15 SETTEMBRE - 25 SETTEMBRE | ORARI DI APERTURA 10.00 - 13.00 / 17.00 - 21.00
MONASTERO DI SAN BENEDETTO - CONVERSANO
| EXIT | POPULISMI | EURO | LIBERTÀ DI ESPRESSIONE | TERRORISMO | IMMIGRAZIONE | GOVERNANCE |
LE SFIDE DELL'EUROPA IN 50 VIGNETTE
Le sfide dell’Europa in 50 vignette. (altre info su facebook: https://www. facebook.com/events/ 779551105481989/)
"All’interno del suggestivo Monastero di San Benedetto di Conversano, in mostra cinquanta vignette satiriche che raccontano i grandi temi legati all'Europa. Dall'exit ai populismi, dalla libertà di espressione all'euro, dal terrorirmo all'immigrazione e governance.
Tra gli autori delle vignette Sergio Staino, Agim Sulaj, Tom Janssen, Niels Bo Bojesen, Corvo Rosso, Marco De Angelis, Assunta Toti Buratti, Dino Aloi, Nicolas Vadot, Uber, Ioannou, Fabio Magnasciutti, Marco Tonus, Patrick Chapatte, Gian Lorenzo Ingrami, Arend Van Dam, Costanza Prinetti, Alessio Atrei, Furio Sandrini, Walter Leoni - Totally Unnecessary Comics, Andrea Righi, Carlo Casaburi, Frankezze, Duccio Maria Gambi, Andrea Righi, Marilena Nardi, Kap, Ramses Morales (The Cartoon Movement) , Maurizio Boscarol, Paride Puglia e altri ancora.
La mostra è a cura di Thierry Vissol.
Apertura: 10:00-13:00 / 17:00-21:00"
Tra gli autori delle vignette Sergio Staino, Agim Sulaj, Tom Janssen, Niels Bo Bojesen, Corvo Rosso, Marco De Angelis, Assunta Toti Buratti, Dino Aloi, Nicolas Vadot, Uber, Ioannou, Fabio Magnasciutti, Marco Tonus, Patrick Chapatte, Gian Lorenzo Ingrami, Arend Van Dam, Costanza Prinetti, Alessio Atrei, Furio Sandrini, Walter Leoni - Totally Unnecessary Comics, Andrea Righi, Carlo Casaburi, Frankezze, Duccio Maria Gambi, Andrea Righi, Marilena Nardi, Kap, Ramses Morales (The Cartoon Movement) , Maurizio Boscarol, Paride Puglia e altri ancora.
La mostra è a cura di Thierry Vissol.
Apertura: 10:00-13:00 / 17:00-21:00"
“Europa che fatica!”, vignetta realizzata da Marilena Nardi per l'edizione 2016 del concorso Una vignetta per l'Europa. |
Le sfide dell’Europa
Alla fine degli anni Novanta, responsabile dell'informazione dei consumatori per il passaggio
all'euro, giravo l'Europa, provando a stimolare l'impegno degli enti locali nella formazione dei loro cittadini. Durante uno di questi giri, incontrai il Presidente di una Regione francese, un giurista, eminente professore di diritto internazionale ed europeista convinto. A lui chiesi perché non organizzava un dibattito con la sua giunta al fine di lanciare e finanziare un'operazione di informazione-formazione dei cittadini sul cambiamento della moneta – un cambiamento non semplice per dire il meno. Mi rispose: "Non posso, l'euro e l'Europa sono dei temi che irritano, rischio la mia maggioranza".
Una reazione che era condivisa da molti dei miei contatti politici, sindacalisti o associazioni di consumatori, reazione tuttora sempre più diffusa. Cinque anni dopo, ero responsabile per
lo sviluppo di una nuova politica audiovisiva d'informazione sull'Europa. Lavoravo quindi con le principali testate audiovisive europee. Alla mia domanda: '' Perché al di là della cronaca europea ma declinata sempre in chiave nazionale, non parlate di politica e di politiche europee. Non sono temi che toccano la vita dei cittadini?''
La risposta era sempre la stessa: ''L'Europa non fa audience.''
Qualche anno fa, ho ricevuto la missione di provare a creare uno spazio pubblico (cioè di dibattito politico aperto) europeo nello spazio pubblico italiano. Una delle mie prime mosse fu di informarmi sulle scuole di giornalismo e sui programmi dedicati alla formazione dei loro studenti, sul funzionamento, le competenze, i mezzi e le politiche delle istituzioni europee. Rimasi molto stupito nel constatare che tali materie fossero marginali se non completamente
assenti. Ovviamente, esistono bravi giornalisti in grado di parlare con cognizione di causa dei temi europei. Tuttavia sono una minoranza, spesso marginalizzati nelle loro testate. Questo spiega in gran parte perché, ancora oggi - sessantacinque anni dopo la creazione della prima istituzione europea (la CECA la Comunità europea del carbone e dell'acciaio) - si può ancora sentire sulle grandi reti audiovisive giornalisti confondere il Consiglio d'Europa con il Consiglio europeo, attribuire all'Europa delle competenze che non ha o leggere, in un grande quotidiano nazionale in occasione del recente incontro estivo, dei primi ministri francese, tedesco e italiano a Ventotene, referenza ad un tale "Arturo" Spinelli invece che Altiero
Spinelli.
I cittadini sono presi in una tenaglia. Da un lato, dei politici che in materia d'Europa applicano l'atteggiamento dello struzzo o la usano come capro espiatorio. Dall'altro, dei media e dei giornalisti che rinunciano a quello che dovrebbe essere il loro ruolo: quello di mediatori - a tutto vantaggio della cronaca nera (24h 7giorni alla settimana) e dello spettacolo di questa cronaca (che purtroppo fa audience). Un ruolo ben definito dal giornalista Giorgio Zanchini:
'Il giornalismo è tuttora selezione, gerarchizzazione e presentazione di informazioni
finalizzate alla riduzione della complessità sociale.' Non è quindi stupefacente la regressione del dibattito politico europeo, della consapevolezza dei cittadini in materia di democrazia e di vedere fiorire invettive e parolacce piuttosto che argomenti e dibattiti; di leggere commenti sui social networks che paragonano politica Europea e nazismo, utilizzando un'inflazione di parole inadeguate, superlative, senza misura e storicamente sbagliate per qualificare situazioni
assolutamente incomparabili. Non è stupefacente la reazione dei cittadini britannici, inizialmente rallegrati del risultato del referendum per poi rimpiangere l'esito, giustificandosi di avere votato il Brexit su base di "inaccurate information" (informazione sbagliata)
ricevuta.
Pubblicizzando la sesta edizione del concorso "Una vignetta per l'Europa",
concorso di vignette satiriche dedicate ai temi europei, un commentatore mi ha scritto: ''Perché fare un concorso per aumentare la critica all'Europa?''
La mia risposta è semplice. Perché, contrariamente a molti altri tipi d'informazione, la satira non ricerca il protagonismo. Va al di là dalla società del "selfie" e dello spettacolo, un'evoluzione sociologica amplificata dall'uso e abuso dei social networks e dal "surfing veloce" sulle onde inarrestabili d'informazioni spesso inverificabili. Un tipo di società analizzata da Guy Debord, già nel 1967: "Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione (aggiungerei: e di consumo) si presenta come un'immensa accumulazione di spettacoli… la realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo diventa
reale.'' Perché appunto, la satira, quando fatta da professionisti che rispettano il loro pubblico, mette – con ironia - il dito nella piaga dei malfunzionamenti politici, sociali, economici; nella piaga sanguinosa dell'abbandono dei nostri valori democratici ed europei, come la solidarietà. Perché la satira è un colpo di frusta che dovrebbe contribuire ad aprire dibattito, contestazione e critica costruttiva, cioè nel senso positivo e cartesiano del termine. Perché, la satira ben fatta pone delle domande cruciali, con un umorismo che per natura deve essere graffiante, caricaturale. Delle domande alle quali politici, funzionari, giornalisti e specialisti dovrebbero essere desiderosi di rispondere. Delle domande che dovrebbero nutrire un sano dibattito politico e democratico. Delle domande alle quali i cittadini hanno il diritto di
ricevere risposte vere e non anestetizzate. Un dibattito al quale tutti noi cittadini abbiamo il dovere di contribuire per costruire un futuro vivibile.
Queste sono le fondamenta della democrazia, secondo me. Spero che la selezione delle vignette di questo catalogo che toccano le pieghe e le sfide presenti e future dell'Unione ne sia una dimostrazione.
Scarica il catalogo della mostra in pdf
Alcuni degli autori di questo catalogo :
Alla fine degli anni Novanta, responsabile dell'informazione dei consumatori per il passaggio
all'euro, giravo l'Europa, provando a stimolare l'impegno degli enti locali nella formazione dei loro cittadini. Durante uno di questi giri, incontrai il Presidente di una Regione francese, un giurista, eminente professore di diritto internazionale ed europeista convinto. A lui chiesi perché non organizzava un dibattito con la sua giunta al fine di lanciare e finanziare un'operazione di informazione-formazione dei cittadini sul cambiamento della moneta – un cambiamento non semplice per dire il meno. Mi rispose: "Non posso, l'euro e l'Europa sono dei temi che irritano, rischio la mia maggioranza".
Una reazione che era condivisa da molti dei miei contatti politici, sindacalisti o associazioni di consumatori, reazione tuttora sempre più diffusa. Cinque anni dopo, ero responsabile per
lo sviluppo di una nuova politica audiovisiva d'informazione sull'Europa. Lavoravo quindi con le principali testate audiovisive europee. Alla mia domanda: '' Perché al di là della cronaca europea ma declinata sempre in chiave nazionale, non parlate di politica e di politiche europee. Non sono temi che toccano la vita dei cittadini?''
La risposta era sempre la stessa: ''L'Europa non fa audience.''
Qualche anno fa, ho ricevuto la missione di provare a creare uno spazio pubblico (cioè di dibattito politico aperto) europeo nello spazio pubblico italiano. Una delle mie prime mosse fu di informarmi sulle scuole di giornalismo e sui programmi dedicati alla formazione dei loro studenti, sul funzionamento, le competenze, i mezzi e le politiche delle istituzioni europee. Rimasi molto stupito nel constatare che tali materie fossero marginali se non completamente
assenti. Ovviamente, esistono bravi giornalisti in grado di parlare con cognizione di causa dei temi europei. Tuttavia sono una minoranza, spesso marginalizzati nelle loro testate. Questo spiega in gran parte perché, ancora oggi - sessantacinque anni dopo la creazione della prima istituzione europea (la CECA la Comunità europea del carbone e dell'acciaio) - si può ancora sentire sulle grandi reti audiovisive giornalisti confondere il Consiglio d'Europa con il Consiglio europeo, attribuire all'Europa delle competenze che non ha o leggere, in un grande quotidiano nazionale in occasione del recente incontro estivo, dei primi ministri francese, tedesco e italiano a Ventotene, referenza ad un tale "Arturo" Spinelli invece che Altiero
Spinelli.
I cittadini sono presi in una tenaglia. Da un lato, dei politici che in materia d'Europa applicano l'atteggiamento dello struzzo o la usano come capro espiatorio. Dall'altro, dei media e dei giornalisti che rinunciano a quello che dovrebbe essere il loro ruolo: quello di mediatori - a tutto vantaggio della cronaca nera (24h 7giorni alla settimana) e dello spettacolo di questa cronaca (che purtroppo fa audience). Un ruolo ben definito dal giornalista Giorgio Zanchini:
'Il giornalismo è tuttora selezione, gerarchizzazione e presentazione di informazioni
finalizzate alla riduzione della complessità sociale.' Non è quindi stupefacente la regressione del dibattito politico europeo, della consapevolezza dei cittadini in materia di democrazia e di vedere fiorire invettive e parolacce piuttosto che argomenti e dibattiti; di leggere commenti sui social networks che paragonano politica Europea e nazismo, utilizzando un'inflazione di parole inadeguate, superlative, senza misura e storicamente sbagliate per qualificare situazioni
assolutamente incomparabili. Non è stupefacente la reazione dei cittadini britannici, inizialmente rallegrati del risultato del referendum per poi rimpiangere l'esito, giustificandosi di avere votato il Brexit su base di "inaccurate information" (informazione sbagliata)
ricevuta.
Pubblicizzando la sesta edizione del concorso "Una vignetta per l'Europa",
concorso di vignette satiriche dedicate ai temi europei, un commentatore mi ha scritto: ''Perché fare un concorso per aumentare la critica all'Europa?''
La mia risposta è semplice. Perché, contrariamente a molti altri tipi d'informazione, la satira non ricerca il protagonismo. Va al di là dalla società del "selfie" e dello spettacolo, un'evoluzione sociologica amplificata dall'uso e abuso dei social networks e dal "surfing veloce" sulle onde inarrestabili d'informazioni spesso inverificabili. Un tipo di società analizzata da Guy Debord, già nel 1967: "Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione (aggiungerei: e di consumo) si presenta come un'immensa accumulazione di spettacoli… la realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo diventa
reale.'' Perché appunto, la satira, quando fatta da professionisti che rispettano il loro pubblico, mette – con ironia - il dito nella piaga dei malfunzionamenti politici, sociali, economici; nella piaga sanguinosa dell'abbandono dei nostri valori democratici ed europei, come la solidarietà. Perché la satira è un colpo di frusta che dovrebbe contribuire ad aprire dibattito, contestazione e critica costruttiva, cioè nel senso positivo e cartesiano del termine. Perché, la satira ben fatta pone delle domande cruciali, con un umorismo che per natura deve essere graffiante, caricaturale. Delle domande alle quali politici, funzionari, giornalisti e specialisti dovrebbero essere desiderosi di rispondere. Delle domande che dovrebbero nutrire un sano dibattito politico e democratico. Delle domande alle quali i cittadini hanno il diritto di
ricevere risposte vere e non anestetizzate. Un dibattito al quale tutti noi cittadini abbiamo il dovere di contribuire per costruire un futuro vivibile.
Queste sono le fondamenta della democrazia, secondo me. Spero che la selezione delle vignette di questo catalogo che toccano le pieghe e le sfide presenti e future dell'Unione ne sia una dimostrazione.
Thierry Vissol
Ideatore e presidente
della giuria del Concorso
"Una vignetta per l'Europa"
Scarica il catalogo della mostra in pdf
Alcuni degli autori di questo catalogo :
“L'attentato a Bruxelles sembra la trama di un
copione già scritto. Anche noi però abbiamo avuto
la nostra strategia della tensione, che ha raggiunto
il culmine con la strage della stazione di Bologna.
Ecco, noi dobbiamo sapere che l'esercizio della
distinzione è decisivo. Un esercizio che, tra ascoltare
le notizie più importanti o leggere gli articoli
della maggioranza dei giornali, sembra abbiamo
dimenticato. Occorre che ognuno di noi abbia la
capacità di distinguere quelli che sono i processi
sociali e criminali, dai fenomeni religiosi e, all'interno
della dimensione religiosa, chi è a favore dell'assimilazione
dell'occidente. E aiutarli.”
Paride Puglia
“La satira, commento e informazione al tempo
stesso, è fatta di immagine e ragionamento, tutt'uno
sul filo del sorriso, divertito o amaro che sia.
Come la libertà di pensiero si manifesta nella satira,
così la mancanza di libertà non la indebolisce,
ma la rafforza. E' compito del disegnatore satirico
pungolare e stimolare.”
Marco De Angelis
“La satira è l’unica arma non violenta di cui possiamo
disporre. È un potente mezzo comunicativo
di denuncia sociale di cui abbiamo sempre più
bisogno. Senza la satira, il mondo sarebbe più triste
di quello che è”.
Giuseppe La Micela
“Credo che la satira possa sensibilizzare e cambiare
le coscienze. Sia come una lente attraverso
cui guardare e capire meglio la società e la politica.
In ogni caso, umorismo e satira svelano la
realtà e ne forniscono un’interpretazione acuta e
infine offrono un sorriso e, a volte, la speranza di
un cambiamento.”
Marilena Nardi
“Il Nobel per la Pace attribuito ad una Europa
che in realtà, e purtroppo, non ha ancora realizzato
quell’unità politica essenziale ad agire
come soggetto politico autorevole sulla scena
mondiale.
È quella manifestazione di pensiero talora di
altissimo livello che nei tempi si è addossata il
compito di castigare ridendo mores, ovvero di
indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili
o esecrabili di persone, al fine di ottenere,
mediante il riso suscitato, un esito finale di
carattere etico, correttivo cioè verso il bene.”
Gianfranco Uber
“Che la satira potesse diventare oggetto di attacco
terroristico credo non fosse immaginabile
nemmeno in romanzi di “fantastoria”.
Eppure è successo, sotto gli occhi del mondo.”
Dino Aloi
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La mostra delle vignette fa parte del Festival
LECTOR INFABULA'16
IL TEMA
GUARDA IL MONDO DOVE VA
Il mondo gira
E cambia anche molto in fretta.
Quanti saremo nel 2050?
L’Asia e l’Africa messe insieme rappresenteranno il 75 % della popolazione mondiale. L’Europa invece sarà più piccola.
Meno giovani e meno ricchi. Conteremo di meno.
Così cambiano gli scenari e si formano nuovi ordini mondiali.
Per il momento si vede solo molto disordine.
Il fondamentalismo ha dichiarato guerra all’occidente colpendo l’Europa nel cuore, nei suoi diritti, nella sua libertà.
Hanno ferito anche la satira, ma non riusciranno ad opporsi alle armi della cultura.
Intanto il populismo e i nazionalismi tornano di moda. Addio democrazia?
Sono finiti i partiti, è iniziata l’era dei meet-up, dei followers, dei gruppi social.
Gli interessi sono sempre meno collettivi e sempre più individuali.
I tempi si accorciano le distanze fisiche pure ma alla fine i divari e le diseguaglianze restano quelle.
Saremo tutti iper-connessi, tracciati, controllati. in una parola sola: trasparenti!
Saremo figli della quarta rivoluzione industriale.
Mentre il Novecento ci ha lasciato e forse anche lo Stato sociale.
Ma come sarà il nostro futuro?
Alla fine i problemi del mondo sono sempre gli stessi:
il controllo politico e militare, le migrazioni e la demografia, l’ambiente e la salute, Il petrolio e l’energia.
Siamo saliti su un treno ad alta velocità e non possiamo scendere in corsa.
Intanto… guardiamo il mondo dove va!