Visualizzazione post con etichetta Staino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Staino. Mostra tutti i post

mercoledì 20 febbraio 2019

Diciotti: la giunta dice No all'autorizzazione a procedere contro Salvini.

Piattaforma Rosseau
Franco Portinari


Tauro


Riverso



Durando


Scandalo Diciotti
Paride Puglia



Natangelo



ElleKappa

ElleKappa

ElleKappa

Vauro





La democrazia è l’arte di far credere al popolo che esso governi.
#Diciotti #Salvini #M5Salvini #m5slega #M5s #Rousseau
Durando


Sergio Staino

lunedì 22 ottobre 2018

Il Jesus di Staino saluta Avvenire

Da Sergio Staino blog



Avvenire, 21 ottobre 2018
Staino saluta con un abbraccio: «Jesus» non merita il microscopio



Caro Direttore,
non te la prendere troppo: ci abbiamo provato. È stato bellissimo trovarmi sulle pagine del tuo giornale, in mezzo ai tanti articoli che ogni giorno ci parlano delle sofferenze del mondo, delle lotte degli umili contro l’infamia, lo sfruttamento e l’ingiustizia. Un giornale attento alle grida di dolore che si levano dalle parti più lontane e nascoste del mondo e che, per questo, troppo spesso vengono dimenticate.
Certo il mio Jesus non risponde completamente ai canoni tradizionali: suona il basso, legge “internazionale” e ha la mamma ancora giovane che forse vede su Netflix qualche serial di troppo, ma, nelle mie intenzioni, mantiene tutta la carica rivoluzionaria contenuta nel messaggio evangelico. Per questo mi piaceva, da non credente, essere al fianco di quel grande rinnovamento che osserviamo oggi nella chiesa cattolica guidata da Francesco. Non pensavo assolutamente che qualcuno potesse prenderla così male anche se so benissimo che la satira e il fumetto, con la loro ironica ambiguità, possono facilmente risultare poco comprensibili da chi, per età e formazione, non è abituato a frequentarli.
Le prime lettere e i primi messaggi arrivati anche a me non lasciavano promettere bene, ma speravo fossero sparute figure rancorose che si trovano sempre dentro ogni comunità. Uno di questi messaggi, nella sua cattiveria mi ha fatto anche sorridere: «aspetto il giorno», mi diceva, «di vederla bruciare nelle Fiamme dell’inferno accanto a quell’attorucolo che oggi siede sul seggio di San Pietro». Ovviamente non ho battuto ciglio e sono andato avanti sorretto dalla tua amicizia e dalla stima che mi hai sempre dimostrato.
Ma adesso è troppo. Adesso le voci dissonanti, a volte al limite della volgarità sono troppe ed investono, sfruttando strumentalmente il mio lavoro, la tua figura, il valore del giornale da te diretto, fino, oserei dire a colui che oggi guida il mondo cattolico. È chiaro che in questa situazione è ben difficile lavorare: prendere la matita in mano sapendo bene che qualunque cosa io disegni verrà passata sotto microscopio alla ricerca di punti o sfumature che possano esser letti come offensivi o blasfemi, fa sì che venga a mancare quella serenità di fondo che permette di far incontrare il sorriso fraterno laico con un sorriso fraterno cattolico.
Per questo, caro Marco, è forse meglio chiudere qui o se vogliamo essere ottimisti, sospendere qui la nostra esperienza comune.
Un augurio di buon lavoro e un abbraccio forte a te e ai lettori che mi hanno seguito con affetto e curiosità fino a oggi,
Sergio Staino



Caro Sergio,

quando abbiamo avviato questa collaborazione, giusto un anno fa, pensavo a tutto meno che a metterti in una condizione che ti avrebbe tolto serenità... E invece è andata in questo modo. Ti ringrazio per la tua schiettezza e il tuo rigore morale. E mi dispiace, mi dispiace davvero.
Così come mi dispiace che altre persone, turbate e in qualche caso eccitate anche solo dall’idea di un «ateo che disegna per “Avvenire”», abbiano perso la loro serenità fino a concepire e scrivere invettive come quella che citi. Anche passandosi parola. Terribile, ma purtroppo per me non sorprendente. Proprio come la lente da microscopio ostile che hai sentito addosso, soprattutto per dimostrare che “Staino deride Gesù”, sebbene il “tuo” Jesus abbia fatto e faccia pensare e sorridere in modo dolce o amaro sulla vita, sulle ingiustizie, sul prezzo dell’amore per la verità, sulle scelte dei potenti, e mai sia oggetto e vittima di sberleffo, come fu fin sulla croce... Sappi, però, che non somigliano, quelle parole arse e brucianti, ai pensieri e alle parole di tanti cattolici accanto ai quali io cammino dentro le pagine di questo giornale “uguale e speciale”, ma prima ancora, e ormai da una vita, nella Chiesa e sulle strade del mondo. Strade che non sono solo nostre e lungo le quali incontriamo e affianchiamo donne e uomini che vengono da altre direzioni, ma hanno voglia di parlare la stessa lingua, di riconoscere il bene, di capirsi e di appassionarsi insieme per l’umanità e soprattutto per i più poveri e i più piccoli. Ognuno porta la luce che ha, e accende quella che trova o che gli viene donata lungo il cammino. Tu sei così.
Grazie, caro Sergio, per le parole che riservi ai nostri lettori e al nostro lavoro. Grazie per la limpida preoccupazione per il nostro Papa. Grazie per il tuo abbraccio di saluto in forma di “striscia”. Lo ricambio con altrettanta forza, perché so che non resterai svenuto... Diranno che ora sei senza avvenire, ma non è vero.
Marco Tarquinio


--------------------------------------------------------------------------------

Grazie Sergio,

di aver condiviso con i tuoi lettori questa tua decisione.

Ero a conoscenza di quell'articolo del Giornale che parlava della vignetta di Jesus e Salvini

che riporto qui sotto.



Avevo sorriso quando Franco Portinari ti ha disegnato, vestito da curato,


ed ha insinuato che di questo passo saresti stato l'unico del PD a prendere i voti.


Ma che amarezza leggere di tutti quei commenti che ti hanno scritto.
"Ma adesso è troppo. Adesso le voci dissonanti, a volte al limite della volgarità sono troppe ed investono, sfruttando strumentalmente il mio lavoro"

Non è facile fare satira come tu sai fare Sergio, sempre senza volgarità.
Ti eri messo in gioco anche se sei ateo in un giornale cattolico.
Il tuo Jesus non era affatto blasfemo ma faceva pensare alle ingiustizie alle cose amare della vita, alle scelte dei potenti e dei politici.

Continua a disegnare, per favore non avvilirti per le troppe voci dissidenti.

Abbiamo bisogno di buona satira, di satira libera.

Fany


martedì 25 settembre 2018

Vincino



Vincino, pseudonimo di Vincenzo Gallo (Palermo, 30 maggio 1946 – Roma, 21 agosto 2018[1), è stato un vignettista e giornalista italiano.

E' già passato un mese, ma rimane sempre nei ricordi...

Vincino in una scatola di matite, alla sua ultima festa
Abbiamo accompagnato Vincino nel Tempietto egizio del Verano per salutarlo tra i ricordi, i sorrisi e le lacrime




l'ultimo disegno : comunque sarò il prossimo James Bond... (di sicuro...)
©Vincino


Ciao Vincino amico mio!
© Vauro



Ciao Vincino, ora scherza pure coi santi
Luca Sommi

Allampanato, dinoccolato, un elegantissimo, letterato hippie che ti guardava storto da quelle lenti fondo di bottiglia – montate su Persol da sole, modello Steve McQueen – tanto da far diventare gli occhi minuscoli, ma non lo sguardo. Quello era lungo, lunghissimo, anarchico e indipendente, da artista, quale lui era. Vincino, al secolo Vincenzo Gallo, era molto più di un vignettista, di un disegnatore satirico, era un fine antropologo, uno che smascherava i vizi dei potenti (ma anche dei deboli) facendone sintesi in tre schizzi storti, irresistibili e irriverenti. Ieri se ne è andato, dopo una brutta bestia di malattia, a 72 anni, e dopo una carriera meravigliosa, mai al servizio di nessuno. Anzi, a volte sembrava, per vezzo, godere nel disegnare su giornali apparentemente a lui lontani – ergo conservatori, ordinari, filo-tutto purché quel tutto fosse potente. Ma in realtà tutto e tutti erano distanti da lui, che era vasto, contraddittorio e geniale, un artista senza confini né recinti, se non quelli della sua lucida e stralunata fantasia.

Vincino amava i vizi, di forma e di sostanza, i suoi disegni tremolanti non facevano né troppo ridere né troppo riflettere – queste sono cose comuni: le sue istantanee erano un pugno nello stomaco, spesso un anagramma, un’anamorfosi della vignetta. Tracimavano di cultura, erano allucinogene, piccoli trattati colorati che prendevano il senso comune di lato, mai frontalmente. A volte erano incomprensibili – a volte addirittura la didascalia lo era – però arrivavano al centro di dove dovevano arrivare, cuore o cervello che fosse. D’altronde l’arte mica deve illustrare, bensì mostrare ciò che è invisibile agli occhi, e lui in questo era ineffabile.

Nato a Palermo, ma uomo di mondo, si laurea in architettura ma non fa l’architetto, figuriamoci, lui che, come detto, aveva un’idiosincrasia genetica per le righe diritte – il rapporto pavimento-parete deve sempre essere di 90 gradi, ammoniva Le Corbusier: appunto, non roba per uno che volava tra sghiribizzi e lazzi come un uccello fluorescente e indomabile. Nel ’68 è vicino ai movimenti studenteschi e operai, poi arriva Lotta Continua e l’inserto satirico “L’avventurista”. È il primo di una lunga sfilza: “Il clandestino” con L’Espresso, “Tango” con l’Unità, “Boxer” sul Manifesto, poi “Cuore” e tanti altri – ha diretto “Ottovolante”, quotidiano di satira che durò poco più di una settimana, geniale, insieme ad altri giganti come Roland Topor, Andrea Pazienza o Guido Buzzelli – fino alle lunghe collaborazioni con Corriere della Sera prima e Il Foglio poi. Ma il suo capolavoro assoluto fu “Il Male”, fatto, tra gli altri, con il suo inseparabile sodale, fratello di matita, Vauro Senesi. Quella combriccola ne fece di cotte e di crude durante i cinque anni di vita del giornale: la più memorabile e riconoscibile fu la finta prima pagina di Repubblica che titolava “Arrestato Ugo Tognazzi. È il capo delle BR”. Roba impensabile oggi, da fustigazione pubblica. Nel 2011 sempre insieme a Vauro rimanda in edicola “Il Male”, durò poco ma fu bellissimo, basti pensare che la redazione la piazzarono nella sede storica della Democrazia Cristiana in piazza del Gesù – roba da far rivoltare nella bara più di un notabile.

Michele Santoro, uno che di televisione capisce davvero, lo aveva mandato in video, insieme a Vauro, come inviato nell’ultima edizione di “Servizio Pubblico”. Risultato? Due meravigliosi Totò e Peppino surrealisti e d’avanguardia, in moto-sidecar, sfreccianti a raccontare con taglio “cinico e baro” il costume degli italiani di oggi e di domani: capolavoro.

Vincino in gioventù provò anche l’ebbrezza del carcere “esperienza bellissima, che consiglio a tutti”, poi il pornofotoromanzo con Cicciolina fino alle incursioni ai comizi di Craxi, camuffato da Craxi. Il situazionismo era per lui una regola, l’irriverenza il suo dogma. La sua vasta cultura non era mai citazione, mai parafrasi, ma sempre sostanza metabolizzata e poi rivomitata a modo suo, coi suoi disegni, con le sue aspirazioni e i suoi progetti sghembi ma fantastici. Era un illuminista e un surrealista insieme, amava i libri e l’uso fiero della ragione, ma per poi distorcerli, piegarli con un segno eretico. In lui c’era Voltaire e c’era Bunuel, frullati insieme, un ibrido un po’ sornione e unico nel suo genere. Un Candide a spasso per la sua personalissima e moderna Westfalia a sfregiare i vari Pangloss di turno. Però Vincino era più sornione, zero moralista, molto esistenzialista, quasi disincantato e non amava né i santoni né i santini, di qualunque colore fossero. Si arrampicava sugli specchi come nessuno, dissimulava l’evidenza come tutti e sognava di sfondare porte aperte – provaci tu, se sei capace, a sfondare una porta aperta! diceva Carmelo Bene. Perché solo i veri artisti possono ambire a tanto, e non tutti hanno lo spirito per capire certe cose, solo le persone belle. Come Diderot, su quella panchina del Palais Royal, che intima al nipote di Rameau che “uno sciocco sarà più facilmente incline alla malvagità che un uomo di spirito”. Ciao Vincio, lassù non esagerare.




così vincino, così lontano (cit.)
© Mauro Biani

Un situazionista della satira col pennarello sempre in tasca
Vincino. Addio al disegnatore che nelle sue vignette ha raccontato con ironia l’Italia sin dai tempi del «Male»
Mauro Biani
Non ero pronto al coccodrillo per Vincino. Un pazzo immortale. Il pennarello nel taschino della camicia, sempre. I disegni espressività. «Qui c’è un fax?». Pure quando lo avevo invitato a un ennesimo incontro sulla satira (uff) ma era solo il 2011, un’eternità fa. È il destino di chi fa (almeno) una vignetta al giorno: ansia giornaliera da tematica (milioni per chi non è allineante) e ricerca di un fax (lui), gli altri di una connessione. Era connesso e sconnesso. Ok.
Che poi alla fine fu un bell’incontro. Una tavolata di esordienti, più o meno. Flaviano (ora fumettista di punta della Marvel), io, Vincino, Antonella Marrone (giornalista di «Liberazione»), Gianpiero Caldarella (Pizzino ed Emme), Makkox, Giuliano Cangiano, grande illustratore.

La discussione, organizzata da «Mamma!» la rivista inventata da Carlo Gubitosa e da me che come sottotitolo aveva: «Se ci leggi è giornalismo, se ci quereli è satira». Un tentativo sperimentale di libertà totale di satira e giornalismo grafico, in un momento storico in cui inserti e riviste di satira non esistevano praticamente più.
E Vincino ne sapeva più di tutti, dal «Male», per me forse l’unica vera pubblicazione satirica insieme al diversissimo (come diversa era la società degli anni ’90) successivo «Cuore», al siciliano «Pizzino», di venticinque anni dopo.

I vignettisti, e anche lui, sono solitari, gelosi dei propri luoghi di pubblicazione, individualisti. Ma Vincenzo amava anche il gruppo, la pubblicazione indipendente, pure se poi indipendente lo era comunque su qualsivoglia pezzo di carta o di web lo ospitasse.
E quindi si discettava: dove va la satira? E dove andava, e che satira (?). Le satire vanno poi dove vogliono, ed è talmente inutile cercare recinti di «purezza (boh) satirica». Fa quello che vuole e Vincino pure. Unico problema spesso è farsi pagare (ora di più) e su questo ci ha anche insegnato a non svendere (troppo) «l’arte». Poi, se gli chiedevo una vignetta (come è capitato per «il manifesto») la dava anche gratis, comunicandomi comunque l’iban, che non si sa mai.

E, infatti, partecipò anche a «Mamma!» gratis, ché l’unica cosa che poteva fare anche per sostenere chi ci provava, senza editori, senza padroni.
I suoi disegni erano brutti come è brutto Chagall. Lui riderebbe chiedendo se ho fumato. Ma i suoi espressivi omini e donnine e politici, spiegavano svolazzanti, e qua e là, già tutto, anche senza quelle decine di parole che facevano spesso somigliare un suo lavoro a un minifumetto piuttosto che a una vignetta.

Concordo con quello che mi ha scritto a caldo il mio compare su «Mamma!» Carlo Gubitosa: «L’eredità culturale che ci lascia Vincino non è solo quella del vignettista. Lo ricordo con affetto come giornalista politico (il primo a entrare a palazzo con la matita e non con la penna), come sincero e appassionato militante radicale, come situazionista irriducibile fino all’ultimo, quando ha messo lo storico busto in marmo di Andreotti realizzato dal ’Male’ in quella Piazza del Gesù che un tempo era della Dc e poi è stata espugnata dalla redazione del ’Male’ di Vauro e Vincino per una bella stagione di satira, e lo ricordo con affetto come artista, fantasista, ragazzino che guardava la politica divertito senza mai smettere di farle pernacchie ai vestiti finti degli imperatori».

E a proposito di vignette sui quotidiani, una volta mi scrisse una cosuccia impegnativa e gradassa (oltre a individualisti siamo piuttosto gradassi, forse per farci forza e coprire i santi dubbi che ci pigliano prima di realizzare un lavoro che sembra definitivo): «Io credo che l’unico spazio di verità dentro un giornale sia il quadratino della vignetta, cioè su trenta, cinquanta pagine l’unico spazio di verità sia il piccolo quadratino e sia responsabilità nostra quindi ogni volta pensare con la nostra testa e le nostre matite».
E adesso Vincino dove vai? Non era questo a cui si pensava quando dicevamo: «Non c’è ricambio nemmeno nella satira».




46° Premio Satira Politica di Forte dei Marmi: premiazione di Vincino per il libro autobiografico "Mi chiamavano Togliatti....", 7 luglio 2018




© Riccardo Mannelli


Addio al vignettista Vincino, l'omaggio di Ellekappa



Difficile per me spiegare a parole, o anche a disegni, chi fosse per me #Vincino. "Noi abbiamo un compito, raccontare il mondo a disegni", diceva sempre. Era un amico, ha creduto in me, mai bollito, uno dei pochi fuoriclasse della satira in Italia. Ciao maestro.
Dario Campagna


© Altan, Ellekappa, Sergio Staino


© Makkox



Un ricordo di Vincino (Sottovoce)
È morto Vincino, nelle sue vignette mezzo secolo di storia d'Italia


Tutto Vincino - Il Foglio

domenica 8 luglio 2018

Quella maglietta rossa...


Magliette
CeciGian




Dal rosso in poi
Mauro Biani


Storia. A Cédric Herrou
Cédric Herrou. 
Mauro Biani

Ad ognuno la sua 
Mario Bochicchio


fermare l'emorragia di umanità
Mario Bochicchio




UNA MAGLIETTA ROSSA PER DIFENDERE L’UMANITÀ
3 luglio 2018
Una maglietta rossa per fermare l’emorragia di umanità. Sabato 7 luglio indossiamo una maglietta rossa per un’accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà
Rosso è il colore che ci invita a sostare. Ma c’è un altro rosso, oggi, che ancor più perentoriamente ci chiede di fermarci, di riflettere, e poi d’impegnarci e darci da fare. È quello dei vestiti e delle magliette dei bambini che muoiono in mare e che a volte il mare riversa sulle spiagge del Mediterraneo. Di rosso era vestito il piccolo Alan, tre anni, la cui foto nel settembre 2015 suscitò la commozione e l’indignazione di mezzo mondo. Di rosso erano vestiti i tre bambini annegati l’altro giorno davanti alle coste libiche. Di rosso ne verranno vestiti altri dalle madri, nella speranza che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori.
Muoiono, questi bambini, mentre l’Europa gioca allo scaricabarile con il problema dell’immigrazione – cioè con la vita di migliaia di persone – e per non affrontarlo in modo politicamente degno arriva a colpevolizzare chi presta soccorsi o chi auspica un’accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà. Bisogna contrastare questa emorragia di umanità, questo cinismo dilagante alimentato dagli imprenditori della paura. L’Europa moderna non è questa. L’Europa moderna è libertà, uguaglianza, fraternità. Fermiamoci allora un giorno, sabato 7 luglio, e indossiamo tutti una maglietta, un indumento rosso, come quei bambini. Perché mettersi nei panni degli altri – cominciando da quelli dei bambini, che sono patrimonio dell’umanità – è il primo passo per costruire un mondo più giusto, dove riconoscersi diversi come persone e uguali come cittadini.
don Luigi Ciotti, presidente nazionale Libera e Gruppo Abele
Francesco Viviano, giornalista
Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci
Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente
Carla Nespolo, presidente nazionale ANPI
per adesioni organizzazione@libera.it


<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr">Oggi aderiamo all&#39;iniziativa <a href="https://twitter.com/hashtag/MagliettaRossa?src=hash&amp;ref_src=twsrc%5Etfw">#MagliettaRossa</a> perché le politiche europee stanno ignorando le continue <a href="https://twitter.com/hashtag/stragi?src=hash&amp;ref_src=twsrc%5Etfw">#stragi</a> in mare. Eppure cambiare il sistema di accoglienza è possibile, attraverso la creazione di canali umanitari.<br>Firma l’appello → <a href="https://t.co/zs97ztvqGJ">https://t.co/zs97ztvqGJ</a> <a href="https://t.co/0xwdxJjshv">pic.twitter.com/0xwdxJjshv</a></p>&mdash; Amnesty Italia (@amnestyitalia) <a href="https://twitter.com/amnestyitalia/status/1015477764596436992?ref_src=twsrc%5Etfw">7 luglio 2018</a></blockquote>
<script async src="https://platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>

martedì 12 dicembre 2017

"Liberi e Uguali", nuova guida a sinistra.

'Ecco la nuova sinistra'
"Fare politica è un onore, non una vergogna. C'è in gioco il futuro dell'Italia e questa è la nostra sfida: battersi perché tutti, nessuno escluso siano liberi e uguali, liberi e uguali".
Lo dice il presidente del Senato Pietro Grasso, chiudendo l'assemblea unitaria della sinistra, citando per la prima volta il nome del nuovo soggetto: "liberi e uguali".



Nuova guida a sinistra
OSPITE DA FAZIO
Grasso: «D’Alema? Sarò io
a guidare, lo faccio da una vita"
Portos
http://portoscomic.org/2017/12/11/3893/






Grassi Libero insegna. Grasso “Liberi e Uguali”?
di Nadia Redoglia

Liberi 
da cosa?  Uguali a chi? Confidiamo che ci spiegherà Piero Grasso.
Per lo stato di diritto quei requisiti sono assunti vitali  (per tantissimi, dogma) che devono essere insegnati. Grasso è uno che ben li sa approndire e altrettanto ben spiegare e, soprattutto, lo sa fare  in maniera semplicedunque alla portata di tutti (quelli che vogliono imparararli). Toh, senza accorgermene ho già fornito un senso a “liberi” e a  “uguali” (nell’imparare). Quisquilie…
L’uomo  è antimafia (recepì fin da bambino perciò divenne magistrato) che per  due generazioni ha combattuto la mafia come servitore del potere giudiziario. Quando trucidarono Pier Santi Mattarella dichiarò che il governatore fu giustiziato perché stava realizzando politica radicale, rivoluzionaria contro lo strapotere mafioso. L’uomo è oggi presidente del Senato, dunque  tocca con mano che vuole dire essere (anche) servitore del potere legislativo…
Eh sì, ci piacerebbe essere veramente liberi dalla mafia! Quanto a essere uguali sono certa che verrebbe di conseguenza…  L’uomo che oggi riflette sulla possibilità di divenire servitore del potere esecutivo ha la capacità (volontà) d’approfondirci l’assunto?
Al momento essere veramente liberi (dalla mafia) significa rendere uguali solo i morti ammazzati.


sinistra indifferenziata
Portos




Prove di presentazione logo
Portos



Programma vivente
Dopo che il Presidente del Senato ha smesso i panni del PD molti aspirano a farne il proprio leader.
Vendola si lancia affermando addirittura che "Grasso è il nostro programma vivente"
Uber







Giannelli

Pronti al debutto
Natangelo



I crudeli comunisti 
Natangelo


Staino






LIBERI E UGUALI. FRATELLI, NO?
Liberi e Uguali fa venire in mente Libera e Bella, lo shampoo per i capelli secchi e grassi. Da Grasso ci aspettavamo che accettasse la candidatura a patto di un nome da capelli normali e un un po’ meno doccia fredda. Con i nomi titubanti (Possibile) o troppo prudenti (Movimento democratico e progressista) la sinistra resterà allo stato di forfora. Tanto ineliminabile quanto inutile. E allora bisognerà ricominciare tutto da capo. Magari con Bella e Snella, per la remise en forme. Ah, scusate, mi dicono che esista già. E poi c’è qualcosa che mi inquieta in questo marchio: liberi e uguali si rifà evidentemente ai concetti di liberté ed egalité della Rivoluzione francese (è sempre da lì che si riparte). E la fraternité? Eh no, eh: non ditemi, se le cose andranno male, che vi rimetterete a litigare come fratelli coltelli.
Ivano Sartori

sabato 2 dicembre 2017

29° concorso internazionale della Biennale dell' Umorismo nell'Arte

29°
BIENNALE INTERNAZIONALE
DELL'UMORISMO NELL'ARTE

Onestà! Onestà! 

Sabato 25 novembre al Cine Teatro Politeama Tolentino, si sono svolte le premiazioni nella serata conclusiva dei lavori della 29° edizione del concorso internazionale della #Biennale dell’Umorismo nell’Arte della Città di Tolentino.
Congratulazioni a tutti i vincitori!!

Premio internazionale Città di Tolentino
1° Premio
Kostantin Kazanchev
Ucraina
"Per la pregnanza del tema, ovvero la declinazione dell'onestà in termini di autocoscienza"

Premio Luigi Mari 
per la Caricatura
Alfred Sanz
Spagna
Kim Jong-Un
"Per l'immediatezza e l'efficacia dell'immagine in particolareper la riconoscibilità di carattere non fisiognomica



Ucraina e Spagna vittoriose al concorso della 29° Biennale
Dall’America a Cuba, fino all’India, alla Cina e al Sudan: alla sfida del concorso di Biumor 2017 hanno risposto centinaia di artisti da oltre 40 nazioni, per un totale di 608 opere.
“La Biennale è l’evento più internazionale della Regione Marche. Le mostre che saranno aperte al pubblico fino al 28 gennaio sono una chiara manifestazione di libertà e indipendenza dell’arte – ha dichiarato Giuseppe Pezzanesi, sindaco di Tolentino- Di grande attrattiva non solo turistica, ma soprattutto culturale”.  A essere esposte le opere dei vincitori di questa edizione. Si tratta dell’ucraino KONSTANTIN KAZANCHEV che ha convinto i giurati con la sua opera. Un’opera, come si legge dal verbale, che è stata selezionata “per la pregnanza al tema e cioè la declinazione dell’onestà in termini di autocoscienza”. Ad aggiudicarsi il secondo premio è stato invece un artista cubano, RAMIRO ZARDOYA SANCHEZ che ha presentato un’opera “Senza Titolo”, in cui ha proposto un’interpretazione introspettiva e poetica dell’onestà. Terzo premio al romeno IGNAT MIHAI.
“La Biennale 2017 ha centrato l’obiettivo – ha dichiarato Alessia Pupo, assessore alla cultura – con il tema ‘Onestà! Onestà!’,  la parola d’ordine dell’Italia politica di oggi, con il concorso è divenuta la metafora di un mondo che si considera superiore rispetto a quello sporco e ripugnante di tutti gli altri. Lo specchio di un moralismo giustizialista che prescinde dalla competenza e dalla capacità di essere un buon amministratore”.
Torna, con il “Premio Luigi Mari”, l’arte della caricatura: i personaggi bersaglio dell’irriverenza dei caricaturisti in concorso con nuove e vecchie icone della musica, della religione e della politica internazionale. Un carnet estremamente variegato: dal calciatore Zlatan Ibrahimovic al genio tecnologico di Steve Jobs, fino alla politica birmana Aung San Suu Kyi. Un disegno, spesso semplice ed essenziale, che storpia l’immagine della persona rappresentata, caricandone (da qui il termine) quei tratti caratteristici della fisionomia, quel particolare esagerato che ha già in sé un contenuto sarcastico. Al centro il vincitore di questa edizione: Asier Sanz con la sua grottesca e affascinante interpretazione di “KIM JONG-UN”, premiato anche per una riconoscibilità di carattere non fisiognomico. “un vero capolavoro dell’arte caricaturale”, conclude Evio Hermas Ercoli, direttore artistico di BIUMOR.
(fonte)


Tra tutti i premiati che potete ammirare qui 
ho scelto per il blog oltre ai due primi premi queste due opere.


Premio internazionale Città di Tolentino
Segnalazione per il significativo livello artistico e umoristico
Claudio Antonio Gomes
Brasile
Corruption x honesty



Premio Luigi Mari 
per la Caricatura
Luc Descheemaeker
Belgio
Aung San Suu Kyi

Segnalazione per il significativo livello artistico e umoristico



La copertina del catalogo




 29a edizione del concorso internazionale della #Biennale dell' Umorismo nell'Arte

"Il tentativo della #Biennale era quello di prendere una parola di cui non si può ridere oggi in Italia: la parola Onestà!"
Il video della giornata conclusiva della 29a edizione della Biennale Internazionale dell'Umorismo nell'Arte.
Riprese e montaggio video a cura di Matteo Lorenzini


"Il nostro lavoro funziona quando riusciamo ad andare contro corrente rimanendo sempre coscienti nella realtà"
(Sergio Staino)

Nel corso della serata tolentinate a Staino è stato consegnato lo speciale Premio alla Carriera della Biennale. Aiutati dall’intervista della direttrice artistica di Popsophia, Lucrezia Ercoli, è stata ripercorsa tutta la storia di una lunga carriera artistica, tra satira politica e fumetti.

--------------------------------------------------------------------------------
 “È stato un onore per me presiedere un concorso di così alto livello, insieme a dei giurati così altamente qualificati – ha dichiarato il Presidente della giuria – Un compito arduo selezionare i vincitori: il tema Onestà! Onestà! ha stimolato l’immaginazione e la creatività di moltissimi artisti internazionali che hanno proposto tutte opere di elevata qualità”. Rudy Gheysens

La giuria era composta: Rudy Gheysens, presidente della giuria, Presidente dell’European Cartoon Center, Francesco Scoppola, architetto e primo dirigente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; l’illustratore e grafico Marco d’Agostino, autore di numerose pubblicazioni didattiche e istituzionali; Marilena Nardi, artista e docente dell’Accademia di Venezia che conta centinaia di partecipazioni a mostre e rassegne in Italia e nel mondo; il docente dell’ABAMC Mauro Evangelista, direttore del prestigioso master di illustrazione Ars in Fabula; l’artista Mauro Cicarè, fumettista marchigiano, conosciuto e amato in tutto il territorio nazionale; il disegnatore e docente dell’ABAMC Marco Marilungo, collaboratore di Smemoranda. In rappresentanza della città di Tolentino due nomi molto conosciuti in città: l’architetta Isabella Tonnarelli e il fotografo Luca Giustozzi. Ed infine, vera memoria storica della Biennale, non poteva mancare la bravura e l’arte del grafico Giorgio Leggi nelle vesti di coordinatore e segretario dei lavori di valutazione.