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venerdì 26 settembre 2014

26 settembre "La notte dei ricercatori"

"La notte dei ricercatori"
Sergio Staino



LA NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI: Una notte, centinaia di città Europee e non

Comunicazione della scienza attraverso esperimenti scientifici dal vivo


Non mancare alla Notte Europea dei Ricercatori, venerdì 26 Settembre 2014!

Si tratta di una mega manifestazione che si svolge simultaneamente ogni anno in una sola notte di Settembre in centinaia di città Europee e non.

Con la famiglia, la scuola, gli amici o da solo potrai assistere dal vivo ad affascinanti esperimenti scientifici.

Cosa fanno realmente i ricercatori e perché ciò è importante per la tua vita quotidiana?

  • Le opere d’arte, possono essere conservate per sempre?
  • Come si analizza la qualità dell’acqua e la fertilità del suolo?
  • Può una mano bionica essere sensibile quanto una vera?
  • Quali sono i problemi dei rifiuti spaziali e come possiamo liberarcene?
  • Come possiamo sentire cantare una balena sotto l’acqua?

Troverai le risposte a queste ed ad altre domande grazie a visite guidate dietro le quinte dei laboratori di ricerca che sono normalmente chiusi al pubblico, e potrai assistere a spettacoli di scienza interattivi, esperimenti pratici o seminari.

La mappa interattiva per sapere dove.
Il sito della comunità europea

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Nel mio territorio


Ricchissimo il programma, che permetterà ai visitatori di “toccare con mano” i tanti ambiti di ricerca in cui sono impegnati il personale dell’Università di Parma e di Imem – Cnr.
Si potrà partecipare a una speciale “Caccia al tesoro della scienza” e immergersi nelle “notti bianche” di Gogol’ e Dostoevskij; diventare ricercatori per un giorno partecipando a un progetto di censimento e monitoraggio delle formiche – con tanto di kit di raccolta – e vedere da vicino “la magia del mondo microbico”; sfidare i robot giocolieri e riconoscere – aiutati dai Maestri del gusto – come funzionano i cinque sensi in relazione agli alimenti; parlare di diritti umani al cinema e ammirare il simulatore di UniPR Racing Team; andare  “A spasso nel nanomondo” e conseguire – con 5 lezioni – una (simbolica) laurea in una notte.
E poi ancora: laboratori alla scoperta degli organismi viventi seguendo il filo dell’evoluzione, appuntamenti dedicati al binomio sport & salute, laboratori di avvicinamento alla progettazione architettonica e urbana, momenti golosi come “la fabbrica delle caramelle”, un filo diretto con i ricercatori del CERN di Ginevra, incontri sull’evoluzione del credito nel nuovo millennio, esperimenti per capire come funzionano fibre ottiche, robot mobili e veicoli a guida automatizzata, conferenze sullo stress e sulle ultime novità in tema di terapia chirurgica mini-invasiva endoscopica di emicrania e iperidrosi, focus sulla cura degli animali “non convenzionali” (dalle tartarughe di terra e d’acqua dolce a gechi e serpenti, dai pappagalli ai porcellini d’India) e visite alle stalle del Dipartimento di Medicina Veterinaria, osservazioni biologiche e zoologiche nell’Orto botanico, inviti ad ascoltare il suono delle onde gravitazionali, percorsi di approfondimento su come nasce un farmaco e tanto altro ancora. Il tutto guidati da docenti, ricercatori,  dottorandi, assegnisti e studenti dei diversi Dipartimenti.
Tra gli appuntamenti speciali: “Una notte in biblioteca, apertura straordinaria della Biblioteca del Polo umanistico presso “I Paolotti” in via D’Azeglio dalle 18 alle 22; Mangio sano e sicuro, ciclo di brevi seminari che si terranno nel pomeriggio nella sede dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA); Brindiamo alla nostra salute! Come ricerca e sviluppo migliorano le condizioni di vita delle persone", con il coinvolgimento diretto di alcune aziende del territorio.
Evento speciale al termine  della Notte dei ricercatori sarà l’inaugurazione di “Erasmus and International Home” in Piazzale San Francesco, il nuovo punto di riferimento di Ateneo per gli scambi didattici internazionali e per l’accoglienza di docenti e studenti stranieri: sarà una vera e propria festa che si svolgerà a partire dalle 21,30, con interventi di musica dal vivo e che si concluderà con Dj set di Marco Pipitone dalle 23 all’1 di notte.
- Bus navetta
Per spostarsi da un polo all’altro sarà approntato un servizio di bus navetta gratuito. Fermate: Piazza Garibaldi, Via del Taglio (Dip. di Medicina veterinaria), Campus. Frequenza bus: ogni ora dalle 15 alle 20.
- Sul web: sito e social media
Gli studenti del corso in Giornalismo e Cultura Editoriale seguiranno e commenteranno con un reportage la Notte dei ricercatori 2014.
Un sito dedicato alla Notte dei Ricercatori, unitamente a una pagina e a un evento Facebook (facebook.com/comunicarelaricerca), è stato predisposto con la collaborazione degli studenti dell’Università, e con il contributo attivo del pubblico gli eventi saranno commentati attraverso i social network.
#nottericercatori #comunicarelaricerca #ndrparma2014.
Per informazioni: info@comunicarelaricerca.it
- Aperture straordinarie di mostre e musei
In occasione della Notte dei Ricercatori è prevista un’apertura straordinaria fino alle ore 23 dei Musei civici di Parma, con ingresso gratuito. Saranno aperti il Castello dei Burattini, la Pinacoteca Stuard e i musei della Casa della Musica (Museo multimediale dell’Opera, Casa del Suono, Casa Natale di Arturo Toscanini).
Apertura straordinaria, sempre fino alle 23, anche per le mostre “Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures” e “Stanislao Farri. Sulle tracce della luce”, a Palazzo del Governatore.
Apertura in anteprima, infine, per la mostra “Sfogliare stanze. Munari e altre storie per raccontare Corraini Edizioni”, dalle 18 alle 22 a Palazzo Pigorini.
Il programma completo delle iniziative della “Notte dei ricercatori”, costantemente aggiornato, è consultabile sul sito www.unipr.it, al banner “Comunicare la ricerca”.



Comunicato stampa congiunto Università di Parma, Comune di Parma, Imem - CNR



lunedì 17 marzo 2014

Ritratto di Giacomo Rizzolatti

Il 23 febbraio su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Giacomo Rizzolatti 


Gli psicologi non hanno accolto molto bene la vostra scoperta.
"Lo capisco, va a toccare tutto il piano dell'emotività che loro spiegano in maniera diversa. I neurologi invece l'hanno presa benissimo, ritenendola fondata su basi solide. E così gli artisti e perfino i filosofi".




Giacomo Rizzolatti: "Da bambino sono scampato alle purghe staliniane, con i miei studi ho capito come funziona il cervello"

Lo scienziato racconta la sua vita e come ha scoperto i neuroni specchio: vivevamo a Kiev negli anni Trenta e dovemmo scappare
di ANTONIO GNOLI

Ripensando alla turbinosa ascesa della repressione staliniana non era facile immaginare di ritrovarvi i lembi di una piccola grande storia italiana. Ma quando la polizia segreta e la fame incombente bussarono alla porta della famiglia Rizzolatti si capì immediatamente che un'epoca era finita e che il futuro appariva incerto e spaurito come i volti degli abitanti di Kiev. Giacomo Rizzolatti, che grazie alla sua scoperta dei "neuroni specchio" ha sfiorato il Nobel, conserva la memoria di quegli anni per quel tanto che il padre gli raccontò. Lo scienziato vive e insegna a Parma. È un signore curioso e affabile. E se posso aggiungere una nota di colore egli veste con la discreta trasandatezza che un uomo di talento ha quando il disinteresse per sé è pari all'interesse per la propria ricerca. "Giunti a una certa età siamo ciò che abbiamo imparato ad essere: radici, educazione, cromosomi. Contesti naturali e sociali. Anche il vestire non fa eccezione".

In fondo l'abito e l'abitare hanno la stessa radice.
"Abitiamo i nostri vestiti come le nostre case".

Lei vive qui?
"Sì, a Parma in una zona centrale".

Dove è nato?
"In Ucraina, allora Unione Sovietica. Il mio papà fece l'università a Kiev, città allora molto diversa da quella martoriata di oggi. Parlo degli anni Trenta. Si iscrisse a Medicina che non ero ancora nato. La situazione si stava facendo terribile. Si percepiva un senso di furore rivoluzionario e di paura ancestrale".

Paura per cosa?
"Perdere tutto, anche la vita. Cominciava a dilagare il sistema della delazione e della denuncia. Stalin aveva deciso di collettivizzare l'economia. E i contadini, quelli con la terra, furono i primi a opporsi. Ammazzarono le proprie bestie, incendiarono le proprie case, rinunciarono a lavorare la terra pur di non cedere all'espropriazione forzata. In quelle circostanze gli studenti erano spediti a lavorare nei campi. Mio padre, soprattutto in estate, raccoglieva nei primi kolchoz le patate".

Fu una forma di collaborazione?
"Direi piuttosto un obbligo. Mi raccontò che durante una lezione all'università, una ragazza lo denunciò: lui, disse la studentessa indicando mio padre, è il figlio del costruttore Rizzolatti, un nemico del popolo. Il professore reagì con calma: è vero, replicò. Ma lo studente Rizzolatti è stato rieducato come infermiere nelle miniere del Don".

Con che spirito suo padre le raccontò tutto questo?
"Era consapevole che la situazione stava sfuggendo di mano. Ma non ne ebbe mai un ricordo cupo. Quando una volta gli chiesi perché, sapendo cosa era accaduto in Unione Sovietica, aveva deciso di partecipare alla guerra partigiana in Italia, mi rispose: perché lì come qui pensavamo comunque a un mondo migliore".

Come arrivò la sua famiglia a Kiev?
"Alla fine dell'800 il mio bisnonno emigrò verso l'impero russo. Era friulano, senza lavoro perché ce ne era poco. Arrivò a Kiev con alle spalle una scuola di mosaico. Fu assunto come operaio specializzato. Col tempo si mise in proprio nella lavorazione del marmo, che importava da Carrara. Divenne un uomo discretamente ricco. E tutto andò bene fino alla rivoluzione del 1917".

Cosa accadde?
"Ci tolsero la fabbrica. Ma non la casa, quella che il nonno aveva fatto costruire. La confiscarono solo parzialmente consentendo alla nostra famiglia di viverci. Dopotutto eravamo stranieri e quindi ancora agevolati".

Quando la situazione precipitò?
"Durante la Guerra di Spagna. Stalin decise che in pochissimo tempo gli stranieri dovevano essere rispediti ai loro paesi. Nel 1937 arrivò lo "sfratto". Toccò prima a mio zio, poi a mio padre e mia madre, infine ai nonni che erano ancora vivi. In tre mesi dovemmo lasciare Kiev. Ero appena nato. L'ambasciata ci aiutò a portare via qualche gioiello, sembravamo usciti da un romanzo di Bulgakov, che tra l'altro era nato a Kiev e aveva fatto il medico".

Non è che l'Italia fosse proprio il sogno.
"Anzi. Per una legge del fascismo i miei dovettero risiedere nel luogo da cui i nonni erano partiti: Clauzetto, un paesino non lontano da Pordenone. Ora, lei immagini passare da un posto come Kiev che faceva un milione di abitanti, con una vita sociale internazionale, a un luogo che contava sì e no 500 anime. La mamma che era una donna spiritosa, disse: ma non avete l'impressione di stare nel Caucaso?".

E qui inizia la sua storia.
"Devo dire che la nostra storia familiare strideva con il provincialismo italiano di quegli anni. Avevo buone letture alle spalle: romanzi francesi e russi, come si addiceva a un'educazione un po' mitteleuropea".

Conosceva il russo?
"Da ragazzo lo leggevo. Oggi avrei difficoltà con il cirillico. Ma allora, parlo degli anni Cinquanta, mi fu utile al liceo classico che frequentai a Udine. Poi l'università a Padova e la decisione di occuparmi di neurologia".

Perché neurologia?
"La scelta si legava alla professione dei miei. Entrambi medici. E poi ero affascinato da quella scatola e soprattutto dal suo contenuto: il cervello. Gli insegnanti mi sembravano tutti bravi. Fu un assistente di fisiologia a mettermi in guardia: ma cosa fai? Qui sono quasi tutti dei "mona". Se vuoi occuparti di "cervello" vai a Pisa dal professor Giuseppe Moruzzi".

Cosa aveva di speciale?
"Fu un genio della ricerca. Insegnò a Bruxelles, Cambridge e a Chicago invitato dal grande Horace Magoun e infine a Pisa. Capitava, a volte, che Rita Levi Montalcini lo interpellasse su alcune ricerche scientifiche. A lui si deve l'importante scoperta della formazione reticolare che lo rese particolarmente famoso in Unione Sovietica".

Perché lì?
"Le sue ricerche si incrociavano con quelle di Pavlov. In particolare sul concetto di "reazione di orientamento"".

Spieghi.
"Prima di Moruzzi si pensava che il cervello si attivasse grazie alle sue tante vie, acustica, visiva, motoria, e che queste modalità andassero analizzate separatamente. Pavlov si accorse che battendo le mani si produce un certo suono di fronte al quale una persona si gira. La domanda che si fece Moruzzi fu: perché quella persona oltre all'udito coinvolge la parte motoria?".

E quale fu la risposta?
"Moruzzi formulò l'ipotesi che le modalità sensoriali fossero integrate, o tenute assieme, da una sostanza reticolare che poi inviava l'impulso al cervello".

Con Moruzzi quanto tempo ha lavorato?
"Per tre anni. È stato un uomo fondamentale con una visione umanistica straordinaria. Ricordo ancora che una delle prime cose che mi chiese fu se conoscevo la Recherche di Proust. Balbettai che sì qualcosa avevo letto. Mi guardò e rispose: naturalmente in francese, se no è come non averla letta".

È stato importante Moruzzi per le sue successive scoperte?
"Lo è stato come atteggiamento critico, come manifestazione di creatività e indipendenza di giudizio. Di solito si pensa che solo gli artisti siano creativi e che gli scienziati facciano il lavoro rigido. Non è così".

In effetti molti artisti si sono entusiasmati per la sua scoperta dei "neuroni specchio".
"È vero. Jan Fabre, che ho incontrato diverse volte, ci ha visto dentro un mondo che era anche il suo".

Parliamo di questo mondo.
"Inizialmente mi occupavo del sistema visivo. Per caso mi accorsi che c'era un'area del cervello che confinava con il sistema motorio e lì si trovavano delle risposte visive che apparentemente non dovevano esserci".

Mi faccia capire: un cervello ha miliardi di neuroni. Lei e il suo team ne intercettate alcuni un po' particolari. Ma non è come trovare il biglietto vincente di una lotteria?
"Sembra ma non è così. Anche perché non si parte da zero ma con delle ipotesi. Il punto è che quando ti imbatti in ciò che sembra un'anomalia, prima di escluderla, devi provare a razionalizzarla".

E come avete fatto?
"Seguendo anche un approccio etologico. Cominciammo i primi esperimenti utilizzando dei gatti".

Dei gatti?
"Sì. Quando lo comunicai a un professore americano rispose: ma io non leggo letteratura sui gatti. Come non legge? dissi io. Voglio dire, precisò, che la sola rilevanza cognitiva la si ha con le scimmie o con l'uomo".

So che sceglieste un macaco.
"Sì e l'idea fu di non condizionare la scimmia ma lasciarla libera. Quindi non trattarla come un essere che produce movimento, ma alla stregua di un'entità viva, le cui azioni sono esercitate in vista di uno scopo".

Quindi un essere intelligente.
"E in qualche modo socievole. I test che conducemmo ci fecero scoprire una cosa apparentemente strana: registrammo che un neurone motorio rispondeva agli stimoli visivi".

Perché strana?
"Perché di solito si pensava che l'atto motorio fosse un semplice atto esecutivo. In realtà la questione apparve più sofisticata. Ci accorgemmo che la scimmia non compiva solo dei movimenti ma delle vere e proprie azioni. E questo era possibile perché, in qualche modo, era saltata la rigida e artificiale separazione tra area percettiva, cognitiva e motoria".

Per dirla con una battuta: il movimento non è cieco.
"Più esattamente: il cervello che agisce è anche il cervello che comprende".

E questa comprensione avviene prima che la società dia le regole e si formi il linguaggio?
"Diciamo che è una precomprensione che viene prima della costruzione dei concetti, ma è altrettanto importante per le capacità cognitive".

Questa fase primaria è quella che chiamate dei "neuroni specchio"?
"Ci sono dei fenomeni alla nascita che abbiamo appunto chiamato "neuroni specchio"".

"Specchio" perché?
"Il meccanismo ci permette di sapere cosa fanno gli altri senza dover ricorrere alla fase linguistica, ma basandosi unicamente sulle proprie competenze motorie".

Insomma: io so che cosa sta facendo una persona perché so farlo anche io, sento le stesse cose che sente lui?
"In un certo senso è così. I neuroni specchio creano un campo comune di esperienza che coinvolge tanto l'aspetto individuale quanto quello sociale".

Un Io e un Noi con una base comune?
"La nostra scoperta, alla quale ha contribuito un gruppo di ricercatori straordinari, rivela che c'è un meccanismo naturale che in qualche modo ci rende sociali, ci porta a considerare l'altro come noi stessi. È chiaro che questo meccanismo è poi influenzato dalla società. Questo per rispondere a eventuali obiezioni sul presunto eccesso di biologismo".

Gli psicologi non hanno accolto molto bene la vostra scoperta.
"Lo capisco, va a toccare tutto il piano dell'emotività che loro spiegano in maniera diversa. I neurologi invece l'hanno presa benissimo, ritenendola fondata su basi solide. E così gli artisti e perfino i filosofi".

Anche il pubblico si è appassionato. Come ha vissuto il successo?
"All'inizio con molto stupore. Sapevo che la scoperta era interessante, soprattutto per le ricadute. Ma non mi aspettavo una reazione così mediaticamente forte".

Le piace essere una star della scienza?
"Cerco di non montarmi la testa"

Come definirebbe la scienza?

"Nell'epoca moderna è il metodo sperimentale: trovare risultati che siano ripetibili. Insomma, il metodo galileiano".

Rimane buono nonostante la svolta quantistica?
"Mi sento ancora newtoniano. In fondo continuiamo a vivere nel mondo newtoniano".

Newton non disprezzava le incursioni nella magia e nella religione.
"Anche Galilei si dedicava all'astrologia. Ma sono aspetti folcloristici".

Per uno scienziato oggi sarebbe folcloristico occuparsi di religione?
"Non sarei io a impedirglielo. Mi dà fastidio chi è violentemente contro qualcosa. La varietà di pensiero nelle persone, oltre alla confusione, crea ricchezza. Però una cosa è la fede altra è la scienza".

Nel senso?
"Sono due mondi avulsi l'uno all'altro. Il metodo sperimentale mi dice che una cosa deve essere assolutamente ripetibile perché sia vera. I miracoli non sono ripetibili. Se ammettessi i miracoli non farei più scienza. Diamoci un po' di coerenza".

Alcuni grandi scienziati non hanno rinunciato a credere.
"È vero. Il grande scienziato John Eccles era un esigentissimo cattolico".

Cos'è la libertà per un uomo che si concede una contraddizione così vistosa?
"Non ho mai pensato alla fede come a un oggetto. E capisco che ad alcuni faccia piacere sapere che esiste un mondo dell'aldilà e che non tutto finisce qui".

È solo una consolazione?
"Certamente consola. Ed è chiaro che sul piano delle preferenze è meglio un mondo che preveda l'aldilà a un mondo che non è in grado di contemplarlo. La mia logica dice però che è poco verosimile. Tuttavia, mi danno fastidio coloro che si dichiarano atei e che impongono una loro immagine di assenza di Dio. In fondo è anche questa una prepotenza. Se uno scienziato vuole andare in chiesa ci vada pure. Le leggi della fisica non cadranno per questo".




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Giacomo Rizzolatti
ha scoperto i "neuroni specchio"
che mettono in diretto contatto le capacità visive e di osservazione
con le capacità di apprendimento.
cioè neuroni che agiscono per empatia, "specchiando" le attività motorie degli altri direttamente su noi stessi.
quindi non si impara solo con le nostre capacità analitiche e razionali, ma anche a livello istintuale.
Gli artisti sono entusiasti della scoperta, gli psicologi molto meno.
personalmente sono fierissimo perchè sono anni che,da perfetto ignorante, sperimento certe mie tecniche di osservazione istintuale proponendole per l'approfondimento dello studio del disegno.
fierissimo anche di avergli fatto il ritratto per l'intervista di Repubblica.

Riccardo Mannelli

mercoledì 8 gennaio 2014

Ai repubblicani non piace la teoria dell'evoluzione

STATI UNITI
La teoria dell'evoluzione è respinta da più della metà dei repubblicani

Uno studio sull'adesione degli americani alla teoria dell'evoluzione mette in evidenza il crescente divario di valori tra democratici e sostenitori repubblicani.



Strani sondaggi in America da parte del Pew Research Center.
Quanti americani sostengono la teoria sull'evoluzione umana?
  In cinque anni, tra coloro che si dichiarano repubblicani, la percentuale di coloro che dichiarano di aderire ai moderne teorie dell'evoluzione è diminuito di 11 punti percentuali al 43% di oggi, secondo uno studio del Pew Research Center . 
Il Courrier International riporta la notizia corredandola con lo splendido disegno:
 "L'evoluzione "di Angel Boligan. 


Link :
http://www.greenreport.it/news/comunicazione/evoluzione-umana-specie-svolta-usa/

sabato 29 giugno 2013

Margherita Hack

Margherita Hack (Firenze 12 giugno 1922- Trieste 29 giugno 2013)

Ciao Margherita e grazie di tutto

questa donna l'ho amata forte
fabio magnasciutti
Decisamente un pessimo anno
Marilena Nardi

"Penso che il cervello sia l'anima ..." Margherita Hack
Umberto Romaniello


Margherita Hack by Grazia Nidasio
fonte AfNews



una stella in più
Khamard /Rocco Grieco


Luca Ricciarelli




se ne e' andata la grande Hack
Gianni Soria

Gianni Soria

Perazzoli


EHI, ma voi "esseri mortali" non mi date mai tregua..... eh???
Pietro Vanessi


Stella rossa
Mauro Biani


Protone eri e protone ritornerai
Chi porta avanti con dignità e coerenza le proprie idee è degno del massimo rispetto ed è sempre un esempio verso chi cambia campana ogni istante.
Brava Margherita Hack, grande donna, mente limpida e schiena dritta.
Ci mancherà la tua dignità in un paese che ne ha sempre meno.
 Paride Puglia


SERGIO STAINO


non m'ama
fabiomagnasciutti



Vauro: Una lettera d’amore a Margherita Hack, amo molto quella donna
perché la amo tanto?
 perché è un guizzo di intelligenza, di intelligenza allegra, di trasgressione giocosa .
in una società di una banalità, di una noia mortale, lei è divertente ed io la trovo una donna meravigliosa così le faccio questa dichiarazione:

   Cara Margherita,
ti scrivo da un posto dove l' anzianità è considerata un reato osceno
perchè in questa società  è un delitto essere vecchi bisogna essere sempre belli
e trovo affascinante la storia che hai dipinta sul viso,
ti amo

Tuo Vauro

 
VAURO

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29/06/2013 - il lutto per la signora delle stelle
Hack, l’ultimo sberleffo alla morte
“Ho scelto di andarmene sorridendo”
federico taddia

“Ciao Marghe, come stai?”

“E come vuoi che stia Fede, sono qua in gabbia. Non vogliono più che vada più in giro: ma io scappo. Anche perché la mia testa mica la puoi fermare”. Abbiamo riso insieme, pochi giorni fa al telefono, come mille altre volte. Anche se la voce era sempre più flebile. Il fiato più corto. Quel cuore impazzito ormai ingestibile da quando aveva scelto di non farsi operare, tempo fa, perché “Non voglio sfinire sotto i ferri per vivere qualche mese in più: non ne vale la pena. Preferisco morire sorridendo”.

Con Margherita era impossibile non ridere, perché l’ironia era il suo approccio alla vita, un approccio rigoroso e spettinato, come amava definirlo lei.

Ho avuto la fortuna di frequentare tanto la Marghe in questi anni, per lavoro e per piacere. Lunghe chiacchierate, per conoscere e far conoscere la sua storia, il suo pensiero, il suo sapere.

Lei e la sue T-Shirt, sempre spiazzanti e sempre un po’ macchiate. Lei e i suoi pranzi a base di insalata, pomodori e gatti tra i piedi. Lei e il suo inseparabile bastone da passeggio e lo zainetto sulle spalle, gobba e tremolante, ma sempre in piedi. Sempre un passo avanti agli altri. Lei e i suoi libri, lei e la sua sfida infinita a spiegare i buchi neri ai bambini, lei e l’amore per lo sport, per la sua Fiorentina, la passione nascosta per “Un posto al sole”, l’odio per Berlusconi, le critiche alla Chiesa e l’amicizia vera e profonda con tanti preti di strada e di battaglia.

Ricordare ora Margherita è tutto questo: è rivedere il suo amore, vero, profondo, inscalfibile per il marito Aldo. E’ la serenità con cui ti diceva che non voleva avere figli perché a lei i bambini piacevano, ma solo se erano bambini di altri, e che non si sentiva quindi in colpa nel sentirsi più attratta dai gatti. E’ il suo rispondere sempre al telefono, dare comunque sempre un appuntamento a chi glielo chiedeva, correre per convegni e presentazioni, fare prima della ricerca e poi della divulgazione una scelta di vita.

Sai qual è una cosa che proprio mi dà fastidio?” – mi diceva spesso – “Quando mi trattano come se fossi la Madonna, quando invece sono solo una donna. Invece mi fanno sembrare una santa, una reliquia: mi toccano, mi vogliono baciare, mi ringraziano per le cose più diverse. Non credi di aver fatto nulla di straordinario per meritarmi la loro dolcezza, men che meno la loro ammirazione. Ho fatto un lavoro serio, onesto, ma senza grandi clamori. Ho solo portato la mia pietruzza al mosaico della scienza, cercando la verità. Dicendo la verità”.

E poi c’era il tema della morte, che abbiamo sfiorato tantissime volte.

Le chiedevo se lei, così innamorata della vita non la temesse. E lei, rideva, rideva sempre. “Non me ne frega niente della morte Federico. Fosse per me, camperei 1000 anni, ci sono ancora tante cose da scoprire: ma la morte non mi fa paura, mi basta andarmene senza troppe agonie, senza troppe sofferenze. Poi mica sparisco: mi trasformo in una molecola, e in un modo o nell’altro rimarrò ancora su questa terra. E sai una cosa? Non mi interessa nemmeno se sarò ricordata o meno: non sarà più un problema mio”.

E poi via, c’era la scrollata di spalle, segno che era ora di non parlarne più, perché era un argomento inutile. La stessa scrollata di spalle con cui ti rispondeva a domande tipo “Perché non ti emozionano le stelle?”, “Perché non sei mai andata dalla parrucchiera?, “Perché non ti riposi un po’?”. Sarebbero mille gli aneddoti di questa straordinaria scienziata, che per farla arrabbiare bastava chiamarla nonna: “Ma quale nonna e nonna, dentro mi sento una giovincella io”.

In queste settimane stavamo iniziando a lavorare ad un nuovo progetto insieme: le avevo chiesto di scegliere le 50 parole che avrebbe voluto lasciare come testamento e darmi di ognuna una sua piccola definizione. 50 parole per raccontarsi, ma 50 parole che fossero stimoli e pungolo per i giovani. La divertiva molto questa cosa. E per ora me ne aveva scelte due: “Fiorentina: l’unica fede possibile” e “Ricerca: non accontentarsi di quello che si sa, non farsi spaventare da quello che si sa”.

Ci mancherà Margherita, che non ha mai avuto paura della morte perché non ha mai avuto paura di vivere.


 ...Hack to the stars...
InkyJohn

Hack
di Valerio Marini

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Note:
Margherita nei Fumetti con Pimpa



 la grande passione per la bicicletta condivisa in un libro autobiografico ed in un video rap






La celebre astrofisica Margherita Hack si racconta nel libro "La mia vita in bicicletta" dando vita a un'autobiografia ad altezza di manubrio. Si parte dal triciclo per arrivare alla bici da corsa. In mezzo ci sono i giochi al Bobolino, la scuola e le leggi razziali, i bombardamenti di Firenze, l'università, l'amore per gli animali, la conoscenza del suo futuro marito Aldo De Rosa, la passione per le stelle, l'Osservatorio, il suo traferimento a Trieste, le pedalalte sul Carso... Prefazione al libro di Patrizio Roversi

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Links:

mercoledì 2 gennaio 2013

Rita Levi Montalcini

«La mia gemella Paola e io siamo nate a Torino il 22 aprile 1909, le più giovani di quattro figli. I nostri genitori erano Adamo Levi, ingegnere elettrico e abile matematico, e Adele Montalcini, pittrice talentuosa ed essere umano squisito».

Così inizia l' autobiografia che Rita levi Montalcini ha  consegnato nel 1986 alla Fondazione che a Stoccolma le ha  assegnato il premio Nobel alla Medicina... e che parla di una lunga vita straordinaria.

 103 ... sarebbero stati 104, il 22 aprile prossimo a venire gli anni di Rita Levi Montalcini, la signora della Scienza e senatrice a vita dello stato italiano, mancata domenica 30 dicembre a Roma .

Un piccolo omaggio ad una grande donna:


se ne è andata una donna che non ha bisogno di presentazioni...
rispolvero due tavole che le avevo dedicato (con una piccola modifica su quella della clessidra)

un caro saluto
Marilena
 
 *
... Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l'accesso all'istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace...



Considerando in retrospettiva il mio lungo percorso, quello di coetanei e colleghi e delle giovani reclute che si sono affiancate a noi, credo di poter affermare che nella ricerca scientifica, né il grado di intelligenza né la capacità di eseguire e portare a termine con esattezza il compito intrapreso, siano i fattori essenziali per la riuscita e la soddisfazione personale. Nell'una e nell'altra contano maggiormente la totale dedizione e il chiudere gli occhi davanti alle difficoltà: in tal modo possiamo affrontare problemi che altri, più critici e acuti, non affronterebbero.


Resistenza e nonesistenza

 Rita Levi Montalcini.
Mauro Biani

 
 *
Paride Puglia
*
L'Asino


"A cento anni ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente".......


Pietro Vanessi

by reporter