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giovedì 4 marzo 2021

Intervista a Synnöve Dahlström Hilkner

 

Maria Bethania cantautrice.
Opera vincitrice Premio Scultura al Salone Internazionale dell'Umorismo di Piracicaba 2019
Obra vencedora do prêmio escultura do Salão Internacional de Humor de Piracicaba 2019 
©Synnöve

Synnove autoritratto



 FANY BLOG intervista Synnöve Dahlström Hilkner



Da quando ti piace disegnare?

Disegno fin dall'infanzia. Sono sempre stata molto creativa e, come mia madre era un'artista,
ho sempre avuto molto incoraggiamento. Sono nata in Finlandia e sono venuta a vivere in
Brasile all'età di 7 anni. Il cambiamento di contesto e tipi fisici era così grande che ho visivamente fissato scene che un bambino a malapena ricorderebbe.

Che tipo di formazione hai?

Sono laureata in Comunicazione Sociale e Pubblicità presso l'Università PUCC - Pontificia Università Cattolicadi Campinas. Ho seguito diversi corsi extracurricolari legati alle Belle Arti, come curatrice di mostre d'arte, all'UNICAMP – Università Statale di Campinas e corsi specifici in acquerello, disegno, arte e caricatura, laboratori di artisti, a Campinas e San Paolo. Anche corsi online con professori provenienti da diverse parti del mondo.

Quali sono i temi che disegni?

Disegno su ciò che mi emoziona o mi infastidisce, perché capisco che ho una responsabilità sociale, come vignettista, di denunciare, attraverso il disegno, temi come il machismo, le disuguaglianze sociali, le ingiustizie, il razzismo e i politici che sono al potere.
Disegno anche cose belle, caricature di persone che meritano un omaggio, illustrazioni di vari temi come danze, biciclette, animali e illustrazioni al limite del surrealismo. Al momento sto lavorando ad una serie di uccelli, con personalità, in acquerello, per un libro che sarà pubblicato nel 2021.
Oltre al disegno, faccio anche sculture-caricature, tra cui alcune premiate al Salone Internazionale dell'Umorismo di Piracicaba.

Hai avuto difficoltà come donna?

Certo, ma all'inizio non mi sono resa conto che succedeva perché ero una donna. Ho smesso di ottenere richieste di lavoro perché ero una donna e una madre. Come pubblicista, ho preferito lavorare come freelance, dopo diversi casi di molestie, contro di me e le mie colleghe. Quando ho iniziato a lavorare come vignettista, volevo solo disegnare. A poco a poco, ho compreso la poca rappresentanza femminile nel settore e ho cercato di capirne le ragioni. La donna, come protagonista dei suoi disegni umoristici, doveva essere riscattata.

Perché l'umorismo e la satira sono importanti nella società?

Perché l'umorismo e la satira denunciano senza gridare, ti fanno pensare senza bisogno di essere ovvi o pieni di rabbia. Attraverso l'umorismo, è possibile parlare dei temi più diversi sarcasticamente, ironicamente, emotivamente. In questo modo, l'umorismo grafico parla da sé, genera nel lettore dei media una reazione diversa dall'articolo scritto sul giornale.

Umorismo grafico e caricatura occupano il posto che meritano nella stampa brasiliana?

No. Alcuni anni fa i media in Brasile iniziarono a licenziare i vignettisti e a considerare l'umorismo grafico come una spesa inutile. È chiaro che anche il pregiudizio politico dei media ha influenza ed il Brasile vive un periodo estremamente diviso. Ma la base di tutto è il poco riconoscimento dell'arte e della cultura nel paese. Il Brasile sembra avere un progetto per porre fine all'istruzione, alla scienza e all'arte.

Dove pubblichi i tuoi disegni?

Pubblico i miei disegni su Facebook (www.facebook.com/synnoveartist ), Instagram www.instagram.com/synnove_arts ), alcune riviste online come Agência Social de Notícias (https:///agenciasn.com.br), la rivista Supapo e la rivista Pirralha (Facebook) e in mostre umoristiche.

E per quanto riguarda la pandemia vuoi dire qualcosa?

La pandemia ci fa vivere sotto una pesante nuvola di minaccia e di ansia. Le emozioni sono intense, le persone care muoiono. Siamo responsabili della nostra salute e di coloro che amiamo. Abbiamo anche l'aggravante, in Brasile, di un governo "genocida", un presidente negazionista che ha sempre combattuto contro le misure di prevenzione, come l'uso di mascherine ed il distanziamento sociale, e anche contro i vaccini. Il Brasile sta attraversando il suo periodo peggiore, finora, a marzo 2021, con più di 260.000 morti.

Il Concorso di Piracicaba riuscirà a sopravvivere al suo mentore?

Nel 2020, il Salone Internazionale dell'Umorismo di Piracicaba è stata una mostra virtuale, in uno scenario senza precedenti e, quindi, con improvvisazione, a causa della pandemia. Nel 2021, abbiamo iniziato con la notizia che la mostra in onore della Giornata Internazionale della Donna, “Batom, Lapis & Tpm” sarebbe stata una versione in copia della mostra 2020, quando ancora non c’era la pandemia. Noi donne abbiamo visto in questo atteggiamento del Segretariato della Cultura di Piracicaba un tentativo di mettere a tacere le voci femminili e di protesta. Personalmente, quando ho saputo che non avremmo avuto un’edizione nel 2021, ho contattato tutte le vignettiste che conosco, brasiliane ed internazionali, e tutte loro erano indignate.
Con l'unione delle donne e la pressione degli artisti di tutti i generi, la mostra è stata salvata. Il più grande timore è che al tentativo di mettere a tacere le donne sarebbero seguiti altri tagli, come il Salãozinho, per i bambini, da 7 a 12 anni, il progetto di umorismo nelle scuole e sarebbe finito per interferire con il Salone principale.
Il Salone Internazionale dell'Umorismo di Piracicaba è alla sua 48a edizione, nel 2021. E' nato durante la dittatura che il Brasile ha vissuto negli anni ‘70. Ha sempre avuto una posizione contro l'oppressione e una storia di opposizione agli abusi dei governanti. È un Salone di estrema importanza, in tutti i tempi, ma soprattutto in questo momento, quando il Brasile ha un governo che flirta apertamente con l'estremismo di destra.

Cosa rappresenta oggi il festival Batom, Lapis & Tpm e quanto è importante dare voce alle donne vignettiste?

Il festival Batom, Lapis & Tpm è il riscatto della donna vignettista, la donna che usa l'umorismo come arma contro l'oppressione. Il mondo dell’umorismo è un bolla di uomini e le donne hanno scarsa rappresentanza. I giurati dei festival dell'umorismo sono per lo più uomini, e anche loro, i vignettisti, non sembrano notare questa bolla in cui vivono. Le donne, in questo settore maschile, come in tanti altri, sono considerate superflue, senza nulla di importante di cui parlare. Ma non è perché non sono importanti, è perché danno fastidio. Per secoli la società maschile ha lavorato molto per distruggere la voce delle donne.
Così, la donna che denuncia il machismo è umiliata come "isterica" e l'umorismo che disegna è anche umiliato come arte inferiore. Questa disegnatrice donna non ha avuto la forza dell'unità per dimostrare che non è sola in battaglia. Le donne hanno argomenti rilevanti e hanno voce. "Batom, Lapis & Tpm" ha dato voce a queste donne, che, anche diffuse in tutto il mondo, sono molte e i loro disegni sono rilevanti. Voglio chiarire che quando mi riferisco alle donne, includo l'intero genere che si considera donna, e quando parlo del vignettista uomo, so che la stragrande maggioranza non è e non si considera sessista. Siamo tutti artisti di humor grafico.




Margareth Dalcolmo
As grandes mulheres na linha de frente do combate ao Covid-19. Contra o obscurantismo.
©Synnöve


Malala Yousafzai scultura 2016
©Synnöve

FANY BLOG entrevista Synnöve Dahlström Hilkner

Desde quando gostas de desenhar?


Eu desenho desde criança. Sempre fui muito criativa e, como minha mãe era artista plástica, sempre tive muito incentivo. Nasci na Finlândia e vim morar no Brasil aos 7 anos. A mudança de cenários e tipos físicos foi tão grande que visualmente fixei cenas que uma criança dificilmente lembraria.

Que formação académica tem?

Sou formada em Comunicação Social, Publicidade e Propaganda, pela Universidade PUCC – Pontifícia Universitária Católica de Campinas. Fiz diversos cursos extracurriculares ligados às Belas Artes, como curadoria de exposições de arte, na UNICAMP – Universidade Estadual de Campinas e cursos específicos da área de aquarela, desenho, artes e caricatura, em ateliês de artistas, em Campinas e São Paulo. Também cursos on-line com professores de diversas partes do mundo.

Quais são os temas que você desenha?

Desenho sobre o que me emociona ou me incomoda, pois entendo que tenho uma responsabilidade social, como cartunista, de denunciar, através do desenho, temas como o machismo, desigualdades sociais, injustiças, racismo e os políticos que estão no poder.
Desenho também coisas belas, caricaturas de pessoas que merecem uma homenagem, ilustrações de diversos temas, como danças, bicicletas, bichos e ilustrações que beiram o surrealismo. No momento, estou trabalhando em uma série de pássaros, com personalidade, em aquarela, para um livro a ser publicado ainda em 2021.
Além de desenhar, também faço esculturas-caricaturas, inclusive algumas premiadas no Salão Internacional de Humor de Piracicaba.

Teve dificuldade em ser mulher?

É claro que sim, mas, no princípio, eu não percebia que era por ser mulher. Deixei de conseguir vagas de trabalho por ser mulher e mãe. Como publicitária, preferi trabalhar como autônoma, após vários casos de assédio, contra mim e contra colegas. Quando comecei a trabalhar como cartunista, eu apenas queria desenhar. Aos poucos, fui entendendo a pouca representatividade feminina na área e procurei entender os motivos para isso. A mulher, como protagonista de seus próprios desenhos de humor precisava ser resgatada.

Por que o humor e a sátira são importantes na sociedade?

Porque o humor e a sátira denunciam sem gritar, fazem pensar sem precisarem ser óbvios ou cheios de raiva. Através do humor, é possível falar sobre os mais diversos temas de forma sarcástica, irônica, emotiva. Dessa forma, o humor gráfico fala por si, gera uma reação no leitor de uma mídia, diferente do artigo escrito do jornal.

O humor gráfico, a caricatura, ocupa o lugar que merece na imprensa brasileira?

Não. Há alguns anos os veículos de imprensa no Brasil passaram a dispensar os cartunistas e tratar o humor gráfico como uma despesa desnecessária. É claro que o viés político da mídia também influencia e o Brasil vive um período extremamente polarizado. Mas, a base de tudo é o pouco reconhecimento da arte e da cultura no país. O Brasil parece ter um projeto para acabar com a educação, a ciência e a arte.

Onde você publica seus desenhos?

Eu publico meus desenhos no Facebook (www.facebook.com/synnoveartist ), Instagram www.instagram.com/synnove_arts ), algumas revistas on-line, como a Agência Social de Notícias (https://agenciasn.com.br), Revista Supapo e Revista Pirralha (Facebook) e em exposições de humor.

E quanto à pandemia tem algo a relatar?

A pandemia nos faz viver sob uma nuvem pesada de ameaça e ansiedade. As emoções estão intensas, pessoas queridas morreram. Somos responsáveis por nossa saúde e daqueles que amamos. Ainda temos o agravante, no Brasil, de um governo “genocida”, um presidente negacionista que sempre lutou contra as medidas de prevenção, como o uso de máscaras e o isolamento social e também contra as vacinas. O Brasil passa por seu pior período, até agora, em março de 2021, com mais de 260 mil mortes.

Sucederá o concurso de Piracicaba para sobreviver seu mentor?

Em 2020, o Salão Internacional de Humor de Piracicaba foi uma exposição virtual, em um cenário inédito e, portanto, com improvisos, devido à pandemia. Em 2021, começamos com a notícia de que a exposição em homenagem ao Dia Internacional da Mulher, o Batom, Lápis e TPM, seria uma versão requentada da exposição de 2020, quando ainda nem havia a pandemia. Nós, mulheres, vimos nessa atitude da secretaria de cultura de Piracicaba, uma tentativa de calar as vozes femininas e protestamos. Eu, pessoalmente, quando soube que não teríamos uma edição, em 2021, entrei em contato com todas as cartunistas que conheço, brasileiras e internacionais, e todas se mostraram indignadas. Com a união feminina e a pressão de artistas de todos os gêneros, a exposição foi salva. O receio maior é que, a tentativa de calar as mulheres, fosse seguida de outros cortes, como o Salãozinho, para crianças, de 7 a 12 anos, o projeto de humor nas escolas e acabasse por interferir no Salão principal.

O Salão Internacional de Humor de Piracicaba está em sua 48ª edição, em 2021. Nasceu durante os anos de Ditadura que o Brasil viveu, nos anos 1970. Sempre teve posicionamento contra a opressão e um histórico de oposição aos desmandos dos governantes. É um salão de extrema importância, em todos os tempos, mas principalmente no momento presente, quando o Brasil tem um governo que flerta abertamente com o extremismo de direita.

O que o festival Batom, lapis & Tpm representa hoje e como é importante que demos voz às mulheres cartunistas?

O festival Batom, Lápis e TPM, é o resgate da mulher cartunista, a mulher que usa o humor como arma contra a opressão. O mundo do cartum é uma bolha de homens e as mulheres têm baixa representatividade. Os jurados de festivais de humor são majoritariamente homens e, nem mesmo eles, os homens cartunistas, parecem perceber essa bolha em que vivem. As mulheres, nessa área masculina, como em tantas outras, é considerada supérflua, sem nada de importante para falar. Mas não é por não ser importante, é porque incomoda. Desde séculos existe um trabalho grande por parte de sociedades masculinas para destruir a voz da mulher. Desse modo, a mulher que denuncia o machismo é desmerecida como “histérica” e o humor que ela desenha é, também, desmerecido como arte inferior. Essa mulher desenhista não tinha a força da união para mostrar que ela não está sozinha na batalha. As mulheres têm assuntos relevantes e têm voz. “Batom, Lápis & TPM”, deu voz a essas mulheres, que, mesmo espalhadas pelo mundo, são muitas e seus desenhos são relevantes. Quero deixar claro que quando me refiro a mulher, incluo todo o gênero que se considere mulher e quando falo do cartunista masculino, sei que a grande maioria não é, e nem se considera, machista. Somos todos artistas do humor gráfico.



Abuso infantile
©Synnöve








250.000 morti di covid-19 in Brasile
© Synnove


FANY BLOG interview Synnöve Dahlström Hilkner

Since when do you like to draw?

I have been drawing since I was a child. I was always very creative and, as my mother was an artist, I always had a lot of encouragement. I was born in Finland and came to live in Brazil when I was 7 years old. The change in scenarios and physical types was so great that I visually fixed scenes that a child would hardly remember.

What academic background do you have?

I have a degree in Social Communication, Advertising and Propaganda, from PUCC University - Pontifical Catholic University of Campinas. I took several extracurricular courses related to Fine Arts, as “curatorial of art exhibitions”, at UNICAMP - State University of Campinas and specific courses in the area of ​​watercolor, drawing, arts and caricature, in artists' studios, in Campinas and São Paulo. Also, several online courses with teachers from different parts of the world.

What themes do you draw?

I draw about what moves me or bothers me, because I understand that I have a social responsibility, as a cartoonist, to denounce, through drawing, themes such as machismo, social inequalities, injustices, racism and the politicians who are in power.
I also draw beautiful things, caricatures of people who deserve a tribute, illustrations of various themes, such as dances, bicycles, animals and illustrations that border on surrealism. At the moment, I am working on a series of birds, with personality, in watercolor, for a book to be published in 2021.
In addition to drawing, I also make sculptures-caricatures, including some awarded at the Piracicaba International Humor Exhibition.

Did you have difficulty being a woman?

Yes, of course, but at first, I did not realize it was because I was a woman. I didn`t get some job positions just because I was a woman and a mother. As an advertiser, I preferred to work as a freelance, after several cases of harassment, against me and against colleagues. When I started working as a cartoonist, I just wanted to draw. Gradually, I understood the little female representation in the area and tried to understand the reasons for this. The woman, as the protagonist of her own humorous cartoons, needed to be rescued.

Why are humor and satire important in society?

Because humor and satire denounce without shouting, they make you think without needing to be obvious or full of anger. Through humor, it is possible to talk about the most diverse themes in a sarcastic, ironic, emotional way. Graphic humor speaks for itself, it generates a reaction in the media reader, different from the written article in a newspaper.

Does graphic humor, caricature, occupy the place it deserves in the Brazilian press?

No. some years ago, the press in Brazil has started to dismiss cartoonists and treat graphic humor as an unnecessary expense. The political bias of the media also influences, and Brazil is going through extremely polarized times. However, the main reason is the little recognition of art and culture in the country. Brazil seems to have a project to exterminate education, science and art.

Where do you publish your drawings?

I publish my drawings on Facebook (www.facebook.com/synnoveartist), Instagram www.instagram.com/synnove_arts), some online magazines, such as the Social News Agency (https://agenciasn.com.br), Supapo Magazine and Pirralha Magazine (Facebook) and in humor exhibitions worldwide.

What about the pandemic has anything to report?

The pandemic makes us live under a heavy cloud of threat and anxiety. Emotions are intense, loved ones have died. We are responsible for our health and those we love. We have the aggravating factor, in Brazil, of a “genocide” government, a negationist president who has always fought against preventive measures, such as the use of masks and social isolation and against vaccines. Brazil is going through its worst period, so far, in March 2021, with more than 260 thousand deaths.

Will the Piracicaba contest succeed to survive your mentor?

In 2020, the International Humor Exhibition of Piracicaba was a virtual exhibition, in an unprecedented scenario and, therefore, with improvisations, due to the pandemic. In 2021, the year started with the news that the exhibition in honor of International Women's Day, “Lipstick, Pencils and PMS”, would be a reheated version of the 2020 exhibition, when there was still no pandemic. We, women, saw in this attitude of the Piracicaba culture secretary, an attempt to silence the female voices and we protested. Personally, when I heard that we would not have an edition, in 2021, I contacted all the cartoonists I know, Brazilian and international, and they were all indignant. With the female union and pressure from artists of all genders, the exhibition was saved. The biggest fear is that the attempt to silence women, would be followed by other cuts, like the Salãozinho, for children, from 7 to 12 years old, the project of humor in the schools and would end up interfering in the Main Hall.

The International Humor Exhibition of Piracicaba is in its 48th edition, in 2021. It was born during the years of the military dictatorship that Brazil lived in the 1970s. It is an extremely important humor hall, at all times, but mainly at the present moment, when Brazil has a government that openly flirts with right-wing extremism.

What does the festival Lipstick, Pencils & PMS represent today and how important is it that we give voice to women cartoonists?

The festival Lipstick, Pencil and TPM, is the rescue of the cartoonist woman, the woman who uses humor as a weapon against oppression. The cartoon world is a bubble of men where women are underrepresented. The jurors of humor festivals are mostly men, and even they, men cartoonists, do not seem to notice this bubble in which they live. Women, in this masculine area, as in so many others, are considered superfluous, with nothing important to say. But it is not because it is not important, it is because it bothers. For centuries, there has been a great deal of work on the part of male societies to destroy the voice of women. In this way, the woman who denounces machismo is belittled as "hysterical" and the humor she draws is also belittled as an inferior art. This woman cartoonist did not have the strength of the union to show that she is not alone in the battle. Women have relevant issues and have a voice. “Lipstick, Pencils & PMS”, gave voice to these women, who, spread all over the world, are numerous and their drawings are relevant. I want to make it clear that when I refer to women, I include any gender that consider itself to be a woman and when I speak of the male cartoonist, I know that the vast majority are not, and do not even consider themselves, sexist. We are all artists of graphic humor.






Bolsonaro e la carica dell'emù.
©Synnöve

Antirazzismo.
©Synnöve


sabato 23 gennaio 2021

Radiotorrigliasound: Acidus Scorie intervista Thierry Vissol

 

🔥copertina di Nicocomix!!!🔥


Se vi siete persi la decima puntata di ACIDUS SCORIE,

non preoccupatevi potete ascoltarla qui

 Il tema della puntata: "LIBERTA' DI ESPRESSIONE". OSPITE D'ECCEZIONE L'ECONOMISTA E STORICO Thierry Vissol direttore del centro LIBREXPRESSION!!!

Leo Magliacano Alex Di Viesti Marco Marsano Virginia Cabras Nicoletta Santagostino Nico Conti Franco Cappelletti Kutoshi Kimimo Lucilla Masini Franco Bianco

Thierry Vissol: (Francia), Economista e storico, è il direttore del centro Librexpression, Fondazione Giuseppe Di Vagno. È stato docente universitario in Francia, Belgio e Stati Uniti e funzionario della Commissione europea. Ideatore dello studio radiofonico Studio Europa, ha condotto la trasmissione Un libro per l’Europa. Ha scritto diversi libri tra i più recenti Europa matrigna.

www.libex.eu

https://twitter.com/libex_eu

https://www.facebook.com/Libex.eu/

Ascolta "Acidus RTS 10" 








giovedì 3 dicembre 2020

L'entusiasmo e la passione di Davor Hrvoj per il jazz e la fotografia

Archie Shepp - Davor Hrvoj


 L'entusiasmo e la passione di Davor Hrvoj per il jazz e la fotografia

Un'intervista di Francisco Punal Suárez

Davor Hrvoj è un fervente amante del jazz ed esprime questa passione attraverso la fotografia. Il suo immenso lavoro con la macchina fotografica gli permette di catturare l'emozione, il gesto preciso dei musicisti e l'ideosincrazia di quel genere musicale.

Questo fotografo croato è nato nel 1960 a Zagabria, dove si è diplomato al liceo e ha studiato alla Facoltà di Educazione Fisica, dipartimento per insegnanti. La sua carriera nel giornalismo è iniziata a metà degli anni '80 come assistente nello spettacolo Jazz štand (Jazz stand) sulla famosa Radio 101.

Devor ha scritto innumerevoli articoli e ha realizzato numerosi programmi radiofonici e televisivi dedicati al jazz.

Avishai Cohen - Davor Hrvoj

Come giornalista freelance è membro permanente dell'Associazione dei giornalisti croati nella quale è membro del Consiglio d'onore dei giornalisti, dell'Unione musicale croata, della Società croata dei compositori e dell'Associazione croata degli artisti indipendenti.

Nel 2010, ho ricevuto una targa speciale da Hrvatske blues snage (Croatian Blues Forces) per molti anni di promozione sistematica della musica blues. Nel 2015, per decisione del Ministro della Cultura polacco, gli viene conferita la medaglia Zasłużony dla Kultury Polskiej (Merito per la cultura polacca).

Ha pubblicato i libri "Jazz Reflections" (Radio 101, 2001), "Jazz Connections" (Menart, 2010), "Jazz Vibrations" (Menart, 2011) che coprono conversazioni con famosi musicisti jazz e le loro fotografie, e "Life as a Jam Sessione - autobiografia di Boško Petrović ”(Menart, 2012) - autobiografia del più importante musicista jazz croato, grande amante e combattente per il jazz in Croazia, Boško Petrović.

Del suo amore per il jazz e la fotografia e della sua sensibilità nel catturare i momenti più acuti, stimolanti e forse più ricchi delle performance dei musicisti, Davor ci parla in questa intervista esclusiva per Fany Blog.


Quando hai mosso i primi passi nella fotografia? A che età?

sabato 1 agosto 2020

INTERVISTA di Francisco Punal Suárez a Marco De Angelis

Expo de Marco De Angelis

INTERVISTA di Francisco Punal Suárez a Marco De Angelis

  Speciale per Fany Blog

"Veritá a doppio taglio" è il titolo della mostra personale dell'eccezionale artista italiano Marco de Angelis, che si tiene a Le Piastre, dal 31 luglio al 30 agosto, organizzata dall'Accademia della Bugia, bugiardino d'oro per la sezione grafica lo scorso anno.

Gli spettatori della 44a Edizione del Campionato Italiano della Bugia, a Le Piastre, potranno godere dei cartoni di Marco, con disegni e contenuti squisiti. che dimostra il valore sociale dell'umorismo grafico e della satira.

Ne abbiamo parlato con Marco, alla vigilia dell'inaugurazione della sua mostra, esclusivamente per i lettori di Fany Blog.


  1. Da quando ti piace disegnare?

Disegno da quando avevo tre anni, ma al contrario di tanti altri bambini, ho continuato con quello che era il mio hobby preferito e che poi è diventato la mia professione, insieme a quella di giornalista. Disegnavo sempre (con un foglio di carta e una penna ero felice) e studiavo le tecniche dei grandi disegnatori sui giornali di comics, guardandoli con la lente d’ingrandimento, ma arricchendo la mia formazione generale anche con tanti libri, fonti di conoscenza e di idee.


  1. Quale formazione accademica hai?

Ho studiato al liceo storia dell’arte e tecniche, poi ho seguito un corso libero all’Accademia di Belle Arti di Roma, mentre all’Università frequentavo la facoltà di Storia e Antropologia. Ma l’arte del cartoon e dei comics l’ho imparata studiando da solo, perché quando ero ragazzo non c’erano scuole di fumetto e illustrazione, come adesso. A quei tempi non pensavo che potesse diventare una professione (in Italia non sarebbe stato facile vivere facendo il disegnatore), anche se dal ’75 avevo molte collaborazioni e avevo preso premi importanti. Poi nel 1980, a 25 anni, sono stato assunto in un importante quotidiano, Il Popolo, e il cartoon è diventato il mio impegno giornaliero, insieme a quello di redattore.


  1. Quali argomenti affronti in questa mostra?

Espongo disegni su vari argomenti di attualità, come l’ambiente, guerra e pace, il rapporto uomo-donna, la libertà di pensiero e il Coronavirus, naturalmente. Ho voluto offrire un ritratto generale del nostro mondo e della nostra società, cercando di lanciare dei messaggi con l’aiuto del sorriso. Riuscire a far pensare gli altri facendoli sorridere (anche se con amarezza) è una cosa molto gratificante. 


  1. Cosa significa esporre in questo luogo?

Le Piastre è famosa per il Campionato della Bugia, e tengo questa mostra personale nelle strade del paese, perché ho vinto il primo premio nella passata edizione (e avevo già vinto nel 2015, quindi sono un gran bugiardo…). E’ un concorso che è arrivato alla 44° edizione e ha riscosso sempre maggiore successo, sia per la sezione grafica che per quella verbale o letteraria, e qui c’è l’unico incredibile museo al mondo sulla bugia. Oltre al fatto che Le Piastre è un bel luogo d’incontro, trovo che bugia e satira siano direttamente collegate, perché la satira spesso smaschera le bugie, mentre altre volte un umorismo bugiardo con la metafora racconta la verità. 


  1. Perché l'umorismo e la satira sono importanti nella società?

Da sempre l’umorismo ha avuto un effetto terapeutico sullo spirito, permettendoci di affrontare il mondo con un occhio diverso, leggero e intelligente allo stesso tempo, ed esorcizzando con il sorriso anche le cose più brutte. La satira non cerca solo il sorriso liberatore, ma penetra nei fatti, li analizza e commenta graficamente, come un articolo di giornale, usando la metafora grafica, il paradosso o la battuta umoristica. La satira è stata sempre temuta, perché tocca il cuore e la mente delle persone e con un’immagine può dire molte cose, spesso colpendo più di tante parole. Proprio per questo, oltre alla tragedia di Charlie Hebdo, in questi ultimi anni molti disegnatori satirici sono minacciati e condannati nei paesi autoritari, ma anche censurati in alcuni paesi democratici


  1. L'umorismo grafico, la caricatura, occupa il posto che merita nella stampa italiana?

Il Italia l’umorismo grafico e la satira hanno una grande tradizione nella cultura dei secoli passati, ma hanno avuto un posto di rilievo soprattutto sui giornali del ‘900. E’ sempre stato molto difficile, però, fare della satira una vera professione, al contrario di tanti Paesi. Io ho avuto la fortuna di essere uno dei pochissimi a poter vivere di satira, ma perché ero anche giornalista e grafico e, oltre ai giornali dove lavoravo, avevo molte altre collaborazioni, in tempi in cui ogni associazione aveva un giornale e il tuo lavoro veniva ricompensato con generosità. Ora c’è una crisi generale che spinge i giornali e gli editori a risparmiare proprio sulla satira, e soltanto pochi hanno uno spazio dedicato in modo dignitoso all’editorial cartoon o all’umorismo. Non vi sono più riviste satiriche e le poche apparse negli ultimi anni hanno avuto vita breve. L’unico successo di questi anni è la rivista online Buduàr (www.buduar.it) di cui sono caporedattore, ma che non avrebbe resistito tutto questo tempo (siamo al n.67 dal 2012), se fosse stata su carta. I costi sarebbero stati troppo alti, difficoltà di trovare pubblicità, distribuzione, ecc. Per fortuna molti autori hanno potuto esprimersi sul web, ma questo ha portato anche a un proliferare di umorismo di modesta qualità e un deprezzamento dell’attività di disegnatore nella visione degli editori. Nella stampa italiana si fanno lodi all’umorismo e alla satira, ma poi dalla maggior parte degli editori viene considerata una spesa inutile e forse anche un po’ scomoda.


  1. Dove pubblichi i tuoi disegni?

Dopo aver lavorato fisso in vari quotidiani e collaborato per anni con continuità con molti giornali, ora sono free lance (da quando sono andato in pensione da Repubblica come giornalista). Oltre a dedicarmi a Buduàr con disegni e articoli, in questo momento distribuisco i miei disegni su numerose testate all’estero, grazie a CartoonArts International (fino all’anno scorso in joint venture con The New York Times), GoComics e Cartoon Movement, quindi su giornali come il Courrier International, Confronti, NYTid, Le Monde, vari giornali di settore, ecc. Ma da sempre illustro anche libri per ragazzi e in questo momento sto lavorando soprattutto ad alcuni progetti, dopo avere illustrato dei libri e realizzato una app per iPad “Iron horse story”. Insomma, mi muovo su più fronti.


  1. L'epidemia di coronavirus finirà?

Probabilmente finirà, perché la scienza sta lavorando per trovare una soluzione come per altre malattie, ma non possiamo sapere quando. Non sia sa quasi nulla di questo virus, come si propaga l’infezione, le modalità, non c’è una cura precisa o un vaccino. In questo momento in Italia la situazione è migliorata, i provvedimenti presi finora hanno funzionato, ma il virus potrebbe riattaccare, forse mutato. In molti Paesi la situazione è molto grave, quindi non possiamo stare tranquilli e dobbiamo continuare a prestare molta attenzione, senza abbassare le difese.


È ormai noto che l'Unione Europea ha ignorato la richiesta di aiuto dell'Italia, prima dell'inizio dell'epidemia.

"Nessuno Stato membro ha risposto alla richiesta dell'Italia o alla richiesta di aiuto della Commissione", afferma Janez Lenarčič, commissario europeo per la gestione delle crisi. "Il che significava che non solo l'Italia non era preparata. Nessuno era preparato. La mancanza di risposta alla richiesta italiana non era tanto una mancanza di solidarietà quanto una mancanza di attrezzature".

  1. Cosa ne pensi di questa situazione?

L’Europa anche in questa situazione ha dimostrato che prevalgono sempre gli egoismi e gli interessi di parte. 

L’Italia non era preparata, come tutti gli altri Paesi europei, ma l’Italia ha capito subito la gravità della situazione, proprio perché colpita per prima dall’epidemia. Se tutti gli altri avessero guardato con maggiore attenzione e lungimiranza, senza sottovalutare, avremmo affrontato con più facilità l’emergenza. In realtà il problema è apparso subito grave non solo nel suo aspetto sanitario (con la diffusione in gran parte dell’Europa), ma anche in quello economico, dividendo l’Unione Europea tra Paesi che dovevano fare i conti con la pesante crisi causata dal Covid-19 e dal lockdown e Paesi che volevano soltanto tutelare la propria economia. 



Roma, 30/7/2020


Marco De Angelis - Cleaning

Marco De Angelis - Free journalism

Marco De Angelis - Free of thought

Marco De Angelis - Knitting



Marco De Angelis - Last Climate Change Summit

Marco De Angelis - Scissor on satire

Marco De Angelis - SOS from the sea

Marco De Angelis - The Carpet

Marco De Angelis - The Dragon






MARCO DE ANGELIS




Marco De Angelis, vignettista, illustratore, giornalista professionista e grafico è nato nel ’55 a Roma, dove vive e lavora. Ha pubblicato su La Repubblica, Il Popolo (giornali di cui è stato redattore), Il Messaggero, Il Mattino, Grazia, I Gialli Mondadori, Panorama, Help!, ComicArt, Comix, le riedizioni del Travaso e del Marc’Aurelio e altre testate per un totale di 200 giornali in Italia e all’estero, come The New York Times, Washington Post, Los Angeles Times, Chicago Tribune, Herald Tribune, Courrier International,  Le Monde, Nebelspalter, Eulenspiegel, Yez, Fenamizah, Fire, ecc. 

CartoonArts International e The New York Times Syndicate hanno distribuito le sue vignette in tutto il mondo. Pubblica anche su Cartoon Movement e GoComics e le sue opere appaiono su moltissimi altri siti web.

E’ uno dei fondatori e caporedattore del mensile umoristico online Buduàr.

è stato editor per l’Italia della rivista americana WittyWorld e fa parte di Cartooning for Peace. 

Ha illustrato molti libri per Giunti, De Agostini, La Scuola, San Paolo, Lapis, Salani, European Language Institute (pubblicando sulle sue 28 riviste distribuite in 35 Paesi).

Ha ricevuto circa 130 premi internazionali, tra cui la Palma d’Oro al Salone dell’Umorismo di Bordighera nel 1997 e il Primo premio a Istanbul nel 1987 e nel 2016, due volte Primo Premio Consiglio d’Europa, Primo premio a Teheran, Krusevac, Pistoia, Dolo, Belgrado, Sisak, Fano, Città di Castello, Pescara, Chieti 

e altri, è stato premiato anche a Tokyo, Skopje, Montreal, Ottawa, Amsterdam, Olen, Galati, Porto, ecc. Ha collaborato con RAI, Telemontecarlo, Coldiretti, Confartigianato, Cisl, Asstra, Gepi, Ministero dell’Interno, Università Bocconi, Comune di Genova e molte società e associazioni. E’ stato membro di numerose giurie e le sue opere sono esposte in vari musei in Italia e nel mondo.




Marco De Angelis

www.marcodeangelisart.com





venerdì 31 luglio 2020

Compie 100 anni Franca Valeri

Auguri per i primi 100 anni
© GIO / Mariagrazia Quaranta



Nasce a Milano Franca Norsa, in arte Franca Valeri, in omaggio al poeta francese Paul Valéry. Attrice, sceneggiatrice, autrice e regista, è negli anni Cinquanta, dai microfoni della radio, “la signorina snob”. Caustica osservatrice del mondo, regala al pubblico una variegata galleria di ritratti di donne contemporanee. Dalla Cesira, manicure milanese vagamente razzista e permalosa, condannata a perenni fallimenti sentimentali, alla Sora Cecioni, romana sempre al telefono con mammà.


TANTISSIMI AUGURI FRANCA! 💝💖💛💙



Non è bella ma...
Marianna Balducci


31/7/1920: di Franca Valeri ne nasce una ogni 99 anni.
Piero Tonin



Tanti auguri a Franca Valeri, pseudonimo di Franca Maria Norsa, attrice e sceneggiatrice italiana, di teatro e di cinema, nota per la sua lunga carriera di interprete caratterista in campo sia cinematografico sia teatrale. Grande appassionata di opera lirica, si è dedicata spesso alla regia operistica.
Oggi compie 100 anni, è nata a Milano il 31 luglio 1920.
Carrera Arcangelo


Auguri a Franca Valeri !
Pierpaolo Perazzolli


©Riccardo Mannelli





Franca Valeri: "Nel ricordo la mente si rigenera e ci dimostra che siamo vivi"
Attrice, sceneggiatrice e scrittrice, ha firmato anche la regia di alcune opere liriche: "La nostalgia è una sorella che a una vecchia cocciuta come me fa da badante. Adesso mi piace molto ricordare. Sto lavorando a un nuovo libro. Vorrei intitolarlo 'Il secolo della noia'. Ogni tanto mi chiedo se risorgeremo da tutto questo tedio. Non ho una risposta, ma ci sto seriamente pensando"

I gatti sono stati la sua vita. Come lo furono Vittorio Caprioli e Maurizio Rinaldi. Ma non sarebbe giusto tralasciare la cosa più importante che Franca Valeri ha avuto in sorte: il teatro. Potrà sembrarvi una frase enfatica. Ma cosa c'è di enfatico in un amore dichiarato con intelligenza e sommessa ironia? Riproposto ora in un piccolo libro per Einaudi - La stanza dei gatti - dove il teatro è rappresentato come un vecchio signore, magari un po' stanco ma al tempo stesso intramontabile. Guardo questa donna ormai fragile, percepisco la fatica che accompagna le parole e i pensieri lucidi strappati a una infermità che indossa con tranquillità; penso alle luci del palcoscenico che hanno illuminato la sua lunga vita. La piccola casa in cui vive è accogliente: i gatti sono nella loro stanza; il cane Aroldo - un nome, dice, di ascendenze verdiane - ronfa tranquillamente sul divano: " è un Cavalier King Charles, sa quei cani immancabili nei quadri di corte? Ne ho cinque, gli altri quattro a Trevignano in campagna, e poi ci sono cani di altre razze, li salvo e li accudisco. Fanno parte della mia vita che è stata lunga e, devo riconoscere, fortunata".

Quanto fortunata?
"Parecchio, sospetto. Lo sono stata per tutte quelle occasioni che si sono presentate senza che le determinassi. Poi, oltre alla fortuna, c'è il talento senza il quale in un mestiere come il mio non si va da nessuna parte".

Il talento ha una definizione?
" Possiamo sostituirlo con bravura, creatività, istinto e, nei casi più rari, genialità. Ma alla fine è una condizione inconoscibile. Come la grazia che si va a posare dove vuole".

E lei come ha scoperto di averlo?
"Non l'ho scoperto, nel senso che non è una condizione a parte o che si aggiunge alla psiche. Recitando avvertivo l'estrema naturalezza con cui la voce accompagnava il corpo e la gestualità di quest'ultimo. Sentire tutto questo equivale all'ascolto del suono delle campane la domenica mattina".

Come fosse un richiamo religioso?
"Più che religioso parlerei di sacro. Sono convinta che l'origine del teatro si collochi in quell'indefinibile momento. Senza sacralità non si capirebbero i riti che vestono il teatro e la crudeltà che lo segna. Non era Antonin Artaud che parlava di teatro della crudeltà?".

È a quello che si riferisce?
"Intendo crudeltà non come sadismo ma necessità: se sei posseduto da quel demone non puoi fare altro che sottometterti alla sua forza. Sono convinta che il teatro sia il modo più importante che sia stato offerto a chi crede di avere qualcosa da dire".

Più importante della letteratura?
"Altrettanto importante, ma certamente collocabile prima della letteratura".

Lei recita ancora?
"Non più. Sono caduta, qui in casa, il 21 ottobre dello scorso anno. Rottura di cinque costole e una riabilitazione lenta e parziale. Devo stare ferma. Non mi lamento. Se c'è una cosa che mi dà enormemente fastidio è il piagnisteo dei vecchi. Lasciamo le lacrime ai giovani. Loro hanno diritto di piangere con quello che gli sta capitando. Noi no".

Non trova che ci sia un eccesso di retorica sui giovani?
"Forse, ma dopotutto se non hanno un futuro, la domanda è: chi glielo ha rubato? Mi piacciono i giovani, mi circondo delle loro  attenzioni. Racconto loro cose che non sanno, che neppure immaginano siano mai esistite. Mi sento una specie di portabandiera del passato".

Com'era da giovane?
"Spiritosa. Ma lo ero anche da bambina. Già allora pensavo di voler recitare. Cioè, volevo rendere il mio pensiero qualcosa di esprimibile agli altri. Non ho mai avuto dubbi su questa vocazione. Ma è stato difficile darle una voce e un corpo".

Perché?
" Sono nata alla fine della Prima guerra mondiale. Esattamente nel 1920. Poi arrivò il fascismo che scambiò la vita delle persone per un teatro permanente e mediocre. Dovetti attendere il dopoguerra. E fu davvero un bel periodo: un'epoca certo dura ma felice".

I suoi come reagirono a quella voglia di fare teatro?
"Mio padre reagì male. Oltretutto, aggiunse con una certa ironia, non c'erano precedenti in famiglia. Gli feci notare che non era del tutto vero: una lontana cugina, Fanny Norsa, che era vissuta in Inghilterra, aveva calcato il palcoscenico come ballerina. La verità è che a mio padre sembrava impossibile che io avessi le qualità per recitare. Poi ebbe modo di ricredersi".

Quando?
"Una sera venne a teatro a sentirmi. Notò che la gente mi seguiva divertendosi e applaudendo. Il giorno dopo mi disse che aveva riposto molte ambizioni su di me e che dopo avermi visto attrice aveva avuto la certezza che non sarei fallita".

Cosa faceva suo padre?
"Era ingegnere, fu un importante dirigente della Breda. Allontanato dal posto di lavoro per ragioni razziali".

Foste perseguitati?
"Ce la siamo sempre cavata. Alcuni amici fidati aiutarono mio padre, mia madre, mio fratello e me a riparare in Svizzera. Anche in quell'occasione fui fortunata, mi venne risparmiato il dolore atroce delle tante famiglie ebree disperse, distrutte e annientate. Finita la guerra tornammo in Italia".

Cominciò allora la sua carriera?
"Avevo recitato, ma niente di impegnativo. Divenni amica di Vittorio Caprioli che aveva già maturato qualche esperienza teatrale. Era simpatico, brillante, fantasioso. Ci dicemmo che era venuto il momento di trovarci un lavoro e passammo in rassegna gli attori che avrebbero potuto aiutarci. La scelta cadde su Sergio Tofano".

Quello del "Signor Bonaventura"?
"Aveva creato una maschera che divenne popolarissima sul Corriere dei piccoli. Alla fine, dopo parecchi assalti, Vittorio lo convinse a fare compagnia con noi e uno dei primi spettacoli che allestimmo fu proprio Bonaventura. Ricordo che uno dei ruoli che interpretai fu il cane bassotto, il che vista la mia passione per gli animali mi sembrò gravido di conseguenze".

Con Caprioli vi sposaste.
"Il nostro matrimonio durò un po' meno di quindici anni e poi ci siamo separati, andando ciascuno per la propria strada. Lui con le sue storie io con le mie. Senza rancori né complicazioni. Anche perché trovai un nuovo compagno, Maurizio Rinaldi, un musicista che seppe appagare l'altra mia grande passione: l'opera".

Erano molto diversi?
"Direi di sì, ma erano uguali in fatto di tradimenti. Specialisti in adulterio".

Ne ha sofferto?
" Non più di tanto, la gelosia passava rapidamente e poi cosa vuole gli uomini sono dannatamente esibizionisti".

Non ritiene che Caprioli sia stato un grande attore ma sottovalutato?
"Più che sottovalutato incompreso. Aveva una istintiva profondità nell'interpretare certi personaggi, rara in quel mondo. Oltretutto è stato un bravissimo regista di cinema. Ci sono almeno tre suoi film che reputo bellissimi".

Mi viene in mente "Splendori e miserie di Madame Royale".
" Magnifico, una storia di travestitismo tra il grottesco e il dolente senza eguali. Con un Ugo Tognazzi insuperabile nella parte di Madame Royale. Dati i tempi non era semplice affrontare le problematiche di quel mondo".

Era la prima volta credo che in Italia si rappresentavano delle drag queen.
"Il film uscì nel 1970, oltre che regista Vittorio era anche uno degli interpreti di questa stravagante comunità omosessuale: si era dato il nome piuttosto pittoresco di " Bambola di Pechino". Ma il suo film, cult anche per i più giovani, è Parigi o cara dove io interpretavo il ruolo di una svagata prostituta sui cui tratti avrei ricamato il personaggio della Sora Cecioni".

La mitica Cecioni che esordiva al telefono con " Pronto mammà".
" Già, il personaggio fu ispirato da una mia donna di servizio, oggi guai se le chiami così, Renata. Una bella cinquantenne, vedova, prosperosa, con ossigenatura e permanente fatta in casa. Fu lei il mio modello. Ancora oggi la penso con affetto e gratitudine. Ma so che quel mondo non esiste più".

Come definirebbe la comicità?
"Certamente è un istinto. Poi c'è la gioia di divertire il pubblico con qualcosa di tuo. C'è gente che incontro o che mi scrive per ringraziarmi di quel poco o tanto che le ho donato".

Lei ha lavorato tantissimo con Alberto Sordi. Cosa conserva di quel rapporto?
" Se non ricordo male, credo di aver fatto sette film con lui. Mai uno screzio, una insofferenza, una caduta di stile. Certamente fu un comico di straordinario talento. L'ho amato molto meno quando si mise in testa di fare la regia dei propri film. Aveva un tale potere sul pubblico che tutto gli era permesso e perdonato. Ma ho lavorato anche con Totò: davvero unico. La sua comicità si fondeva con i tempi della tradizione del teatro napoletano. In privato era molto diverso, come afflitto da una seriosa malinconia. E poi c'è De Sica che per me è stato un idolo. Oltre che recitare sapeva far recitare e questo non è da tutti".

Ha lavorato anche con Eduardo De Filippo?
" Presi parte a Questi fantasmi, ma a me piaceva soprattutto Peppino ".

Ha mai capito perché litigarono?
" Rivalità, incomprensione, stanchezza. Chi lo sa. Il nostro è un mestiere che può molto innervosire. Comunque, senza togliere l'aura ai due fratelli, ritengo che la più straordinaria dei tre fosse Titina. E loro lo sapevano".

Le accade di rivedere i suoi vecchi film?
"Non ho molto piacere a rivederli. Poi, se qualcuno insiste, capita che torni sui luoghi del delitto e finisce che mi ci appassiono. Siamo deboli, umani e un po' vanitosi, no?".

Prima si accennava alla gelosia che è un tratto ricorrente tra coloro che recitano in teatro.
"Sono sempre stata immune da questo sentimento. Anzi, ho cercato spesso di voler bene e farmi voler bene. Noto, con soddisfazione, che invecchiando il mio giudizio conta per le altre, per quelle attrici che sono agli inizi o nel pieno della loro attività".

Si sente vecchia?
"Lo sono, è un fatto. Le leggi della natura comprendono la decadenza. Ma il punto è come frani. O, se vuole, come si protegge la propria dignità di donna e di artista".

In questo nuovo libro si definisce una "donna sola".
"Ho avuto una carriera quasi sempre solitaria, fatta più di monologhi che di incontri. Quanto al privato, la mia vita mi ha riservato il destino di essere lasciata sola. Soprattutto affettivamente. Quando perdi i genitori, gli uomini che hai amato, gli amici che non ci sono più, la solitudine diventa una condizione imprescindibile. Però non ho mai avuto la sensazione di essere abbandonata".

Vuole dire che non le pesa?
" So che esistono persone per le quali la solitudine è come una mazzata sulla fronte. Non fanno che lamentarsene. Io posso stare sola sia perché non ho perso il senso dell'amicizia, sia perché continuo a scrivere. Mi duole soltanto non poter più leggere".

C'è un libro che è stato fondamentale per la sua crescita?
"Ce ne sono diversi. Ma per forza di cose il libro della mia vita è stato la Recherche. Lo lessi tutto durante la guerra, diciamo nel mio esilio dorato in Svizzera. Mi entusiasmò, per la lingua francese che esprimeva e per quel senso straordinario che Marcel Proust attribuì al tempo del ricordo".

Cosa intende dire?
" Quella lettura tra le tante cose mi ha anche insegnato il valore del tempo. Mi ha educato a ricordare. Molte cose della nostra vita ci sfuggono e a volte le ritroviamo improvvisamente. Ma dobbiamo essere pronti a carpirle. Mi piace molto in questa fase della mia vita ricordare. A volte quando non prendo sonno, o mi sveglio improvvisamente, comincio delle lunghe "passeggiate" notturne".

È come liberare la propria mente.
"La mente si rigenera nel ricordo e ci dimostra che siamo ancora vivi".

Lo dice con una punta di nostalgia.
"È una sorella che a una vecchia cocciuta come me fa da badante. Però non bisogna cercare la pietà che è quasi sempre falsa o inutile ".

Accennava allo scrivere.
"Sto lavorando a un nuovo libro. Vorrei intitolarlo: Il secolo della noia ".

Quale secolo?
"Quello in cui siamo entrati. Aspettavamo il Duemila con la speranza che avremmo visto realizzate cose straordinarie. E tutto lo straordinario che c'è stato vomitato addosso è solo qualcosa di ripugnante. Ci resta questa noia. Noia per il progresso ostinato, per le banalità televisive, per le cattive notizie, per i ciarlatani della politica che hanno scambiato il Parlamento per un teatro, ma non sanno nulla del vero teatro. Ogni tanto mi chiedo: risorgeremo da tutto questo tedio? Non ho una risposta, ma ci sto seriamente pensando".


Il Diario della Signorina Snob
di Franca Valeri

giovedì 30 luglio 2020

Ritratto di Gianrico Tedeschi



GIANRICO TEDESCHI
DI RICCARDO MANNELLI

Gianrico Tedeschi, 100 anni di vita e di teatro, l'attore che li aveva compiuti  il 20 aprile scorso è stato un grande testimone del Novecento, da un palco all'altro,  e uno dei nostri grandi protagonisti in scena per oltre settant'anni. 
Ha iniziato a recitare in un campo di prigionia nazista poi ha avuto una carriera dedicata al teatro lavorando con Strehler, Ronconi, Visconti. È stato protagonista in tv di sceneggiati, varietà, compreso Carosello.
Ripropongo una vecchia intervista del 2013 dove ci racconta momenti significativi della sua vita e che conclude dicendo di avere un sogno : «Sì, un piccolo sogno. C' è un romanzo che mi ha divertito: Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, di uno scrittore svedese. Ecco, se avessi le forze ne farei una riduzione teatrale. Benaugurante, non trova?».
.... che direi si è avverato.



GIANRICO TEDESCHI
la faccia più beffarda del teatro italiano. Quando ti è di fronte sembra che rida. E quando ride davvero sospetti che ti prenda in giro.
 A 93 anni Gianrico Tedeschi dice che la sua giornata è tempestata di vuoti di memoria: «È come calpestare una gruviera mentre fai la gimkana tra i suoi buchi. Ogni tanto per distrazione ci finisci dentro. E non ti ricordi neppure come si chiamava tua madre. A proposito perché lei è qui? Scherzo, lo so, lo so. L' incontro con il vecchio leone, l' uomo dei mille palcoscenici, dei cofanetti di biscotti e delle minestre concentrate; il sopravvissuto alla crisi del teatro, del cinema, di Carosello».
 Ride, come un vecchio spensierato che non si prende sul serio e che ha lenito gli acciacchi con il farmaco dell' ironia. Di solito vive sul lago d' Orta, non lontano da Novara, con la moglie e attrice Marianella Laslzo, ma ci incontriamo nella casa di una delle due figlie a pochi chilometri da Roma: in un comprensorio simile all' Olgiata, però meno aggressivo e pretenzioso.
 «Nonostante i tempi, sono un vecchio abbastanza felice; glielo dico perché a volte ricordando il passato mi scappa qualche lacrima e non vorrei essere frainteso. Le mie figlie mi danno gioia. Una è sociologa, l' altra fa l' attrice. Non avrei voluto che Sveva intraprendesse la mia carriera. Ma è andata così. Bisogna seguire l' istinto o la ragione? Non l' ho mai capito fino in fondo».
 Perché non le piace che sua figlia faccia teatro?
 «Perché è dura. Perché se ti dedichi solo a questo mestiere oggi non ce la fai a vivere con serenità. Io ho faticato e mi sono divertito. Loro, intendo quelli che hanno iniziato solo ieri, che faranno?».
 Ogni generazione ha le sue tragedie. La sua quali ha vissuto?
 «Dovrei dirle la guerra. E credo sarei nel giusto. Ma poi mi chiedo non sono forse diventato quello che sono grazie anche a ciò che mi è accaduto in quegli anni terribili?». 
Quali anni? 
«Dal 1943 al ' 45. Prima di allora mi sembrava di stare in un altro mondo. Certo, non facile, indurito dalle difficoltà. Ma niente era davvero insormontabile. È solo quando le fauci del tempo si spalancano che la tua vita improvvisamente è messa a repentaglio». 
Dove più alto è il pericolo lì cresce anche la salvezza.
«Si fa presto a dire la salvezza, quando la vita è scossa, traumatizzata, messa in discussione. A me è andata bene e ringrazio il teatro, quella passione che mi è servita durante gli anni della prigionia trascorsi in vari campo di concentramento». 
Passione nata come?
«Eravamo bambini, io il più piccolo di tre fratelli, quando mio padre ci portava tutte le domeniche ad assistere a una rappresentazione. Nei primi anni fu una tortura. Mi annoiavo, volevo fuggire da quello spazio che mi sembrava opprimente e tornare ai miei giochi. Non c' era verso di scappare. Poi, verso i tredici anni, ho cominciato a capire e a lasciarmi andare a quelle recite. Mi incuriosivo ai gesti degli attori, alle voci. Una volta papà mi portò al dal Verme di Milano a vedere Ermete Zacconi. Recitava ne Gli spettri di Ibsen. Fu una cosa strana. Mi impressionò il verismo. Allora decisi che il teatro sarebbe entrato nella mia vita. Mio padre aveva involontariamente gettato il seme».
 Cosa faceva nella vita? 
 «Era commesso nel più grande negozio di colori di Milano. Venivano tanti artisti a servirsi. Si sentiva gratificato da quel mondo del quale era solo uno spettatore. Attento e disponibile. Diceva: pensa, cosa sarebbero i pittori senza di noi, senza un pubblico che li ammiri e li segua. Fu un uomo umile e operoso. E quando partii per la guerra, lui che era un antifascista convinto, mi disse: non devi niente a questo paese, comportati con onore, ma torna a casa».
 Dove la spedirono? 
«In Grecia, avevo il grado di sottotenente. Ci mandarono a combattere contro la resistenza greca. Restammo lì, nella parte Nord, dal 1941 al ' 43. Sembravamo tanti disperati, soprattutto quando apprendemmo della disfatta del fascismo, della fuga ignominiosa del Re. I tedeschi ci catturarono e ci spedirono in Germania. Fui destinato al Benjaminovo, un campo non lontano da Varsavia. E lì che ho cominciato a fare teatro». 
E i tedeschi glielo consentirono? 
«Non era un campo di sterminio, e per quanto fosse duro avevamo piccole possibilità di movimento. Agevolate dal fatto che i tedeschi volevano che aderissimo alla Repubblica di Salò. Cosa che ci guardammo bene dal fare. Tra i prigionieri c' erano Giovanni Guareschi, ricordo che ogni tanto faceva il giro delle baracche con la fisarmonica; Alessandro Natta, che sarebbe diventato segretario del Pci; Giuseppe Lazzati, futuro rettore della Cattolica e perfino quel meraviglioso caricaturista di Novello. Avevamo con noi dei libri. Li mettemmo tutti assieme creando una piccola biblioteca. Fu lì che pescai un paio di commedie di Pirandello: EnricoIV e Il piacere dell' onestà. Mi venne l' idea che potevamo allestire una recita nel campo. Imparammo le parti, ci procurammo perfino dei vestiti da donna e alla fine debuttammo davanti a tutti i prigionieri. Fu un successo incredibile. Decisi così che avrei fatto l' attore».
Come pensa sia stata la sua carriera? 
«Non ho mai avuto il piglio del mattatore. E per quanto mi sforzi nel cercarli, non vedo in me tracce di narcisismo né di istinti prevaricanti. Detesto la retorica sul grande attore. Le frasi ovvie: come desiderare di morire sul palcoscenico. Il teatro è vita, eros, artificio, ma soprattutto fatica e dedizione. Ho cercato, sempre, di essere all'altezza di queste convinzioni, poco scolastiche».
 Ha fatto l' Accademia? 
«Subito dopo la guerra, con Strehler e Grassi. Ma siccome a Milano non c' erano in quel momento sbocchi immediati, feci anche l' Accademia nazionale a Roma. Mi bocciarono. E dovetti ripresentarmi. Anni dopo Silvio D' Amico, che era il direttore, mi disse che quella bocciatura fu un errore di trascrizione di una segretaria. Non so se fosse vero. O se semplicemente voleva riparare un torto, o qualcosa che a me allora parve così». 
Cos' è fallire per un attore? 
«Per alcuni è una tragedia. Per me è un chiedersi dove hai sbagliato. Se il pubblico non ti segue o ti volta le spalle una ragione c' è. Quando insieme ad Anna Magnani facemmo Chi è di scena?, la gente, ancora abituata alla rivista, non capì. Una sera, prima dello spettacolo Anna si presentò sul palcoscenico e disse: "aho, gente mia, noi stamo a dà er mejo. Voi datece na mano: applaudite!". Era una donna carismatica, schietta. Pochi mesi dopo, se non ricordo male, prese anche l' Oscar per La rosa tatuata ». 
Il talento cos' è?
 «È un dono, se ce l' hai lo devi conservare. Il buon Dio non te lo dà una seconda volta. Chi ne aveva tantissimo e lo ha dissipato fu Walter Chiari. Ha buttato via tutto. Ma non ho mai incontrato un uomo più generoso di lui. Lavorammo insieme con Franca Valeri che era l' opposto di lui. Meticolosa, perfetta come la lancetta di un cronometro. Colta e sofisticata. Aveva innalzato il pettegolezzo all'arte dell' intrattenimento». 
A proposito di colto e sofisticato so che ha interpretato il ruolo che fu di Rex Harrison in My Fair Lady. 
«Era il 1964. Il regista, un americano mi pare, durante il provino disse: canti qualcosa. Cantai ' O sole mio. Rimase estasiato. Interpretai il ruolo di Higgins, il professore di fonetica. Fu un successo. A Milano, alla fine della prima, venne Ingrid Bergman a congratularsi in camerino. Ero emozionatissimo. In seguito seppi che dopo essersi lasciata con Rossellini si era sposata con il produttore del musical. A Roma fu la volta di Rex Harrison. Elegantissimo. Bello. Autorevole. Dopo lo spettacolo finimmo in una vecchia trattoria. Cantammo gran parte della sera e giuro che non ho mai sentito uno più stonato di lui». Un attore non è mai quello che sembra?
 «Un attore deve essere ciò che sembra. Soprattutto non deve avere pensieri». 
Cosa intende?
 «Quando chiesero a John Gilguld come avesse fatto ad essere così bravo nell' interpretare Re Lear, rispose che non ne era consapevole. Non era in grado di giudicare Shakespeare, compito che lasciava ai letterati. E che sul palcoscenico la sola cosa che lo guidava erano le emozioni. Un attore non può parlare seriamente di Shakespeare o di Moliére. Però può farli propri».
 Un attore non pensa? 
«In un certo senso è così.È la sola macchina che io conosca dotata di un cuore pulsante».
 Lei ha fatto anche molto cinema. 
«Più per denaro che per passione. Un solo film da protagonista e fu un fiasco clamoroso. Per il resto ruoli secondari, piccole parti. Come l' ultima, qualche mese fa, nel film di Roberto Andò: Viva la libertà, in cui interpreto un vecchio saggio della sinistra italiana. Credo che il riferimento fosse a Vittorio Foa». 
Come vede la politica?
 «Bisogna convenire sull' idea che è un bel rebus. Mi fa venire in mente il periodo in cui in televisione partecipavo alla trasmissione di Cochi e Renato Il poeta e il contadino. Erano i primi anni Settanta. Tenevo dei monologhi surreali tipo: "La maturità democratica delle foreste incide sui dischi volanti"; "Oggi è stata fondata una casa di riposo per uomini politici"; "Tutti i grandi cervelli hanno curato i loro fegati a Chianciano". Insensatezze di questo tipo. E ho l' impressione che frasi del genere oggi non stonerebbero nel linguaggio dei nostri politici. La politica è sempre più non sense. Preferisco, lo dico sottovoce, il mio rincoglionimento».
 Ha un' età scintillante.
 «Aver superato i novanta non mi autorizza a sparare sul mondo. Il vecchio irresponsabile che dice quello che gli passa per la testa non mi piace».
 Cosa rappresenta questa età? 
«Cose belle e malinconiche. Le prime sono gli amori avuti, gli affetti coltivati, le persone cui si è fatto del bene e quelle da cui ne hai ricevuto. E poi il teatro, per tutto quello che mi ha donato. Infine giunge la constatazione che tutto questo un bel giorno finisce e allora subentra la malinconia. Mi piacerebbe rinascere per poter fare meglio tutto quello che ho fatto. Capisco che è infantile. Ma, quando mi rinchiudo nel mio studio, è la sola cosa che mi torna costantemente alla mente. Un desiderio di perfezione».
 Nient' altro? 
«Sì, un piccolo sogno. C' è un romanzo che mi ha divertito: Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, di uno scrittore svedese. Ecco, se avessi le forze ne farei una riduzione teatrale. Benaugurante, non trova?».





Approposito di grandi attori, ieri 27 luglio ci ha lasciato Gianrico Tedeschi. 
Aveva 100 anni. Riposa in Pace...


Gianrico Tedeschi (Il poeta e il contadino - 1973)