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domenica 12 settembre 2010

"Se l'andava cercando".


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Velo pietoso
Quando si uccide un uomo come Vassallo sotto il lenzuolo c'è tutta l'Italia.
Marilena Nardi http://www.marilenanardi.it/


"Se l'andava cercando".
L'infelice frase di Andreotti detta quando i funerali di Vassallo erano ancora da fare,
mi fa  rabbrividire maggiormente. Due episodi distinti ma uniti.


Giulio Andreotti
Portos
Etichette: Avv. Ambrosoli, Giulio Andreotti


Impiccioni
di Massimo Gramellini

Emilio Alessandrini, magistrato. Giorgio Ambrosoli, avvocato. Vittorio Bachelet, magistrato. Marco Biagi, professore. Paolo Borsellino, magistrato. Bruno Caccia, magistrato. Luigi Calabresi, poliziotto. Rocco Chinnici, magistrato. Carlo Casalegno, giornalista. Nini Cassarà, poliziotto. Francesco Coco, magistrato. Fulvio Croce, avvocato. Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale. Massimo D’Antona, professore. Mauro De Mauro, giornalista. Giuseppe Diana, sacerdote. Giovanni Falcone, magistrato. Francesco Fortugno, medico e politico. Boris Giuliano, poliziotto. Peppino Impastato, conduttore radiofonico. Pio La Torre, politico. Rosario Livatino, magistrato. Oreste Leonardi e con lui tutti gli agenti di scorta caduti sul lavoro. Giorgiana Masi, studentessa. Piersanti Mattarella, politico. Aldo Moro, politico. Francesca Morvillo, magistrato. Emanuele Notarbartolo, banchiere. Vittorio Occorsio, magistrato. Giuseppe «Joe» Petrosino, poliziotto. Pino Puglisi, sacerdote. Guido Rossa, sindacalista. Roberto Ruffilli, professore. Giancarlo Siani, giornalista. Antonino Scopelliti, magistrato. Giovanni Spampinato, giornalista. Ezio Tarantelli, professore. Walter Tobagi, giornalista. Angelo Vassallo, sindaco. E tanti, tanti altri.

Grazie, perché ve la siete andata a cercare. («Senatore Andreotti, come mai Ambrosoli, l’avvocato che indagava sugli illeciti di Sindona, fu ucciso da un killer nel 1979?». «Non voglio sostituirmi a polizia e giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando». Da La storia siamo noi, in onda ieri su Raitre).(La Stampa)



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SERGIO STAINO



Press a poco
La leggenda del sindaco pescatore
di Nadia Redoglia
Non hanno simulato un incidente che avrebbe potuto lasciare qualche dubbio sui mandanti. Perché il messaggio fosse ben chiaro l'hanno crivellato di colpi. Angelo Vassallo non solo faceva il sindaco nell'interesse del bene comune, ma lavorava per insegnare ai suoi colleghi il metodo per farlo bene. Univa la carica di primo cittadino al meritato onore d’essere vicepresidente delle "Città slow food". Lo chiamavano il sindaco pescatore. Fin da bambino gli era stato insegnato che è l’uomo il primo a dover amare e rispettare la natura fatta di cielo, terra e mare. Solo così può essere ricompensato. Il suo obiettivo era di dare una grossa mano ad agricoltori e pescatori. Mise a disposizione gratuitamente le piazze per la vendita diretta, senza intermediari, abbassando gli oneri fiscali in tempi di magra. Per i pescatori -quelli veri mica gli attila che annientano il mare- incentivò le cooperative, ristrutturando il porto per agevolarli. Ha dato l’opportunità ai cittadini di far valere la loro dignità: il solo modo per non aver più bisogno di padroni e padrini. Per la mafia è colpevole, dunque va condannato a morte. Pare che non ci sia petizione che tenga per l’orrore di casa nostra.(Articolo 21)





  Bandiera blu notte.
Angelo Vassallo, 57 anni, sindaco di Pollica.
MAURO BIANI - http://maurobiani.splinder.com/
Angelo Vassallo, 57 anni, sindaco di Pollica, Comune del Cilento, noto per la Bandiera Blu che ogni anno viene assegnato alle sue acque.


 Respiriamo tutti la stessa ariagiors e gugu STRISCE BAVOSE
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DEDICATA A TUTTI QUELLI CHE HANNO FATTO E CHE FANNO IL PROPRIO DOVERE
il poeta INSERTO SATIRICO

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Ambrosoli, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino...
ZARATHUSTRA http://www.cosiparlozarathustra.it/



http://www.sergiostaino.it/images/edicola/10-09-10.jpg
SERGIO STAINO

La notizia:

"Se l'andava cercando".

Per questo commento su Giorgio Ambrosoli, il liquidatore della banca privata italiana di Michele Sindona assassinato nel 1979, il senatore a vita Giulio Andreotti è nella bufera. Ha parlato di Ambrosoli e Sindona durante l'intervista a Giovanni Minoli per una puntata di "La storia siamo noi", in onda stasera su Raidue. "Non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici - risponde il senatore a vita alla domanda sul perché Ambrosoli fu ucciso -. Certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando". Parole destinate a innescare reazioni dal mondo della politica, soprattutto dal centrosinistra, e dalla famiglia dello stesso Ambrosoli. Il primo commento del figlio, l'avvocato Umberto Ambrosoli, è lapidario: quelle parole "si commentano da sole".

"Sono stato frainteso". Eppure Andreotti si dice sorpreso dall'indignazione suscitata dalle sue affermazioni. "Sono molto dispiaciuto - spiega in una nota - che una mia espressione in gergo romanesco abbia causato un grave fraintendimento sulle mie valutazioni delle tragiche circostanze della morte del dottor Ambrosoli". Con quel "se l'andava cercando", aggiunge Andreotti, "intendevo fare riferimento ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto con il difficile incarico assunto".
Comunicato che segue il lungo elenco di interventi a commento della diffusione della frase del senatore.







Notizie correlate:

giovedì 19 agosto 2010

Addio a Cossiga, il presidente picconatore.


Sergio Staino L'Unità



Portos

Morto il Presidente Emerito Francesco Cossiga...
Marilena Nardi http://www.marilenanardi.it/
Francesco Cossiga , nato a Sassari il 26 luglio del 1928, morto il 17 agosto 2010 a Roma. ha attraversato da protagonista la vita politica italiano dell'ultimo mezzo secolo. E' stato il più giovane sottosegretario (38 anni), il più giovane ministro degli Interni (48 anni), il più giovane Presidente del Senato (55 anni), il più giovane Presidente della Repubblica (57 anni). Il suo nome è legato alle "picconate" che diede alla classe politica negli ultimi due anni di soggiorno al Quirinale, ma anche ad episodi oscuri della Repubblica quali la vicenda Gladio, organizzazione segreta dell'Alleanza Atalantica contro il pericolo di invasione sovietica. 

Oltre ad aver lasciato un testamento con le disposizioni per il suo funerale, Cossiga ha lasciato 4 lettere destinate alle più alte cariche dello Stato: Napolitano, Berlusconi, Schifani e Fini.

La lettera a Schifani. «Nel mio testamento, ho disposto che le mie esequie abbiano carattere del tutto privato, con esclusione di ogni pubblica onoranza e senza la partecipazione di alcuna autorità»: è quanto scrive Francesco Cossiga nella lettera-testamento inviata al presidente del Senato Renato Schifani e resa pubblica da Palazzo Madama. «Per quanto attiene le onoranze che i costumi e gli usi riservano di solito ai membri ed ex-Presidenti del Senato, agli ex-Presidenti del Consiglio dei Ministri ed agli ex-Presidenti della Repubblica, qualora Ella ed il Governo della Repubblica decidessero di darne luogo - aggiunge - è mia preghiera che ciò avvenga dopo le mie esequie, con le modalità, nei luoghi e nei tempi ritenuti opportuni».

Messaggi di cordoglio. Appena appresa la notizia, il presidente del Senato Renato Schifani ha interrotto le vacanze a Lipari per fare ritorno a Roma. Molti i messaggi di cordoglio dal mondo politico.

Silvio Berlusconi lo ricorda così: «Piango un amico carissimo, affettuoso, generoso. Mi mancheranno il suo affetto, la sua intelligenza, la sua ironia, il suo sostegno. Ai suoi figli l'impegno della mia vicinanza».

Massimo D'Alema: «È stato un grande protagonista della vita democratica del nostro paese. Con lui abbiamo avuto momenti di incontro così come di aspri conflitti, vissuti sempre con rispetto reciproco e lealtà. In questi ultimi anni - conclude - ci ha unito un'intensa amicizia, della quale gli resterò grato».

Per Pierluigi Bersani, segretario del Pd: «Se ne vanno una persona singolare e straordinaria e una parte della nostra storia». «L'Italia dei Valori si associa al dolore della famiglia per la scomparsa del presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga». Lo afferma in una nota il leader dell'IdV, Antonio Di Pietro.

Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini lo ricorda come un personaggio scomodo, anche nell'amicizia ma sempre affettuoso e leale».



 


CONCORRENZA 
Ci mancherai, Presidente picconatore!
brulliotoi



LO SPECIALISTA
L'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga è morto all'età di 82 anni. Sarà ricordato per molte cose ma soprattutto per il ruolo di picconatore del vecchio sistema politico che aveva voluto interpretare al termine del suo settennato.
Pubblicato da uber
Etichette: italia, politica


Mauro Biani
Cossiga senza K
"(I "coccodrilli" in genere si preparano prima di quando servono, per far prima. Questo dovrebbe essere del '94 o '95 e mi sembra che vada ancora bene).
Definirlo col kappa era sicuramente esagerato. Muoveva molto le palpebre, mentre mentiva. Su Giorgiana Masi dovette mentire molto, ma mai con arroganza. Piuttosto, come uno che cerchi di sfuggire a una pena. "A domanda risponde: non c'erano squadre speciali..." e alzava gli occhi dal foglio, e ti guardava. Per alcuni è molto difficile perdonare al mondo la propria mediocrità. Dovettero creargli apposta una cattedra - diritto costituzionale dell'isola, o qualcosa del genere - su misura, perchè cinquanta pagine di pubblicazione sono davvero poche per i concorsi regolari; non perdonò mai neanche questo, e ancora dopo vent'anni teneva a ripetere, dovendo polemizzare con qualcuno, la battuta su "coloro che studiano il diritto costituzionale sui manuali". Ascoltandolo si capivano - almeno sul piano umano - molte cose, specie quando la voce, a un terzo circa del discorso, s'incrinava improvvisamente e diventava stridula, da rancorosa. Non aveva molto sense of humour, ma questo in Italia non lo danneggiò mai molto. Gli fecero un paio d'articoli su questa sua caratteristica, sui giornali inglesi, ma egli per sua fortuna, pur avendoli letti, non se ne accorse mai; tranne una volta che, avendo riflettuto parecchio, dette al corrispondente del figlio di ***. Complessivamente, non era un uomo pericoloso; eppure ci fu un momento, fra l'autunno '90 e l'estate '91, in cui sembrò quasi riuscito ad affossare la Repubblica; non ci arrivò solo per il caso fortunato di un referendum e un'elezione che spazzarono via i suoi alleati, un tipo strano che voleva fondare repubbliche fra Varese e Lecco e un ex-direttore dell'"Avanti" calvo e ladrone. Come sia riuscito ad arrivare così avanti, è uno dei misteri della storia d'Italia. Da allora, comunque, si dette a scrivere e riscrivere progetti di nuove Repubbliche e Stati, che la radio gli mandava poi in onda la mattina presto e di nuovo all'ora di cena. Aveva dei segreti; come tutti del resto in quel paese. Pensò, a un certo punto, di provare a servirsene anche lui; ma aveva poca tecnica, e troppa avidità; riuscì semplicemente a confessare senz'accorgersene due o tre reati di natura politica - che, in quel paese, non venivano più perseguiti da anni - consistenti essenzialmente nell'idea di ammazzare o mettere in galera quelli che non la pensavano come lui in caso vincessero le elezioni. In un paese dove decine di cittadini erano state ammazzate coi metodi più diversi per gli stessi motivi, la cosa non fece molto scalpore; certo, di queste faccende non era considerato elegante discutere in società. Si parlò dei suoi rapporti, anche, con gli uomini del Gruppo Gelli che il vecchio Presidente Pertini aveva cacciato a calci in *** dal paese; uno di loro era il suo consigliere più intimo e fidato e faceva - su questo si speculò molto - lo psichiatra. Usava molto le parole patria e patriota. Fra quelli che dovevano ammazzare o mettere in galera gli oppositori, ce n'erano che in fatto d'ammazzare una qualche esperienza se l'erano fatta (e il marchio di tutta la cricca, chissà perchè, era il loro: spada romana e fronde, ma senza camicia nera). Siccome, proprio in quegli anni, un bel mucchio di gente finé per essere ammazzata per davvero, ci furono quelli che si fecero delle domande; furono energicamente scoraggiati, e la cosa sarebbe pure finita lì, se non fosse stato per quella dozzina di giornalisti - i peggiori, addirittura Siciliani - che ebbero pietà e rabbia di tutti quegli ammazzati e s'intestardirono dunque a volerci scavare per forza fino in fondo. Fra i morti c'erano anche dei personaggi molto importanti, il capo dei carabinieri per esempio, ucciso nell'82 a Palermo, e il capo della sinistra democristiana, rapito da una squadra di professionisti, portato in un carcere "del popolo" e ucciso dopo essere stato interrogato. "Avremmo ucciso senza esitare chiunque si fosse messo d'accordo con gli oppositori" dichiarò uno della cricca, molti anni dopo; lui gli dette una medaglia e gli disse anche bravo. Dopo un paio d'anni che era sparito dalla scena ferveva ancora il dibattito se si fosse trattato di un caso medicalmente interessante o solo d'un malriuscito tentativo - in Bolivia avrebbe funzionato un po' meglio - di colpo di stato. Poi la gente si stufò e si mise a occuparsi di cose serie."
Riccardo Orioles


Kossiga
Giulio Laurenzi

Giannelli http://www.corriere.it/ 


CRUCIVERBA O REBUS ?
Molta la curiosità sul contenuto delle missive che Cossiga ha indirizzato alle alte cariche dello Stato. Dopo anni di mezze verità è tuttavia improbabile che ne contengano una intera.

Pubblicato da uber
Etichette: italia, politica, stragi di stato, strategia della tensione *

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L'addio al picconatore 
VADELFIO

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nico pillinini

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Segreti di Stato
Lele&Fante
Fonte: http://www.leleefante.blogspot.com/ per mamma

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L'Isola dei Morti
Paolo Lombardi INSERTO SATIRICO

Le ultime tre
Mauro Patorno 


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Morte di un picconatore
Enrico Bertuccioli (EBERT)

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Grieco

SATIRICAL COSSIGA'S REVIVAL...
QUANDO IL "GATTOSARDO" PICCONO' NILDE IOTTI, CH'ERA STATA COMPAGNA - A PUGNO CHIUSO E DI FATTO - DEL "MIGLIORE"...
Arnaldo Amabile INSERTO SATIRICO
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R.I.S.
GAVA http://gavavenezia.blogspot.com/ 


[cit.]
Pubblicato da ROBERTA PIREDDA  INSERTO SATIRICO

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Una carriera in continua ascesa...
Pubblicato da ZARATHUSTRA INSERTO SATIRICO
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Un pazzo della nostra storia...
Emper
INSERTO SATIRICO
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Tomas

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In ricordo di Giorgiana Masi, Rosario Livatino, e Aldo Moro
Paride Puglia PUNCH
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Potete leggere anche :
PERT, PAZ E I LORO AMICI di Luca Boschi
Sarò onesto, Cossiga non mi mancherà di Nando Dalla Chiesa.

martedì 17 agosto 2010

La cucina più amata dal Fini.

La campagna mediatica contro Fini dei giornali berlusconiani non accenna a diminuire. Ora si cerca di portare le prove a sostegno di queste infamie. E' stata trovata una copia di un preventivo per una cucina a nome della signora Fini. Le misure sono esagerate, grandi per un appartamento di 40 m quadrati, ma tutto fa brodo per cuocere a puntino il " Fini".




Portos PORTOS Comic strip


Occhiolino




La rincorsa
MARILENA NARDI Marilena Nardi http://www.marilenanardi.it/
Arancia Meccanica
Paolo Lombardi INSERTO SATIRICO

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Servitù

VUKIC - vukicblog


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Riunione di redazione
Bandanax L'Asino


Bella Fumante, e non è una pistola.
Marco Car  INSERTO SATIRICO

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Pagliuzza e trave.

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Tomas

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ZARATHUSTRA http://www.cosiparlozarathustra.it/

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Gran Casino
Sebino per  la VUCCIRIA 

Leggi anche:
da Red Stripe 2010

da Non leggere questo Blog!


da Giornalettismo.com
Fini ruba case al partito? Silvio le rubava alle ragazzine

da Piovono rane di Alessandro Gilioli

lunedì 19 aprile 2010

Doverosi chiarimenti.

Il post è stato modificato (aggiunto vignette)


Marilena Nardi
http://www.marilenanardi.it/

Perché B. vuole azzittire Saviano?
di Loris MAZZETTI (Fatto Quotidiano )
Lo scrittore spiega la forza della parola

Gomorra, il libro di Roberto Saviano, è stato accusato da Silvio Berlusconi di essere "supporto promozionale alle cosche". Non c’è mai limite all’indecenza, soprattutto quando certe parole escono dalla bocca di una delle massime istituzioni del nostro Paese. Non è la prima volta che il presidente del Consiglio si esprime contro chi scrive di criminalità organizzata. La volta scorsa fu a novembre, sempre in occasione del processo del suo amico Marcello Dell’Utri: allora disse che dovevano essere "strozzati" tutti quelli che hanno fatto la "Piovra" e che scrivono libri su Cosa Nostra perché "ci hanno fatto conoscere nel mondo per la mafia". Il giorno in cui il pm chiede per Dell’Utri una condanna a undici anni per concorso esterno in associazione mafiosa, il premier se la prende con un grande scrittore che da quattro anni vive sotto scorta.

Roberto Saviano ha un’unica responsabilità: quello di aver illuminato i fatti, di aver fatto conoscere all’Italia e al mondo i casalesi, di aver acceso la luce sulla camorra. Sono convinto che tanti magistrati, soprattutto quelli che stanno in prima linea, la pensano diversamente da Berlusconi, perché quella luce serve anche a loro. Ha scritto Giuseppe Fava: "Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo". Conosco Saviano da anni. E’ forte. Ha la capacità di usare la parola come un’arma in grado di combattere la criminalità organizzata, non credo di averla riscontrata in nessun altro scrittore o giornalista. Questo ha portato Roberto Saviano ad essere considerato un uomo a rischio della propria vita, condannato dai Casalesi, dai camorristi dello stesso paese dove lui è nato e vissuto fino agli anni del liceo, è anche la sua forza e la sua grande difesa.

Per la stragrande maggioranza delle persone lui è il nuovo eroe, è il moderno Lancillotto, il cavaliere della Tavola Rotonda della giustizia e dell’onore che combatte contro gli usurpatori e i tiranni a difesa del popolo oppresso dalla camorra; per altri invece è quello che ha infangato la sua terra e che non doveva raccontare quella criminalità. L’accusa di fare cattiva pubblicità all’Italia è infamante non solo per Saviano ma per tutti quei giovani che continuano a vivere nei luoghi della camorra e a lottare quotidianamente nella terra con più morti ammazzati d’Europa e come ha scritto Saviano: "Nel territorio dove la ferocia è annodata agli affari, dove niente ha valore se non genera potere. Dove tutto ha il sapore di una battaglia finale".


L’intervista che segue è tratta dal nostro incontro in occasione della scrittura de La macchina delle bugie.

Roberto ho la sensazione che la tua sia diventata una missione.


Forse sì. Io ritengo la responsabilità della parola quasi sacra. So bene che uno scrittore non dovrebbe prendersi troppo sul serio, ma a me sono accadute cose che non mi permettono questo distacco. Mi sono reso conto che la parola che sono riuscito a usare, una volta superata una certa linea d’ombra, una volta uscita dagli ambiti soliti degli addetti ai lavori, ha ottenuto un effetto impensabile, quasi miracoloso: è diventata strumento per altre persone per conoscere la realtà della camorra o per farla conoscere. La mia parola ha consentito ad altri di tirare fuori la voce.

Lo hai detto anche nell’intervista che ti fece Enzo Biagi che è stata la rabbia che ti ha spinto a scrivere Gomorra, cito testualmente: "Era tanta la rabbia da far stringere i pugni persino quando scrivevi...".

Sì. Può sembrare questa un’immagine romantica, ma in realtà è proprio così. Mi trovai con un mio vecchio amico e ci dicemmo che la rabbia era così tanta che bisognava scrivere sulla tastiera del computer con le nocche. Lo giuro, l’immagine mi era venuta in mente dopo aver seguito la faida di Scampia, ero stato sul luogo dell’omicidio di Attilio Romanò, era gennaio 2005, e questo ragazzo innocente era stato freddato nel negozio dove lavorava, il corpo crivellato di colpi e sangue dappertutto. Quanto tornai a casa cominciai a battere sulla tastiera solo con la mano destra, mentre la sinistra, senza accorgermene, era chiusa a pugno, sino quasi a farmi male. Questo mi colpì. Non solo ero disgustato dall’omicidio, ero anche terribilmente arrabbiato perché per i media nazionali quella vittima apparteneva ai soldati di camorra: morire in una certa terra significava essere colpevoli in partenza. La rabbia è vera, nasce dentro di me. È stato sicuramente il primo motore che mi ha portato a scrivere.

Sei considerato uno dei più grandi esperti di camorra, tieni conferenze anche agli addetti ai lavori, nel tuo intimo esiste una ricetta su cosa bisognerebbe fare?

Veramente non so dove iniziare. Sicuramente so che dal momento in cui blindi i subappalti, l’attenzione nazionale diventa costante, permetti ai giudici di lavorare in maniera concreta, smetti di dare strumenti soltanto per la repressione, quei poteri criminali cominciano a inciampare, a cadere, a sentirsi stretti, ad avere il fiato sul collo. Faccio un esempio: il voto di scambio è fondamentale. Il problema non è arrestare chi lo compra con 50 euro, quello non si farà prendere mai. Non si dovrebbe far sentire il voto così inutile perché, chi lo vende per 50 euro, lo considera una cosa priva di valore. Pensa che chiunque venga eletto, farà soltanto i propri affari o gli affari di chi lo vuole mettere lì, tanto vale guadagnare un cellulare, 50 euro, una bolletta pagata. Bisogna partire da questo, invece di reprimere o arrestare chi accetta i 50 euro. A questa persona bisognerebbe fargli capire con azioni concrete che tutto sta cambiando, e che non è solo retorica quando si diceva che "il principio primo della democrazia è la partecipazione". Oggi è esattamente il contrario: che governi la destra o la sinistra, secondo la percezione dominante tanto è la stessa cosa, tutti sono ladri, pensano solo al proprio tornaconto. In certe zone dell’Italia bisognerebbe mantenere i fari accesi, bisognerebbe illuminare quelle terre. La criminalità organizzata ha bisogno invece di silenzio per poter fare i propri affari. Credo che una grande responsabilità ce l’abbiano i mezzi d’informazione, in particolare la televisione, che per illuminare fa ben poco.

Non pensi che questo dipenda anche dal fatto che la mafia sta all’interno dell’economia e quindi riesce in qualche modo a controllare tutto?

Sì. Alla fine tutti i media si accorgono delle mafie esclusivamente quando ci sono gravi attentati, molti morti, due giorni in prima pagina poi il silenzio. È veramente assurdo. Le mafie in Italia hanno ucciso 10 mila persone, una cifra maggiore dei morti della striscia di Gaza. La guerra tra palestinesi e israeliani da vent’anni apre i telegiornali di tutto il mondo. Le mafie hanno ucciso più di qualsiasi organizzazione terroristica. Da noi il terrorismo, durante gli anni di piombo, ha fatto 600 morti, quanti in due anni a Napoli. Questi dati ci fanno capire la disattenzione, la miopia che c’è stata da parte dell’informazione televisiva su un fenomeno che già di per sé non è locale e che ha tutte le premesse per essere un problema e uno scandalo internazionale. Perché non si è parlato delle mafie per quello che sono? Io mi sono dato delle risposte. Non c’è assolutamente censura, c’è indifferenza, sono fatti considerati locali, per le persone che vivono al Nord sono avvenimenti lontani, mentre al Sud non si comprano i giornali nazionali. La televisione non racconta le vere storie di mafia e quando le racconta lo fa in maniera folkloristica.

C’è una frase di Dalla Chiesa che mi ha sempre colpito: "Lo Stato dia come diritto ciò che le mafie danno come favore".

È una frase fondamentale, perché è la prima cosa che le mafie fanno, oggi anche ad altissimo livello e non solo con i disperati dei quartieri disagiati. Il racket è una fornitura di servizi ineccepibile, pagarlo in molte realtà significa che i camion ti arrivano puntuali, che le banche ti aiutano. Le mafie diventano il garante per far avere prestiti alle imprese, che non ci siano furti nei cantieri. Pagare l’estorsione significa comprare un pacchetto di servizi. La frase del generale Dalla Chiesa oggi ha più valore di quando l’ha pronunciata, ed è fondamentale per capire che cosa sono le organizzazioni criminali, che spesso si sostituiscono all’inefficienza della burocrazia dello Stato, grazie ai contatti con i comuni, ai loro uomini nei municipi, tra i vigili urbani. Questa loro tecnica l’hanno portata anche nell’Est Europa, diventando il passepartout anche per le imprese sane, come è avvenuto in Macedonia, in Ungheria, in Albania.

Di cosa hanno bisogno i giovani delle tue terre, delle terre di camorra, mafia, ’ndrangheta?

Due cose: la prima, che sento molto mia, di non essere costretti ad emigrare. L’emigrazione deve essere una scelta, una possibilità per specializzarsi, per migliorarsi, non una necessità, una costrizione. Spesso in queste terre restano quelli che non hanno avuto le qualità per emigrare. O quelli che lo pensano di se stessi. Non deve più essere così. Dal Sud ogni anno emigra la quasi totalità di laureati. La seconda, di poter vivere in una realtà in cui il proprio talento sia spendibile, basta ascoltare qualsiasi ragazzo, che sia chimico o carpentiere, che lavori a Londra o ad Oxford o a Ferrara, che è stato scelto perché bravo, che ha avuto l’occasione di poter mostrare quello che vale. Nel Sud, invece, il talento non basta, deve sempre esserci la protezione, la mediazione, bisogna accontentarsi e poi implorare, il lavoro diventa un privilegio che ti è stato dato, e in cambio devi tacere e accettare quello che ti viene detto. Il lavoro deve essere un diritto e non un privilegio e se quel giovane decide di rimanere al Sud non deve sentirsi uno sconfitto, un fallito.

Hai mai pensato di andare via, di andare all’estero?


Sì. L’ho pensato tantissime volte. Non l’ho fatto finora perché mi sembrava un tradimento. Diceva Paolo Borsellino: "Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio. O si fanno la guerra o si mettono d’accordo".


Marilena Nardi http://www.marilenanardi.it/
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Come ha detto Silvio...

ZARATHUSTRA
http://www.cosiparlozarathustra.it/

Il rogo di Gomorra
(La Stampa)
MASSIMO GRAMELLINI
Sono d’accordo con l’Amato Premier. La mafia italiana è appena la sesta nel mondo (il prossimo anno non parteciperà neanche alla Champions), la sua fama è tutta colpa di «Gomorra». Che in realtà parla di camorra ed è pubblicato dalla casa editrice dell’Amato. Ma sono quisquilie. Piuttosto: perché fermarsi a Saviano, dico io. Si chiami il ministro fuochista Calderoli e gli si commissioni un bel falò per buttarci dentro altri libri disfattisti. Comincerei dai «Promessi sposi»: tutti quei bravacci e signorotti arroganti, che agli stranieri suggeriscono l’immagine fasulla di un Paese senza regole, dove la prepotenza e la furbizia prevalgono sul diritto. E «Il fu Mattia Pascal»? Vogliamo continuare a diffondere la favola negativa dell’uomo che cerca un legittimo impedimento per potersi fare i fatti suoi? Nel fuoco, insieme con «La coscienza di Zeno», un inetto che non riesce nemmeno a liberarsi del vizio del fumo, quanto di più diseducativo per una gioventù che ha bisogno di modelli positivi come il vincitore di «Amici».

Porrei quindi rimedio alla leggerezza sconsiderata del «Gattopardo». «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Hai trovato la formula segreta del potere e la spiattelli in giro così? In America nessun romanzo ha mai raccontato la ricetta della Coca-Cola. Nel fuoco anche Tomasi di Lampedusa: con quel cognome da nobile sarà di sicuro comunista. E poi «Il nome della rosa». Morti e sesso torbido in un monastero. Di questi tempi! Il nome della Rosa è Pantera. Il resto al rogo. Su con quelle fiamme e linea alla pubblicità.

http://www.unavignettadipv.it/public/blog/upload/Chiarimenti.jpg
Chiarimenti
PV Una Vignetta di PV



Schizofrenie
Paride Puglia PUNCH


Saviano e la Mondadori
Sabato in un articolo su Repubblica Roberto Saviano rispondeva a Silvio Berlusconi che aveva accusato "Gomorra" di far solo pubblicità alla malavita organizzata. Ieri sempre sullo stesso quotidiano Marina Berlusconi era intervenuta in difesa del padre con cui si dichiarava pienamente d'accordo. Nella stessa pagina era ben visibile la pubblicità di "Gomorra". Pubblicità pagata dalla Mondadori, casa editrice del libro, di cui Marina Berlusconi è presidente.

C'è ancora qualcuno che ha il coraggio di affermare che è normale questo nostro Paese?

E oggi ancora su Repubblica, Ricky Cavallero, direttore generale di Libri Trade Mondadori, a cui è venuta la cagarella per la paura di perdere un autore dalle uova d'oro, dà il pieno appoggio allo scrittore.
Alberto alberto cane blog


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LA CLASSIFICA
di Gianni Allegra L'Asino

EX LIBRIS

Dopo le critiche di Berlusconi al libro di Saviano "Gomorra" previsto un restiling, se non del contenuto, almeno della copertina.

Pubblicato da uber
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Occhiolino