martedì 6 luglio 2021

Grazie Raffaella!

  "Raffaella ci ha lasciati. È andata in un mondo migliore, dove la sua umanità, la sua inconfondibile risata e il suo straordinario talento risplenderanno per sempre".

           Sergio Japino


grazie per le labbra

le labbra appena socchiuse sul bianco perla

sui denti imperfetti

la porta, socchiusa, dietro la quale avvertivo parole sconosciute

avvertivo promesse

per il turbamento bambino, per quel rosso immaginato, tra i bianchi e i neri di un elettrodomestico

ho cercato quelle labbra in ogni volto, poi trovate

infine schiuse, baciate

seduti sul bordo di un letto, un disco che gira

sul sedile di una macchina, una notte di maggio

e poi ancora

grazie per il silenzio

la grazia sconfinata del silenzio, del congedo muto

senza immagini del dolore

senza fotografie

senza testare il tuo funerale

senza parteciparvi


ti bacio ancora un po'

Fabio Magnasciutti

SAN TOMASO E IL TUCA TUCA
Difficile credere che Raffaella Carrà non ci sia più.
Gianfranco Uber




Icona oltre i tabù
Mauro Biani


 
RAFFA

Così te ne vai

senza far runore

tu che hai fatto

da colonna sonora

ai nostri amori

da Trieste in giù

se l’italia non balla

non è per il covid

è perché ci sei più tu

mitica Raffaella

Marco Fusi








Fulvio Fontana

Vauro




OMAGGIO A RAFFAELLA CARRA'
Mario Bochicchio



Come Lei NESSUNA 🌟📺
La TV (ma non solo) ha perso la sua Regina.
Straordinaria🌟
🌹
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Mike Comics

Una Stella tra le stelle. Ciao Raffaella! By Chenzo, www.chenzoart.it #RAFFAELLACARRA #carramba #raffanazionale #chenzo
 Lorenzo Bolzani - Chenzo.


E ora? Mi toccherà iniziare a contare le stelle?
Va bene, se a rispondere ricominci tu!

#CiaoRaffaella
Alagon

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Romaniello


Alla più grande rivoluzionaria italiana dal dopoguerra in poi.

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Raffaella Maria Roberta Pelloni, questo il suo vero nome, nasce a Bologna il 18 giugno 1943. Deve il nome d'arte allo sceneggiatore e regista televisivo Dante Guardamagna: associò il suo nome al pittore Raffaello Sanzio e diede alla ballerina e cantante il cognome di un altro pittore, Carlo Carrà, tra i maestri del Futurismo. Era nata Raffaella Carrà.

Dopo il debutto in televisione in Tempo di danza (1961), al fianco di Lelio Luttazzi, e nella commedia musicale Scaramouche (1965), nel 1970 approdò a Canzonissima, divenendo nota al grande pubblico. Fu così che la Carrà divenne la prima showgirl del piccolo schermo in bianco e nero.

Ballerina, cantante, attrice, conduttrice e autrice: sapeva fare tutto. E faceva tutto bene. Era la regina della televisione italiana, e probabilmente lo sarà per lungo tempo. Provocatrice e rassicurante al tempo stesso ha saputo farsi amare da intere generazioni di italiani, riuscendo ad ottenere l'elogio del Britannico Guardian: "Ha insegnato all'Europa la gioia del sesso".

Dopo gli esordi, giovanissima, nel cinema, la sua carriera spicca il volo sul piccolo schermo negli anni Settanta. L'esordio è con Io, Agata e tu, nel quale 'Raffa' lancia per la prima volta il suo nuovo stile di showgirl, diverso rispetto alle colleghe dell'epoca. Ma è nello stesso anno, con Canzonissima insieme a Corrado, che raggiunge la popolarità creando scalpore per il suo abbigliamento "scandaloso", simbolo di una rivoluzione nei costumi sociali.




(✏️ Massimo Gramellini) Raffaella Carrà era tante cose, troppe per un articolo smilzo come questo. Ma per le generazioni cresciute con «Canzonissima» e «Milleluci» è stata anzitutto la scoperta dell’eros. Un eros bonario: intriso di mistero, ma privo di perversione. Quelle gonne lunghe, gettate via a metà del balletto per scoprire gambe che in tv sembravano infinite. Il caschetto biondo, dimenato davanti agli occhi come un sipario instabile. Il mantello stellato di Maga Maghella. Le braccia aperte in posture benedicenti da madonna. E naturalmente l’ombelico: il primo, il definitivo. La Carrà era la personificazione della femminilità e piaceva agli uomini, alle donne, ai gay e ai bambini, soprattutto agli orfani: in lei, che non aveva figli, vedevano un surrogato accogliente della madre. Quando lo raccontai in un libro, mi mandò un biglietto: «Le sere in cui eri piccolo e solo, avrei voluto uscire dal televisore per abbracciarti». E di sicuro lo avrebbe fatto, perché il suo talento era guardare la telecamera come se fosse sempre sul punto di attraversare lo schermo per venirsi a sedere sul divano accanto a ciascuno di noi. Senza carrambate, con la forza tranquilla della consuetudine.


Raramente la morte di un personaggio pubblico aveva prodotto una sensazione così lancinante di perdita e al tempo stesso di incredulità. Forse la Carrà ci è stata davvero seduta accanto per tutta la vita. E forse è ancora lì, con l’ombelico e il resto, perché le maghe come lei non muoiono fino a quando restiamo vivi noi. (📷 Archivio Corriere)

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