Addio, al "ragno delle Dolomiti"! Umberto Rigotti |
Addio, al "ragno delle Dolomiti"!
Cesare Maestri , uno dei migliori arrampicatori del mondo, è morto a 91 anni. Ad annunciarlo è stato il figlio Gian Maestri sulla sua pagina Facebook. Soprannominato «il Ragno delle Dolomiti», Maestri era una leggenda dell’alpinismo, protagonista di alcune imprese storiche, ma è stato anche partigiano, scrittore, maestro di sci. «Questa volta Cesare ha firmato il libro di vetta della scalata sulla sua vita. Un abbraccio forte a chi gli ha voluto bene», ha scritto il figlio su Facebook. Maestri è stato il primo alpinista ad affrontare in discesa e in solitaria importanti vie dolomitiche estremamente difficili. Nella sua carriera ha affrontato 3.500 salite delle quali la maggior parte in solitaria.
Le imprese di Maestri iniziano nel 1951, con la salita in solitaria della via Detassis-Giordani al Croz dell’Altissimo. Quell’anno fu anche il primo a effettuare la discesa in solitaria dalla Paganella. Nel 1952 è in solitaria la via Solleder sul Civetta. L’alpinista Marino Stenico, che assistette all’impresa, ne rimase impressionato: «Cesare arrampica con tanta naturalezza che guardandolo sembra tutto facile. Supera passaggi e strapiombi con la stessa disinvoltura di un ragno che si arrampica su un vetro», disse. La sua figura resta legata al Cerro Torre, in Patagonia, considerata tra le più ardue del pianeta. Nel 1959 Maestri raccontò di averla conquistata, anche se le prove del successo erano rimaste sepolte nella macchina fotografica, assieme al compagno di cordata Toni Egger travolto da una valanga durante la discesa nella tormenta.
Omaggio a Cesare Maestri.
Fabio Sironi
https://www.facebook.com/photo/?fbid=1161396000999956&set=a.135297426943157
Addio a Cesare Maestri, il "Ragno delle Dolomiti"...a lui la vetta più alta del paradiso!
#CesareMaestri
Perazzolli
Intervista a Reinhold Messner: "Cesare Maestri è stato il miglior arrampicatore della sua epoca"
"La sua esclusione dalla spedizione al K2 nel 1954 fu un'ingiustizia"
Reinhold Messner, ha voglia di parlare di Cesare Maestri, morto ieri a 91 anni? I rapporti fra di voi non erano così sereni.
“Ma perché? Ho girato un film sulla sua ascensione al Cerro Torre del 1959, ho fatto tutto quel che è necessario fare. Ho detto che quell’anno non arrivò in cima, ma ho anche riconosciuto la sua grandezza, è stato il miglior arrampicatore della sua epoca. Ho ricordato anche l’ingiustizia della sua esclusione dalla spedizione italiana al K2 del 1954. Non è stato scelto da Ardito Desio senza alcuna ragione”.
Si inventarono un un’ulcera allo stomaco inesistente, per non portarlo in Pakistan.
“Secondo me così è nato quel Cesare arrabbiato, un po’ anarchico, in rivalità con Bonatti. La spedizione al K2, nonostante gli innegabili successi, ha portato con sé tutti questi problemi. I cinquant’anni di amarezze per Bonatti, l’affronto a Maestri lasciato a casa”.
E ancora Cassin, depennato con esami falsi per problemi di cuore che non c’erano.
“Certo, di lui si temeva che potesse poi usurpare la leadership di Desio. Ma in ogni caso per tutti loro significò negare una ribalta internazionale a cui avevano diritto. E Maestri la cercò poi con la spedizione al Cerro Torre”.
Quanto è contata per Maestri la formazione teatrale?
“Probabilmente molto, lui era un attore, magari non di primo piano, ma soprattutto un grande rocciatore. Certamente ha anche recitato, spesso telefonava alla Rai prima di una grande salita, arrampicare diventava per lui un palcoscenico. Ma questo non è negativo, era il suo stile. Non c’è nessuna colpa in questo, l’unica vicenda che ha lasciato in ombra è stata la prima salita al Cerro Torre. Ma io gli ho parlato, mentre ricostruivo la vicenda, lui è stato d’accordo con me. E credo sia morto in pace. Ma allora, nel 1959, nessuno al mondo, nessuno era in grado di salire quella via. Mancava la tecnologia e la tecnica. Era troppo lunga, era troppo pericolosa, era troppo difficile nella parte finale. Ma con tutto ciò, Cesare era un ottimo rocciatore. Lui ha fatto grandi ripetizioni dove altri non sarebbero mai riusciti a salire, ha fatto grandi prime ascensioni, è sceso senza la corda su difficoltà elevate, ha fatto ‘free solo’ prima che esistesse questo concetto. Io ho grandi rispetto per lui come arrampicatore”.
Lei ha ripetuto qualche sua via?
“Sì, ho fatto la sua via sulla “Parete rossa” della Roda di Vaèl. Molto tecnica, una gran via. Poi ne ho fatte altre, tutte grandi realizzazioni, nonostante l’uso dei chiodi ad espansione. E’ il periodo tra il 1956 e il 1965, un’epoca che precede la mia, quella contro la quale ho scritto il mio articolo “Assassinio dell’impossibile”, uscito nel 1968 sulla Rivista mensile del Cai. Ma non era certo un articolo contro Maestri. Io, quando ero molto giovane ero addirittura un suo fan. Poi, dopo la sua salita del Cerro Torre con il compressore, ho provato a capire che cosa era cambiato”.
Il compressore sul Cerro Torre, d’accordo, ma oggi in falesia, e non solo, si piantano gli spit con il trapano. Che differenza c’è?
“Questa è bella. Ero in Patagonia per girare il film – si intitola ‘Mythos: Cerro Torre’ ed è uscito finora in Francia e Germania – e ho parlato con un gaucho della salita del 1970, quella con il compressore. Volevo raccogliere più testimonianze possibili sulle spedizioni di Maestri in Patagonia. Lui mi ha risposto: ‘Sono tutti chiacchieroni, che oggi vengono con un trapano che pesa un chilo e pretendono di fare le vie in arrampicata libera. Cesare almeno ha tirato su un compressore da un quintale e mezzo. Quello sì che è un uomo, quello sì che ha coraggio. Era assolutamente a favore della salita di Maestri e io gli ho dovuto rispondere che ha ragione. Uno che prende con sé un trapano molto leggero, e con quello supera passaggi altrimenti impossibili, non ha il diritto di commentare negativamente l’alpinismo di Cesare Maestri”.
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