mercoledì 8 settembre 2021

Paralimpiadi 2020

 


© Manuel De Rossi




Alla mia maniera per ricordare lo strepitoso successo di #AmbraSabatini #martinacaironi e #MonicaContrafatto, un podio tutto azzurro ! Brave ragazze!

© Pierpaolo Perazzolli


Un’impresa monumentale, impensabile anche solo da immaginare.

Prima, seconda e terza. Una tripletta azzurra da sogno nella gara regina delle Paralimpiadi: i 100 metri. 

Oro per Ambra Sabatini, con tanto di record del mondo. Sarebbe già apoteosi così, ma riusciamo anche a conquistare l’argento con una infinita Martina Caironi e addirittura il bronzo con Monica Graziana Contrafatto, eroiche sotto la pioggia di Tokyo.

Un podio tutto italiano per un’impresa storica.

E ora le medaglie sono 69: record di ogni tempo.

Non ci sono più parole per queste donne e uomini straordinari. 

Cartolina più bella non poteva esserci da questi Giochi.

Lorenzo Tosa




Paralimpiadi
Vignetta realizzata con i partecipanti del laboratorio "Vignettiamo sul mondo" durante il festival ArtMaySound di Bolzano.

© Gianlo 

https://gianloingrami.blogspot.com/2021/09/paralimpiadi.html


Viva l'Italia che lotta e non si arrende mai♥️

©Giancarlo Covino



sono felice per chi ha vinto medaglie

leggo di risultati straordinari "nonostante" le condizioni

le condizioni sono simili per ogni atleta, per il primo e per l'ultimo, qualcuno deve pur vincere, come in ogni gara

la luce, la bellezza, a mio parere, è nel rendere eclatante la determinazione, l'ostinazione, il sacrificio, la disciplina per individuare un limite e tentare di superarlo

una metafora esistenziale, buona per chiunque

frequento persone che si aggiudicano quotidianamente invisibili medaglie

allacciando un bottone, infilando una chiave, raggiungendo il divano, attraversando la strada e trovando parcheggio

resistendo all'indifferenza, al pregiudizio, al sospetto e al pietismo

lavorando, incazzandosi, amando

senza inno, alla fine

queste olimpiadi non si disputano ogni quattro anni

ma ogni quattro battiti, circa

Fabio Magnasciutti

© Dalcio Machado









Li hanno snobbati. Li hanno sottovalutati. Li hanno trattati con quell’insopportabile pietismo dei “sani”. Li hanno persino oscurati in tv, preferendo un tg alle imprese di Bebe Vio.

Loro hanno risposto nell’unico modo in cui sanno e possono fare: sul campo, in vasca, in pista, in pedana. E questa notte si sono addirittura superati, abbattendo anche lo storico record di Seul ‘88.
Ora sono 61 le medaglie. E mancano ancora due giorni alla fine delle Paralimpiadi.

Non ci sono più parole per raccontare questi atleti straordinari, campionesse e campioni veri, ognuno con una storia pazzesca di caduta e resistenza, a 20 come a 50 anni.

Con il pensiero che va, inevitabilmente, a chi, come Alex Zanardi, avrebbe potuto esserci (e dominare) e invece si ritrova a combattere una battaglia molto più importante in un letto d’ospedale.

È ora che se ne parli. È ora che questi atleti aprano i telegiornali, invece di esserne oscurati.
È ora che anche in questo Paese calciocentrico si cominci a parlare di questi sport presunti “minori”, di queste donne e uomini straordinari, da cui c’è solo da ascoltare e imparare.

Non c’è modo migliore di chiudere quest’estate indimenticabile.

© Lorenzo Tosa



lunedì 6 settembre 2021

Prima le Italiane!

 

Prima le Italiane! ( Egonu - Sylla)

© Gio / Mariagrazia Quaranta


CAMPIONESSE D’EUROPA!!!

L’Italia del volley femminile è campione d’Europa. Ancora una volta, in quest’estate che non scorderemo mai.

3-1 alla Serbia in rimonta, a casa loro, al termine di due ore di una finale prima sofferta, poi domata e infine dominata.

La rivincita di Paola Egonu e compagne, alla faccia di chi, dopo le Olimpiadi, le aveva criticate, contestate, persino offese, senza neanche sapere di cosa stavano parlando.

Una notte così, dopo un’Olimpiade così, signfica non solo essere delle grandi atlete ma prima, molto prima, delle donne straordinarie. 

Grazie per tutto quello che ci avete regalato.

Lorenzo Tosa / https://www.facebook.com/lorenzotosa.antigone


L'Italia siamo noi!!!
© Paolo Lombardi



🏐🥇🇮🇹 BUONGIORNISSIMO!!! 🔥🤩
PRIME IN EUROPA DOPO 12 ANNI! 💪😍
LE RAGAZZE DI MAZZANTI CAMPIONESSE EUROPEE!!! 🏆🇪🇺
Lega Pallavolo Serie A Femminile



Paola Egonu
© Mauro Biani


Ricapitolando.

Ieri sera Paola Egonu ha trascinato le azzurre alla vittoria degli Europei mettendo giù 29 punti e una prestazione mostruosa, proprio nel momento più importante.

E, alla fine, è stata premiata come MVP, migliore giocatrice dell’intero torneo.

Ora è più chiaro perché la chiamano la pallavolista più forte al mondo?

Alla faccia di chi diceva che non era degna di portare la bandiera olimpica. 

Alla faccia delle critiche ingiuste, dei mestatori d’odio, di chi parla senza sapere, delle tante, troppe, cattiverie.

Bye bye Adinolfi. 👋

Lorenzo Tosa / https://www.facebook.com/lorenzotosa.antigone


venerdì 3 settembre 2021

World Humor Awards: Emilio Isca Premio Buduar 2021

 



Nella maestosa scenografia del castello di Bardi (PR) si è tenuta la premiazione del sesto appuntamento con il WORLD HUMOR AWARDS.

 Tra i vari premiati, è stato assegnato il premio BUDUAR 2021 con la seguente motivazione ad EMILIO ISCA.  

"Premio Buduar 2021 a Emilio Isca per la lunghissima carriera vissuta all'impronta dell'umorismo, tra la realizzazione di vignette, la scrittura di riviste teatrali e testi per il cabaret, l'editoria e l'organizzazione di eventi. L'umorismo non paga ma di certo appaga" 

TUTTO IL RESTO E' VITA


 


Emilio Isca con il Comitato Centrale di Buduàr Alessandro Prevosto, Dino Aloi  e Marco De Angelis.






Emilio Isca, ragazzo del 37, nasce a Torino tra l'indifferenza generale.

Negli anni 50 inonda con i suoi scarabocchi quasi tutte le testate umoristiche dell'epoca. 

Non domo realizza e dirige Il Giocondo e OKAI. Nel 1976 realizza e dirige il suo piccolo capolavoro: HELP!, un trenta giorni di satira, umorismo, (mal) costume, fumetti e cazzate varie che, tra le altre cose ha il pregio di scoprire due talenti che rispondono ai nomi di Vauro e Mannelli.  Vi collaborarono umoristi del calibro di Cavallo, Contemori, Giuliano, De Angelis, Gec, Melanton, Sajini, Troiano e tantissimi altri valenti cartoonist.

 Ha scritto per il teatro di rivista e Il Cabaret, collaborando anche ai testi del televisivo Drive In.

Pubblica PROFESSIONE UMORISTA con Gec, STRIP, STRIP, Hurrà, POCHE IDEE MA CONFUSE,BLA ,BLA, BLA con Giuliano, TILT, Se è vero che anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, Figuratevi gli elefanti ... Tutta un'altra musica, Camici Bianchi, L'UMORISCA, Humoralia, BLACKOUT, RISATELLUM, C'era una volta... HELP! , Saldi di stagione, SorrYdendo, e Bene, Bravi, Bis!  una carrellata su Avanspettacolo, Rivista ed il Cabaret con caricature di Franco Bruna. Ha ideato e diretto HUMORFESTIVAL, UMORISTI DOC  e SPORTHUMOR importanti rassegne di Grafica Umoristica internazionali.

Per 10 anni è stato Presidente per l'Italia della FECO, la federazione mondiale di cartoonist. UmorISCA  sin dalla nascita ha ricevuto premi e pacche sulle spalle un po' ovunque. Coppe, targhe e medaglie per complessivi 72,25 kg. Premio Publio Elvio Pertinace 2005, premio Galantara "Professione umorista" nel 2012, Premio Speciale World humor Awards 2017.

Una figlia, un genero, una splendida nipotina e tracce di inchiostro di china nelle urine.

E' tutto, ma potrebbe essere molto di più.  Tutto il resto è vita.




giovedì 2 settembre 2021

Libex 2021: le dieci vignette finaliste, il 26 settembre saranno annunciati i vincitori

 Aggiornato il 30-09-2021



Dove ci porteranno i nuovi anatemi del politicamente corretto? 

È proprio il tema della terza edizione del Concorso Internazionale LIBEX2021 "Cancel Culture e politicamente corretto”. Indetto dal Centro Euromediterraneo LIBREXPRESSION (Fondazione Giuseppe Di Vagno -1889-1921), sono stati invitati a partecipare 160 vignettisti di stampa, provenienti da 55 paesi, che hanno inviato 218 vignette satiriche. Il materiale è stato esaminato da una giuria internazionale composta da: Marlene Pohle (Argentina), Marilena Nardi (Italia), Joep Bertrams (Olanda), Z (Tunisia), Gian Paolo Accardo (Italia), Oscar Buonamano (Italia), e presieduta da Thierry Vissol direttore del centro Librexpression.

Le 56 vignette semifinaliste selezionate dalla giuria saranno esposte, dal 20 settembre al 31 dicembre, in una mostra nel chiostro del Monastero di Conversano (Italia) e pubblicate in un catalogo. Dieci sono le vignette finaliste, presentate qua, che diventeranno anche cartoline illustrate a disposizione del pubblico. 

I tre vincitori saranno annunciati e premiati il 26 settembre a Conversano (BA) durante la XVII° edizione del festival Lector In Fabula della Fondazione Giuseppe Di Vagno. 

Congratulazioni ai finalisti!

Il concorso LIBEX2021 è stato organizzato in collaborazione con Cartooning for Peace https://www.cartooningforpeace.org/en/ e www.voxeurop.eu.


Elenco dei dieci finalisti per ordine alfabetico:

 

Niels Bo Bojesen (Danimarca) – “Annullamento della cultura”

Toso Borkovic (Serbia) – “Monumento”

Lido Contemori (Italia) – “Politically correct”

Marco De Angelis (Italia) – “Rinnovamento”

Yoemnis Del Toro (Cuba) – “Il taglia legna”

Tom Janssen (Paesi Bassi) – “Black Lives matter”

Izabela Kowalska-Wieczorek (Polonia) – “Immersi nella pattumiera della storia”

Walter Leoni (Italia) – “In un Plin”

Elena Ospina (Colombia) – “Censura”

Tjeerd Royaards (Paesi Bassi) – “Dibattito politico”

 


Background: Cancel Culture e Politicamente Corretto

 

La cultura Woke, ideologia della Cancel Culture e del Politicamente Corretto, è una teleologia morale caratterizzata da una consapevolezza delle numerose ingiustizie sociali e razziali esistenti nei paesi occidentali (da cui deriva il termine inglese “Woke” che significa “svegliato”). Da questa consapevolezza delle ingiustizie nasce l’imperativo categorico di agire per risolverle. Il Wokismo, con le sue guerre culturali, tipico della politica e della società americana e del suo puritanesimo, risale agli anni ’20 del secolo scorso. Nel tempo, i temi si sono allargati all'aborto, all'omosessualità, ai diritti dei transgender, alla pornografia, al multiculturalismo, ai punti di vista razziali e ad altri conflitti basati su valori, moralità e stili di vita. Si è diffusa adesso in tutti i paesi occidentali con i movimenti identitari di razza e di genere fino ad arrivare alle campagne come #BlackLivesMatter, #Metoo, #transgender o #lgtbq.

Nessuno può mettere in dubbio la legittimità delle battaglie contro le discriminazioni, contro il sessismo e la misoginia, il razzismo, le disuguaglianze, sempre presente nelle nostre società. Né puo essere sottostimato l’importanza politico-sociale di permettere alle minoranze di esprimere disagi e rivendicazioni che non sono trattate dai media mainstream. Tuttavia, il fine non può mai giustificare i mezzi.  Soprattutto, quando tramite azioni coordinate da attivisti delatori e l’ampia risonanza offerta dagli social network, queste forme di “fatwa” permettono di censurare, boicottare o umiliare pubblicamente individui - del passato o del presente - le cui opinioni o i comportamenti sono ritenuti offensivi, fastidiosi o giudicati divergenti da questa nuova Doxa Woke;  quando l’obiettivo è minare la carriera o la reputazione delle voci dissenzienti, fino a volerne cancellare le tracce per far sì che le loro parole, azioni o memorie non siano più né menzionate né ammirate, le statue distrutte, come lo dimostrano centinaia di casi di cronaca.

Sempre più numerosi sono quelli che danno credibilità a queste indignazioni nel mondo dei media, dell’educazione, dell’editoria, persino della politica - per interesse, per convinzione o nel terrore di diventare anche loro un bersaglio o per paura di perdere il loro mercato -. Purtroppo, in questo modo si contribuisce a radicalizzare i dibattiti di società, e ad alimentare un clima sociale sempre più violento. Un risultato opposto a quello della cultura Woke che dovrebbe promuovere il vivere insieme nella diversità, un lusso che, purtroppo, solo le società occidentali si potrebbero ancora permettere.

 

Il centro Librexpression

Creato nel 2017 presso la Fondazione Giuseppe Di Vagno (1889-1921) a Conversano (BA), il Centro Euro-mediterraneo LIBREXPRESSION promuove la libertà di espressione e la satira politica. Le attività del centro includono: 

- La promozione del lavoro dei membri (circa 200 da 55 paesi), vignettisti, grafici, illustratori, fotografi... tramite siti web, conferenze, mostre, pubblicazioni e banca-dati dei membri e del loro lavoro. Nel 2018 è stato creato un concorso internazionale di vignette di stampa satiriche.

- Un centro di documentazione e una biblioteca sui temi della libertà di espressione e di stampa, della satira politica dall’antichità ad oggi, inclusi nella Biblioteca della Fondazione “Il granai del sapere”. 

- Delle Attività didattica per giornalisti, studenti e docenti: formazione alla libertà di stampa, alla ricerca e alla verifica dell’informazione e alla lettura delle immagini (vignette e foto).

- La rivista Web della Fondazione www.pagina21.eu pubblica ogni giorno 2 vignette dei membri del centro, su temi legati all’attualità internazionale.

Il Centro è coordinato da Thierry Vissol, con l’aiuto di un Consiglio Scientifico da 28 membri: professori universitari e giornalisti specializzati nei campi d’interesse del Centro, fotografi e vignettisti dai due latti del mediterraneo.



Niels Bo Bojesen-Danimarca-Annullamento della cultura

Toso Borkovic-Serbia-Monumento


Lido Contemori-Italia-Politically Correct.j


Marco De Angelis-Italia-Rinnovamento.




Yoemnis  Del Toro-Cuba-Il taglialegna.


Tom  Janssen_Paesi Bassi_Black Lives Matter.



Izabela Kowalska-Wieczorek_ Polonia-'Immersi nella pattumiera della storia'.


Walter Leoni-Italia-In un plin.



Elena Ospina-Colombia-Censura.


Tjeerd Royaards-Paesi Bassi-Dibattito Pubblico.

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Il primo premio è andato all'olandese Tom Janssen (nella foto di Gianpaolo Mastronardi), il secondo alla colombiana Elena Ospina e il terzo all'italiano Marco De Angelis.






mercoledì 1 settembre 2021

WORLD HUMOR AWARDS 2021: GARA DI CUCINA


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WORLD HUMOR AWARDS 2021: GARA DI CUCINA
Venerdi 27 agosto:
Pomeriggio/serata alla "Gustincanto Cooking Academy" di Fidenza
per una gara di cucina tra cartoonist
https://youtu.be/eui2AXMppr0

All'interno del programma di eventi del 6° World Humor Awards il direttore Gianandrea Bianchi ha organizzato una simpaticissima gara stile Masterchef tra coppie di disegnatori e membri della giuria ripresa da telecamere alla Cooking Academy Gustincanto a Fidenza.
 Lo chef Daniele Persegani, stella di la TV italiana, ha spiegato il piatto da cucinare: un piatto tipico di pasta piacentino i Pisarei e Fasò. 
6 le coppie in gara, tra gli artisti Agim Sulaj (Albania/Italia), Asier Sanz (Spagna) Gatis Sluka (Lettonia), Egil Nyhus (Norvegia), Jean Michel Renault (Francia) e tra i membri della giuria il presidente Guido De Maria, Laura Panini, Olivier Raynaud (Francia) e la sottoscritta, Raffaella Spinazzi / Fany.  

Quanto ci siamo divertiti! 

Alla fine ha vinto la coppia norvegese formata da Egil Nyhus e la moglie .
Al secondo posto ci siamo classificati io e Agim Sulaj, tutto merito di Agim.


 
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domenica 29 agosto 2021

Celebrato il premio dei World Humor Awards 2021



Celebrato il premio dei World Humor Awards 2021

Speciale per Fany Blog


di Francisco Puñal Suárez

Foto di Marco de Angelis


Con grande gioia ed emozione per gli organizzatori ei vincitori, la tanto attesa cerimonia si è svolta al Castello di Bardi, a 60 chilometri da Salsomaggiore, provincia di Parma, Italia.

A questo concorso internazionale World Humor Awards, organizzato dall'Associazione Culturale Lepidus, nella città italiana di Salsomaggiore, in provincia di Parma, Italia, i comici grafici partecipano su invito. Quest'anno 250 autori da 75 paesi hanno inviato le loro opere, e oltre al tema libero per la caricatura personale, il tema centrale è stato "Il pianeta avvelenato", vinto dall'italiana Margherita Allegri.

Queste le parole dei principali vincitori: l'italiana Margherita Allegri nel disegno umoristico e il basco Asier Sanz, nella caricatura personale.


Margherita Allegri:

“Ricevere un premio così prestigioso mi riempie di gioia e orgoglio quindi vorrei ringraziare la giuria e l’organizzazione di Word Humor Award per questo invito.

Per creare il mio lavoro solitamente non devo mai andare molto lontano, la quotidianità offre tanti spunti di riflessione che ho imparato a osservare”.


“La mia, ad esempio, è quella di una madre che si trova spesso a disegnare con bambini in casa, nelle scuole, nelle biblioteche o nei musei”.


“L’ idea per la vignetta vincitrice, in effetti, mi è arrivata sul divano di casa. Le fiabe classiche e la strega disneyana di Biancaneve, che in quei giorni stavo guardando con mia figlia in TV, mi sono subito sembrati un bel modo di interpretare un tema oscuro e velenoso come quello del cambiamento ambientale. Quella strega così ossuta, con gli occhi incavati, è davvero mostruosa, ma me ne sono resa conto solo attraverso lo sguardo di mia figlia, che la vedeva per la prima volta”.


“Questo mi ha fatto pensare che i mostri visti con gli occhi dei bambini sono più mostruosi di tutti i mostri che noi adulti possiamo immaginare”. 


“E devo anche dire che le rassicurazioni che forniamo noi “grandi" non sono mai così convincenti”.


“Sono davvero contenta che questa visione del tema abbia trovato il favore della Giuria, ma vorrei prima di tutto ringraziare la mia famiglia per gli stimoli che inconsapevolmente mi offre e  per il supporto quotidiano.

Trovare il lato ironico della propria vita mi sembra una buona forma di resistenza non passiva…quindi viva l’umorismo!”




Asier Sanz

“È un grande onore per me ricevere questo prestigioso premio di caricatura al 6° World Humor Awards con i migliori fumettisti internazionali. Mi sento molto grato e voglio ringraziare la giuria e l'organizzazione del World Humor Awards per la loro generosità e per avermi invitato nel paese di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, Botticelli, Tiziano, Caravaggio, Dante... E per ricevere questo premio in questo leggendario Castello di Bardi.
“Uno dei miei artisti preferiti è Picasso e ha una frase che mi ispira molto: "Tutto ciò che può essere immaginato è reale".
“Per creare il mio collage di Trump ho immaginato che Trump potesse essere fatto da una costoletta di vitello e ho passato sei mesi a setacciare macellerie e supermercati finché, finalmente, eureka! Ho trovato una carne che era più o meno della sua forma, ho tagliato il contorno con un coltello e voilà! Trump”.
“Sono molto felice che questo collage abbia ricevuto il primo premio perché per me rappresenta la mia filosofia di lavoro: credere nell'impossibile. È il collage che mi ha richiesto più tempo per creare. È stato come un miracolo per me.
Grazie mille per il vostro amore, riconoscimento e per avermi reso felice.
Lunga vita ai World Humor Awards!”



Chiediamo a Marco de Angelis, noto fumettista italiano e membro della
Giuria di questa sesta edizione dei World Humor Awards, di darci la sua opinione
su questi due principali riconoscimenti assegnati.


Marco de Angelis:

“Abbiamo apprezzato la capacità di Margherita Allegri di usare gli iconici personaggi e la morale della favola di Biancaneve per interpretare con efficacia
e in modo originale il tema proposto: nel racconto della nonna la mela avvelenata
è una Terra inquinata, mortale per Biancaneve come per tutti noi.
Il piacevole stile grafico dell'autrice (nota soprattutto nell'illustrazione per ragazzi)
si è perfettamente prestato per inviare un messaggio di grande efficacia satirica”.



Asier Sanz ci ha sempre colpito per la sua capacità caricaturale e il suo stile personale.
Si resta stupiti di fronte alla sua originalissima abilità nel realizzare somiglianti collages e
caricature tridimensionali con l'uso di oggetti imprevedibili.
In questa bistecca cruda c'è il profilo perfetto del presidente americano Donald Trump;
ma in questo pezzo di carne c'è anche la sintesi simbolica del suo spirito, il suo rozzo carattere,
che lo fa sembrare più un cowboy che un newyorkese”.




La giuria di questa sesta edizione dei World Humor Awards era presieduta da
Guido de María, e composta anche da Marco de Angelis, Regina Vetter, Marzio Dall Acqua,
Gianandrea Bianchi, Laura Panini, Lucio Trojano, Raffaella Spinazzi e Olivier Raynaud.


Gli altri due vincitori nella categoria della caricatura personale in questa sesta edizione
dei World Humor Awards sono stati:
Silver Trophy per Marcelo Guerra, dall'Argentina;
e il Trofeo di Bronzo è stato vinto dal francese Jean Michel Renault.

Nella categoria disegno, con il tema "Il pianeta avvelenato",
il Trofeo d'Oro è andato all'italiana Margherita Allegri;
quello d'argento, Yong Zhang, dalla Cina;
e quello di Bronzo a Egil Nyhus, dalla Norvegia.


Gli Excellence Awards sono stati inoltre assegnati a:
Milko Dalla Battista, Italia; Ali Mirae, Irtan; Hani Abbas, Palestina; Gatis Sluka, Lettonia,
e Agim Sulaj, dall'Albania.


Altri Premi Speciali sono stati assegnati anche ad autori italiani:


Premio “RINO MONTANARI” – Caricatura RICCARDO MAZZOLI “ANIMAZZOLI” Italy Premio “HUMOR IN COMICS” – L’umorismo nel fumetto LEO ORTOLANI Italy Premio BUDUAR – Maestro dell’arte leggera EMILIO ISCA Italy SPECIAL GUEST - FRANCESCO TULLIO ALTAN Italy


















martedì 24 agosto 2021

L'ultimo articolo di Gino Strada ci spiega la guerra in Afghanistan


Uragano Talebano
© GIO / Mariagrazia Quaranta



L’ULTIMO ARTICOLO DI GINO STRADA del 13 agosto SU “LA STAMPA”

parla della GUERRA IN AFGHANISTAN, FALLIMENTO DEL TUTTO PREVEDIBILE

Ecco l’ultimo articolo di Gino Strada, pubblicato da  “La Stampa” in prima pagina, con il titolo “Così ho visto morire Kabul”.

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di Gino Strada per “La Stampa”, 13 agosto

Si parla molto di Afghanistan in questi giorni, dopo anni di coprifuoco mediatico. È difficile ignorare la notizia diffusa ieri: i talebani hanno conquistato anche Lashkar Gah e avanzano molto velocemente, le ambasciate evacuano il loro personale, si teme per l’aeroporto. Non mi sorprende questa situazione, come non dovrebbe sorprendere nessuno che abbia una discreta conoscenza dell’Afghanistan o almeno buona memoria. Mi sembra che manchino - meglio: che siano sempre mancate - entrambe. La guerra all’Afghanistan è stata - né più né meno - una guerra di aggressione iniziata all’indomani dell’attacco dell’11 settembre, dagli Stati Uniti a cui si sono accodati tutti i Paesi occidentali.

Il Consiglio di Sicurezza - unico organismo internazionale che ha il diritto di ricorrere all’uso della forza - era intervenuto il giorno dopo l’attentato con la risoluzione numero 1368, ma venne ignorato: gli Usa procedettero con una iniziativa militare autonoma (e quindi nella totale illegalità internazionale) perché la decisione di attaccare militarmente e di occupare l’Afghanistan era stata presa nell’autunno del 2000 già dall’Amministrazione Clinton, come si leggeva all’epoca sui giornali pakistani e come suggerisce la tempistica dell’intervento. Il 7 ottobre 2001 l’aviazione Usa diede il via ai bombardamenti aerei.

Ufficialmente l’Afghanistan veniva attaccato perché forniva ospitalità e supporto alla “guerra santa” anti-Usa di Osama bin Laden. Così la “guerra al terrorismo” diventò di fatto la guerra per l’eliminazione del regime talebano al potere dal settembre 1996, dopo che per almeno due anni gli Stati Uniti avevano “trattato” per trovare un accordo con i talebani stessi: il riconoscimento formale e il sostegno economico al regime di Kabul in cambio del controllo delle multinazionali Usa del petrolio sui futuri oleodotti e gasdotti dall’Asia centrale fino al mare, cioè al Pakistan. Ed era innanzitutto il Pakistan (insieme a molti Paesi del Golfo) che aveva dato vita, equipaggiato e finanziato i talebani a partire dal 1994.

Il 7 novembre 2001, il 92 per cento circa dei parlamentari italiani approvò una risoluzione a favore della guerra. Chi allora si opponeva alla partecipazione dell’Italia alla missione militare, contraria alla Costituzione oltre che a qualunque logica, veniva accusato pubblicamente di essere un traditore dell’Occidente, un amico dei terroristi, un’anima bella nel migliore dei casi. Invito qualche volonteroso a fare questa ricerca sui giornali di allora perché sarebbe educativo per tutti. L’intervento della coalizione internazionale si tradusse, nei primi tre mesi del 2001, solo a Kabul e dintorni, in un numero vittime civili superiore agli attentati di New York. Nei mesi e negli anni successivi le informazioni sulle vittime sono diventate più incerte: secondo “Costs of War” della Brown University, circa 241 mila persone sono state vittime dirette della guerra e altre centinaia di migliaia sono morte a causa della fame, delle malattie e della mancanza di servizi essenziali. Solo nell’ultimo decennio, la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) ha registrato almeno 28.866 bambini morti o feriti. E sono numeri certamente sottostimati.

Ho vissuto in Afghanistan complessivamente 7 anni: ho visto aumentare il numero dei feriti e la violenza, mentre il Paese veniva progressivamente divorato dall’insicurezza e dalla corruzione. Dicevamo 20 anni fa che questa guerra sarebbe stata un disastro per tutti. Oggi l’esito di quell’aggressione è sotto i nostri occhi: un fallimento da ogni punto di vista. Oltre alle 241 mila vittime e ai 5 milioni di sfollati, tra interni e richiedenti asilo, l’Afghanistan oggi è un Paese che sta per precipitare di nuovo in una guerra civile, i talebani sono più forti di prima, le truppe internazionali sono state sconfitte e la loro presenza e autorevolezza nell’area è ancora più debole che nel 2001. E soprattutto è un Paese distrutto, da cui chi può cerca di scappare anche se sa che dovrà patire l’inferno per arrivare in Europa. E proprio in questi giorni alcuni Paesi europei contestano la decisione della Commissione europea di mettere uno stop ai rimpatri dei profughi afgani in un Paese in fiamme.

Per finanziare tutto questo, gli Stati Uniti hanno speso complessivamente oltre 2 mila miliardi di dollari, l’Italia 8,5 miliardi di Euro. Le grandi industrie di armi ringraziano: alla fine sono solo loro a trarre un bilancio positivo da questa guerra. Se quel fiume di denaro fosse andato all’Afghanistan, adesso il Paese sarebbe una grande Svizzera. E peraltro, alla fine, forse gli occidentali sarebbero riusciti ad averne così un qualche controllo, mentre ora sono costretti a fuggire con la coda fra le gambe. Ci sono delle persone che in quel Paese distrutto cercano ancora di tutelare i diritti essenziali. Ad esempio, gli ospedali e lo staff di Emergency - pieni di feriti - continuano a lavorare in mezzo ai combattimenti, correndo anche dei rischi per la propria incolumità: non posso scrivere di Afghanistan senza pensare prima di tutto a loro e agli afghani che stanno soffrendo in questo momento, veri “eroi di guerra”.


Catene - GIO / Mariagrazia Quaranta



«Sì, è uno scontro di civiltà», lettera di Gino Strada da Kabul 

(Strada fu tra i primi, già negli anni '90, a ritenere un errore la guerra in Afghanistan, a profetizzare che non avrebbe portato a nessuno degli obiettivi sperati e certo non alla pace)

Di questi tempi si sente spesso discorrere di «scontro di civiltà», e credo che ciò sia vero. Non nel senso che due mondi e due culture, quelli occidentali e quelli islamici, siano entrati in rotta di collisione: questo è del tutto falso. Ad essere in crisi è, piuttosto, l’idea stessa di «civiltà», o meglio la nostra idea di civiltà.

È come se, in una nuova Macondo, non riconoscessimo più i principî, i concetti, perfino le parole. L’occupazione militare di un paese sovrano diventa missione di «peace-keeping», l’assassinio di cinquemila civili afgani sotto le bombe – ero in Afghanistan in quel periodo – si trasforma in «guerra al terrorismo». Cinquemila esseri umani spariti nel nulla, «effetti collaterali», cavie da laboratorio.

Non ci deve sorprendere il disagio che proviamo, né la nostra spaventosa capacità di digerire ogni orrore della guerra. È frutto di una prolungata e puntuale opera di condizionamento dei nostri cervelli, una ferita prodotta da «un’arma» nuova e micidiale: l’informazione.

Un’arma di «distrazione» di massa.

Il mio mestiere di chirurgo mi ha portato a vivere in mezzo alle guerre negli ultimi 15 anni, in Africa, in Asia, in America latina, perfino nella nostra Europa. Forse questo mi rende refrattario alla manipolazione, almeno sulla guerra. Perché quella che ho visto in molti paesi non c’entra niente con la favola che ho sentito raccontare da giornali e televisioni: la guerra che ristabilisce diritti umani, la guerra che porta la pace, la guerra che libera le donne. Non ci sono, non esistono. Non c’è guerra umanitaria, non può esserci uccisione degli uomini in nome dell’uomo.

Facciamo la guerra? A chi? La guerra si fa al nemico, lo si colpisce il più duro possibile. Ho visto il nemico sconfitto, annientato. Bambini fatti a pezzi dalle bombe e dalle mine antiuomo, o lasciati spegnere da malattie diventate incurabili per l’embargo alle medicine. Loro sono stati colpiti, loro sono stati il nostro nemico. Per qualcuno di noi – cittadini del nostro stesso pianeta – sono solo «effetti», non esseri umani. Mi spaventa solo lo scriverlo.

Il nemico «ufficiale» invece, quello che non abbiamo colpito, è sempre lì. È il mostro, o il mostro di turno, il feroce dittatore che chiamavamo presidente finché eravamo noi ad armarlo. Nell’ultima metà del secolo scorso abbiamo assistito a un rito macabro: in tutti i conflitti decisi da politici e generali, su dieci morti, nove sono stati civili. Un dato statistico inoppugnabile.

Che orrendo gioco è questo? Perché molti nostri «governanti» ci stanno mentendo, e ci propongono la guerra per difendere «la nostra sicurezza»? La sicurezza di noi tutti, cittadini del pianeta, dipende invece – lo sappiamo benissimo – dalla nostra capacità di mettere al bando la guerra, di farla sparire dalla faccia della Terra, di lottare contro la guerra con forza, come stiamo facendo per vincere il cancro.

È un compito difficile ma improrogabile che spetta a noi, donne e uomini di questo inizio di millennio. Dobbiamo riuscirci, e in tempi brevi, perché le armi di distruzione di massa, anche quelle progettate «per la nostra sicurezza», rischiano di distruggerci e di consegnare un mondo inospitale alle generazioni future. Come siamo potuti arrivare fin qui?

Se centinaia di milioni di noi muoiono ogni anno di fame e di guerra, di malattia e di povertà, se siamo arrivati al punto che la guerra – che le famiglie europee hanno ben conosciuto – ci viene offerta come condizione normale di vita, ciò è potuto accadere solo perché nel mondo c’è poca democrazia, molto poca. Certo è responsabilità di molti, a cominciare da chi non si è mai preoccupato di quel che gli succedeva intorno. Mancanza di partecipazione, disinteresse alla politica. Non ci siamo preoccupati che la politica del paese militarmente più forte fosse decisa da elezioni finanziate per tre miliardi di dollari dalle varie «corporation», e le corporation hanno fatto il loro lavoro. Ciascuna lobby ci ha indicato il «suo» politico, non il nostro.

Ci presentano due candidati, entrambi loro, e noi scegliamo. O meglio, come è successo nelle ultime elezioni Usa, il 30 per cento della popolazione sceglie e alla fine la Corte Suprema dichiara il vincitore senza passare per la conta dei voti. Se davvero chi governa esprimesse, rappresentasse il volere del popolo, l’Europa non sarebbe lacerata com’è. I popoli dell’Europa, la grande maggioranza dei cittadini europei, non vogliono la guerra all’Iraq. Anzi, non vogliono più nessuna guerra: la ritengono una barbarie, contraria all’etica e alla ragione umana.

Eppure alcuni governanti non considerano affatto l’opinione dei loro governati – tantomeno si sognano di indire consultazioni popolari – e vogliono portare il paese in guerra contro la volontà dei cittadini. Magari violando, come è già successo in Italia ad opera di governi di centro-sinistra e di centro-destra, la stessa Costituzione. In occasione della guerra all’Afghanistan, il 92 per cento del parlamento italiano ha votato per la guerra, cioè contro la Costituzione del proprio paese. Un esempio che ben chiarisce quanto grande sia il bisogno di democrazia, soprattutto di questi tempi. Gli Stati Uniti sono lì a dimostrare quanto la democrazia faccia a pugni con la guerra, quanto sia incompatibile.

I cittadini di quel paese stanno pagando un prezzo enorme: possono venire arrestati, interrogati con le moderne tecnologie, perfino giustiziati, senza passare da un tribunale, senza diritto a una difesa. È la nuova legge, che seppellisce la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Quant’altra democrazia ha già macinato nel mondo il bellicismo della giunta petrolifera al potere negli Usa? Diritto internazionale, accordo di Kyoto, Corte penale, Convenzioni di Ginevra, autonomia delle Nazioni Unite… Io mi sento solidale con il popolo statunitense, e sono contrario a quel «governo», il loro, che annienta persino la libertà dei propri cittadini, che agisce «contro il suo stesso popolo». E credo che essere contrari alla politica di George Bush e dei suoi amici sia un imperativo morale per tutte le persone per bene che abitano il pianeta.

Perché la politica in quel paese – e non solo in quello, ahimè – è stata usurpata da lobby pronte «a colpire» se vedranno «minacciati» i loro interessi, che spacciano per «interessi nazionali». Sono quegli interessi che oggi dettano la politica. La politica non è più cosa per cittadini, non deve più sforzarsi di migliorare la cosa pubblica e il nostro vivere associati. Oggi la politica serve gli interessi privati dei «Signori della Politica», di chi la finanzia e la controlla. Che sono anche i Signori della Guerra.

Hanno scelto la guerra. Perché fa aumentare vertiginosamente i loro conti correnti, ma soprattutto perché l’uso illimitato e indiscriminato della forza è l’unico mezzo che hanno ormai a disposizione per mantenere la situazione attuale, quella che vede meno del 20 per cento degli uomini possedere più dell’80 per cento delle ricchezze del mondo. Le armi per mantenere ad ogni costo i privilegi di pochi. Un ritorno al passato, nella storia dell’uomo, altro che new economy.

Questa è la vera guerra mai dichiarata: la guerra ai poveri del mondo, agli emarginati, agli sfruttati, ai deboli, ai diversi, la guerra a tutti gli «spendibili», vittime designate dei nostri consumi.

In molti hanno trovato il coraggio di una ribellione morale e si rifiutano di essere complici di chi pensa, dopo averli spogliati di tutti i loro averi, di eliminare i poveri anziché la povertà. Mai come oggi il mondo è stato percorso da una voglia di cambiamento così forte, mai si erano visti tanti milioni di persone mobilitarsi per la pace. Chiedono pace. E hanno voglia di giustizia, non di Guantanamo. Hanno voglia di diritti, per tutti, magari perché nella loro umanità residua ancora riescono a sentirsi meglio se nessuno muore di fame intorno a loro, anche se a migliaia di chilometri. Hanno voglia di un mondo più umano, più giusto, più solidale, un mondo di donne e uomini «liberi ed eguali in dignità e diritti». Perché ancora credono che quell’«effetto collaterale», cui nessuno porterà un fiore né una coccarda, abbia in realtà una faccia e un nome, una storia e degli affetti. Insomma credono che sia uno di noi, e che sia un valore per tutti che lui continui ad esistere. E credono che la vita umana, di ciascuno di noi, sia un valore, un fine, e che non possa mai essere ridotta a un mezzo, assoggettabile o addirittura spendibile, sull’altare della finanza o del mercato, o della politica. È l’etica – ritengono – che deve guidare la politica, non viceversa.

Utopia, pacifismo infantile?

Assolutamente no. Anzi, un progetto in via di realizzazione. Il 15 febbraio i cittadini del mondo hanno chiesto pace, e i governanti non potranno girarsi dall’altra parte. L’arma di «distrazione» di massa si è inceppata, i cittadini hanno ricominciato a capire il senso delle parole. Prima fra tutte, «democrazia»: non sarà più permesso ai governi di dichiarare guerre a nome dei popoli. Il mondo non sarà più lo stesso, dopo il 15 febbraio.

Kabul, 16 febbraio 2003


Nota:  Era il 15 febbraio 2003. In tutto il mondo 110 milioni di persone scendevano in piazza in più di 600 città contro la guerra in Iraq. In Italia la manifestazione di Roma portò in piazza 3 milioni di persone, ed entrò nel Guinness Book of Records come la più grande manifestazione contro la guerra della storia. Dal gennaio si discuteva di una coalizione militare per aggredire l’Iraq, una guerra non ancora iniziata ma già preannunciata.

Com’è noto, l’Iraq venne attaccato un mese dopo, a marzo. L’Italia partecipò all’invasione assieme agli USA e ai paesi alleati. Una sporca guerra per il petrolio, giustificata con menzogne di ogni tipo che i media diffusero a reti unificate: il dittatore da rovesciare per portare la “democrazia”, le armi chimiche mai trovate, i legami col terrorismo inesistenti. Nell’Iraq occupato e ridotto a in macerie originano l’Isis e molti dei problemi che oggi affliggono il Medio Oriente.

I vincitori del concorso CARICARUSO



Si è tenuta sabato sera (21 agosto) la premiazione del concorso Caricaruso. Una caricatura per Enrico Caruso promosso dall’Associazione nazionale Case della Memoria nell’ambito del cartellone di eventi messo a punto dalle rete di case museo per ricordare il grande tenore in occasione dei cento anni dalla scomparsa (1873-1921). Oltre che un maestro del canto, Caruso, che ha tuttora a Lastra a Signa (Firenze), una Casa della memoria e un museo che lo ricordano, è stato infatti anche un eccellente caricaturista: per questo motivo l’associazione ha pensato di ricordarlo con un omaggio dei colleghi di lapis.

La manifestazione ha registrato la partecipazione di 134 caricature pervenute da tutto il mondo. Fra queste sono state scelte le 81 finaliste, protagoniste della mostra promossa da Comune di Viareggio e Fondazione Festival Pucciniano. Un’esposizione inaugurata il 2 agosto nel foyer del Gran Teatro Puccini e che, alla luce del successo registrato, è stata prorogata fino al 30 agosto.

L'evento ha registrato la partecipazione di 134 caricature ricevute da tutto il mondo.

Tra questi gli 81 finalisti, protagonisti della mostra promossa dal Comune di Viareggio e Fondazione Pucciniano Festival.

Una mostra inaugurata il 2 agosto nel foyer del Gran Teatro Puccini e che, visto il successo registrato, è stata prorogata fino al 30 agosto Tra gli 81 finalisti sono stati scelti i vincitori, selezionati da una giuria internazionale di esperti e da una giuria popolare. 

 

Questi sono i risultati: 

Primo premio ex aequo: ad Alireza Pakdel (Iran, tecnica digitale) e Theodosis Teneketzidis (Grecia, matita su carta). 

 

Secondo premio ex aequo a:

Morhaf Youssef (Siria, tecnica manuale e digitale)

Emil Idzikowski (Polonia)

Pedro Silva (Portogallo lapislazzuli)

Raffaello Gori (Italia, tecnica digitale)

 






Cinque menzioni speciali:

Marco Martellini (Italia, matita su carta)

Ángel Ramiro Zapata Mora (Colombia, tecnica digitale)

Omar Zevallos Velarde (Perù, inchiostro)

Enrico Guerrini (Italia, tecnica tradizionale)

Chistophe Bod' (Francia, Tecnica) digitale)


Un grazie speciale all' Associazión Canaria de Humoristas Gráficos y Caricaturistas nella persona del suo Presidente, Néstor Dámaso del Pino, che oltre a essere coorganizzatore ha anche donato la caricatura di Enrico Caruso che è diventata l’immagine del concorso.



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lunedì 23 agosto 2021

L'European Cartoon Award 2021 annuncia i suoi 16 candidati

 


L'European Cartoon Award 2021 annuncia i suoi 16 candidati

L'European Cartoon Award annuncia i nominati per la sua edizione 2021. 16 opere sono state selezionate dalla giuria e dalla giuria dei vincitori su un totale di 287 proposte, inviate da fumettisti provenienti da 28 paesi. Queste vignette raccontano la storia dell'anno passato, che vanno dalla pandemia di coronavirus e dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, alla Brexit, alle migrazioni e al più recente attacco ai giornalisti in Bielorussia.

A settembre uscirà il nome del fumettista vincitore del prestigioso premio ECA 2021 di 10.000 euro e dei due secondi classificati.

Guarda le 16 vignette a questo link : https://www. Europeanpressprize.com/ cartoon-award/shortlist-2021/


I nominati

Dal gruppo di 14 fumettisti che hanno raggiunto la fase finale dell'ECA, la giuria identificherà un vincitore e due secondi classificati, scelti per l'intensità e la rilevanza che il loro lavoro ha avuto a livello internazionale. I nominati sono: André Carrilho, Vitor Neves e Vasco Gargalo e Pedro Silva dal Portogallo; Marco de Angelis dall'Italia; Niels Bo Bojesen dalla Danimarca; Musa Gumus dalla Turchia; Osama Hajjaj dalla Giordania; Tchavdar Nikolov dalla Bulgaria; Saeed Sadeghi dall'Iran; Tom Janssen, Hajo de Rejiger e Tjeerd Royaards dai Paesi Bassi; e Konstantinos Tsanakas - DINO, dalla Grecia.


La giuria

La giuria era composta da: Janet Anderson (presidente), Khalid Albaih, Gian-Paolo Accardo, Paulo Jorge Fernandes, Anne Derenne. La giuria dei vincitori ha contato cinque tra i nominati dell'anno precedente: Costel Patrascan, Mette Dreyer, Claudio Antonio Gomes, Halit Kurtulmuş, Tomás Serrano.


Una parola dagli organizzatori

Thomas van Neerbos , direttore dell'European Press Prize

“I fumettisti sono una 'specie in via di estinzione': affrontano sempre più resistenze, minacce e talvolta anche censure. Il loro spazio sta diventando sempre più ristretto, sia nel "tempo di trasmissione" letterale che nei temi che affrontano. Questo vale anche per i fumettisti qui in Europa».

Gonny Willems , direttore dello Studio Europa Maastricht

“In questi tempi di polarizzazione senza precedenti, c'è sempre più una mancanza di comprensione per la prospettiva dell'altro e un suono critico ben fondato. Il potere delle vignette politiche è di offrire un'apertura alla verità dell'altro con ironia, umorismo e acutezza”.

A proposito del Premio Cartoon Europeo

L'European Cartoon Award è stato fondato dall'European Press Prize e dallo Studio Europa Maastricht nel 2019, anno in cui il New York Times ha deciso di interrompere del tutto la pubblicazione di vignette editoriali. Entrambe le organizzazioni mirano a premiare il coraggio e la qualità nel campo del fumetto, incoraggiando i fumettisti a continuare il loro compito essenziale, cruciale per una sana società democratica, sia all'interno che all'esterno dell'Europa. 


Il centro Librexpression ha recentemente aderito all'ECA come partner editoriale.