venerdì 23 dicembre 2022

BUONE FESTE

 


"Ho bisogno di sentimenti,

di parole, di parole scelte sapientemente,

di fiori detti pensieri,

di rose dette presenze,

di sogni che abitino gli alberi,

di canzoni che facciano danzare le statue."

Alda Merini


BUONE FESTE

Gio

www.caricaturegio.altervista.it

Felicidades


 Felicidades

Toti Spi 

Auguri 2022 e i trent'anni del Pennino

 

Natale 2022

Auguri calorosi  (forse)

Dino Aloi


Auguri caro Dino e Tantissime Congratulazioni per i Trent'anni della tua casa editrice

UMORISMO, SATIRA, ARTE, NARRATIVA

https://www.ilpenninodinoaloi.it/index.php?













Dove nasce la passione per l'umorismo

Dino Aloi nasce nel 1964. Nel 1981 organizza la sua prima mostra con i vignettisti. Nel 1987 crea Il Pennino d’Oro che nel 1992 trasforma nella ditta Il Pennino S.a.s. attraverso cui organizza mostre e edita libri legati a umorismo e satira.

Dino Aloi di Milko
Il Pennino gestisce mostre in Italia e all’estero sul tema storico utilizzando un archivio di oltre 40.000 giornali satirici che vanno dal 1848, anno di pubblicazione delle prive riviste del settore, per arrivare ai giorni nostri. Le mostre spesso hanno anche carattere tematico legate a prodotti locali (sia con ricerca storica che con materiale realizzato appositamente).

L’umorismo resta uno dei modi migliori per raccontare e comunicare messaggi, sia a carattere didattico che a carattere ludico. Per molte mostre organizzate per Enti pubblici (Comuni e Regioni) ha anche curato il coordinato di immagine relativo (comunicazione piana e comunicazione esterna con studio di immagine).

Contemporaneamente gestisce campagne pubblicitarie per vari enti e società private, sempre legate all’umorismo, lavorando con alcuni tra i migliori disegnatori italiani. Tra le altre ricordiamo alcune campagne per Seat e società consociate (Pagine Gialle Elettroniche), ASL e Enel attraverso l’agenzia Opera. Per altre società private ha organizzato e pianificato la realizzazione di mascotte, sempre con l’ausilio del disegno umoristico.

Le pubblicazioni de Il Pennino in tre decenni’anni sono oltre 200 mentre le mostre organizzate dal 1981 circa 350. La freschezza dl disegno e il sistema innovativo di comunicare argomenti o prodotti di qualsiasi genere mantengono immutati nel tempo un carattere particolare per promuovere o diffondere idee. Il Pennino è specializzato particolarmente in questo genere, divertente e di impatto forte e incisivo.




www.ilpenninodinoaloi.it

Antonio Guarene 1935 -2022

 

Un grave lutto ha colpito il mondo della cultura e dell’arte astigiano. Si è infatti spento l’architetto Antonio Guarene. Classe 1935 è stato maestro del Palio nel 2011 e nel 2018, ma è stato anche scenografo, arredatore grafico e disegnatore. Senza dimenticare collaborazione con il mondo del giornalismo prima con La Gazzetta del Popolo e poi con il quotidiano “La Stampa”.

Una figura che tanto ha fatto anche per le manifestazioni storiche cittadine, in primis il Palio. Fu infatti tra gli artefici della corsa in piazza Alfieri, e dipinse il drappo due volte, l’ultima nel 2018. Ma lavoro anche per la Douja d’Or e per il Festival delle Sagre con l’ideazione dei cuochi con i forchettoni che tradizionalmente aprono la sfilata contadina.

Perdiamo un fine umorista, un caro amico.

Sentite condoglianze alla famiglia.







https://www.sabrinamossetto.it/in-punta-matita-con-guarene/


giovedì 22 dicembre 2022

Lando Buzzanca "La mia vita da merlo maschio"

Lando Buzzanca, all'anagrafe Gerlando Buzzanca (Palermo, 24 agosto 1935[1] – Roma, 18 dicembre 2022), è stato un attore e cantante italiano.

Quando ho sentito della sua morte mi sono ricordata del bellissimo ritratto che gli aveva fatto Riccardo Mannelli e così ho deciso di farvene partecipi:


LANDO BUZZANCA
su Robinson di Repubblica agosto 2019

Articolo di Antonio Gnoli e ritratto di Riccardo Manelli.

Quando ha accettato di vedermi mi ha chiesto: è sicuro di voler venire? Certo che sono sicuro, gli ho detto. E lui ha detto sarà dura. E io ho chiesto perché dovrebbe essere dura? Perché non mi ricordo quasi più un cazzo, ha detto. Brutalmente. E io ho detto: per essere uno che non ricorda un cazzo mi sembra abbastanza in sé. Beh allora proviamo.

Va bene e ho pensato che “il merlo maschio” aveva ancora tutte le penne. In effetti Lando Buzzanca, 84 anni compiuti oggi, conserva un’invidiabile forma fisica: asciutto, elegante nella sua camicia bianca aperta. Ha sandali ai piedi. È un signore curato che dimostra meno degli anni che ha. La stanza che mi accoglie è piena di libri e di tracce dei suoi film. Ci sono le immancabili foto di scena. Le donne che hanno attraversato la sua carriera. Qualche premio.

Le piace essere ricordato come una delle ultime versioni del maschio latino?

«Non mi piace, anzi no. Non me ne frega niente. Di che stavamo parlando?».

Vorrei fare una prova con lei.

«Che prova?».

Vorrei che lei mi dicesse che cosa prova in questo momento?

«Ho come la sensazione di un muro dentro la testa. Le parole ci sono ma devono arrampicarsi sul muro e scavalcarlo. A volte non ce la fanno a salire e poi a scendere».

Le parole sono importanti?

«Sono la risorsa principale in un uomo. Fino a quando sono rimasto in Sicilia parlavo solo dialetto. Mi uscivano le parole, ma non mi bastava». 

Cosa non le bastava?

«Volevo di più, volevo la lingua italiana».

In quale parte della Sicilia è nato?

«A Palermo. Presi il nome di mio nonno, Gerlando, che era un uomo straordinario. Chissà poi perché tutti i nonni hanno qualcosa di straordinario».

E suo padre?

«Un uomo comune. Non ricordo segni particolari. So che quando smisi il liceo prima della maturità, mi guardò inorridito. Non capiva quel gesto che per me era pura ribellione».

Si ribellava a cosa?

«Ai confini dentro i quali ero destinato a restare. Ero magro, prestante, agile. Non uno sportivo. Ma qualcuno che nei propri sogni si vedeva già attore».

Cosa fece?

«Lasciai Palermo e venni a Roma. Fu la fame a segnare quel periodo. Abitavo in una pensioncina vicino alla stazione. Ma poi finii i soldi e le panchine divennero letti poco accoglienti. Mi aggiravo come un disperato con le piaghe ai piedi. Avevo 17 anni e addosso un odore insopportabile. Però ero bellissimo. Seppi che in un cinema non distante dalla stazione c’erano delle donne un po’ avanti nell’età che ti pagavano».

Si scoprì gigolò.

«Non avevo soldi e non c’era lavoro. Entrai in questo cinemino loschissimo. Si accontentavano di qualche bacio furtivo. Poi una sera una donna di cinquant’anni, lo sguardo lievemente strabico, mi chiese di accompagnarla in albergo. La seguii».

Cosa accadde?

«Lei si spogliò nuda. Mi sorprese perché aveva ancora un corpo bellissimo. Sentii una specie di attrazione. Mi chiese di dormire con lei tutta la notte. Accettai. Poi fui preso da un’ansia fortissima. Pensavo: ma che sto a fare qui? Sono scappato da Palermo per ridurmi a questo? Mi rivestii e feci il gesto di salutarla. Dalla borsetta estrasse una scacciacani e me la puntò addosso. Le dissi: ma che fai? Tu devi restare qui tutta la notte, gridò. Tutta la notte!».

Si spaventò?

«Forse sì, non me lo ricordo. Tentai di calmarla. Inventai che la mattina seguente avevo degli esami all’università. Le parlai a lungo. Si convinse a lasciarmi andare. E quella fu l’ultima volta che feci il gigolò»

Al cinema come arrivò?

«Feci tre anni di scuola di recitazione, una scuola americana che da anni non c’è più. Proprio gli americani stavano preparando il film Ben-Hur riuscii a farmi prendere per una particina. Interpretavo il ruolo di uno schiavo e dovevo chiedere da bere a Charlton Heston. Furono 4 giorni di lavorazione a 15 mila lire a giornata. Mi sembrava di essere diventato ricco».

Lo è diventato quando giunse a recitare ruoli importanti. Chi le offrì la prima occasione?

«Fu Pietro Germi che nel 1961 mi diede una parte secondaria in Divorzio all’italiana. Gli piacque il mio modo un po’ stralunato di recitare. Interpretavo il ruolo del fidanzato e poi marito della sorella del barone Fefè interpretato da Mastroianni. L’anno dopo feci I giorni contati di Elio Petri, ricordo un grandissimo Salvo Randone. Poi nuovamente Germi mi volle per Sedotta e abbandonata e infine mi offrì una parte per Signore e signori. Ma ero impegnato e gli dissi no a malincuore. Il film ebbe un successo straordinario, ottenendo perfino il Grand Prix a Cannes e quella fu la sola volta che mi pentii per un rifiuto».

Com’era Germi sul set?

«Non sprecava molte parole, a volte era duro e curava maniacalmente i dettagli. Mi dispiace che alla sua bravura non sia corrisposta l’attenzione della critica. Fu bollato come un regista di destra. Liquidato come un uomo d’ordine. Non c’era accusa peggiore negli anni sessanta per un artista».

Anche lei è stato considerato un uomo di destra.

«È vero, dicevano che i miei film incoraggiavano il peggiore sessismo. Poi quando, non tanti anni fa, ho interpretato il ruolo di un padre il cui figlio è gay, da destra hanno cominciato a dire che ero diventato di sinistra. La verità è che ho avuto la fortuna di poter scegliere». 

E lei scelse “Il merlo maschio”, 1970.

«Le femministe insorsero senza capire che quel film era la tomba del machismo. Pasquale Festa Campanile aveva preso spunto da un racconto di Luciano Bianciardi. Mica l’ultimo arrivato».

La sua partner era Laura Antonelli.

«Fu scelta all’ultimo momento. Non sapevo nulla di lei. All’inizio ero contrariato, poi si dimostrò una grande professionista. Il merlo maschio ebbe un successo clamoroso in Francia e so che Jean-Paul Belmondo si innamorò di Laura vedendo quel film».

Cosa pensa del suo declino?

Terribile. Vidi le sue ultime foto, imbruttita in una maniera che non si poteva immaginare. Della donna bellissima che aveva avuto un ruolo nel Merlo maschio non c’era più traccia».

Quel film le ha lasciato appiccicata la fama di maschio latino.

«A me le donne sono sempre piaciute e non mi sono quasi mai tirato indietro. Però quando mi proposero la commedia sexy all’italiana ho rifiutato e sono passato a fare televisione e poi teatro».

Perché? In fondo l’erotismo pecoreccio di quegli anni divenne un fenomeno molto popolare. Un genere come gli spaghetti western.

«Ma erano commediole insulse. Le inquadrature di tette e culi superavano di gran lunga quelle del resto del corpo».

Eppure da lì uscirono attori come Lino Banfi.

«Mica parliamo di Lawrence Olivier. E poi Banfi si sarebbe imposto a prescindere».

So di un suo Don Giovanni tanto per restare in tema.

«Feci nel 1967 il film Don Giovanni in Sicilia per la regia di Lattuada. Poi, molto più tardi, portai a teatro la commedia di Molière. Tre anni in giro per l’Italia. Quello fu un momento di grande consapevolezza».

Che intende?

«Non lo so, non mi vengono le parole».

Pensava di essere maturato come artista?

«Esatto».

È diventato un attore completo.

«Mi hanno chiamato anche per ruoli drammatici e credo di non aver mai sfigurato».

Quanti film ha fatto?

«Più di novanta, non ho il conto preciso».

Quante donne ha avuto?

«Ci risiamo. Comunque tante, ma una sola ha contato veramente».

Chi?

«Mia moglie, siamo stati insieme per più di cinquant’anni. Non mi ricordo, scusa, quando è morta. Aspetta, aveva 73 anni. Ha sofferto molto e mi sono sentito un verme per tutti i tradimenti, le bugie, le implorazioni. Veniva da una famiglia ricca. Di gioiellieri. Suo padre le disse che aveva sposato un morto di fame. Forse era vero. Forse non doveva. Ma lei se ne è fregata».

Ho letto che da questa storia ne uscì con un tentativo di suicidio.

«Ma non è vero. Lo hanno scritto, ma non è vero. Stavo male, questo sì. Ma sono tutte minchiate. C’ho pensato. Ma sono tornato indietro. Non mi ricordo la dinamica. Ma sono tornato indietro. Come arretrare e poi uscire da un brutto sogno».

Torna mai in Sicilia?

«Tutto quello che ho dentro mi viene da lì. Ma non ci torno. Mi piace stare a Roma. Nonostante i topi, le buche, la mondezza è ancora la città che amo di più».

Ama anche qualcos’altro?

«Se è alle donne che pensi, ho una relazione con una che ha 40 anni meno di me. Le dico, lascia stare. Non vedi come sono ridotto? Non c’è verso. Si ostina a pensarmi come a una persona fondamentale».

Forse lo è.

«Forse la sposo, si chiama Francesca».

Fa ancora cinema?

«No, non sono in condizioni e poi, dico la verità, mi fanno proposte indecenti. Però c’è una cosa che se ci riesco mi piacerebbe dirti».

Quale cosa?

«Mi presento una mattina da Francesca e lei è davanti a me vestita da sposa. Io le dico: ti ho portato dei fiori. Lei mi guarda e con disappunto nota che sono vestito male. Poi dice: ma lo sai che dobbiamo sposarci e i testimoni sono nell’altra stanza che attendono? Io tiro fuori un foglietto dalla tasca dei pantaloni, lo leggo e le dico: qui non c’è scritto che dovevamo sposarci».

È un sogno?

«Non lo so più. Forse è un sogno, forse è la scena di un film che mi piacerebbe girare e interpretare».

Sogna spesso?

«Non molto, ma quando sogno in genere sono i personaggi che ho interpretato. È come se mi fossero restati attaccati addosso. Io ho una mia teoria sugli attori».

Quale?

«O ti cali nel personaggio fino a diventarlo interamente; oppure reciti una parte e allora sei un semplice attore».

Le viene in mente un esempio?

«Marcello Mastroianni era personaggio. Era come se non recitasse. In Divorzio all’italiana era veramente il barone Fefè. Vittorio Gassman fu più attore, con l’eccezione di due film in cui fu personaggio: Il sorpasso e Profumo di donna. Le piace la mia teoria?».

È stato più attore o personaggio?

«Io spero più personaggio, anche se non spetta a me dirlo».

Com’è una sua giornata?

«Non lo so, non ci penso. Però stamane mi sono alzato con la paura di doverti incontrare. Dal 2017 è come se nel mio cervello avessi innestato la retromarcia o il freno tirato. Non lo so. Mi prescrivono farmaci. Dicono: servono per la memoria. Ma quale memoria? Il futuro non mi spaventa. Il passato sì. Non riesco più a starci bene. È come un abito troppo stretto. Se morissi sarei contento, che cazzo mi significa più questa vita? Francesca è convinta che arriverò a cento anni. Ma a che mi serve, non è più vita è solo una stronzata».




Lando Buzzanca, l'istrione della commedia che non riuscì a farsi amare dalla critica
di Alberto Crespi per Repubblica

L’attore è morto a Roma a 87 anni. L’esordio con i maestri, i film sexy e un’etichetta, culturale e ideologica, che si portò dietro tutta la vita
Sgombriamo il campo da ogni equivoco: Lando Buzzanca, morto a Roma all’età di 87 anni, è stato un ottimo attore. E per alcuni anni – soprattutto per un decennio, gli anni 70 – è stato un divo, capace di raggiungere una popolarità tutt’altro che univoca. Era il divo dei film sexy, grazie a pellicole firmate da registi come Marco Vicario (Homo eroticus) e Pasquale Festa Campanile (Il merlo maschio) delle quali, poi, parleremo. Ma era anche un divo televisivo, quindi per famiglie, capace di tener testa a una vedette assoluta come Delia Scala in una commedia musicale (Signore e signora) che nell’inverno del 1970 fece ascolti pazzeschi sul primo canale della Rai. E la sua immagine di “homo eroticus” era talmente forte che venne intitolato Lando uno di quei fumetti scollacciati che venivano letti praticamente solo nelle caserme.
Anni dopo, Buzzanca aveva un rapporto ambivalente con questo passato così complesso. Era orgoglioso del successo che aveva ottenuto, e al tempo stesso sembrava volersene distaccare accettando ruoli lontanissimi dal proprio cliché, come quello di un anziano omosessuale nel film Chi salverà le rose? di Cesare Furesi, del 2017. Si lamentava spesso e volentieri di un presunto ostracismo esercitato nei suoi confronti “dalla sinistra”, e al tempo stesso parlava quasi con ironia della sua militanza in Alleanza Nazionale (raccontava che quando Gianfranco Fini gli aveva proposto di candidarsi alle elezioni, gli avesse chiesto quanto guadagnasse un deputato e avesse quindi rifiutato ridendo, perché quei soldi “io li guadagno in una settimana”).
E pensare che una delle prime cose importanti, al cinema, l’aveva fatta con Luchino Visconti, noto comunista: nel 1963 (a 28 anni) aveva doppiato il personaggio di Don Ciccio Tumeo, interpretato da Serge Reggiani, ne Il Gattopardo. È assolutamente vero che negli anni 70 i suoi film venivano stroncati “a prescindere”, avrebbe detto Totò, dalla critica di sinistra: da un lato sarà bene dire che molti erano veramente brutti, dall’altro è giusto rimarcare che una critica troppo attenta al cinema autoriale non si sforzò minimamente di capire alcuni dei ruoli che portarono Buzzanca alla popolarità. Proviamo a farlo adesso.
Buzzanca, al cinema, partì bene, con ruoli magari piccoli in film di grandi registi: Pietro Germi, Elio Petri, Antonio Pietrangeli, Luciano Salce, Steno, Dino Risi (appare in un episodio di I mostri). Poi apparve in ruoli “alimentari” in alcune parodie, come Ringo e Gringo contro tutti di Bruno Corbucci e Per qualche dollaro in meno di Mario Mattoli. Paradossalmente fu proprio un film d’autore, Don Giovanni in Sicilia di Alberto Lattuada (1967), a cucirgli addosso lo stereotipo del siciliano sessualmente focoso.
Al grande pubblico piacevano ovviamente gli aspetti più esteriori di quei personaggi; la critica non colse, però, quanto la messinscena del maschio italiota aggressivo nascondesse risvolti oscuri, quasi patologici. Homo eroticus è in sostanza la storia di una malattia: un uomo del Sud che ha successo fra le donne borghesi e insoddisfatte del Nord perché affetto da triorchidismo, ovvero da un numero eccessivo di testicoli. Il merlo maschio racconta di un uomo frustrato che sfrutta l’esibizionismo della moglie per fare carriera. L’uccello migratore di Steno è la storia di un insegnante meridionale completamente spaesato nella Roma della politica e della contestazione. Io e lui (di Luciano Salce, dal famoso romanzo di Moravia) è una storia in cui “lui”, l’organo sessuale maschile, porta il proprio “padrone” alla rovina. E così via. In questi film Buzzanca sarà anche un macho, ma è quasi sempre un disadattato.
L’attore, ovviamente, era tanto bravo e intelligente da saperlo benissimo. Infatti in questi film – e nei tanti film commerciali girati in quegli anni – il registro espressivo più utilizzato da Buzzanca è il grottesco, condito con abbondanti dosi di ironia. Non aveva il “fisico” del comico, ma di fatto lo era. Non lo si può assimilare né ai “colonnelli” della commedia all’italiana, né ai comici delle commedie di serie C (Bombolo, Alvaro Vitali…): di fatto frequentava un genere tutto suo, che ha contribuito ai favolosi incassi del cinema in un’epoca in cui gli italiani riempivano le sale come se non ci fosse un domani.
Successivamente, al cinema e in tv, ha avuto l’occasione di mostrare il proprio talento: ad esempio comparendo in I viceré di Roberto Faenza (2007), ispirato allo stupendo romanzo di Federico De Roberto; o in serie tv di qualità come Il restauratore, andata in onda su Rai 1 dal 2012 al 2014; e come Mio figlio (prodotta da Rai Fiction nel 2005) nella quale interpreta un anziano commissario che fatica ad accettare l’omosessualità del figlio. Ruolo per il quale, per i bizzarri giri della storia, dell’opinione pubblica e del comune senso del pudore, ha ricevuto critiche da parte di diversi esponenti del centrodestra.
Lando Buzzanca sembrava destinato a non accontentare mai nessuno, a cominciare da se stesso. Solo il pubblico non l’ha mai tradito. E in fondo, questa era la sua più grande soddisfazione.


lunedì 19 dicembre 2022

Una vignetta di Auguri per i 90 anni di Guido De Maria

 



Realizza anche tu una vignetta di AUGURI per i 90 anni di GUIDO DE MARIA! Il suo compleanno è il 20 dicembre ma le vignette possono arrivare entro il 31 dicembre! Gli autori delle 5 vignette più divertenti riceveranno come premio UN INVITO per 2 persone alla festa di compleanno che si svolgerà a Modena nel mese di Marzo 2023.

 

Invia la tua vignetta via mail a: giumbolo@giumbolo.it



Giumbolo


Scrive Roberto Barbolini 


A vederlo a un pranzo tra amici alzarsi all’improvviso da tavola, mettersi uno scialle in testa e intonare le strofe grassocce della ’Fira ed san Lazer’ di gucciniana memoria, sottolineandone le allusioni erotiche con mimica esilarante, non ci credereste. E nemmeno se lo ascoltaste mentre sciorina battute una dietro l’altra con l’abilità del cabarettista di lungo corso. Eppure Guido De Maria, l’uomo dei Caroselli e dei fumetti in tivù, il papà assieme a Bonvi del detective Nick Carter e dei suoi buffi aiutanti Ten e Patsy, domani, 20 dicembre, compirà novant’anni. E di sicuro li festeggerà in allegria, magari cantando "Mi chiamo Giumbolo Giu-Giumbolo Giu-Giumbolo Io son felice sempre gongolo e rigongolo Quando mi muovo io ballonzolo ballonzolo…". Non la riconoscete? È la canzoncina dell’omonimo personaggio, un buffo cartone dall’aspetto tondeggiante a forma di pera, composta da Guido assieme al musicista Franco Godi. Un motivetto orecchiabile fino a diventare contagioso, che dal 1978 all’81 faceva da sigla finale a ’Supergulp-Fumetti in TV’ (la sua trasmissione più celebre, realizzata con Giancarlo Governi) e all’epoca vendette oltre centomila copie. Giumbolo è solo una delle tante creazioni di De Maria, quest’uomo dal multiforme ingegno nato nel 1932 a Lama Mocogno, sul nostro Appennino, e piombato a valle con una valanga d’idee custodite in una mente effervescente, fornita di una dote prodigiosa: l’assoluta assenza di gravità. Un privilegio mica da poco, in una cultura come quella italiana così spesso infestata da pesanti tromboni.Tanto è vero che quando ho comperato ’Zero Gravity’, l’ultimo, esilarante libro di Woody Allen, edito dalla Nave di Teseo, ero fermamente convinto che si trattasse della biografia di De Maria. "Oh" mi sono detto "finalmente anche il grande Woody riconosce il talento di Guido!". Cosa non ovvia. Viviamo in un’epoca di specialisti, anche se spesso specializzati nell’inutile, tanto è ...

https://www.ilrestodelcarlino.it/modena/cronaca/auguri-guido-genio-del-disegno-e-della-risata-1.8400706

Guido De Maria a tavola con Barbolini

Da sx: Marco de Angelis, Lucio Trojano, Guido De Maria(con lo scialle in testa), Roberto Barbolini, Gianandrea Bianchi, La Sabry, e Fany alla premiazione di Barbolini World Humor Awards: Premio  Guareschi 2021, umorismo in letteratura.


gli auguri di Lucio Trojano a Guido per i suoi 88 anni

 


Salomone pirata pacioccone di Guido De Maria

Guido De Maria (Lama Mocogno, 20 dicembre 1932) è un disegnatore, pubblicitario, autore televisivo, e regista di spot pubblicitari italiano.

Biografia

Nato nel 1932 a Lama Mocogno, sull'Appennino modenese, dopo aver iniziato come vignettista umoristico disegnando per testate nazionali e internazionali come Epoca diretta da Enzo Biagi, agli inizi degli anni sessanta passa alla pubblicità e forma con altri amici del territorio bolognese la Vimder film - VIsani Luciano, Malossi Tiziano, DE Maria Guido, Righi Augusto - una casa di produzione per le pubblicità di Carosello.

A partire dai tempi della Vimder film fino ad oggi, Guido De Maria ha prodotto e diretto centinaia di Caroselli e spot pubblicitari (oltre 1200), tra cui ricordiamo I Brutos e Franco e Ciccio per Cera Grey, Salomone pirata pacioccone (a cui collaborarono tra gli altri Francesco Guccini e Bonvi) per Amarena Fabbri, la "camicia coi baffi" (con Maurizio Costanzo), Nelsen Piatti, i nanetti di Loacker...

Guido De Maria ha raggiunto una grande notorietà negli anni settanta quando ha firmato, insieme a Giancarlo Governi, le trasmissioni Gulp! I fumetti in TV e Supergulp! di cui cura la regia (creando il linguaggio televisivo del "fumetto in TV") e che gli fecero ottenere nel 1978 il premio della regia televisiva, settore TV per ragazzi. Ha creato i personaggi di Giumbolo e, insieme a Bonvi, di Nick Carter.

Sempre per Supergulp, insieme al musicista Franco Godi, ha composto le sigle della trasmissione. Il 45 giri di Giumbolo vendette oltre 100 000 copie. Negli anni novanta è stato il condirettore del settimanale umoristico Comix, edito da Franco Cosimo Panini e diretto da Beppe Cottafavi.

Prosegue la sua attività di regista pubblicitario e producer per la casa di produzione Diaviva tra Reggio Emilia e Milano.


Guido De Maria alla mostra su Alan Ford a Supergulp, a Vignola durante BETTY B Festival.


I 90 ANNI DI GUIDO DE MARIA, AUTORE DI QUEL  MITICO PROGRAMMA

La prima volta che il fumetto è diventato di massa in tv

BEPPE COTTAFAVI

editor

19 dicembre 2022

  • Storie di fumetti e canzoni. Di animatori geniali e di teste balzane. Di caroselli e di poesie. Fino al week end postmoderno di Tondelli e quel gran pezzo dell’Emilia di Berselli.
  • È con Makkox che qualche tempo fa rievocavamo le invenzioni archetipiche di Guido De Maria. Dei suoi programmi, Gulp! E Supergulp! Programmi di culto per una generazione.
  • Perchè De Maria è stato l’apripista. Il fondatore di un nuovo linguaggio: il fumetto in tv. Il fumetto diventa così popolare, fino ad allora era osteggiato da mamme, preti e maestre.

continua qui:  https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/fumetto-tv-de-maria-x8vvo8mn

+++

2022 Un anno speciale per Guido De Maria festeggia i 50 di Supergulp e i 90 anni!!!!!

Tantissimi auguri caro amico!

sabato 17 dicembre 2022

Calendario "Femme Battue 2023"

 

copertina: FadiToon - (Norvegia)- STOP VIOLENCE AGAINST WOMEN WORLDWIDE



Torna il calendario “Femme Battue” per un 2023

contro la violenza di genere in ogni parte del mondo.

Realizzato dall’associazione G.I.R.A.F.F.A. Onlus

e dal Centro LIBREXPRESSION della Fondazione Di Vagno,

coinvolge illustratori e illustratrici di tutto il mondo.


Quindici vignette per raccontare le diverse declinazioni della violenza:

domestica, sessuale, mutilazioni genitali femminili, stalking, economica, ecc.

Dopo aver acceso un faro sulla situazione delle donne in Afghanistan,

il focus di questa edizione del calendario riguarda l’Iran, dove coraggiosamente

si scende in piazza al grido di “Donna, Vita, Libertà”, e l’Ucraina da dove partono

in cerca di salvezza migliaia di donne con i loro figli.

L’attenzione è sempre rivolta alle tante declinazioni della violenza di genere.

A renderla concreta è, per il terzo anno consecutivo, la matita dei vignettisti e delle
vignettiste – tredici tra uomini e donne per questa nuova versione del calendario “Femme Battue” - che ancora una volta hanno donato i loro lavori per raccogliere fondi a favore di donne sole e/o con bambine e bambini, vittime di uomini violenti, Torna dunque “Femme Battue”, il calendario dell’associazione G.I.R.A.F.F.A. Onlus (Gruppo Indagine Resistenza Alla Follia Femminile) realizzato in collaborazione con il Centro LIBREXPRESSION/LIBEX, il Centro Euro-Mediterraneo della Fondazione Giuseppe di Vagno (1889-1921) diretto dall’economista francese Thierry Vissol, centro che si occupa della promozione della libertà di espressione e di satira politica.

“Femme Battue 2023” racconta in modo duro e senza compromessi quello che la vita riserva alle donne che ogni giorno sono costrette a reinventarsi per sopravvivere e per andare avanti, alle donne che lottano per se stesse e per le altre, alle donne che cercano di fuggire da una situazione che distrugge anche il futuro dei loro figli e delle loro figlie, alle donne che hanno bisogno di rendersi indipendenti economicamente per iniziare a progettare una vita diversa.

Un calendario divulgativo e unico nel suo genere, fortemente voluto dall’associazione GIRAFFA Onlus (che fa parte della rete REAMA di Fondazione Pangea Onlus e partecipa al progetto REAMA Reloaded, co-finanziato dall’Unione Europea per 9 centri antiviolenza dislocati in 8 differenti regioni del Centro-Sud Italia. Prevede diverse azioni per potenziare l’efficacia dei percorsi di uscita dalla violenza ma anche per la prevenzione, formazione, sensibilizzazione e raccolta dati) formata da donne che si occupano di altre donne vittime di violenza nelle diverse declinazioni, insieme con il centro antiviolenza dedicato a “Paola Labriola”, una casa rifugio denominata “Casa dei diritti delle donne” e la casa in semiautonomia V.i.t.A. (Vola in piena autonomia).

La vendita del calendario servirà a sostenere le donne nella ricerca di una casa e nel pagamento dei canoni di affitto iniziali, per permettere loro di trovare un lavoro e rendersi indipendenti. Soprattutto per questo, G.I.R.A.F.F.A. onlus ha lanciato il progetto “Adotta un calendario” rivolto a tutte le aziende che ne faranno richieste.

<<Con la terza edizione del calendario, con questo focus particolare diretto alle donne iraniane per l’affermazione dei loro diritti - ha sostenuto la presidente di GIRAFFA, Maria Pia Vigilante - abbiamo deciso di lanciare il progetto “Adotta un calendario” e di rivolgerci anche alle aziende che possono aiutarci a rimpinguare il fondo dell’empowerment e aiutare le donne che si rivolgono alla nostra associazione a raggiungere l’autonomia economica e abitativa anche guidandole verso l’inserimento socio lavorativo. Ci teniamo a garantire loro soprattutto l’autonomia abitativa, reperire appartamenti e aiutarle a pagare i primi canoni di locazione vista la carenza di appartamenti disponibili e l’elevato costo degli affitti. Un modo per permettere alle donne da sole o con i figli di ricominciare in serenità la propria vita lontana dalle violenze>>.

<< Sono infinite le violenze che le donne subiscono ogni giorno, sin dalla loro nascita – ha dichiarato Daniela Mazzucca, presidente della Fondazione Di Vagno – È un caleidoscopio di soprusi, dalla scuola al lavoro, dalla famiglia alla salute, persino dalla moda, da chi vuole imporre un modello di donna affusolata e perfetta. Dobbiamo pensare a reagire con un gesto o una parola, tendendo la mano ogni giorno a quelle donne che non riescono a lottare. Un modo per aiutarle è collaborare alla realizzazione di questo calendario che racconta di donne che giornalmente vivono battaglie per vivere secondo i propri desideri, seguendo la musica, la danza, l’arte o semplicemente la voglia di camminare con i capelli sciolti, scossi dal vento. Quegli stessi capelli che le donne iraniane hanno tagliato per solidarietà a Masha Amini, la 22enne morta mentre tentava di sfuggire al controllo patriarcale sul suo corpo e sulla sua anima>>.

<<Anche quest'anno i vignettisti del Centro Librexpression-Fondazione Di Vagno hanno risposto all’invito dell’associazione G.I.R.A.F.F.A. onlus e si sono mobilitati per denunciare questa piaga che sta affliggendo l'umanità, con un'attenzione particolare a tre Paesi dove questa violenza è al suo apice: Ucraina, Iran e Afghanistan. Secondo l’ultimo rapporto delle Nazione Unite sul femminicidio (UN Women report on femicide 2022) – ha affermato Thierry Vissol, direttore del Centro Librexpression-Fondazione Giuseppe Di Vagno (1889-1921) - di tutte le donne e le ragazze uccise intenzionalmente nel 2021, circa il 56% è stato ucciso da partner intimi o altri membri della famiglia (45.000 su 81.000). Tuttavia, questi femminicidi sono solo la punta dell'iceberg della violenza fisica o psicologica contro le donne, che sia in ambito familiare o nei Paesi dominati dal maschilismo culturale o religioso o come risultato di guerre o terrorismo islamico diffuso. Violenze e femminicidio da cui i nostri Paesi, cosiddetti sviluppati, non sono purtroppo esenti>>.

Di seguito gli artisti, di fama internazionale e grande impegno civile, che hanno contribuito al calendario con entusiasmo, generosità e sensibilità:

  1. Adene (Anne Derenne), francese, vignettista, illustratrice, residente a Madrid. Collabora con il magazine La Maison Ecologique e le pagine web di Frenchly Speaking. Realizza anche illustrazioni per la comunicazione di molte ONG;
  2. Andrea Arroyo, messicana, vignettista e artista grafica, residente a New York City. Pubblica ogni settimana una vignetta intitolata ImagiNATIONS sul Manhattan Times. Collabora con il New Yorker, il New York Times, The Nation. Membro di Cartooning for Peace, è fondatrice e curatrice di UnnaturalElection-Artists Respond e co-curatrice di OppArt per la rivista The Nation;
  3. Vincent Chevalley, svizzero, dopo la Scuola di Arte Decorativa di Ginevra ha deciso di lavorare come infermiere all’ospedale di Loex. Ha illustrato libri per bambini. È membro di Union for World Cartoonist e di Art for peace;
  4. Vladimir Kazanevsky, ucraino, fumettista e illustratore. Laureato in astrofisica e illustrazione della stampa;
  5. Kusto (Oleksiy Kustovsky), ucraino, vignettista e illustratore, pluripremiato. Agronomo di formazione, è editorialista del giornale parlamentare Holos Ukrainy. È membro dell’Unione nazionale dei giornalisti di Ucraina;
  6. Marco De Angelis, italiano, vignettista, illustratore, giornalista e grafico pluripremiato. Ha collaborato con Il Popolo e la Repubblica, Washington Post, Herald Tribune, Courrier International, Le Monde, Nebelspalter, Yez. È tra i fondatori e caporedattore del mensile online Buduàr;
  7. Emanuele Del Rosso, italiano, vignettista e giornalista. Pubblica le sue vignette su varie testate. Social media manager di Cartoon Movement, è responsabile del talk-show Satire Talks Live con vignettisti e intellettuali sui temi della satira, della censura, del copyright;
  8. Ismail Dogan caricaturista politico belga di origini turche, fondatore del giornale satirico bilingue Kardaş, membro del Comitato scientifico di Librexpression;
  9. Fadi Toon (Fadi Abbou Hassan), norvegese, vignettista pluripremiato, specializzato sul tema dei diritti umani. Pubblica sul giornale norvegese Ny TID. Collabora con Al Quds, Alroya, Al-Seyassa, Al Arabi, Amta newspaper, Samora Magazine. Eì editore capo di Cartoon Home Network International;
  10. Gio (Mariagrazia Quaranta), italiana, vignettista, ha pubblicato su Buduar, L’Unità, Alias de Il Manifesto, Mundiario, Fanyblog. Ha vinto premi in Italia e all’estero come il Festival Internazionale di satira ed umorismo Andromeda, World Humor Awards e World Press Cartoon;
  11. Marilena Nardi, italiana, vignettista satirica e illustratrice pluripremiata, docente di Illustrazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia;
  12. Marlene Pohle, argentina, vignettista e illustratrice, lavora come artista freelance, tiene seminari sull’umorismo e l’arte grafica per insegnanti di lingue straniere e fumettiste. Nel 1997 ha fondato il capitolo tedesco della FECO (Federation of Cartoonists Organizations) e ne è stata la prima presidente;
  13. Gianfranco Uber, italiano, vignettista, collaboratore del sito di umorismo e satira internazionale Cartoonmovement.



Il calendario “Femme Battue 2023” (il cui costo ammonta a € 10 + spese di spedizione) può essere prenotato inviando una mail all’indirizzo di posta elettronica info@giraffaonlus.it

Il versamento potrà essere fatto sul conto corrente dedicato intestato a “Giraffa onlus” (Iban: IT89K0501804000000017257817) con la causale Calendario Femme Battue 2023

Per informazioni chiamare il numero 0805741461







Ufficio stampa GIRAFFA Onlus e Fondazione Di Vagno:
Annamaria Minunno
mail a.minunno@gmail.com







seconda pagina_con testo Vissol_Vincent Chevalley (Svizzera)-Afghanistan retour à la normale.

TERZA PAGINA CON LOGHI E NUMERI_Vladimir Kazanevsky (Ukraine)-war refugee


GENNAIO_Andrea Arroyo-Mahsa Amini_Iran

FEBBRAIO_Ismail Dogan (Turchia_Belgio)-Taliban e burka-GIYINME ODASI

MARZO_Marlene Pohle (Argentina)-Women


APRILE-FadiToon (Norvegia)-Empowerment of women and gender equality


MAGGIO_Marilena Nardi (Italia)-women_for_peace

GIUGNO_Gio-le donne di tutte le guerre


LUGLIO Emanuele Del Rosso (Italia) - Talibans'Afghanistan




AGOSTO_Tjeerd Royaards (Paesi Bassi)-Abortion in USA



SETTEMBRE Uber (Italia)- lotta delle donne







OTTOBRE_Kusto (Oleksiy Kustovsky-Ucraina)-resistenza donne ucraine

NOVEMBRE_Adene (francia_Spagna)-manifestazioni in Iran

DICEMBRE_Marco De Angelis- Jane, women





mercoledì 14 dicembre 2022

Tugèin di Gregory Panaccione e Bruno Bozzetto

 


Tugèin

Gregory Panaccione, Bruno Bozzetto

96 pagine

b/n - 19,5x26 cm - cartonato

ISBN 978-88-6567-265-5

https://www.renoircomics.it/catalogo-online/tug%C3%A8in-detail


Dopo il successo della graphic novel, “Minivip & Supervip - Il Mistero del ViaVai”, arriva

TUGE'IN, nuovo frutto della collaborazione tra Bruno Bozzetto e Gregory Panaccione, che racconta la stravagante e surreale storia d’amore tra un microbo e una stella del cinema.


Descrizione

Il nuovo fumetto di Bruno Bozzetto e Grègory Panaccione, una commedia surreale, traboccante di amore per il cinema classico hollywoodiano.

In una giungla microscopica, un microbo dalle fattezze umane si appassiona ai film di Tarzan e inizia a comportarsi come un signore delle scimmie in miniatura. Nel suo urlo si nasconde la speranza per l’umanità di salvarsi da un male incurabile, ma a lui interessa soltanto trovare l’amore della sua vita…

Una commedia surreale, traboccante di amore per il cinema classico hollywoodiano, raccontata da Bruno Bozzetto, regista di capolavori d’animazione come Allegro non troppo, Vip mio fratello superuomo e West & Soda, e dal talento di Grégory Panaccione, maestro del fumetto muto con fumetti come Un oceano d’amore, Un’estate senza mamma e Il mio amico Toby.

https://issuu.com/renoircomics/docs/tugein


Scrive Thomas Villa su Artribune

SI INTITOLA “TUGÈIN” L’ULTIMO CAPITOLO A FUMETTI DELLA STERMINATA PRODUZIONE DI UNO DEGLI AUTORI ITALIANI PIÙ PROLIFICI: IL REGISTA, CARTOONIST, DISEGNATORE E SCENEGGIATORE BRUNO BOZZETTO

Ottantaquattro anni e ancora una gran voglia di affascinare il pubblico con una nuova, roboante avventura che ammalia per il suo sapore naïf e per l’intreccio che non sfigurerebbe tra le Cosmicomiche di Italo Calvino: Bruno Bozzetto è ancora un inesauribile vulcano di creatività. Durante l’ultimo Lucca Comics & Games la casa editrice ReNoir Comics ha infatti presentato lo splendido volume cartonato frutto della collaborazione tra il francese Grègory Panaccione e il veterano della sceneggiatura e dell’animazione.

IL NUOVO FUMETTO DI BOZZETTO E PANACCIONE

La collaborazione sembra il risultato di un’amicizia lunga decenni, e in effetti non è la prima volta che i due si trovano a condividere un progetto editoriale: nel 2018 era uscito per Bao Publishing il fumetto Minivip e Supervip – Il mistero del Via Vai, continuazione del film d’animazione di cinquant’anni prima di Bozzetto, Vip – Mio fratello superuomo.

Lo stile morbido e cinematografico di Panaccione, reduce dal successo ottenuto con fumetti come Un oceano d’amore, Un’estate senza mamma, Il mio amico Toby (tutti editi da ReNoir Comics) e Chronosquad (Panini Comics), accompagna la divertente vicenda dai toni surreali, narrata in pagine che stillano di neoavanguardia e Realismo magico. La vicenda prende spunto da un “binomio fantastico”, come lo avrebbe definito Gianni Rodari: l’improbabile incontro tra un essere umano microscopico e Tarzan.

LA TRAMA DEL FUMETTO

La dinamica della storia raccontata nel volume Tugèin, 94 pagine di puro spasso surreale, prende il via quando, all’interno di una giungla di dimensioni infinitesime, un microbo antropomorfo si innamora dei film d’epoca di Tarzan e ne imita il comportamento eroico. L’urlo scimmiesco di questo microscopico batterio, che probabilmente Italo Calvino avrebbe chiamato Qfwfq, ha proprietà che nulla hanno da invidiare al Pifferaio di Hamelin dei Fratelli Grimm: il suo taumaturgico latrato cura gli esseri umani da una fastidiosa malattia assai bizzarra: tanto più si è malati, tanto meno si vedono gli effetti.

Bozzetto è allo stato puro e fa piacere vederlo così in forma a ottant’anni: la lettura scorre in maniera assai piacevole e, una volta terminata, si deposita in un angolo speciale della memoria dove vengono conservate le storie fonte di diletto intellettuale, prima ancora che divertissement fine a sé stesso.

Bruno Bozzetto e Gregory Panaccione




LA STORIA DI BRUNO BOZZETTO

Grègory Panaccione, il francese più italiano che si possa conoscere, vive e insegna a Milano alla Scuola Internazionale di Comics, e ha passato vent’anni nel mondo dell’animazione come storyboard artist, designer di personaggi, scenografo e regista di serie TV, per poi sbarcare nel mondo del fumetto nel 2011.



Bruno Bozzetto disegna il Signor Rossi
Bruno Bozzetto, invece, è un autore mitico dell’animazione italiana: classe 1938, fin da giovanissimo produce da autodidatta deliziosi cortometraggi d’animazione, mentre il suo primo vero cartoon è l’originalissimo Tapum! La storia delle armi del 1958, che venne proiettato anche al Festival di Cannes riscuotendo interesse per l’originalissima creazione di un disegnatore che allora era soltanto ventenne. A ventidue anni, nel 1960, dà vita a quella che sarà di gran lunga la sua creazione più celebre: il Signor Rossi, di cui narrerà le divertenti vicissitudini in tre film (tra cui Il Signor Rossi cerca la felicità) e sette cortometraggi, nonché una serie per il programma Gulp! e un’altra mai distribuita commercialmente. Risalgono a quegli anni anche i lungometraggi West and Soda del 1965, il già citato Vip – Il mio fratello superuomo del 1968, e nel 1976 la sua personalissima risposta a Fantasia della Disney: il surreale Allegro ma non troppo con il leggendario Maurizio Nichetti come protagonista delle parti girate dal vero.



Il successo internazionale gli arride nel 1990, quando vince l’Orso d’Oro al Festival di Berlino per il cortometraggio Mister Tao, mentre nel 1991 è addirittura candidato al Premio Oscar nella categoria Miglior cortometraggio d’animazione con il cartoon Cavallette. Memorabile, inoltre, la collaborazione con il programma Quark di Piero Angela tra il 1981 e il 1988, per il quale realizza veri e propri piccoli capolavori dell’animazione, come i cortometraggi Scienza e Metodo, Impariamo a immaginare, Gli atleti della mente, La vasca di Archimede e Il linguaggio.