sono abituati. Io peraltro avevo quasi smesso di fare satira all’inizio degli anni 2000, il terreno culturale ormai era questo qui. La satira non è un mestiere, sennò diventa routine e cinismo: la si può fare sempre e solo con una certa dose di pancia. Le testate con cui collaboravo mi utilizzavano solo per le illustrazioni. Ho ricominciato col Fatto Quotidiano. Sono stato antigrillino dall’inizio e tutto il mio antigrillismo l’ho pubblicato sul Fatto, con prese per il culo anche feroci. Ma ormai la storia personale di un autore non conta: ci sono solo i tifosi e gli schieramenti, gli amici e i nemici».
(Tommaso Rodano Riccardo Mannelli, Il Fatto Quotidiano, 28 marzo 2023)
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