Se ne è andato a soli 47 anni Paolo Coppini, imprenditore dell'olio. Lo ha stroncato un malore mentre era al lavoro nel suo ufficio a San Secondo. Una vita dedicata all'azienda di famiglia che conduceva al fianco del padre e dei fratelli Francesco, Matteo e Pier Luigi, e un amore infinito per la moglie e per i figli Mattia e Anita. Primogenito di Ernesto, presidente di Coppini Arte Olearia, e di Vanna, era il responsabile export dell'azienda. Nel 2015 venne premiato con la benemerenza Sant'Ilario dal sindaco Federico Pizzarotti per la Coppini Arte Olearia.
"Love is an olive tree", l'amore è una pianta d'olivo ed il suo grande amore per questo albero non lo ha espresso solo in azienda ma lo ha portato nel mondo , all'Expo e persino sull'Everest.
"...ritengo che portare una piantina di olivo sul tetto del mondo, sulla vetta più vicina a Dio rappresenti un atto di fede nei confronti dell’umanità.
Un luogo dell’anima che sia nazione, montagna o rifugio che mi permetta un pensiero per gli uomini e le donne di questo pianeta.
L’olivo non muore mai." Cit. Olivetree Man
Che la terra ti sia lieve Paolo, Olivetree Man.
5 Ottobre 2016 - 16:51 (fonte)
"Love is an olive tree": il trailer del docu-film che pubblichiamo è tratto da YouTube. Questa la descrizione:
L'amore e la passione per la montagna, il rispetto della natura e la forza unificante di albero di olivo. Paolo Coppini, insieme ad alcuni compagni di cordata, è riuscito a realizzare un sogno: portare un piccolo ulivo sull'Everest.
Lungo la via per l'Everest hanno incontrato persone provenienti da ogni dove, centinaia di occhi che si sono commossi alla vista di Amèrico, l'Olivo compagno di viaggio, trovando nelle diversità e nella tolleranza il significato di una intera esistenza. "Love is an olive tree", questo è il mantra che ha accompagnato il gruppo e che è passato di bocca in bocca, è stato tradotto in molte lingue e ci ha fatto sentire tutti parte di un unico sogno.
Da questo viaggio è scaturito un docu-film, con la regia di Giampaolo Bigoli.
Dalla Gazzetta di Parma del 20 giugno 2009
Il simbolo di pace sull'Himalaya
Scuote il capo Faulkes, l’incredibile protagonista de «Il pittore di battaglie», ultimo romanzo di Arturo Pérez-Reverte. Scuote il capo e isola l’umanità in simmetrie di sofferenza: «Ci sono luoghi dai quali non si torna indietro. Non si torna mai veramente». È il valore del viaggio, della scoperta disarmante della propria nudità interiore e di una ricostruzione (o annullamento, come nel caso del testo dell’autore spagnolo) che può scaturire solo da un cammino già cominciato. Paolo Coppini (esponente dell'omonima azienda olearia parmense) l’ha sperimentato sulla propria pelle a partire da un’idea - da un’immagine, sarebbe più giusto dire - che ruba il sogno concreto ad una simbologia universale: portarsi sulle spalle una pianta bonsai d’olivo - ribattezzata Americo come il capostipite dell'azienda - in un tragitto a piedi che raggiunga il punto più alto possibile in direzione dell’Everest.
San Secondo Parmense (38 metri sul livello del mare), Kathmandu (1355), Namche Bazaar (3.440) e Cha La pass (5.375) sono le tappe di un itinerario che riconduce l’ideale ad un luogo fisico, quella vetta di 8.848 metri che si vede sullo sfondo. Un cammino che ritroviamo ne «L’uomo con l’albero d’olivo», il documentario ideato dallo stesso Coppini, realizzato da Gianpaolo Bigoli, già premiato al Trento Film Festival e presentato dagli autori giovedì scorso all’arena estiva del cinema Edison. Che ci siano luoghi da cui non si torna come prima, Coppini se ne accorge alla partenza con un’intuizione che gli fa dire: «Forse capiremo il valore della nostra missione solo quando saremo già a destinazione». E il valore lo colgono per bocca di un uomo che da un anno marcia per la pace e, vista la pianta, non esita a dire «love is an olive tree».
Bigoli mette in rilievo una simbologia elementare, ma ci aggiunge qualcosa di più grazie alla presenza delle figura umana nell’inquadratura: protagonista assoluta quando il viaggio è ancora turismo, in secondo piano rispetto all’albero mentre i passi diventano metafore e distanti, quasi persi nella nebbia, nei momenti di difficoltà. Poi ci sarebbe il ritorno a casa. Mai come prima.
IL MUSEO DELL’ARTE OLEARIA E L’OLIO DEL DUCATO
http://www.museorsicoppini.it/
http://www.coppiniarteolearia.com/
di Valerio Marini |
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