sabato 4 agosto 2018

Ahed Tamimi libera


Ahed Tamimi libera
Gio / Mariagrazia Quaranta


Free Tamimi    Luc Descheemaeker
TAMIMI FREE
29 Jul 2018


Ahed Tamini
Lo Stato di Israele ha scarcerato anticipatamente Ahed Tamimi condannata a otto mesi di carcere per aver schiaffeggiato un soldato durante una manifestazione palestinese nel villaggio cisgiordano di Nebi Saleh.
La condanna non ha fatto altro che far diventare la ragazza un simbolo della resistenza palestinese contro l'occupazione dei territori da parte israeliana.
Gianfranco Uber


<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="en" dir="ltr">Palestinian teen <a href="https://twitter.com/hashtag/AhedTamimi?src=hash&amp;ref_src=twsrc%5Etfw">#AhedTamimi</a> to be released from Israeli prison, after 8 months in jail.<br>Many more Palestinian children remain in jail, trialled in military courts in a language they don’t speak.<br><br>Love! | Ahed Tamimi<br>by <a href="https://twitter.com/channeldraw?ref_src=twsrc%5Etfw">@channeldraw</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/GraphicJournalism?src=hash&amp;ref_src=twsrc%5Etfw">#GraphicJournalism</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/Gaza?src=hash&amp;ref_src=twsrc%5Etfw">#Gaza</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/Palestine?src=hash&amp;ref_src=twsrc%5Etfw">#Palestine</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/Israel?src=hash&amp;ref_src=twsrc%5Etfw">#Israel</a> <a href="https://t.co/30PteKoCMn">pic.twitter.com/30PteKoCMn</a></p>&mdash; aHuman rEvolution (@aHumanEvolution) <a href="https://twitter.com/aHumanEvolution/status/1023252813135208448?ref_src=twsrc%5Etfw">28 luglio 2018</a></blockquote>
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Qui sotto alcuni dei tanti cartoon realizzati per la liberazione diAhed Tamini.



Free Ahed Tamimi    Paolo Lombardi
.
30 Dec 2017


Ahed Tamimi    Emad Hajjaj
Ahed Tamimi , Wonder Girl of Palestine !
24 Dec 2017



"Free Ahed Tamimi"    Antonio Rodríguez
...
12 Mar 2018


AHED EL-TAMIMI....    Hassan Bleibel
JAIL
15 Jan 2018

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fonte Amnesty International

Ahed Tamimi, l’attivista palestinese di 17 anni condannata a otto mesi per aver spintonato e preso a schiaffi e calci due soldati israeliani dotati di armi pesanti ed equipaggiamento protettivo, è stata rilasciata il 29 luglio con 21 giorni di anticipo sulla fine della pena.

“È un momento di profondo sollievo per Ahed e per i suoi cari, ma questa gioia è mitigata dall’ingiustizia della sua detenzione e dal fatto che tanti minorenni palestinesi si trovano nelle carceri israeliane, in molti casi per reati non riconoscibili come tali”, ha dichiarato Saleh Higazi, dell’ufficio di Amnesty International di Gerusalemme.

“Il rilascio di Ahed Tamimi non deve far dimenticare le politiche discriminatorie usate dall’esercito israeliano per imprigionare i minorenni palestinesi. L’ingiusta condanna di Ahed è un esempio di come Israele ricorra all’arbitrio dei tribunali militari per punire coloro che sfidano l’occupazione e l’espansione degli insediamenti illegali, senza riguardo per la loro età”, ha aggiunto Higazi.

“Ahed Tamimi è stata condannata per il ridicolo motivo di aver posto una minaccia nei confronti di due soldati ben protetti e armati. La realtà è che, con la sua condanna, le autorità israeliane hanno voluto mandare un messaggio per intimidire tutti coloro che osano sfidare la repressione delle forze di occupazione”, ha commentato Higazi.

Arrestata il 19 dicembre 2017 nel suo villaggio natale di Nabi Saleh dopo aver spinto, schiaffeggiato e preso a calci due soldati israeliani, era stata giudicata colpevole di incitamento, assalto aggravato e impedimento a ciascuno dei due soldati di portare avanti il suo lavoro. Quattro giorni prima il filmato dell’accaduto era stato postato su Facebook dalla madre, Nariman Tamimi, a sua volta rilasciata oggi.

Il padre di Ahed, Bassam Tamini, ha dichiarato ad Amnesty International di essere felice per il ritorno a casa della figlia e della moglie ma di essere ancora preoccupato per suo figlio Wa’ed, di 22 anni, arrestato nel maggio 2018 e da allora detenuto nel carcere militare di Ofer con accuse collegate al suo attivismo contro l’occupazione.

“Centinaia di minorenni palestinesi si trovano, in condizioni assai dure, all’interno di un sistema penitenziario che non rispetta i principi della giustizia minorile e gli standard sul trattamento dei prigionieri”, ha sottolineato Higazi.

Secondo le organizzazioni locali per i diritti umani, nelle prigioni e nei centri di detenzione israeliani si trovano circa 350 minorenni palestinesi.

Ogni anno i tribunali militari processano centinaia di minorenni palestinesi, spesso arrestati nel corso di raid notturni nella Cisgiordania occupata. Dopo l’arresto, vengono sistematicamente sottoposti a maltrattamenti tra cui l’obbligo di stare con gli occhi bendati, le minacce, gli estenuanti interrogatori in assenza di avvocati o familiari, l’isolamento e in alcuni casi la violenza fisica.

In molti casi gli arresti e i processi hanno a che fare con attività pacifiche, come l’espressione di opinioni politiche o l’organizzazione e la partecipazione a proteste non autorizzate dal comandante militare israeliano di zona.

Anche l'artista napoletano JoritAgoch, che era stato arrestato dall'esercito a #Betlemme dopo aver realizzato un murales della giovane attivista palestinese #AhedTamimi, è stato liberato.

giovedì 2 agosto 2018

Bologna, 2 agosto 2018, 38 anni dopo.

Noi non dimentichiamo:



2 agosto 1980
Sono trentotto anni che è fermo e sono trentotto anni che chi lo ha fermato cerca di farlo andare avanti.
Uber


Apicella




voglio la verità
Magnasciutti


Bologna
Cecigian


2 agosto 1980
Paride Puglia


Perchè Bologna era il mondo. E il mondo somiglia a Bologna, guarda
In cucina, nella televisione piccola in bn, le immagini da Bologna, le stesse identiche sensazioni di sgomento incredulo di oggi. Prima ancora della disumanità, l’irrazionalità carogna. Perché? Poi i perché arrivano. Rimane l’assurdo, a 13 come a 50 anni.
Oggi, per il manifesto. Qui tutte le mie memorie su Bologna 1980.
Mauro Biani


2 agosto 2018 - Strage di Bologna, 38 anni fa la bomba che squarciò la stazione.
© Milko Dalla Battista



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Strage Bologna: 2 agosto 1980, un sabato di sangue e orrore

85 morti e 200 feriti, dall'ipotesi scoppio caldaia alla bomba

Un afoso sabato di esodo, con le foto e le immagini delle code in autostrada pronte, come da 'copione' del periodo, per diventare l'argomento del giorno di quotidiani e tg. Alle 10.25 del 2 agosto 1980, invece, un'esplosione alla stazione centrale di Bologna spezza nel sangue la tranquilla routine del rito delle vacanze: 85 morti e 200 feriti il bilancio finale della strage più sanguinaria nella storia italiana.
Il boato squarcia l'ala sinistra dell'edificio su piazza Medaglie d'Oro: la sala d'aspetto di seconda classe, il ristorante, gli uffici del primo piano vengono disintegrati.
Anche il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea, fermo sul primo binario e in ritardo di un'ora sulla tabella di marcia, è colpito dalla valanga di macerie e detriti che in pochi istanti schiacciano e soffocano inermi viaggiatori di ogni età e provenienza. Nel ristorante-bar-self service perdono la vita sei lavoratrici, tra le vittime anche due tassisti in attesa di clienti. Ovunque lacrime, urla straziate, polvere che entra in gola e soffoca il piano disperato di passeggeri sotto choc che cercano di individuare amici e parenti. La vittima più piccola è Angela Fresu, appena 3 anni, e poi Luca Mauri, di 6, Sonia Burri, di 7, fino a Maria Idria Avati, ottantenne, e ad Antonio Montanari, 86 anni.
In pochi minuti arrivano decine di mezzi dei vigili del fuoco, polizia, carabinieri, vigili urbani, ambulanze, l'Esercito. Saltano le linee telefoniche e i primi cronisti giunti sul posto, per poter raccontare l'inferno di quei momenti, 'espropriano' la cabina dei controllori degli autobus sul piazzale, dove il telefono invece funziona. Cellulari e internet non esistono ancora. Anche il contributo degli autisti si fa determinante, quando di lì a poco un bus giallo e rosso della linea 37, la vettura 4030, nell'emergenza si trasforma in un improvvisato carro funebre per trasportare le salme alla Medicina legale, nella vicina via Irnerio. Alla guida si mette l'imolese Agide Melloni, autista trentunenne: "Mi chiesero di portare via i cadaveri con il bus. Dal mattino alle tre di notte, con i lenzuoli bianchi appesi ai finestrini. In ogni viaggio c'era con me qualche soccorritore, per sostenermi". Le ambulanze servono invece per i vivi, distribuiti in tutti gli ospedali, dove rientrano in servizio medici e infermieri.
Le prime ipotesi investigative prendono in considerazione lo scoppio di una caldaia, ma nel punto dell'esplosione non ce ne sono. Lo si capisce presto, mentre i lavori di scavo procedono a rilento perché si continuano a cercare persone vive tra le macerie. In poco tempo, accantonata l'improbabile fuga di gas, la causa della strage si fa drammaticamente chiara: una bomba ad alto potenziale. In stazione arriva, commosso e angosciato, il presidente della Repubblica Sandro Pertini, mentre tutt'intorno una catena umana continua a spostare detriti e il silenzio irreale del centro città è squarciato dalle sirene.
La sera piazza Maggiore si riempie: Bologna, attonita e sgomenta, non chiede vendetta ma giustizia, mentre il ricordo torna a un'altra strage, quella dell'Italicus, la notte del 4 agosto di sei anni prima a San Benedetto Val di Sambro, sull'Appennino, con 12 morti e 44 feriti. "La stessa città, lo stesso nodo ferroviario, gli stessi giorni delle vacanze, forse lo stesso proposito - commenterà il giorno dei funerali il sindaco Renato Zangheri - di recitare il crimine anche sul corpo di viaggiatori stranieri, e quindi di dimostrare ad altri popoli e governi la debolezza della nostra democrazia". Intanto in quelle stesse ore, all'obitorio, un maresciallo continua a tentare di dare un nome alle vittime: un'identità più volte affidata a brandelli di indumenti, un anello, i resti di una catenina o un documento. Trentotto anni dopo i familiari delle vittime e Bologna chiedono ancora di conoscere tutta la verità sulla strage e sui suoi mandanti.
Antonio Giovannini

martedì 31 luglio 2018

Bedonia: Mostra delle Caricature dei World Humor Awards dal 31 luglio - 19 agosto

Ha scritto Giovannino Guareschi: 

«Il paese di Mondo Piccolo è un puntino nero che si muove, assieme ai suoi Pepponi e ai suoi Smilzi, in su e in giù lungo il fiume per quella fettaccia di terra che sta tra il Po e l’Appennino: ma il clima è questo. Il paesaggio è questo: e, in un paese come questo, basta fermarsi sulla strada a guardare una casa colonica affogata in mezzo al granturco e alla canapa, e subito nasce una storia.»

I World Humor Awards sono una di queste storie e il puntino nero che si muove arriva anche al Seminario di Bedonia in Val Taro in quella che è un’oasi di pace per rigenerarsi nel corpo e nello spirito. Spiritualità, cultura, natura e sport.


Locandina dell'evento "Mostra internazionale caricatura" dai World Humor Awards organizzati dall'Associazione Culturale Lepidus.it

Fino al 19 agosto 2018, una selezione dei disegni umoristici dei disegnatori che hanno partecipato alla sezione "Caricature" dei World Humor Awards viene esposta al Seminario di Bedonia in Val Taro (PR) ... ecco alcuni momenti dell'allestimento della mostra che verrà inaugurata il 31 luglio - con la partecipazione di Angiolo Tavanti della presidenza di FITeL Emilia-Romagna - e rimarrà esposta fino al 19 agosto 2018.






Seminario di Bedonia
Via Don S. Raffi, 30
Tel +39 0525.824420
e-mail: info@seminariobedonia.it
web site: http://www.seminariobedonia.it
orari di apertura: Lun-Sab: 09 - 12.30 a.m. 15 – 19 p.m. Dom. 09 - 12.30 am
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Approfondisci a questo link: http://www.crtfiteldelducato.it/1/le_caricature_dei_world_h…
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#GiovanninoGuareschi; #WorldHumorAwards; #SeminarioVescovileBedonia; #CRTFITeLdelDucato; #FITeLEmilia-Romagna; #FITeL; #Lepidus


Mostra delle Caricature dei World Humor Awards
L'esposizione dei disegni umoristici, che hanno partecipato alla sezione "Caricature dei World Humor Awards", sarà inaugurata il 31 luglio - con la partecipazione di Angiolo Tavanti della presidenza di FITeL Emilia-Romagna - la mostra resterà aperta al pubblico fino al 19 agosto 2018 nel Seminario di Bedonia in Val Taro (PR). I World Humor Awards arrivano con questa iniziativa al Seminario di Bedonia in Val Taro in quella che è un’oasi di pace per rigenerarsi nel corpo e nello spirito. Spiritualità, cultura, natura e sport.




domenica 29 luglio 2018

Grecia in fiamme

Καλημέρα(όσο γίνεται...)
από την ΕφΣυν του Σαββατοκύριακου 28,29-07-2018
Buongiorno (per quanto possibile...)
Da ephsyn di fine settimana 28,29-07-2018
di Michael Kountouris


Ad una settimana di distanza i roghi sono stati spenti ma c'è tanto tanto da fare.
Una preghiera per gli amici greci.


Greece is burning...!    Ramses Morales Izquierdo
Greece is burning...!
24 Jul 2018

#Atene #Greece #Europa Civiltà. Per @ilmanifesto
Mauro Biani


Fires in Greece    Anthony Garner (Ant)
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24 Jul 2018



"Greece on Fire"
Devastating wildfires have been targeting Greece´s capital Athens and its surrounding cities, leaving at least 74 people dead and forcing hundreds of residents and tourists to flee for their lives.
#greeceonfire #Greece #Grecia #HelpGreece #EU #Athens #PrayForGreece
rodr
Antonio Rodriguez Garcia


Difficult, sad times :'( My heartfelt condolences... #GreeceInFire #Hellas #firuzKutal #tragedy #fire #sad #sky
Firuz Kutal



Guy Badeaux (Bado)
@guybadeaux  25 lug
Dessin de mercredi: tuerie à #Toronto et incendies meurtriers en Grèce.
Disegno di mercoledì: omicidi #Toronto e incendi mortali in Grecia.


A Bad Moon Rising    Enrico Bertuccioli
Greece on fire...
25 Jul 2018


Greece wildfires    Tasos Anastasiou
25 Jul 2018



Ci sono momenti in cui una risata può darti forza e positività, momenti in cui una battuta può salvarti.
Questo non è uno di quei momenti.
Arkàs.
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Devastanti incendi hanno messo in ginocchio lunedì scorso la Gracia, portando ad un catastrofico numero di vittime. Accertate finora 91 ma mancano ancora molte persone all'appello.
Il premier greco, Alexis Tsipras, in visita in Bosnia, è tornato immediatamente ad Atene ed ha richiesto aiuto a Bruxelles per la catastrofica situazione.
 Il Primo Ministro ha insinuato anche la dolosità degli incendi.
Il ministero delle Infrastrutture annuncia che sono state coinvolte 1.218 case - il 49% di quelle danneggiate - risultano inabitabili e irrimediabilmente distrutte.

sabato 28 luglio 2018

Finalisti della prima edizione del Concorso LIBEX-2018

© Ramses
COMUNICATO STAMPA

Satira politica in mostra a Conversano
55 le vignette selezionate
nel concorso LIBEX-2018 del Centro Librexpression

Sono 55 le vignette selezionate per la finale della prima edizione del concorso LIBEX-2018 indetto - il 15 maggio scorso - dal Centro Euro-mediterraneo LIBREXPRESSION della Fondazione “Di Vagno” di Conversano. Un concorso internazionale di vignette satiriche, per la promozione della libertà di espressione e della satira politica, che ha visto una giuria composta da vignettisti di fama internazionale, quali Fabio Magnasciutti e Marco De Angelis, e da tre giornalisti, capo redattori, che utilizzano le vignette satiriche sui loro media: Gian Paolo Accardo (Voxeurop.eu), Cristiana Castellotti (RAI-Radio 3) e Piero Ricci (La Repubblica, Presidente dell’Ordine dei giornalisti di Puglia).
A presiedere la giuria Thierry Vissol, direttore di LIBREXPRESSION - Fondazione “Di Vagno”.

Una prima edizione di grande successo: 260 candidati da 55 Paesi, per 635 vignette realizzate sul tema scelto per la 14esima edizione del festival Lectorinfabula e cioè “Immaginazione e Potere nell’era digitale”. La selezione non è stata facile. I lavori vantano tutti un livello molto alto ed una sensibilità molto vicina alle sfide della modernità: dallo smartphone all’Intelligenza Artificiale, ai Robot.


Le 55 vignette faranno parte della mostra allestita, nell’ambito del Festival, nel chiostro del Monastero di San Benedetto a Conversano. Le 10 migliori tra queste 55, saranno votate nei prossimi giorni e riprodotte sotto forma di cartoline postale. I tre vincitori verranno premiati durante Lectorinfabula, domenica 16 settembre. Tutti i selezionati riceveranno una copia del catalogo della mostra.


Maggiori informazioni sono reperibili sul sito e sui canali social del Centro Librexpression: www.libex.eu


Di seguito l’elenco dei 55 vignettisti provenienti da ogni parte del mondo, raggruppati secondo il Paese di provenienza:

Algeria Nour El Yakine FERHAOUI
Azerbaijan Seyran CAFERLI
Belgio  Luc VERNIMMEN
Brasile Paulo Sergio JINDLET e Silvano MELLO
Burkina Faso Damien GLEZ
Cina LI JINGSHAN, ZHU SHAOWEI, JIN XIAO XING e DUOYI YANG
Colombia Orlando CUELLAR e Elena OSPINA
Croazia Nikola LISTES
Cuba Yoemnis BATISTA del TORO
Egitto Mustafa OMAR SEDEK
Francia/Iran HEIDARI Shahrock
Francia Pascal KIRCHMAIR
India Kallol MAJUMDER
Indonesia Jitet KUSTANA
Iran Efat AMJADIPOOR, Esmaeil BABAEI, Yalda HASHEMINEZHAD e Javad TAKJOO
Italia Mauro BIANI, Guido CLERICETTI, Lido CONTEMORI, Gabriele CORVI (Lele), Emanuele DEL ROSSO, Giuseppe INCIARDI, Gianlorenzo INGRAMI, Walter LEONI, Andrea PECCHIA, Umberto ROMANIELLO e Lamberto TOMASSINI (TOMAS)
Libano/Francia Patrick PINTER
Macedonia Jordan POP ILIEV
Norvegia Fadi TOON (Fadi Abou Hassan)
Romania CRISAN & PETRY e George LICURICI
Russia Wladimir SEMERENKO e Aleksandr ZUDIN
Serbia Milenko KOSANOVIC
Spagna Josef PRCHAL
Stati Uniti d’America Mary ZINS
Svizzera Vincent CHEVALLEY e Vincent DI SILVESTRO
Thailandia Passaprawas A-CHINOBOONWAT
Tunisia Nadia KHIARI (Willis from Tunis)
Turchia Ömer ÇAM e Oguz GUREL
Ucraina Konstantin KAZANCHEV, Vladimir KAZANEVSKY e Oleksiy KUSTOVSKY
Uruguay Leslie RICCIARDI
Uzbekistan Shavkat MUZAFFAR (TUPAROV)


Lectorinfabula
Fondazione G. di Vagno         T. +39 0804959372
Via San Benedetto, 18           M. +39 3661924625
70014 Conversano (BA)        info@lectorinfabula.eu

venerdì 27 luglio 2018

"S-CooMix 2018" concorso internazionale di umorismo e satira





REGOLAMENTO "S-CooMix 2018”

1 - TEMA Il comune di San Giuliano Milanese in collaborazione con S-Cool promuove il concorso internazionale S-CooMix! per vignette umoristiche e satiriche di costume sul tema “Scuola”

2 - PARTECIPAZIONE Il concorso è aperto a tutti i disegnatori del mondo e sarà diviso in due categorie, vignettisti OVER 18 (maggiorenni) e UNDER 18 (minorenni).

mercoledì 25 luglio 2018

"Mi chiamavano Togliatti" di Vincino



di Vincino
Mi chiamavano Togliatti

Autobiografia disegnata a dispense
UTET

Forse non lo sapevate, ma da piccolo Vincino odiava Togliatti. E per un motivo più che giustificato: «Siccome avevo il naso buffo e gli occhialini tondi, a scuola i compagni mi chiamavano Togliatti. “Ehi, Togliatti, prrrr!” Erano i giorni del dramma di Ungheria».

Questa è solo una delle mille, scomode rivelazioni di una vita disegnata male, anzi: peggio.

Tutto ha inizio nel 1957, quando un Vincino undicenne presta la penna al giornalino delle maestre amiche di sua madre, per una prima vignetta satirica addirittura sul Mercato Comune Europeo.

Da lì in poi, è un crescendo di azioni sconsiderate: dalle lotte politiche nella Palermo di Ciancimino alle prime rubriche per “Lotta Continua”, tra mastini napoletani e pistole; dai soggiorni in carcere («Esperienza bellissima, la consiglio a tutti») alla naja come architetto sovversivo. E poi la fondazione del famigerato “Male”, con la sua satira feroce e le finte prime pagine di “Repubblica” («Arrestato Ugo Tognazzi. È il capo delle BR»), che gli vale perfino una cena al Quirinale con Sandro Pertini.

E ancora: il furto di una Panda di proprietà della Fiat, le incursioni travestito da Craxi a un comizio dello stesso, il pornofotoromanzo con Cicciolina, i viaggi a scrocco per “Avaj”, la finta epurazione dal “Foglio”, ordita insieme a Giuliano Ferrara…

Mi chiamavano Togliatti è uno sghembo manuale di satira, un flusso d’incoscienza, un’autobiografia oscena e candida, funestata dalle facce note di Andreotti, Fanfani, Agnelli, Berlusconi, Scalfari, Occhetto, ma anche ispirata a ricordi affettuosi e privati: il padre, direttore integerrimo dei cantieri navali palermitani, la famiglia e i figli, gli amici geniali morti troppo presto, come Stefano Tamburini e Andrea Pazienza.


Vincino ha deciso di vuotare il sacco perché nella vita arriva un momento in cui certe cose non riesci più a tenerle dentro, ma soprattutto perché non voleva perdere l’occasione di farci diventare tutti, dal primo all’ultimo dei lettori, complici delle sue malefatte.
Giuliano Ferrara



1 –Prefazione di Giuliano Ferrara per il Foglio a “Mi chiamavano Togliatti” di Vincino 
Populista, infame, genio. Ecco perché Vincino è un grande, Giuliano Ferrara, Il Foglio, 10 luglio 2018

Vincino è un populista, un antisistema, pero conosce la storia, e un populista che si e informato. Uno dei suoi fantasmini o silhouette dice a un altro, per spiegarsi tante cose tra padri e  gli: «Voi avete avuto la guerra, noi il ’68. Meglio noi».

C’e nient’altro da dire. Vincino ha sempre paura, e sempre in fuga da chi lo vuole prendere a botte, strilla in questura  fino a impietosire i poliziotti che lo corcano, ne prende tante, ne da qualcuna, scherza e bi- scherza, arriva nella redazione di “Lotta Continua” e dice di levare l’argenteria dai tavoli della redazione, niente revolver, perchè e un fifone di coraggio, formato a Palermo tra i morti di mafia che non riesce a disegnare se non in pantomima, ha la faccia come il culo della satira, se ne impipa di tutto e della bella figura prima di ogni altra cosa.
Il suo completo disinteresse si rovescia nell’ironia dell’avidita, si dispera come Leporello per la sua mesata: c’e sempre il problema del compenso a Vincino, che è per di piu architetto, ma che vergogna, laureato con il minimo dei voti, e questo e un vanto, militante ma venduto, un piccolo borghese che ha strillato le sue battute, e stillato i suoi disegnini, nel “Corriere” e nel “Foglio”, da cui lo abbiamo provvidenzialmente licenziato, e anche se per burla lui si è messo paura, e se ne vanta per un quarto di secolo.

L’infamia di Vincino non ha confini, la generosita naturale non lo riscatta, la dissipazione non lo ricompone, nel suo andare dinoccolato, fumato, nel suo barbonismo principesco, nel suo sorriso diffidente e ineguale mostra di non essere una persona integra.
E questa è la sua estetica, la sua arte burlesca e malinconica, è disintegrato, tira via, non vuole si veda il minimo sforzo, si finge infernale per comporre vignette tipiche del paradiso, si batte ossessivamente per il free speech a patto che si capisca sempre bene quanto poco gliene freghi, e quando minaccia i commessi della Camera e la Nilde Jotti, tutta gente molto integra, di buttarsi di sotto se non gli fanno prendere appunti disegnati in tribuna, e chiaro il capriccio infantile, evidente la cialtroneria di cui i comunisti superintegri come il caro onorevole Pochetti, che lui chiama Pochino, lo accusano con enfasi vocale, mica in torto.

VIGNETTA VINCINO DAL FOGLIO FERRARA E LA GIORNATA DI LAVORO AL FOGLIO

Purtroppo per lui è un letterato di genio a cavallo di due secoli, se tira una riga c’e una storia, se tondeggia e colora ecco un romanzo, ma appena senti la storia vedi che è secca come una riga, appena sei nel romanzo ti catapulti nell’Ottocento, nel secolo dello stile.

Altri fanno satira, lui ha fatto stile. I suoi errori di italiano sono commoventi, un artefatto naturale che nemmeno Madame Bovary. La presa sul tempo, il suo punctum senza studium, e puro Roland Barthes.
La sua vignetta e l’archetipo vivente del clic. Il cialtrone sofisticato è stato al “Foglio” la nostra speranza, il nostro specchio, la nostra risorsa d’acqua e di alcol e di fumo. Fino a un certo punto.

 Agli inizi il principe Carlo faceva l’erotomane, lui ce lo mandava molto visibilmente arrapato e con l’Union Jack, il prode caporedattore Buracchio aveva dei dubbi, lui lo degradava per fax a “redattore addetto alle vignette”, a me toccava la bella figura libertaria del direttore, sior direttore, che autorizza con sovrano sprezzo del pericolo.

A forza di cialtronate Royal Watch fece di me un autocrate liberale, che vergogna. Poi Berlusconi fece un’esplorazione politica delle sue e Vincino ne disegno sedici che ruotavano allegri e affannati nell’aria a gran velocita con la dicitura «Dura la vita dell’esplorator», il suo amore passionale per il Cav. era incantevole. Questo gran ruffiano. Rendeva grottesca pure la nostra fronda.
La grandezza di Vincino non sono i giornaloni e i giornalini a cui si e legato, sopra tutto per soldi, la sua forza e stata “Il Male” e tutti quei giornali che in questo suo memoir racconta da vantone e da ballista.

Però sono stati giornali veri, nati d’insuccesso, coronati da successo, strangolati dall’anarchia e capaci di sfondare il muro del suono e delle copie, di fare tendenza, di farci scorticare dal ridere, dal sorridere, dal piangere lacrime amare, capolavori d’arte aggressivi e surreali, oltraggiosi e immodesti, che hanno fatto il culo al protocollo della democrazia liberale molto prima del vaffanculo di Gribbels.

IL MALE DI VAURO E VINCINO LE BRIGATE CONFINDUSTRIA

Vincino in quel letame disorganizzato si muoveva come un pesce nell’acqua, tiro fuori talento d’attore, imitava Craxi, si travestiva, procedeva di falso in falso in compagnia di Sandro Parenzo, di Ugo Tognazzi e di altri gentiluomini di malaffare.

E un uomo e un autore che ama l’assurdo, l’irriverenza e la sua seconda e terza pelle, dice di aver fatto la scuoletta con “Il Becco giallo”, con “L’Asino” di Podrecca, con Scalarini, dice di amare e imitare Reiser, mostra segni di camaraderie con figuri loschi e pericolosi della sua combriccola italiana, gli Sparagna, i Vauro, gli Staino, i Saviane, l’ardente Pazienza, insomma tutti i corruttori del linguaggio politico via satira la piu distruttiva, in questo libro c’e un curriculum impeccabile e totalmente falso.
Sta con questi suoi fratelli, ed e chiaro che alla radice c’e un rapporto con suo padre, formidabile  gura di manager dei cantieri navali di Palermo al centro di un sistema di potere che e stato la vera natura dell’Italia repubblicana negli anni d’oro, altro che Benito Crazzo ladro, un uomo integro  no alla durezza del simbolico che Vincino amava  no al punto di farne il ribaltone incarnato che si sa, sport che i  gli praticano dai tempi di Edipo alla stagione di Freud e di Jung.

Ma Vincino è dei nostri? No, e his own man, fa quel che cazzo gli pare, ritira qualche vignetta se la tipografia è ferma per un suo oltraggio, obbedisce se sia il caso, in prevalenza fugge, sfugge, svicola e sta al fronte in modo sfrontato, mostra il petto e ritira la mesata.

Aristocratico, svagato, estremista, cedevole, si presenta come un lumpen, come un dannato della vignetta inscritto nel suo recinto sacro, che peraltro non ha come si sa confini, Vincino disegna sprazzi, nuvolette, ovali, tableau disordinati, concatenazioni scatenate, non vignette se non occasionalmente.

D’altra parte e lui la vignetta che conta, il suo esame di stato con la pianta dell’Ucciardone spacciata al caro Franco Berlanda come un Panopticon dell’utopia, e lui il volgare truffatore che grida Viva il duce per salvarsi il culo, che si abbassa a scrivere agli esami da professionista, dopo due prove incredibilmente disegnate, per avere la Casagit.
E lui che crede troppo negli altri, nella vita miserabile e limitata in cui siamo costretti, nell’amore e nei viaggi e nella dissimulazione, per credere anche a se stesso. Genio, talento, azione, mito sono il suo tesoro disegnato e proiettato nel nulla del mondo, e guardate come lo ha sperperato.






2 – VINCINO, IL "POVERACCIO" CHE NON HA FATTO LA STORIA MA L' HA RACCONTATA
Mario Natangelo per il “Fatto Quotidiano”


IL MALE DI VAURO E VINCINO
"Io non ricordo come ricordo questo ricordo però ricordo": così inizia l' autobiografia Mi chiamavano Togliatti di Vincino, vignettista de Il Foglio e motore (im)mobile della satira italiana dagli anni 60 a oggi.

Una vita raccontata per giornali, da L' Ora di Palermo a L' avventurista di Lotta Continua, poi Il Male, Tango, Il Foglio, Corriere della Sera e ancora altri.
Una storia di riviste senza una lira e di contratti milionari, banchetti mondani e pezze al culo, risse furiose, morte e galera. Il vignettista Vincino è uno stratega impegnato in una perenne partita a scacchi contro il potere, qualsiasi esso sia, ma la cui minaccia è sempre uguale e l' autore ce la svela con un incubo avuto ai tempi in cui raccontava a disegni il Maxi-processo di Palermo: che uno di quei mafiosi gli tagliasse le mani.
vincino 15 anni dagospia
VINCINO 15 ANNI DAGOSPIA

Non che lo uccidesse, badate bene: che gli tagliasse le mani. Si è discusso molto di cosa sia la satira, specie dopo la carneficina di Charlie Hebdo del gennaio del 2015: nell' autobiografia di Vincino c' è l' essenza della satira.

"Un altro incontro con i fascisti avviene a Gela, mentre torno a casa da solo di notte. Cinque fascisti mi attorniano: 'Rosso, di': Viva il Duce!'. E io: 'Viva il Duce!'. Me la scapolo così. Lo so, non è onorevole ma mi salvo il culo": la satira 'se la scapola', quando può, sfugge a una situazione pericolosa sfilando via la testa dal cappio. Ma nel cappio la testa ce la infila volentieri, il cappio è l' essenza della satira: senza cappio, non c' è satira.
E di quanti cappi racconta Vincino, e di quante provocazioni ritirate per scapolarsela. Accetta di tacere una volta per continuare a colpire, perché la voce non si spenga mai e le mani non siano tagliate.

Dal primo giornalino scolastico sul quale ha iniziato a pubblicare vignette (all' età di undici anni) fino a oggi. Da Gianni Riotta a Enzo Biagi passando per Eugenio Scalfari, Lucia Annunziata, Claudio Sabelli Fioretti e altri ancora, Vincino dipinge un ritratto spietato non solo della classe politica, ma anche del mondo giornalistico.

VINCINO CON VALENTINA E MICHELE AINIS

Ma sia chiaro: Vincino non è un eroe, Vincino si presenta come un poveraccio che non ha fatto la storia ma l' ha raccontata, combattuta e spesso subita. Vincino è pragmatico, senza soldi non si campa: "Non ho mai rifiutato soldi", scrive, e quando lo criticano per avere accettato un premio 'borghese' come il Premiolino (uno dei più importanti premi giornalistici italiani) e i relativi 3 milioni di lire, lui risponde con una vignetta che recita: "Lettore, se ritieni che debba rifiutare il premio, invia Tre Milioni specificando: per Vincino acciocché rifiuti il Premiolino". Vincino è un poveraccio, ma è uno che si è divertito da matti. Vincino è uno che non ha avuto pietà per nessuno e mai per se stesso. Vincino è uno che i limiti della satira "li infrangiamo tutti con convinzione e pervicacia".
Vincino ha fatto lavori per il Pci facendosi pagare dalla Lega delle cooperative (Tangentopoli, do you remember?), Vincino ha scoperto chi c' era dietro il Golpe Tejero in Spagna, Vincino ha minacciato di buttarsi di sotto - alla Camera, dinanzi a un' inferocita Nilde Iotti - perché volevano impedirgli di disegnare dal vivo. Vincino è uno che scrive "un' autobiografia disegnata a dispense - Tomo I° (abbiate fede)" sapendo benissimo che il Tomo II non ci sarà ma noi avremo fede.
Eccolo, Vincino.
Ecco la satira.


VINCINO è il VINCITORE DEL 46° PREMIO SATIRA POLITICA FORTE DEI MARMI 2018
per  questo libro edito da Utet.
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Descrizione

Nel 1957 Vincenzo Gallo pubblica il suo primo disegno su un giornalino scolastico di Palermo (per intercessione delle amiche della madre): ritrae la nascita del Mercato comune europeo, con le caricature di De Gaulle, Eisenhower e i vari presidenti. E così Vincino, a soli 11 anni, pubblica la sua prima vignetta. È una autobiografia esilarante, in parte scritta in parte - ovviamente - disegnata: dall'infanzia nel dopoguerra alle prime lotte politiche nella Palermo di Ciancimino, dal ricordo affettuoso del padre direttore dei cantieri navali (un gentiluomo in un mondo già corrotto dai partiti) alle prime rubriche satiriche per il giornale di Lotta Continua. Vincino attraversa col candore che lo contraddistingue l'esplosione politica del '68 e quella creativa del '77, ci racconta di Adriano Sofri e di Andrea Pazienza, ci fa assistere alla nascita del mitico "Male", con la sua satira spietata e le finte prime pagine di "Repubblica" («Arrestato Ugo Tognazzi. È il capo delle BR»), che gli valse persino una cena privata con un insospettabile fan: Sandro Pertini. E poi "Cuore", "Il clandestino" con Vauro, fino alla finta epurazione dal "Foglio" nel 2002, ordita insieme al direttore Giuliano Ferrara come ultimo grande scherzo, in tempi ancora lontani dal terrore delle fake news.

Vincino e il flusso d’incoscienza, Rivista Studio, 12 luglio 2018

domenica 22 luglio 2018

CENTODIECI ANNI BEN PORTATI


Giovannino Guareschi e friends
© Mariagrazia Quaranta - GIO


CENTODIECI ANNI BEN PORTATI

Cinquant'anni fa, il 22 luglio 1968, moriva a Cervia lo scrittore e giornalista Giovannino Guareschi, nato il primo maggio 1908 a Fontanelle di Roccabianca (Parma). A seguire il funerale, solo pochi amici, tra cui Indro Montanelli, il direttore della Gazzetta di Parma Baldassarre Molossi, il direttore della Notte Nino Nutrizio, Enzo Biagi, Enzo Ferrari. 
L'Unità, quotidiano del partito comunista, commenta sarcasticamente: «Malinconico tramonto dello scrittore che non era mai sorto».

Trentatré anni dopo, Massimo Caprara, saggista e già segretario di Palmiro Togliatti, ex sindaco di Portici, membro del comitato centrale del Pci, deputato per diverse legislature, radiato dal partito nel 1969 per la sua adesione al gruppo «eretico» del Manifesto, farà autocritica. «Come Peppone, sono stato anch’io prigioniero volontario di un’ideologia mortificante (…) Trinariciuti? Sì, lo eravamo. Quell’immagine era formidabilmente vera». E dello scrittore parmense dirà che fu «un ruvido civilizzatore, mai compiacente con nessuno, uno scomodo intellettuale, un maestro eterodosso e grottesco, che concepiva la religione come senso comune dell’esistenza, filosofia spicciola del popolo». 
Nei suoi libri «l’avversario non è mai considerato un nemico, non è mai criminalizzato».
Ivano Sartori


1 ° Premio 2016 World Humor Hawards: Achille Superbi (Italia) - "Little World Award" Trophy



Giovannino Guareschi ha un moto di stizza durante la lettura dell'Unità.


Giovannino Guareschi osserva la vignetta del collega Carlo Manzoni che, pubblicata nel 1950 dal Candido, di cui era direttore, costò ai due una condanna a 8 mesi di reclusione per diffamazione e vilipendio al Capo dello Stato. La vignetta raffigura il presidente della Repubblica tra due file di bottiglie allineate a mo’ di corazzieri con la didascalia: «Nebiolo, Poderi del Senatore Luigi Einaudi». In pratica, Einaudi veniva accusato di vendere al Quirinale, cioè a stesso, il vino prodotto nei suoi vigneti.






 Giovannino Guareschi con Gino Cervi e Fernandel.

Giovannino Guareschi in tenuta contadina nel suo podere di Roncole Verdi (Parma).





Un candido reazionario 
(L'italiano più tradotto all'estero andò quasi solo al cimitero)
di Michele Brambilla






Nota: Gli amici di Giovannino Guareschi  
nella caricaturain alto sono: in seconda fila da sx a dx Raffaella Spinazzi  di Fany-Blog, Emilio Isca, Alessandro Prevosto / Palex , Marco De Angelis, Lucio Trojano ed in prima fila Alberto Guareschi e Gianandrea Bianchi.



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Giovannino Guareschi


L'immagine guareschiana del blog


Museo Luigi Mallé: conferenza "Giovannino Guareschi, libera penna in libero cuore" con Dino Aloi.