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giovedì 13 ottobre 2022

Angela Lansbury

 

Angela Lansbury pencil 2013

Jan Op De Beeck 


Angela Lansbury
GIO / Mariagrazia Quaranta


Animazzoli


Ieri, 11 ottobre 2022, è deceduta a Los Angeles in California, Angela Lansbury, un'attrice, doppiatrice e scrittrice britannica con cittadinanza irlandese naturalizzata statunitense, vincitrice dell'Oscar alla carriera nel 2014. Era nata il 16 ottobre 1925 a Londra, Regno Unito.
Carrera Arcangelo





David García Vivancos...

RIP #AngelaLansbury
Ed Hall


Angela Lansbury, la famosa Signora in Giallo, parte per la sua ultima indagine, all'età di 96 anni. Chissà se finalmente qualcuno riuscirà a sgominare la banda più diffusa e radicata al mondo.
#AngelaLansbury #angelalansburyrip
Roberto Mangosi



rebel yellow
#angelalansbury
Fabio Magnasciutti



Angela Lansbury
Marzio Mariani
#caricature #dailydrawing #procreate #drawing #funnyface #angelalansbury #jessicafletcherforever #instaart


#legislatura #PresidenzaDelSenato #AngelaLansbury 
Giallo, horror. La signora Fletcher sapeva già.
Oggi su la Repubblica
Mauro Biani



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 Interessante l’intervista all’attrice inglese che fu pubblicata da “Vanity Fair” 

di Paola Jacobbi.

Prima o poi doveva succedere, però che dispiacere. Considero una delle (tante) fortune della mia vita da giornalista averla incontrata così, a casa sua, senza nemmeno un ufficio stampa a tenere il tempo. Fu un'intervista cercata con insistenza, un inseguimento durato cinque anni.  

Scrissi la prima mail alla sua assistente facendo subito una gaffe. Mi riferivo a lei chiamandola Dame, dando per scontato che un’attrice inglese, così famosa da tanto tempo e in tutto il mondo, avesse già ricevuto un’onorificenza dalla corona britannica. Alla risposta della terza mail, nel mezzo di un continuo rimandare di date e luoghi, l' assistente mi segnalò garbatamente che la signora Lansbury voleva farmi sapere di non essere mai stata insignita di alcunché e che quindi non era il caso che la chiamassi Dame.

Ho chiesto scusa, ho pregato di intendere le mie parole come auspicio, ho scritto che, insomma, a mio modesto parere, la signora avrebbe meritato un riconoscimento. Altre mail, altri rinvii (loro), altre insistenze (mie), ma niente intervista.

Nel frattempo, Lansbury, che si avvicina ai 90,  gira il mondo, letteralmente. Torna a recitare e riempie i teatri in Australia, a Londra, a New York. Riceve un Oscar onorario. Rilascia anche, con mio sommo dolore, un’unica intervista a Christiane Amanpour della Cnn.

Io, più o meno ogni volta che incoccio in un episodio della Signora in giallo in tivù, corro al computer e insisto, niente da fare. A un certo punto, la regina Elisabetta  la fa Dame of the British Empire. Mi congratulo, scrivo con impertinenza «visto, che avevo ragione?». Silenzio. Passa un altro anno, su Internet, per poche ore, un giorno gira persino la bufala della sua morte. Io, timidamente, provo a scrivere di nuovo.

Arriva un sì.

Ecco l'intervista

E adesso sono qui, davanti alla porta di un appartamento di New York. Ho in mano un ingombrante mazzo di fiori male assortiti e Angela Lansbury apre la porta. Indossa pantaloni neri, una bella camicia stampata a disegni bianchi e neri, è leggermente truccata.

Comincio col dire che sono ammirata dal fatto che non abbia mai smesso di lavorare. In teatro, poi.

«Io amo il teatro, il mio cuore è lì. Ogni volta che, nella mia vita, qualcosa non andava bene, ci sono sempre tornata. Dopo la morte di mio marito (il produttore Peter Shaw, ndr) sono stata ferma tre anni per il dolore ma poi il teatro mi ha riportato un po’ di gioia. E, anni prima, quando scappai da Hollywood, fu il palcoscenico a farmi sentire bene di nuovo».

Lei è nata a Londra, si è trasferita negli Stati Uniti da ragazzina e, nel ’44 ha debuttato nel cinema, nel film Gaslight con Ingrid Bergman e Charles Boyer. 

«Avevo 19 anni, loro erano due star ma furono gentilissimi. E, del resto, io avevo molto talento, adesso lo posso dire! Il cinema allora si faceva provando ogni scena, a volte per giorni interi. La Metro Goldwyn Mayer mi mise sotto contratto. Cominciai a guadagnare benissimo: 500 dollari a settimana per 62 settimane. Un sacco di soldi. Ma pochissima libertà».

In che senso? 

«Non si poteva scegliere niente. Eravamo burattini messi in un film o nell’altro a seconda delle esigenze produttive. Ci obbligavano ad andare alle prime e ci dicevano anche con chi saremmo dovuti arrivare alla serata».

Vi fornivano anche i vestiti? 

«No, quelli ce li dovevamo comprare. O, al massimo, potevamo prenderli in prestito al guardaroba dello studio. Non c’era l’interesse che c’è oggi per i vestiti addosso alle attrici. È tutto un parlare di Tizia che indossa Balenciaga e io non ho niente contro Balenciaga o altri stilisti ma vorrei anche capire se in giro ci sia gente capace di recitare o solo di indossare dei begli abiti da sera».

Le attrici di oggi guadagnano un sacco di soldi facendo pubblicità a marchi di moda e profumi.

«Anche noi facevamo i testimonial per dei prodotti, ma i soldi li prendeva lo studio. E di me, inglese, non la classica bellezza che andava di moda allora, Hollywood non sapeva che farsene. Scappai a Broadway, a fare musical. Adoravo cantare e ballare. A furia di ballare e saltare mi sono rovinata le ginocchia e le anche. È tutto finto, adesso, sono piena di protesi. Ma funzionano, ed è quel che conta».

Nei primi anni a Hollywood si sposò la prima volta, con l’attore Richard Cromwell. Lui era gay e la lasciò dopo nove mesi con un biglietto che diceva: «Non posso andare avanti così». 

Una cosa del genere oggi non potrebbe più succedere.

«No, oggi una ragazza non sarebbe così ingenua ed è ormai rarissimo che i gay si nascondano dietro matrimoni di facciata. Ma io ero affascinata: era bellissimo, era un artista, era intelligente».

Ma con Peter, il suo secondo marito, è stata molto felice.

«Sì, e mi manca ogni giorno. Era tutta la mia vita, partner e complice, padre dei miei figli, un uomo attento agli altri, fin nei piccoli gesti. Era di quelli che ti aprono la portiera della macchina, capisce? Un uomo di quelli che oggi non esistono più. Conosco donne giovani che darebbero un occhio della testa per incontrarne uno».

Avete avuto due figli. 

«Anthony e Deirdre, sì, ma considero mio figlio anche David, che Peter aveva avuto da un matrimonio precedente. Quando Anthony e Deirdre erano adolescenti hanno avuto problemi di droga, io e mio marito eravamo impegnatissimi con il lavoro e non ci siamo resi conto subito di che cosa stava succedendo».

E poi? 

«Poi, per fortuna, abbiamo preso in mano la situazione e ci siamo dedicati a loro, fino a farli uscire dalla strada che avevano preso.L’importante è che tutto sia finito per il meglio. Deirdre ha sposato un italiano e insieme gestiscono un ristorante, Enzo e Angela».

E Anthony? 

«Anthony inizialmente voleva fare l’attore ma poi ha capito di essere più bravo come regista ed è venuto a lavorare con me, mio fratello Bruce e il suo fratellastro David. Ha diretto moltissimi episodi della Signora in giallo, mio fratello li ha scritti e David li ha prodotti, seguendo le indicazioni di suo padre che è rimasto sempre nell’ombra ma che era il vero ispiratore di tutto».

Più che la signora in giallo, una famiglia in giallo! 

«Sì, è stato il nostro progetto. Io avevo 58 anni, le occasioni al cinema e a teatro scarseggiavano e, con mio marito, decidemmo che era arrivato il momento della televisione. Non fu facile far passare l’idea di una serie tivù con una protagonista della mia età».

Già, ma poi 264 episodi e un successo che neanche abbiamo bisogno di spiegare. Ma lei che rapporto ha con Jessica Fletcher? «So benissimo che sarà nella prima riga del mio necrologio, quando morirò.  L’anno scorso, a Londra, ogni sera, quando uscivo da teatro per andare a casa, c’erano decine di persone ad aspettarmi. Italiani, spagnoli, francesi, turchi… Erano tutti lì per Jessica. Mi sono sentita una rockstar, il che alla mia età è un po’ ridicolo. Preferirei essere conosciuta per il mio lavoro a teatro o al cinema? Forse. Ma così è la vita!».

Lei viene da una famiglia di politici, suo nonno è stato leader del Labour Party e anche suo padre è stato un attivista di sinistra. A lei interessa la politica? 

«No, forse proprio perché vengo da quella famiglia lì me ne sono sempre disinteressata».

Le piace il presente, l’epoca in cui viviamo?

«Mi piacerebbe dirle di sì, per civetteria, per sembrare giovane, ma non posso. Non mi interessano i film di fantascienza che vanno di moda e non capisco niente delle nuove forme di comunicazione. Francamente, anche fossi in grado di maneggiarle, le pare che alla mia età, possa mettermi a twittare?».

sabato 29 maggio 2021

La Bielorussia dirotta aereo per arrestare un giornalista.

 


Sanctions. 

Tjeerd Royaards

#Lukashenko #Belarus #Ryanair #Protasevich #Europeà


Domenica 24 maggio la Bielorussia ha dirottato un aereo di linea per arrestare Roman Protasevich, giornalista e attivista oppositore del regime.

La Bielorussia lo aveva inserito nella lista di persone “coinvolte in attività terroristiche”, e ora lo ha fatto arrestare. Il giornalista oppositore del presidente bielorusso Alexander Lukashenko era in volo verso Vilnius da Atene ma non è mai atterrato nella capitale della Lituania. Dopo una falsa allerta bomba, il suo aereo Ryanair è stato dirottato su Minsk scortato da un caccia Mig 29. Qui l’ex caporedattore del canale telegram Nexta è stato arrestato.

Dopo alcune ore il volo è ripartito per Vilnius dove è finalmente atterrato ma senza il dissidente a bordo. Mancherebbero all'appello anche altri cinque passeggeri.

Ora il giornalista rischia la pena di morte.

L'Europa deve intervenire. Il fatto è di una gravità inaudita.



Domenica pomeriggio le autorità bielorusse hanno intercettato, usando anche un caccia militare, un volo #Ryanair dalla Grecia alla Lituania (entrambi paesi dell'Unione Europea) facendolo poi atterrare in territorio bielorusso. La scusa usata per costringere il volo ad atterrare a Minsk è stata la segnalazione una bomba a bordo dell'aereo.

In realtà l'obiettivo era il ventiseienne #RomanProtasevich, blogger e giornalista oppositore di #Lukashenko e del governo bielorusso.

Il giornalista, fuggito dalla Bielorussia nel 2019 per timore di ritorsioni per il proprio lavoro, è stato arrestato e incarcerato. Rischia una condanna superiore ai 15 anni di detenzione.

La comunità internazionale ha sollevato forti critiche all'operato del governo bielorusso e ha chiesto la liberazione del giornalista arrestato. Molto forte anche la reazione dell'Unione Europea e di diversi leader dei paesi membri.

La #Russia è una delle poche nazioni che hanno ufficialmente difeso l'operato della #Bielorussia.

#Dittature #libertàdistampa

Tartarotti


Un aereo in volo da Atene a Vilnius dirottato a #Minsk per arrestare il giornalista #Protasevich.
Un atto di terrorismo. L'ennesimo crimine di #Lukashenko.
L'Ue e la comunità internazionale si devono impegnare con maggiore forza per riaffermare la democrazia in #Bielorussia.
Durando


Bielorussia, Minsk mostra il dissidente arrestato in video: “Sto bene, collaboro”. “Ora rischia la pena di morte”
“L’attivista, tuttavia, sembra mostrare segni di percosse sul volto. Nel video Protasevich appare calmo ma sul lato destro della fronte si può scorgere chiaramente una macchia, che molti osservatori definiscono un livido e potrebbe essere il segno di percosse.
Durando

Marian Kamensky
25 May 2021
Lukashenko
The EU has decided to ban Belarusian airlines from European skies after a flight was diverted to Minsk on Sunday and an dissident journalist arrested.



On time.
#Belarus
#Lukashenko
#Pratasevich
#minsk
#eucouncil 
#euco
Niels Bojesen

protected/unprotected species 
by Joep Bertrams, The Netherlands

master and pupil 
by Joep Bertrams, The Netherlands

State terrorism of Belarus 
by Vladimir Kazanevsky, Ukraine, PoliticalCartoons.com



Hall (Etats-Unis / USA)
"La censure de la presse, à la manière biélorusse..."


Chappatte (Suisse / Switzerland), Le Temps
"Aéroport de Minsk"



Hilal Özcan (Turquie / Turkey)


News bielorusse
 Lukashenko non si smentisce. Il dirottamento dell'aereo della Ryan Air per arrestare il giornalista dissidente Roman Protasevich è un'ulteriore manifestazione di spregio dei diritti umani e di indifferenza verso l'opinione pubblica mondiale. 
Gianfranco Uber




Io son più tranquillo. #Lukaschenko #Lukashenko #Bielorussia #Ryanair #putin
Boscarol


Bielorussia, dobbiamo reagire a un attentato: le parole non bastano più

di Roberto Saviano

Siamo a un punto di non ritorno. L’Europa deve agire ora contro l’arbitrio di Lukashenko. Agire e non solo manifestare indignazione. Fino a quando un dittatore del genere potrà decidere didirottare un aereo per zittire chi lo contesta, nessuno di noi sarà al sicuro. Se fino a questo momento avete considerato ciò che accade in Bielorussia lontano, vi invito a guardare le cose diversamente. Lukashenko per l’Europa è un pericolo al pari di chi ha compiuto azioni terroristiche ai danni della comunità. Ricordate quando, devastati dalle immagini degli attentati, ci interrogavamo su cosa significasse avere paura di vivere il quotidiano? Erano prese di mira attività del tutto normali come andare allo stadio, in chiesa, a un concerto, sul lungomare. E il pensiero forte era: sebbene tutto possa accadere all’improvviso, nonostante la consapevolezza che non siamo in grado di capire da dove il pericolo possa arrivare, decidiamo di non avere paura e di andare incontro alla vita. L’alternativa: terrore e paralisi. E noi, l’Europa, non abbiamo voluto cedere.

Il pensiero dell’11 settembre

Ma ricordate, vero, dove questo terrore ebbe inizio? Dal dirottamento dei voli dell’11 settembre 2001, una giornata che ha cambiato per sempre il volto del nostro mondo. Ebbene, avendo in mente quel giorno riflettiamo su ciò che è accaduto domenica 23 maggio. Non si è trattato di un evento inatteso, ma di un atto intimidatorio, antidemocratico e violento ad opera di un politico corrotto, a capo di una piramide di potere che non ha più alcuna legittimazione popolare. Domenica 23 maggio, tutta l’Europa — e non solo i passeggeri del volo dirottato e gli attivisti arrestati — è stata vittima di un attentato terroristico di Stato. Un volo Ryanair partito da Atene e diretto a Vilnius, in Lituania, è stato dirottato a Minsk, in Bielorussia, per ordine di Lukashenko perché a bordo, tra i 171 passeggeri, c’erano due persone che andavano fermate, intimidite, ridotte al silenzio. E perché quella azione potesse, nel suo essere un atto di forza arbitrario, fungere da monito per tutti i dissidenti bielorussi: non sarete al sicuro mai, nemmeno se scegliete l’autoesilio. Ma quell’atto gravissimo è stato anche un messaggio forte lanciato da Lukashenko all’Europa: per conservare i miei privilegi sono pronto a tutto.

Chi rischia la pena di morte

I dissidenti arrestati sono Roman Protasevich, un giornalista di 26 anni, e Sofia Sapega, la sua compagna, una cittadina russa di 23. Sapega era diretta a Vilnius dove frequenta un master, mentre Protasevich — l’obiettivo principale — lavora per Nexta TV, di cui è cofondatore, un canale Telegram che organizza proteste contro Lukashenko. Protasevich rischia la pena di morte con la più grave delle accuse, grave per un regime che non tollera oppositori: terrorismo e incitamento alla rivolta. L’Europa deve strappare dalle maglie di un presidente assassino chi prova a cambiare le cose. È un atto dovuto. E Svetlana Tikhanovskaya, anche lei in esilio, ci mette in guardia: bisogna far presto a liberare Protasevich perché in Bielorussia rischia la vita. I leader europei stanno commentando l’accaduto. Il ministro degli Esteri Di Maio invita l’Europa all’unità contro l’arroganza di «certi Stati». La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen minaccia conseguenze per la Bielorussia; il presidente del Parlamento europeo David Sassoli chiede spiegazioni immediate; l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell chiede la liberazione immediata di Protasevich e Sapega.

Parole

Ma se queste affermazioni resteranno solo parole, dovremo abituarci a vivere di intimidazioni; dovremo mettere in conto di essere in balia del potere di satrapi che non accettano di perdere le elezioni e che alla sconfitta preferiscono la guerra civile. L’Europa non ha scelta, deve prendere una decisione e deve farlo subito perché Lukashenko, usando un jet Mig-29 per affiancare e dirottare un volo civile, ha compiuto un atto di guerra contro l’Europa; perché Lukashenko mentendo sulla presenza di esplosivo a bordo, ha compiuto un atto di guerra contro l’Europa. La Ue ha la sua forza nella democrazia, nelle decisioni ponderate prese a salvaguardia della vita. E ora in gioco c’è tantissimo. L’Europa, unita, intervenga a sostegno del popolo bielorusso, in difesa della libertà, intervenga per difendere i cittadini europei o chiunque si trovi sul suolo europeo e che, come i 171 passeggeri del volo Ryanair, sono in balia di un potere che non ha più legittimità e che la cerca a oltranza nella violenza, nel terrore e nella minaccia di Stato.

martedì 13 aprile 2021

The Prince Philip (1921- 2021)



The Queen lives
Paolo Lombardi

È morto all'età di 99 anni il Principe Filippo, Duca di Edimburgo e marito della regina Elisabetta II. A dare l'annuncio il sito della famiglia reale del Regno Unito.

"Sua Altezza Reale è deceduto serenamente questa mattina al Castello di Windsor. Ulteriori annunci saranno fatti a tempo debito. La Famiglia Reale si unisce al cordoglio di tutto il mondo nel piangere la sua perdita".

Era rientrato qualche settimana fa al Castello dopo un mese di ricovero ospedaliero, mancando di pochi mesi la boa del secolo vita.


Ed Hall




Luc Descheemaeker
10 April 2021
Prince Philip +


David Pugliese
9 April 2021
Prince Philip
Prince Philip, husband of Queen Elizabeth II, dead at 99.

Rod Emmerson on the death of the Duke of Edinburgh



Joep Bertrams



Morten Morland on the death of the Duke of Edinburgh 





Farewell Prince Philip 
The Duke of Edinburgh doffs his hat for the last time
Chris Riddell


Christian Adams on #PrincePhilipRIP



#PrincePhilip #dukeofedinburgh
Ben Jennings


Peter Brookes on the death of the Duke of Edinburgh



Filippo se ne è andato via.
Troppo presto.
Un pensiero per la povera Regina Elisabetta e per i suoi prossimi cent’anni senza il principe consorte.
Alagon


CI MANCHERANNO LE GAFFE DEL PRINCIPE DEI GAFFEUR 
Il principe consorte Filippo, duca di Edimburgo, morto oggi all'età di 99 anni, sarà ricordato per le sue numerose gaffe. Eccone alcune, tra le più clamorose.
1966: «Le donne britanniche non sanno cucinare».
1981, durante la recessione: «Tutti dicevano che dovessimo avere più tempo libero. E ora si lamentano di essere disoccupati»
1984, dopo aver ricevuto un regalo da una donna, in Kenya: «Lei è una donna, vero?»
1986, parlando a un gruppo di studenti britannici durante una visita reale in Cina: «Se state qui ancora a lungo, finirete con l'avere gli occhi a mandorla» 
1992, in Australia, quando gli fu chiesto se volesse abbracciare un koala: «Oh no, potrei prendere qualche orribile malattia»
1994, parlando a un abitante, benestante, delle isole Cayman: «La gran parte di voi discende da pirati, giusto?»
1995, parlando a un istruttore di scuola guida scozzese: «Come fate a tenere i nativi lontani dall'alcol il tempo necessario per passare l'esame?»
1996, commentando la richiesta di mettere al bando le armi da fuoco, dopo il massacro della scuola di Dunblane (dove un uomo uccise 16 bambini e la loro insegnante, prima di suicidarsi): «Mettiamo il caso che un giocatore di cricket prenda la sua mazza, entri in una scuola e inizi a massacrare con quella un sacco di gente, il che non è complicato — beh, che si fa, si mettono al bando le mazze da cricket?».
1997, parlando a un parcheggiatore dell'Università di Cambridge che non lo aveva riconosciuto: «Brutto imbecille!»
1999, parlando a un gruppo di giovani sordi a Cardiff, che si trovavano accanto a una banda di percussionisti: «Sordi? Beh, se siete qui accanto, non mi meraviglia che lo siate!»
2001, parlando a un tredicenne che gli confessava il suo sogno di andare nello spazio: «Sei troppo grasso per essere un astronauta!»
2002, parlando con degli aborigeni in Australia: «Tirate ancora le lance?» 
2002, parlando con una poliziotta che indossava un giubbotto antiproiettile: «Sembri una kamikaze»
2009, parlando al businessman Atul Patel durante un ricevimento a Buckingham Palace per gli indiani britannici: «C'è un sacco di gente della tua famiglia, qui, stasera» 
2013, parlando con un'infermiera filippina in un ospedale britannico: «Le Filippine devono essere mezze vuote, siete tutte qui a far funzionare il sistema sanitario pubblico britannico»
2013, parlando a Malala, la giovane afgana sfregiata dai talebani, che ora si batte per garantire alle ragazze il diritto di andare a scuola, in tutto il mondo: «I bambini vanno a scuola perché i genitori non li vogliono a casa»
Ivano Sartori




Prince Philip, the Duke of Edinburgh has been an enthusiastic Patron of The Cartoon Museum in London for over 20 years and his death has been greeted with sorrow.
Il principe Filippo, il Duca di Edimburgo, è stato un entusiasta mecenate del Museo dei Cartoni animati di Londra per oltre 20 anni e la sua morte è stata accolta con dolore.

martedì 22 settembre 2020

Ruth Bader Ginsburg, l'omaggio dei cartoonist

Usa, è morta la giudice liberal della Corte Suprema
 Ruth Bader Ginsburg, paladina dei diritti 
di donne, di genere e pari oppurtunità.
Banx



Clay Bennett, the Pulitzer-winning cartoonist for the Chattanooga Times Free Press, had a similar response: “With Justice Ginsburg’s established record of beating whatever health challenges were thrown at her, maybe I was lulled into a false sense of security. Whatever the reason, I wasn’t expecting to address this issue in a cartoon for some time to come.”




“I was floored by the news, which came in during an otherwise warm and friendly family dinner,” says Signe Wilkinson, the Pulitzer Prize-winning cartoonist for Philadelphia’s Inquirer.com. “I looked at my just-born granddaughter and thought: She could be in her 40s or 50s before a Trump-appointed jurist retired from the bench.”

(Signe Wilkinson/Inquirer.com/WPWG)




John Darkow (Columbia Missourian)




Ramses




Justice Ruth Bader Ginsburg is undergoing treatment for a recurrence of cancer but in a written statement says, “I have often said I would remain a member of the court as long as I can do the job full steam. I remain fully able to do that.”

Ann Telnaes

https://washingtonpost.com/opinions/2020/07/17/super-rbg/



Dave Grandlund




Andrea Arroyo


Steve Sack



Deb Milbrath
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4079672395383358&set=p.4079672395383358&type=1&theater



Loisa Bertman
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10157505614949135&set=a.439349089134&type=3&theater



God speed dear lady.
Ed Hall
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10225299714186072&set=p.10225299714186072&type=1&theater




Ruth Bader Ginsburg
Jan Op De Beeck
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10158562638164297&set=p.10158562638164297&type=1&theater



RBG
Nick Anderson
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RIP RBG
Joe Heller

Non si può comprendere fino in fondo la lunga traiettoria dei diritti delle donne negli Stati Uniti e nel mondo senza conoscere questa donna qui, Ruth Bader Ginsburg, storica giudice della Corte Suprema portata via ieri sera a 87 anni da un tumore al pancreas con cui combatteva da tempo. RBG non era una semplice giudice ma un’icona pop. Talmente grande e idolatrata da finire sulle t-shirt e sui poster come una rockstar. Era arrivata ad Harvard nel 1955 già madre di una bambina di pochi mesi, in un’epoca in cui le donne iscritte al suo corso di Giurisprudenza erano appena 9 su 500. La sua famiglia, rassegnata, di lei diceva: “Se fallisce, almeno è sposata.” Dopo la laurea fece il giro di tutti gli studi più o meno importanti di New York, ma nessuno all’epoca assumeva una donna. Così cominciò a insegnare alla Columbia con un corso su “Genere e Legge”, durante il quale viaggiò come ricercatrice in Europa, conoscendo da vicino la condizione della donna in Svezia e il ritardo clamoroso sulla parità di genere negli Stati Uniti. Infine si trasferì come docente alla Rutgers University, dove percepiva uno stipendio molto inferiore rispetto ai colleghi maschi in quanto moglie di un uomo abbiente. È con questo lungo bagaglio di conoscenze dirette e diritti negati che, negli anni ‘70, RBG cominciò a seguire le cause di discriminazione sessuale, che trattava al pari di quelle razziali, vincendo una battaglia dietro l’altra e riscrivendo letteralmente la storia dei diritti civili e della donna negli Usa. “Mi vedevo come una maestra d’asilo che deve insegnare ai giudici che non sanno che esiste la discriminazione sessuale” avrebbe raccontato in seguito. Fino a quando, un giorno di molti anni dopo, nel 1993, quell’avvocata dal fisico minuto e un talento oratorio smisurato, venne nominata dal Presidente Bill Clinton seconda donna giudice della storia della Corte suprema americana, passando dall’altra parte della barricata. Sono gli anni della fama e della notorietà, senza smettere mai fino all’ultimo giorno di combattere per le battaglie di una vita. “Non chiedo favori per il mio sesso” disse una volta in aula durante un’arringa. “Chiedo solo che smettano di calpestarci". RBG se n’è andata stanotte lasciando una poltrona vacante che Trump si prepara già ad occupare con una nomina dal sapore regressivo. Restano le sue conquiste, la sua impronta indelebile sugli ultimi cinquant’anni di cultura americana, i suoi “I dissent” recitati come mantra. La sua ultima volontà, espressa poco prima di andarsene, è un manifesto di resistenza. “Non rimpiazzatemi fino a quando non ci sarà un nuovo presidente alla Casa Bianca". Le vite, quelle grandi. Lorenzo Tosa

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 Nel 1972 fonda una delle associazioni chiave di quegli anni «Women’s Rights Project», con l’American Civil Liberties Union. E in questi lunghi anni alla Corte suprema ha contribuito in modo decisivo a costruire la giurisprudenza sulle pari opportunità, l’autodeterminazione della donna sull’aborto, il matrimonio tra omosessuali. Il suo principale avversario-interlocutore era Antonin Scalia, la quinta essenza della dottrina conservatrice americana. I due hanno animato fiere discussioni e coltivato un’intensa amicizia, oltre che la passione comune per l’opera. Nel 2015 la rivista Time inserì Ruth Bader Ginsburg tra i 100 personaggi più influenti e chiese proprio a Scalia di scriverne il profilo. Un’impresa. Difficile afferrare fino in fondo una personalità come la sua. Il suo tratto severo è attenuato da occhi verdi, orecchini vivaci e guantini di pizzo. Nelle sentenze adottava un linguaggio ricercato, non convenzionale per la cultura americana. Di recente aveva usato l’espressione francese faute de mieux , «in mancanza di meglio», costringendo gli addetti ai lavori ad affannose ricerche on line. Due volte alla settimana si presentava in una palestra di Washington: 10 flessioni, qualche esercizio alla panca. Indossando una felpa con la scritta: «Super diva» .


My Statement on the Passing of Justice Ruth Bader Ginsburg (Obama)

Ruth Bader Ginsburg, morta a 87 anni la giudice della Corte Suprema