domenica 20 aprile 2014

Passione

In attesa della raccolta delle vignette di Buona Pasqua 2014
amici cari ecco quelle della passione ed i miei più cari auguri!


tempo di Pasqua, ma soprattutto di passione...
Auguri  :-)
Marilena Nardi

 Sacrificios da quaresima
Dalcio




-PRISAS DE SEMANA SANTA Boligan



A molti non sembra vero, in vista delle elezioni europee,  poter cavalcare il malcontento della crisi economica attribuendo tutti i guai all'Euro, dimenticando o fingendo di dimenticare che le vere responsabilità sono essenzialmente politiche
 Gianfranco Uber


Pasqua?
 Perchè non si possono cancellare gli F35.
Mauro Biani


selfie
Turcios




Código de barras
Chubasco

sabato 19 aprile 2014

Barricate: ottavo ed ultimo numero

Cari Amici,
vi segnalo l'uscita dell'ottavo e purtroppo ultimo numero di Barricate (per lo meno come l'abbiamo conosciuto finora)
Marilena Nardi






BARRICATE n. 8


Editoriale di Maria Chiara Ballerini

Copertina di Andrea Bersani


“Quella che sul piano soggettivo è la felicità, sul piano oggettivo coincide con la realizzazione della propria essenza.”
(Frase attribuita a Socrate)

Le teorie sulla felicità sono tra le più antiche; si può dire che abbiano accompagnato l’uomo nella sua perenne ricerca.
Prescindendo dalle possibili definizioni di “felicità” (forse una per ogni abitante della terra), è innegabile che tutti la inseguano. Alcuni la cercano per sempre nel posto sbagliato, altri non si accorgono di averla accanto, altri ancora la trovano per caso.
Il tema della felicità come filo conduttore non era certo stato previsto per questo numero, forse l’ultimo sotto questa forma, di Barricate. Tutt’altro, ovviamente. Eppure, alla fine del lavoro di raccolta, rilettura e impaginazione del materiale, la felicità in senso socratico come realizzazione della propria essenza è apparsa come punto comune a molti dei personaggi che abbiamo incontrato e pubblicato.
John Perkins, “sicario dell’economia” al servizio delle multinazionali, convertitosi ad attivista per un mondo equo e solidale; il grafico Massimo Dolcini, che con la sua opera ha adempiuto una “vocazione”; Ivan Fantini, per anni tormentato chef di fama e oggi libero raccoglitore (e scrittore) molto più sereno; l’infaticabile autore quotidiano di strisce Stefano Frassetto, “un panda nella fauna fumettistica italiana”; e ancora il movimento Genuino Clandestino in lotta per l’autodeterminazione alimentare; Mara Armaroli e il suo orto-giardino condiviso; il fotografo Mirko Orando, per il quale una fotografia “è tutto”…
Anche noi di Barricate abbiamo vissuto per 8 felici numeri insieme ai collaboratori, ai lettori, ai sostenitori e a tutti coloro che ci hanno apprezzato, stimato, forse anche amato.
Le difficoltà economiche ci avevano già tolto l’edicola, ora ci hanno sottratto il colore. Ma in questo bianco-e-nero che grazie ai nostri disegnatori si è trasformato da limite in risorsa, c’è il seme di un progetto che pur di non snaturarsi rinascerà sotto altre forme.

Da questo numero non siamo più in grado di garantire una regolarità bimestrale. Pubblicheremo sicuramente altri numeri, dei monografici, delle raccolte, perché no dei libri: fumetto, grafica, fotografia, narrativa, saggistica, ragazzi. Non possiamo ancora definire modi e tempi, ma una cosa è certa: saranno pubblicazioni “reali”. Da toccare, sentire e odorare.



Il sommario 

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 Peccato che sia l'ultimo numero!
Ma mi raccomando non datevi vinti
e proprio dalle pagine di Barricate
uno splendido incoraggiamento!!
"LA VEDREMO"


Barricate - l'informazione in movimento
Il pregiudizio
Fumetto a strisce visto da BALLOONS
Testo di Max Olla
Illustrazione di DECO



Una vita da enigmista



Racconto
 e poesia 
di
 Stefano Pellone 
in arte 
Barthleby



Ho una certezza in più in questi ultimi giorni di lavoro: la macchina dei gelati mi odia.

Come? Cosa dite? Che ho detto Macchina dei gelati?
Ah sì, è vero, voi non potete saperlo…

Ebbene sì, è stata installata dalla Direzione una macchina dei gelati nell’androne del front-office e noi ogni tanto ci prendiamo qualche momentaneo rinfresco zuccherino. I gelati sono tutti Motta e sono per la precisione 4: Cornetto Extreme, Maxibon, Morellino e Ghiacciolone.
Al di là del fatto che il Maxibon costa 1.40€ (un prezzo assurdo per me), per una questione di gusto e di caldo spesso prendo il ghiacciolo. Ed i ghiaccioli sono di 4 gusti diversi: fragola, limone, menta e arancio.
Ed i ghiaccioli scendono giù in ordine casuale, senza uno schema prefissato, quindi possono capitare anche lo stesso gusto per tre volte di fila.
la ribellione della macchina
Martin Guhl

Ma, chissà perchè, PUNTUALMENTE è capace di capitarmi sempre e solo fragola.
E dovete sapere che di questi 4 gusti quello che proprio mi fa schifo è OVVIAMENTE uno solo, cioè la fragola.

Pensavo all’inizio a qualcosa di statistico, forse i ghiaccioli alla fragola sono di più degli altri come numero, ed invece no: gli altri davanti a me prendono menta e limone ed io SOLO fragola con qualche sprazzo di arancio.
La cosa è stata confermata anche dall'omino che carica la macchina, sotto mia diretta interpellanza.

La volta scorsa abbiamo fatto il test definitivo.
Alla presenza di tutto il laboratorio, mi sono avvicinato alla macchinetta diabolica, ho scrollato le spalle per sciogliere la tensione, ho messo la mia chiavetta nell’apposita fessura e mentre tutti mi osservavano e l'aria attorno a noi era immobile, ho premuto il pulsante del ghiacciolo con lo sguardo alla Tex Willer.

La macchina ha cominciato a muoversi.

Un secondo di silenzio, e poi il rumore del ghiacciolo che cade nella vaschetta.

Rosa.

Strafottutamente rosa fragola.

La macchina dei gelati mi odia.




L'enigmista
Di Marco De Angelis



Una vita da enigmista
a cercare soluzioni
sempre con la penna in mano
lavorando coi neuroni

Una vita da enigmista
segui schemi ben precisi
anagrammi, critto, rebus
zeppe, scarti e metatesi

Qui, vincer sì, non ha prezzo
finchè creerai stai lì

Una vita da enigmista
da chi dorme sempre poco
e passi la notte in bianco
per risolvere quel gioco

Una vita da enigmista
da uno che spedisce giochi
quando sei all’ultimo giorno
sono sempre brutti e pochi

Qui, vincer sì, non ha prezzo
finchè creerai stai lì

Una vita da enigmista
ci diventi quasi matto:
crei un gioco che è stupendo
e ti dicono “Già fatto!”

Una vita da enigmista
come Briga o Bartezzaghi
anni di trofei e coppe
ma per gli altri sono svaghi…

Qui, vincer sì, non ha prezzo
finchè creerai stai lì, stai lì…

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Stefano Pellone “barthleby”
Nato a Napoli il 18 aprile 1979 ma residente ora a Bologna, laureato in Controllo di Qualità Alimentare, chimico di professione e sognatore per diletto. Scrive poesie, crea giochi enigmistici, collabora con alcune riviste musicali, cerca di non far saltare in aria niente e si gode la campagna felsinea (quando ha del tempo libero).

Il suo blog: http://www.lafortunanellasfortuna.blogspot.it/

Gabriel Garcia Márquez 1927-2014

Gabriel Garcia Márquez
Fernando Vincente


"Se sapessi che oggi è l'ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene altri."
Gabriel Garcia Márquez


Capitulo final
Boligan


Gabriel García Márquez. 1927-2014.
Omar Figueroa Turcios


Cien años de soledad es un vallenato de 400 páginas
Turcios

…Crónica de una muerte anunciada

Gabo aveva 87 anni, sicché bisognava essere “preparati” per la sua morte. Invece no, non lo siamo oggi che è successa, proprio per niente. Insieme ad altri milioni  mi sento più abbandonata che orfana. Non va bene, proprio per niente. Non va bene perché quando muoiono (nel corpo) i “Gabo” ci si deve sentire orfani della Persona, non abbandonati dal tutto che quella seppe costruire e, talvolta, addirittura creare (dato che alla base ci stava praticamente il nulla) e subito dopo offrircelo. Se si avverte abbandono vuol dire che, sentendoci soli (e forse da ben più di cent’anni)  temiamo d’essere troppo deboli per continuare la storia dei Gabo. Siamo tanti ad amarlo riconoscendolo come Maestro di vita.  Volete che insieme noi non riusciamo a fare (almeno!) un Gabo? Badate che ne basta uno solo per renderlo “immortale”. Se poi riuscissimo addirittura a farne saltare fuori un bel po’ potremmo sperare di rendere immortale il suo pensiero sì da farne perfino sistema di vita! Auguri a ciascuno di noi e non solo in occasione della Pasqua…
18 aprile 2014


"Mariposas amarillas que vuelan liberadas".
Rochas Eduardo Quintana


Gabriel García Márquez
By Dario Castillejos, El Imparcial de México - 4/17/2014


Petar Pismestrovich


ADIÓS MAESTRO!! Estas lágrimas van para usted.. nunca olvidaré haberme permitido ser parte de ese mundo paralelo que fue Macondo y que conocí a través de esa obra de arte de literatura que es "Cien años de soledad". Gracias por eso y por todos sus libros.
Omar




EL LECTOR YA NO TIENE QUIEN LE ESCRIBA.
¡HASTA SIEMPRE, QUERIDO GABO!
GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ
 by/por WALTER TOSCANO


 Gabo
Tiziano Riverso


Garcia Marquez
By Antonio Neri Licón, El Economista, Mexico - 3/6/2007


"El problema del matrimonio es que se acaba todas las noches después de hacer el amor, y hay que volver a reconstruirlo todas las mañanas antes del desayuno."
--Vivir Para Contarla
"Il problema con il matrimonio è che ogni sera dopo aver fatto l'amore finisce, e si deve ricostruire di nuovo ogni mattina prima di colazione."




Gabriel García Márquez
By Kap, Spain - 4/18/2014


Gabriel Garcia Marquez
Paolo Lombardi
. 17 Apr 2014




Gabo ci lascia più soli ...di cento anni!
Carrera Arcangelo



García Márquez
Um desenho de última hora em homenagem a este grande mestre da literatura mundial
Mello

 Gabo
Avramescu


Gabriel García Marquez
By Arcadio Esquivel, La Prensa, Panama, www.caglecartoons.com - 4/18/2014



Tomas Serrano


Fin de Cien años de soledad
Raul Fernando Zuleta
Gabriel García Marquez (1927 - 2014) 18 Apr 2014


Dalcio




"Últimas palabras del doctor Juvenal Urbino, quien deja a la muerte aguardando, hasta ver al motivo de su último aliento y le dice: ..."Sólo Dios sabe cuánto te quise"."

--El amor en los tiempos del cólera (1985)


Nani Mosquera (Magola)


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 Nota
 Se n’è andato Gabriel García Márquez, lo scrittore colombiano che ha avvicinato milioni di persone alla letteratura. E’ mancato a 87 anni, in un ospedale di Città del Messico, a causa dell’improvviso aggravarsi di una polmonite. Ma la notizia, anche se preparata dal prolungarsi di un suo precario stato di salute, è luttuosa per milioni di lettori: soprattutto per i tanti figli del Sessantotto che proprio allo scoppio della contestazione erano stati colpiti al cuore da «Cent’anni di solitudine». Un romanzo talmente lussureggiante, libertario, esotico, coinvolgente, da trasformare il luogo immaginario in cui si svolge la storia, Macondo, in simbolo e sinonimo di vita alternativa.
E tuttavia «Gabo», come lo chiamavano non soltanto gli amici, è stato molto più che l’autore di un solo libro, per quanto capolavoro; e anche più che un classico monumento intellettuale, infiocchettato dal premio Nobel (effettivamente conseguito nel 1982). In altri romanzi, infatti, ha saputo variare il suo stile, conquistando giovani lettori e trasformando — come soltanto i grandi hanno saputo fare — i titoli dei suoi libri in slogan diffusissimi e persino in luoghi comuni: «L’autunno del patriarca», «Cronaca di una morte annunciata», «L’amore ai tempi del colera», «Il generale nel suo labirinto» sono espressioni che tutti almeno una volta ci siamo ritrovati sulle labbra, e ancor oggi ricorrono in tanti discorsi quotidiani o colti, allusivi o ironici.
García Márquez a tutto tondo, insomma, anche come figura pubblica, e persino accettato e applaudito da quanti non hanno condiviso le sue posizioni politiche: amico intimo e dichiarato del dittatore Fidel Castro (sia pure «sul piano personale e letterario»), simpatizzante del regime di Chavez in Venezuela, ma anche avversario dichiarato dei mercanti di droga e morte della sua Colombia. E amico-nemico di un altro grandissimo scrittore sudamericano, Nobel come lui ma di opinioni politiche opposte: il peruviano Mario Vargas Llosa, liberale e anche rivale in amore, capace di sfidarlo a pugni in una rissa, salvo poi lodarlo come un gigante della letteratura.
(fonte)
Links
www.facebook.com/GabrielGarciaMarquezAuthor
 http://it.wikipedia.org/wiki/Gabriel

mercoledì 16 aprile 2014

Il Pulitzer 2014 a Kevin Siers

Fonte Bado's blog


 

Vincitore del Premio Pulitzer 2014 Kevin Siers cartoonist del The Charlotte Observer
Premio assegnato a Siers  per il suo pensiero provocatore e vignette disegnate con spirito acuto, audace ed originale stile artistico .
Finalisti con Kevin, David Horsey e Pat Bagle.
















Editorial Cartooning
For a distinguished cartoon or portfolio of cartoons, characterized by originality, editorial effectiveness, quality of drawing and pictorial effect, published as a still drawing, animation or both, Ten thousand dollars ($10,000).
Awarded to Kevin Siers of The Charlotte Observer for his thought provoking cartoons drawn with a sharp wit and bold artistic style.

 
 Finalist
David Horsey of Los Angeles Times
For his wide ranging cartoons that blend skillful caricature with irreverence, causing readers both to laugh and think.
Pat Bagley of The Salt Lake Tribune
For his adroit use of images and words that cut to the core of often emotional issues for his readership.
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 Links

lunedì 14 aprile 2014

The Queen

La sovrana Elisabetta della Gran Bretagna, insieme al marito Filippo duca di Edimburgo, è atterrata in tarda mattinata  il 3 aprile all'aeroporto di Ciampino. Visita breve, neanche 24 ore: prima la colazione privata al Quirinale con Napolitano, poi l'appuntamento con il pontefice in Vaticano.


Elisabeth reçue en toute simplicité chez François


Et de cinq ! Le 3 avril, Elisabeth II rendait visite au pape François au Vatican. C'est le cinquième souverain pontife que rencontre la reine d'Angleterre – sept papes différents se sont succédé depuis sa naissance, en 1926 –, privilège dont peu de souverains ou de présidents peuvent se targuer. Selon les services du Vatican, l'entretien a duré "une vingtaine de minutes". 

Dans une robe couleur lilas, avec chapeau assorti, la reine a offert à François un panier de fruits et légumes issus du jardin royal, ainsi qu'une bouteille de whisky. Elle a reçu en échange une sphère surmontée d'une croix d'argent, cadeau destiné au prince George, enfant de Kate et William. 

Mais cette "visite privée", volontairement sans protocole (le couple royal anglais, sortant d'un déjeuner avec le président italien, s'est excusé pour les vingt minutes de retard), n'était pas dénuée de symboles. Il s'agit bien sûr de la première rencontre entre une reine britannique et un pape argentin, trente ans après la guerre des Malouines, qui avait opposé les deux pays. Et Elisabeth est toujours le "gouverneur suprême" de l'Eglise anglicane, indépendante du Saint-Siège, même si les relations entre le Royaume-Uni et le Vatican sont au beau fixe depuis de longues années. 
Dessin de Burki
(fonte)


blind date
fabiomagnasciutti


la rivoluzione di francesco, su repubblica.va
 fabiomagnasciutti


imbarass
Gava



La regina Elisabetta
La regina Elisabetta in visita al Colle, dopo l’incontro tra Napolitano e Berlusconi
Natangelo


Giorgio Forattini



god-save-de-qui-e-de-qua
Ieri la visita di Elisabetta a Giorgio.
Mauro Biani

Ritratto di Eugenio Scalfari

Il 6 aprile su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli per festeggiare i 90 anni
di Eugenio Scalfari



"Fra tutti gli animali l'uomo è il solo 

che conosce l'invecchiamento 
e scoprendo la morte fa di tutto per allontanarla, 
attraverso il ricordo"





Scalfari: "Ho inseguito l'ideale di perfezione, ma la verità è che danziamo sul caos"

Il fondatore di "Repubblica" compie oggi novant'anni. Ci confessa ricordi, paure, desideri. E affronta nuove sfide intellettuali
di ANTONIO GNOLI
I dati anagrafici sono la sola cosa che non possiamo travisare: "Sono nato il 6 aprile del 1924". Oggi compie novant'anni. Ragguardevole età che Eugenio Scalfari soppesa con affetto e disincanto: "Non c'è modo di chiedersi quanto tempo ci resta. Bisogna vivere come se fosse sempre l'ultimo giorno pieno", aggiunge. Osservo le mani venate di azzurro e l'ampia poltrona che avvolge il corpo magro. La mansarda dove sostiamo, all'ultimo piano di un attico non distante dal Pantheon, è carica di libri. È un pomeriggio romano. Lieve. Che si smorza nel sole barocco: "Vorrei che tu vedessi la terrazza. Le città osservate dall'alto sono come gli amori visti da lontano, hanno meno difetti". Mi viene da pensare che in quelle parole si nasconda un lato romantico. Una moltitudine di emozioni. Mi sorprende l'energia. E la pienezza dei giorni di cui parla: "Vivono di una densità diversa rispetto al passato e sono trafitti da pensieri ulteriori", precisa, con un velo di sorriso.

LO SPECIALE I 90 anni di Eugenio Scalfari

Quali pensieri?
"Intorno alle condizioni del tuo corpo. Lentezza, fragilità e quella sensazione che il tempo non lavori più a tuo favore".

Ma non necessariamente contro.
"No, infatti. Siamo animali simbolici e desideranti: costruiamo mondi, relazioni. Viviamo di immaginazione e di futuro. Ma c'è sempre un limite: un segno ineludibile. Un calcio in faccia alla realtà. Ho letto, da qualche parte, che l'esistenza della morte ci obbliga a non essere perfetti".

Hai mai teso alla perfezione?

"È un'ideale. O almeno così per lungo tempo l'ho pensata. La verità è che danziamo dentro il caos".

Cercando un senso e un ordine?
"Cercando, certo. Ma dubito che la perfezione sia di questo mondo".

Le tue incursioni nel cristianesimo e nella fede farebbero pensare a un bisogno di chiarezza ulteriore.

"Fa parte del bagaglio di un buon laico interrogarsi sulle grandi questioni che sono teologiche ma anche filosofiche. Resto un non credente".

E questo papa?
"Questo papa cosa?".

Così diverso.
"È la Chiesa che ti sorprende".

Monarchia seria.
"Le istituzioni vere, forti, collaudate sanno forse reagire meglio alla crisi dei tempi".

Cosa ti sorprende?
"L'assoluta singolarità. Sembra un uomo estraneo a ogni gesto ieratico".

Ed è un bene?
"La forma è importante. Ma lui ha ridato sostanza al gesto. Con semplicità. Qualche tempo fa ero ricoverato per una polmonite. Verso la fine della mia degenza mi annunciano una sua telefonata: c'è il papa in linea, mi dice l'infermiera. Non so come l'abbia saputo. Prendo la chiamata. Mi chiede: come sta? Rispondo: molto meglio. Lei non ha risposto, replica. Avverte dolori? Ha la tosse? Come si sente? No, no, sto bene, dico io, apprensivo. Allora auguri. E mette giù il telefono".

Sbrigativo ma efficace.
"È la naturalezza della sua parola e del comportamento che mi colpiscono. Insieme alla dolcezza e alla partecipazione all'altro".

È stato così con qualche altro papa?
"Non ne ho conosciuti molti. Ma li ho criticati quasi tutti. In particolare Pio XII. Ora che mi ci fai pensare ricordo un'udienza pubblica cui fui ammesso con mia madre. Avevo quattordici anni. Poco dopo ci saremmo trasferiti da Roma a Sanremo".

Che anno era?

"Il 1938. Mio padre fu chiamato a dirigere il Casinò della città. Era avvocato. Ma gli piacevano le donne e un po' le carte. Io fui iscritto al liceo Cassini. Arrivando dal Mamiani temevo che non mi sarei adattato facilmente".

Alludi a un certo provincialismo.
"I piccoli centri sono così. Mi avevano soprannominato "Napoli". Agli occhi della classe incarnavo il meridionale. Tra l'altro non ero mai stato a Napoli".

Una forma di razzismo?
"Blando, goliardico. Ma anche fastidioso. Smisero alla fine del primo trimestre. Nel frattempo si era formato un gruppo di studenti animato dagli stessi interessi culturali. Nella classe c'era Italo Calvino. Diventammo compagni di banco. Entrambi ci mettemmo a capo di questo gruppo. Ne sollecitammo gli aspetti più originali, le curiosità più riposte, le letture meno convenzionali. Italo disse che tutto quello che ci stava capitando accadeva nel nome di Atena, la dea dell'intelligenza e della Polis".

Il mondo greco contro quello romano vagheggiato dal fascismo?
"Eravamo studenti e non c'era un contrasto così netto. Ma ci sembrava di aver costruito una cultura parallela e autonoma rispetto a quella sviluppata dal fascismo".

Ma tu eri fascista?
"Convinto, e quando nell'inverno del 1943 il vicesegretario del partito Carlo Sforza mi cacciò dai Guf caddi, per alcuni giorni, in una specie di depressione".

Non riesco a immaginarti affranto.
"Era accaduto tutto in un attimo. Sforza mi contestò violentemente alcuni articoli che avevo scritto per Roma fascista. Mi strappò le mostrine e mentre mi sollevava da terra tenendomi per il bavero della divisa gli guardavo atterrito i polsi delle mani: tanto grandi da sembrare le cosce di un uomo. Ad ogni modo fu così che cominciai a rendermi conto che un'altra società era possibile. E che gli anni del liceo e le amicizie strette allora non erano passati invano".

Come spieghi quel mondo parallelo di interessi e letture che poco avevano a che fare con il fascismo?

"Negli ultimi anni in cui ho diretto Repubblica e in quelli successivi ho molto intensificato la mia ricerca letteraria, filosofica e religiosa. All'inizio qualcuno si sorprendeva di questi miei interessi in un certo senso lontani dal giornalismo. Dimenticando così che le mie prime letture furono ampiamente letterarie e filosofiche. Ricordo la mia prima lettura al liceo: Il discorso sul metodo di Cartesio. La chiarezza espositiva del testo, unita all'idea che il pensiero ha bisogno di regole, mi formò nel profondo. Tanto è vero che il mio approdo successivo all'Illuminismo non sarebbe stato così convinto senza Cartesio".

In questi anni il tuo entusiasmo per il secolo dei Lumi si è un po' raffreddato. Hai spinto in primo piano figure come Montaigne che relativizza la ragione, o come Nietzsche che la distrugge. Sei giunto alla conclusione che il mondo non era solo progresso e felicità?
"Sai, non è che gli illuministi, a parte qualche incallito materialista, fossero tutti beatamente rivolti alle sorti progressive della ragione. Diderot era ben conscio delle trasformazioni e della crisi del proprio secolo. E lo stesso Voltaire non fu da meno. Per non parlare della sensibilità protoromantica di Rousseau".

Insomma non fu solo il secolo dell'ottimismo?
"È così. Poi, sai, nell'intraprendere il lungo viaggio nella modernità, ero consapevole che il quadro mentale che si delinea da Montaigne in poi è mosso, frastagliato, insidioso e perfino contraddittorio. Accennavi a Nietzsche. Non mi sento nicciano. Ma so anche che se vuoi occuparti di filosofia - ossia di una delle forme supreme dei modi del pensare - non puoi prescinderne".

In che senso?
"Con lui si conclude la lunga epoca della modernità. Non è un fatto trascurabile. Mi colpiva che Nietzsche - nei primi giorni della sua follia, quando gli amici lo andavano a trovare a Torino - avesse accanto al letto gli Essais di Montaigne. Cioè la riflessione con cui ha inizio il viaggio nella modernità".

Perché sostieni che quel viaggio si conclude con Nietzsche?
"Perché dopo di lui non si può più pensare e scrivere di filosofia in modo sistematico. Non esiste più un centro da cui si irradia tutto il resto. La perdita della centralità dell'uomo comporta l'infinita moltiplicazione dei centri".

Quindi ciascuno diventa centrale a se stesso?
"Gottfried Benn - che fu un ufficiale medico ma soprattutto un saggista di talento - fa un'osservazione interessante: ho capito perché Nietzsche scrive per aforismi. Chi non vede più connessione può procedere solo per episodi. E noi, aggiungo io, presi singolarmente siamo degli episodi. Io sono il centro della mia periferia che è, a sua volta, la mia circonferenza. Nietzsche comprese che i grandi sistemi filosofici erano tramontati".

Tutto questo non crea smarrimento?
"Cambia il quadro mentale, si modificano i punti di riferimento. Non puoi più oggi metterti a scrivere Il discorso sul metodo come fece Cartesio. Sarebbe ridicolo".

Devi mettere in gioco te stesso?
"Devi farlo: ogni riflessione che riguarda il mondo ti interpella in prima persona. E non solo perché Freud ha scoperto l'inconscio, ma perché la vita - la tua vita e quella degli altri - si è letteralmente scomposta. Lo capì benissimo Rilke quando scrisse il primo grande romanzo dell'ultima modernità: I quaderni di Malte Laurids Brigge".

Un romanzo sovrastato dall'idea della morte e del ricordo.

"Fra tutti gli animali l'uomo è il solo che conosce l'invecchiamento e scoprendo la morte fa di tutto per allontanarla, attraverso il ricordo".

Lasciare di sé una traccia?
"Per questo leggiamo Omero da tremila anni e Shakespeare da cinquecento. Ma anche il ciabattino del vicolo accanto vuole fare delle belle scarpe, non solo per lasciar prosperare la sua bottega ma perché così forse sarà ricordato".

È un trauma così forte essere dimenticati?

"In qualunque forma si presenti non amiamo l'abbandono. L'oblio esiste. E la traccia serve a combatterlo, a rinviarlo. Quello che abbiamo fatto di importante desideriamo che resti".

Sei molto narciso?
"L'ho anche scritto".

E vanitoso?
"È un sentimento che mi infastidisce. I nostri tempi sono dominati dalla vanità, come trastullo infantile. Ma essa è anche la forma più ridicola dell'ambizione. Che invece, entro certi limiti, è un tratto sano e importante del carattere".

Importante per il successo?

"Più che per il successo tout court, per il modo in cui lo persegui e lo ottieni. E soprattutto in vista di cosa".

Il potere ha bisogno della saggezza?

"Senza un po' di saggezza si finisce dritti nella tragedia scespiriana".

E il tuo potere come lo giudichi?
"Noto in me una forte componente "paterna". Capisco che la definizione è insolita. Ma credo mi corrisponda. Del resto, è il tratto del narciso: consapevole che solo amando gli altri può essere a sua volta amato".

La tua vita è stata governata dal "due"?
"Che cosa intendi?".

È un numero che ricorre spesso: due sono i giornali che hai fondato e diretto, due figlie, due mogli, due le grandi esperienze culturali che hai condotto. Mi fermo qui.

"Molte delle cose che elenchi sono legate al caso. Però è vero, sento che un "doppio" c'è in me. Mi piace immaginarlo legato ai desideri. Essi misurano la mia vitalità".

Ma anche le tue contraddizioni?
"Indubbiamente. Si può desiderare il bene del prossimo e avere cupidigia di potere, di femmine, di ricchezza. Non è il mio caso per fortuna".

E i tuoi desideri come sono?
"I desideri sono la sola cosa che la vecchiaia non ridimensiona. Per quanto mi riguarda sono stato un uomo plurimo e i miei desideri notevoli e spesso contraddittori. Ho dovuto conciliarli tra dolori e felicità".

Il desiderio allontana la morte?

"Per il fatto stesso di impegnare il futuro l'allontana. Ma anche quello che realizzi ti distanzia da essa".

È la società con i suoi meccanismi celebrativi?

"La festa e i riconoscimenti appartengono alla nostra antropologia. Perfino i miei novant'anni non sfuggono a questo impianto".

Non temi la monumentalizzazione?
"Dici l'eccesso di retorica?".

Sì.
"Certe cose mi imbarazzano e la pomposità, francamente, non mi piace. Ma non vorrei neppure che tutto si risolva in una malinconica ballata. Se è vero che uno dei modi per esorcizzare la morte è, come ti dicevo, nella traccia che lasci, questa la trovi anche quando si celebra un anno tondo e importante come i novanta".

Ti fa paura la morte?
"No, temo la sofferenza. Ma so che la morte è il nostro orizzonte. Ogni vera storia umana dovrebbe cominciare da qui, dalla fine".

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Ritratto di  Luciana Castellina


domenica 13 aprile 2014

Quarantasette dappertutto.

 Quarantasette dappertutto.

di Federica Pareschi
O donna che stamattina camminavi davanti a me: bionda platino arruffata, giubbottino nero in pelle a giro vita, leggins elasticizzati a 4500 denari, calzino a pois e tacco a spillo.
 Tu avevi un sedere normale e di questo ti do merito, i leggins fin lì potevano pure. 
Ma figlia cara, ho pensato, se ti ritrovi due gambe talmente storte che in mezzo ci passano le culone che i leggins non possono metterli (a volte li mettono ma s'aprirebbe un altro mondo). 
Figlia mia, pensavo, un pantalone normale e avresti portato benissimo i tuoi venticinque anni. E siccome quel sedere normale mi dava comunque un certo fastidio - chi ha tutto, chi ha troppo, chi niente - ho allungato il passo e t'ho superata. 
Mi sei passata vicino alla fermata del bus e ho capito che più o meno si doveva essere coetanee: io quarantasette dappertutto, tu venticinque al sedere e novantadue in volto. 
E allora mi sono pentita dei cattivi pensieri avuti prima di vederti in viso che non sta bene mancar di rispetto ai più grandi d'età. Nemmeno col pensiero. 
Amen.



*