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sabato 7 gennaio 2023

Papa emerito Benedetto XVI

 

by Agim Sulaj




Il papa gentile

GIO - Mariagrazia Quaranta


Popes Death by Marian Kamensky, Austria

https://politicalcartoons.com/cartoon/270433/popes-death


Timo Essner

2 January 2023

Pope Benedict dies

Pope Benedict XVI died on New Year's Eve at the age of 95.

https://cartoonmovement.com/cartoon/pope-benedict-dies






Paolo Lombardi

4 January 2023

Exhibition

https://cartoonmovement.com/cartoon/exhibition




Arcadio Esquivel

3 January 2023

Pope Benedict XVI

https://cartoonmovement.com/cartoon/pope-benedict-xvi-1



Pedro Silva

3 January 2023

Bento XVI

https://cartoonmovement.com/cartoon/bento-xvi


La Repubblica posta, per errore, la foto di Anthony Hopkins al posto del papa emerito Ratzinger confondendolo, causa interpretazione dell'attore nel film "i due papi", con Benedetto XVI. Considerando gli scandali sulla pedofilia perpetuati all'interno della chiesa cattolica, a lungo taciuti, e senza temere scomunica ecco a voi "Il silenzio della curia".

Nico Comix




Addio Ratzinger

#BenedettoXVI #papa #Ratzinger #pontefice #vignetta #fumetto #memeitaliani #satira 

Natangelo



Joseph Ratzinger, il Papa emerito Benedetto XVI, è morto il 31dicembre 2022 in Vaticano all'età di 95 anni. Nato a Marktl am Inn, in Baviera, il 16 aprile 1927, Ratzinger entrò in seminario a 12 anni, nel 1939. Fu ordinato sacerdote insieme al fratello maggiore Georg il 29 giugno 1951, a 24 anni. Fu arruolato nell’esercito durante la seconda guerra mondiale ma non fu mandato al fronte.

Con la cattedra di teologia fondamentale ottenuta nel 1957 a Monaco di Baviera, iniziò a 30 anni una brillante carriera accademica che lo ha visto insegnare nelle università di Bonn (1959-1963), Muenster (1963-1966) e Tubinga (1966-1969) e, dopo il turbolento Sessantotto, Ratisbona (1969-1977), nella sua Baviera. Partecipò da “perito teologico” del cardinale Josef Frings, arcivescovo di Colonia, (1962-1965).

Paolo VI lo nominò arcivescovo di Monaco di Baviera e lo creò cardinale nel 1977, Giovanni Paolo II lo volle accanto a sé a Roma, nel 1981, come prefetto della congregazione per la Dottrina della fede. Fu eletto Papa il 16 aprile 2005, 264esimo successore di Pietro, e assunse il nome di Benedetto XVI.

Quasi otto anni dopo, l’11 febbraio 2013, annunciò la rinuncia al pontificato. La sede vacante iniziò il successivo 28 febbraio e il 13 marzo il Conclave elesse Francesco. Dopo alcuni mesi nella residenza di Castel Gandolfo, dove si era recato al momento della rinuncia e dove, il 23 marzo, ricevette il successore, il Papa “emerito” tornò in Vaticano, dove da allora ha vissuto nel monastero Mater Ecclesiale. Unico allontanamento, il viaggio di pochi giorni in Baviera nel giugno del 2020 per accomiatarsi dall’anziano fratello Georg, deceduto all’età di 96 anni il successivo primo luglio.



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lunedì 2 gennaio 2023

Pelè

 Edson Arantes Do Nascimento, conosciuto in tutto il mondo semplicemente come Pelé, si è spento il 29 dicembre 2022, all'età di 82 anni, dopo una lunga battaglia contro il cancro. 

"Se il calcio non si fosse chiamato così, avrebbe dovuto essere denominato Pelé", aveva sentenziato in passato lo scrittore brasiliano Jorge Amado, esprimendo un pensiero condiviso da milioni di persone in patria e in tutto il mondo. 

Ecco chi è stato "O Rei", leggenda del calcio mondiale l'unico calciatore al mondo ad aver vinto tre coppe del mondo!

Qui sotto alcuni dei tantissimi disegni caricature a lui dedicati.




Pelè, O Rei
by GIO / Mariagrazia Quaranta



by JBosco Azevedo




by Marzio Mariani




O REI FOI AO CÉU PARA JOGAR FUTEBOL COM DEUS.

PELÉ IS THE BEST OF THE BEST OF THE BEST OF THE BEST FOOTBALLER IN THE UNIVERSE!

PELÉ by WALTER TOSCANO

MY 2 VERSIONS OF THE BEST FOOTBALLER IN THE WORLD!

Thanks so much, Pelé!

The world has lost the greatest footballer of all time, the great king Pelé, creator of plays, the only one who was considered an athlete of his century, three-time world champion, the unbeatable Brazilian dribbling, tunneling, alley passes, self-passes, chalacas, Scissors, in short, everything that now exists, King Pelé invented it to the delight of all fans of good football.

First the king Pelé, then the others.

Thanks so much, king Pelé! 

Walter Toscano


by Ernesto Priego



by Marilena Nardi



by Mauro Biani


THE KING PELÉ 

by Angel Boligan, El Universal, Mexico City, www.caglecartoons.com

 RIP Pele 
by Osama Hajjaj, Jordan
https://politicalcartoons.com/sku/270324


Pedro Silva
30 December 2022
Pelé, the King
Pelé
https://cartoonmovement.com/cartoon/pele-king



Joaquín Aldeguer
30 December 2022
Pelé 1940 - 2022
Rest in peace, Pelé




By Portos



Thiago Lucas
30 December 2022
Pelé
https://cartoonmovement.com/cartoon/pele-2

Amorim
30 December 2022
Pelé
https://cartoonmovement.com/cartoon/pele-3



Pelè

by Dalcio Machado


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Ci piace ricordarlo così. 

Come un grande campione capace di riconoscere il talento di altri/e.

Siamo nel 2021.

Pelé segue da casa, in Brasile, l'esordio della #Seleçao femminile nel torneo dell'Olimpiade di Tokyo, contro la Cina, match finito 5-0 con una doppietta di Marta, l'unica #calciatrice ad aver segnato almeno un gol in cinque diverse edizioni dei Giochi. Leggendaria.

#Pelè decide di scriverle:

“In questo momento tu starai dormendo perché sei dall'altra parte del mondo. 

Faccio il tifo perché tu stia sognando ciò che hai fatto qualche ora fa. 

A proposito: quanti sogni di altri/e pensi di aver ispirato? Il tuo è molto di più di un primato personale. 

E' il simbolo della speranza di un mondo migliore, in cui le #donne conquistino molto più spazio. 

Questo momento ispira milioni di atlete, di tante diverse discipline e di ogni parte del mondo, che lottano affinché vengano riconosciuti i loro diritti. 

Complimenti, tu sei più di una calciatrice, perché con i tuoi piedi aiuti a costruire un mondo migliore".

Questo era Pelè.

Ben oltre le sue straordinarie capacità calcistiche. 

Un grande.

venerdì 23 dicembre 2022

Antonio Guarene 1935 -2022

 

Un grave lutto ha colpito il mondo della cultura e dell’arte astigiano. Si è infatti spento l’architetto Antonio Guarene. Classe 1935 è stato maestro del Palio nel 2011 e nel 2018, ma è stato anche scenografo, arredatore grafico e disegnatore. Senza dimenticare collaborazione con il mondo del giornalismo prima con La Gazzetta del Popolo e poi con il quotidiano “La Stampa”.

Una figura che tanto ha fatto anche per le manifestazioni storiche cittadine, in primis il Palio. Fu infatti tra gli artefici della corsa in piazza Alfieri, e dipinse il drappo due volte, l’ultima nel 2018. Ma lavoro anche per la Douja d’Or e per il Festival delle Sagre con l’ideazione dei cuochi con i forchettoni che tradizionalmente aprono la sfilata contadina.

Perdiamo un fine umorista, un caro amico.

Sentite condoglianze alla famiglia.







https://www.sabrinamossetto.it/in-punta-matita-con-guarene/


giovedì 22 dicembre 2022

Lando Buzzanca "La mia vita da merlo maschio"

Lando Buzzanca, all'anagrafe Gerlando Buzzanca (Palermo, 24 agosto 1935[1] – Roma, 18 dicembre 2022), è stato un attore e cantante italiano.

Quando ho sentito della sua morte mi sono ricordata del bellissimo ritratto che gli aveva fatto Riccardo Mannelli e così ho deciso di farvene partecipi:


LANDO BUZZANCA
su Robinson di Repubblica agosto 2019

Articolo di Antonio Gnoli e ritratto di Riccardo Manelli.

Quando ha accettato di vedermi mi ha chiesto: è sicuro di voler venire? Certo che sono sicuro, gli ho detto. E lui ha detto sarà dura. E io ho chiesto perché dovrebbe essere dura? Perché non mi ricordo quasi più un cazzo, ha detto. Brutalmente. E io ho detto: per essere uno che non ricorda un cazzo mi sembra abbastanza in sé. Beh allora proviamo.

Va bene e ho pensato che “il merlo maschio” aveva ancora tutte le penne. In effetti Lando Buzzanca, 84 anni compiuti oggi, conserva un’invidiabile forma fisica: asciutto, elegante nella sua camicia bianca aperta. Ha sandali ai piedi. È un signore curato che dimostra meno degli anni che ha. La stanza che mi accoglie è piena di libri e di tracce dei suoi film. Ci sono le immancabili foto di scena. Le donne che hanno attraversato la sua carriera. Qualche premio.

Le piace essere ricordato come una delle ultime versioni del maschio latino?

«Non mi piace, anzi no. Non me ne frega niente. Di che stavamo parlando?».

Vorrei fare una prova con lei.

«Che prova?».

Vorrei che lei mi dicesse che cosa prova in questo momento?

«Ho come la sensazione di un muro dentro la testa. Le parole ci sono ma devono arrampicarsi sul muro e scavalcarlo. A volte non ce la fanno a salire e poi a scendere».

Le parole sono importanti?

«Sono la risorsa principale in un uomo. Fino a quando sono rimasto in Sicilia parlavo solo dialetto. Mi uscivano le parole, ma non mi bastava». 

Cosa non le bastava?

«Volevo di più, volevo la lingua italiana».

In quale parte della Sicilia è nato?

«A Palermo. Presi il nome di mio nonno, Gerlando, che era un uomo straordinario. Chissà poi perché tutti i nonni hanno qualcosa di straordinario».

E suo padre?

«Un uomo comune. Non ricordo segni particolari. So che quando smisi il liceo prima della maturità, mi guardò inorridito. Non capiva quel gesto che per me era pura ribellione».

Si ribellava a cosa?

«Ai confini dentro i quali ero destinato a restare. Ero magro, prestante, agile. Non uno sportivo. Ma qualcuno che nei propri sogni si vedeva già attore».

Cosa fece?

«Lasciai Palermo e venni a Roma. Fu la fame a segnare quel periodo. Abitavo in una pensioncina vicino alla stazione. Ma poi finii i soldi e le panchine divennero letti poco accoglienti. Mi aggiravo come un disperato con le piaghe ai piedi. Avevo 17 anni e addosso un odore insopportabile. Però ero bellissimo. Seppi che in un cinema non distante dalla stazione c’erano delle donne un po’ avanti nell’età che ti pagavano».

Si scoprì gigolò.

«Non avevo soldi e non c’era lavoro. Entrai in questo cinemino loschissimo. Si accontentavano di qualche bacio furtivo. Poi una sera una donna di cinquant’anni, lo sguardo lievemente strabico, mi chiese di accompagnarla in albergo. La seguii».

Cosa accadde?

«Lei si spogliò nuda. Mi sorprese perché aveva ancora un corpo bellissimo. Sentii una specie di attrazione. Mi chiese di dormire con lei tutta la notte. Accettai. Poi fui preso da un’ansia fortissima. Pensavo: ma che sto a fare qui? Sono scappato da Palermo per ridurmi a questo? Mi rivestii e feci il gesto di salutarla. Dalla borsetta estrasse una scacciacani e me la puntò addosso. Le dissi: ma che fai? Tu devi restare qui tutta la notte, gridò. Tutta la notte!».

Si spaventò?

«Forse sì, non me lo ricordo. Tentai di calmarla. Inventai che la mattina seguente avevo degli esami all’università. Le parlai a lungo. Si convinse a lasciarmi andare. E quella fu l’ultima volta che feci il gigolò»

Al cinema come arrivò?

«Feci tre anni di scuola di recitazione, una scuola americana che da anni non c’è più. Proprio gli americani stavano preparando il film Ben-Hur riuscii a farmi prendere per una particina. Interpretavo il ruolo di uno schiavo e dovevo chiedere da bere a Charlton Heston. Furono 4 giorni di lavorazione a 15 mila lire a giornata. Mi sembrava di essere diventato ricco».

Lo è diventato quando giunse a recitare ruoli importanti. Chi le offrì la prima occasione?

«Fu Pietro Germi che nel 1961 mi diede una parte secondaria in Divorzio all’italiana. Gli piacque il mio modo un po’ stralunato di recitare. Interpretavo il ruolo del fidanzato e poi marito della sorella del barone Fefè interpretato da Mastroianni. L’anno dopo feci I giorni contati di Elio Petri, ricordo un grandissimo Salvo Randone. Poi nuovamente Germi mi volle per Sedotta e abbandonata e infine mi offrì una parte per Signore e signori. Ma ero impegnato e gli dissi no a malincuore. Il film ebbe un successo straordinario, ottenendo perfino il Grand Prix a Cannes e quella fu la sola volta che mi pentii per un rifiuto».

Com’era Germi sul set?

«Non sprecava molte parole, a volte era duro e curava maniacalmente i dettagli. Mi dispiace che alla sua bravura non sia corrisposta l’attenzione della critica. Fu bollato come un regista di destra. Liquidato come un uomo d’ordine. Non c’era accusa peggiore negli anni sessanta per un artista».

Anche lei è stato considerato un uomo di destra.

«È vero, dicevano che i miei film incoraggiavano il peggiore sessismo. Poi quando, non tanti anni fa, ho interpretato il ruolo di un padre il cui figlio è gay, da destra hanno cominciato a dire che ero diventato di sinistra. La verità è che ho avuto la fortuna di poter scegliere». 

E lei scelse “Il merlo maschio”, 1970.

«Le femministe insorsero senza capire che quel film era la tomba del machismo. Pasquale Festa Campanile aveva preso spunto da un racconto di Luciano Bianciardi. Mica l’ultimo arrivato».

La sua partner era Laura Antonelli.

«Fu scelta all’ultimo momento. Non sapevo nulla di lei. All’inizio ero contrariato, poi si dimostrò una grande professionista. Il merlo maschio ebbe un successo clamoroso in Francia e so che Jean-Paul Belmondo si innamorò di Laura vedendo quel film».

Cosa pensa del suo declino?

Terribile. Vidi le sue ultime foto, imbruttita in una maniera che non si poteva immaginare. Della donna bellissima che aveva avuto un ruolo nel Merlo maschio non c’era più traccia».

Quel film le ha lasciato appiccicata la fama di maschio latino.

«A me le donne sono sempre piaciute e non mi sono quasi mai tirato indietro. Però quando mi proposero la commedia sexy all’italiana ho rifiutato e sono passato a fare televisione e poi teatro».

Perché? In fondo l’erotismo pecoreccio di quegli anni divenne un fenomeno molto popolare. Un genere come gli spaghetti western.

«Ma erano commediole insulse. Le inquadrature di tette e culi superavano di gran lunga quelle del resto del corpo».

Eppure da lì uscirono attori come Lino Banfi.

«Mica parliamo di Lawrence Olivier. E poi Banfi si sarebbe imposto a prescindere».

So di un suo Don Giovanni tanto per restare in tema.

«Feci nel 1967 il film Don Giovanni in Sicilia per la regia di Lattuada. Poi, molto più tardi, portai a teatro la commedia di Molière. Tre anni in giro per l’Italia. Quello fu un momento di grande consapevolezza».

Che intende?

«Non lo so, non mi vengono le parole».

Pensava di essere maturato come artista?

«Esatto».

È diventato un attore completo.

«Mi hanno chiamato anche per ruoli drammatici e credo di non aver mai sfigurato».

Quanti film ha fatto?

«Più di novanta, non ho il conto preciso».

Quante donne ha avuto?

«Ci risiamo. Comunque tante, ma una sola ha contato veramente».

Chi?

«Mia moglie, siamo stati insieme per più di cinquant’anni. Non mi ricordo, scusa, quando è morta. Aspetta, aveva 73 anni. Ha sofferto molto e mi sono sentito un verme per tutti i tradimenti, le bugie, le implorazioni. Veniva da una famiglia ricca. Di gioiellieri. Suo padre le disse che aveva sposato un morto di fame. Forse era vero. Forse non doveva. Ma lei se ne è fregata».

Ho letto che da questa storia ne uscì con un tentativo di suicidio.

«Ma non è vero. Lo hanno scritto, ma non è vero. Stavo male, questo sì. Ma sono tutte minchiate. C’ho pensato. Ma sono tornato indietro. Non mi ricordo la dinamica. Ma sono tornato indietro. Come arretrare e poi uscire da un brutto sogno».

Torna mai in Sicilia?

«Tutto quello che ho dentro mi viene da lì. Ma non ci torno. Mi piace stare a Roma. Nonostante i topi, le buche, la mondezza è ancora la città che amo di più».

Ama anche qualcos’altro?

«Se è alle donne che pensi, ho una relazione con una che ha 40 anni meno di me. Le dico, lascia stare. Non vedi come sono ridotto? Non c’è verso. Si ostina a pensarmi come a una persona fondamentale».

Forse lo è.

«Forse la sposo, si chiama Francesca».

Fa ancora cinema?

«No, non sono in condizioni e poi, dico la verità, mi fanno proposte indecenti. Però c’è una cosa che se ci riesco mi piacerebbe dirti».

Quale cosa?

«Mi presento una mattina da Francesca e lei è davanti a me vestita da sposa. Io le dico: ti ho portato dei fiori. Lei mi guarda e con disappunto nota che sono vestito male. Poi dice: ma lo sai che dobbiamo sposarci e i testimoni sono nell’altra stanza che attendono? Io tiro fuori un foglietto dalla tasca dei pantaloni, lo leggo e le dico: qui non c’è scritto che dovevamo sposarci».

È un sogno?

«Non lo so più. Forse è un sogno, forse è la scena di un film che mi piacerebbe girare e interpretare».

Sogna spesso?

«Non molto, ma quando sogno in genere sono i personaggi che ho interpretato. È come se mi fossero restati attaccati addosso. Io ho una mia teoria sugli attori».

Quale?

«O ti cali nel personaggio fino a diventarlo interamente; oppure reciti una parte e allora sei un semplice attore».

Le viene in mente un esempio?

«Marcello Mastroianni era personaggio. Era come se non recitasse. In Divorzio all’italiana era veramente il barone Fefè. Vittorio Gassman fu più attore, con l’eccezione di due film in cui fu personaggio: Il sorpasso e Profumo di donna. Le piace la mia teoria?».

È stato più attore o personaggio?

«Io spero più personaggio, anche se non spetta a me dirlo».

Com’è una sua giornata?

«Non lo so, non ci penso. Però stamane mi sono alzato con la paura di doverti incontrare. Dal 2017 è come se nel mio cervello avessi innestato la retromarcia o il freno tirato. Non lo so. Mi prescrivono farmaci. Dicono: servono per la memoria. Ma quale memoria? Il futuro non mi spaventa. Il passato sì. Non riesco più a starci bene. È come un abito troppo stretto. Se morissi sarei contento, che cazzo mi significa più questa vita? Francesca è convinta che arriverò a cento anni. Ma a che mi serve, non è più vita è solo una stronzata».




Lando Buzzanca, l'istrione della commedia che non riuscì a farsi amare dalla critica
di Alberto Crespi per Repubblica

L’attore è morto a Roma a 87 anni. L’esordio con i maestri, i film sexy e un’etichetta, culturale e ideologica, che si portò dietro tutta la vita
Sgombriamo il campo da ogni equivoco: Lando Buzzanca, morto a Roma all’età di 87 anni, è stato un ottimo attore. E per alcuni anni – soprattutto per un decennio, gli anni 70 – è stato un divo, capace di raggiungere una popolarità tutt’altro che univoca. Era il divo dei film sexy, grazie a pellicole firmate da registi come Marco Vicario (Homo eroticus) e Pasquale Festa Campanile (Il merlo maschio) delle quali, poi, parleremo. Ma era anche un divo televisivo, quindi per famiglie, capace di tener testa a una vedette assoluta come Delia Scala in una commedia musicale (Signore e signora) che nell’inverno del 1970 fece ascolti pazzeschi sul primo canale della Rai. E la sua immagine di “homo eroticus” era talmente forte che venne intitolato Lando uno di quei fumetti scollacciati che venivano letti praticamente solo nelle caserme.
Anni dopo, Buzzanca aveva un rapporto ambivalente con questo passato così complesso. Era orgoglioso del successo che aveva ottenuto, e al tempo stesso sembrava volersene distaccare accettando ruoli lontanissimi dal proprio cliché, come quello di un anziano omosessuale nel film Chi salverà le rose? di Cesare Furesi, del 2017. Si lamentava spesso e volentieri di un presunto ostracismo esercitato nei suoi confronti “dalla sinistra”, e al tempo stesso parlava quasi con ironia della sua militanza in Alleanza Nazionale (raccontava che quando Gianfranco Fini gli aveva proposto di candidarsi alle elezioni, gli avesse chiesto quanto guadagnasse un deputato e avesse quindi rifiutato ridendo, perché quei soldi “io li guadagno in una settimana”).
E pensare che una delle prime cose importanti, al cinema, l’aveva fatta con Luchino Visconti, noto comunista: nel 1963 (a 28 anni) aveva doppiato il personaggio di Don Ciccio Tumeo, interpretato da Serge Reggiani, ne Il Gattopardo. È assolutamente vero che negli anni 70 i suoi film venivano stroncati “a prescindere”, avrebbe detto Totò, dalla critica di sinistra: da un lato sarà bene dire che molti erano veramente brutti, dall’altro è giusto rimarcare che una critica troppo attenta al cinema autoriale non si sforzò minimamente di capire alcuni dei ruoli che portarono Buzzanca alla popolarità. Proviamo a farlo adesso.
Buzzanca, al cinema, partì bene, con ruoli magari piccoli in film di grandi registi: Pietro Germi, Elio Petri, Antonio Pietrangeli, Luciano Salce, Steno, Dino Risi (appare in un episodio di I mostri). Poi apparve in ruoli “alimentari” in alcune parodie, come Ringo e Gringo contro tutti di Bruno Corbucci e Per qualche dollaro in meno di Mario Mattoli. Paradossalmente fu proprio un film d’autore, Don Giovanni in Sicilia di Alberto Lattuada (1967), a cucirgli addosso lo stereotipo del siciliano sessualmente focoso.
Al grande pubblico piacevano ovviamente gli aspetti più esteriori di quei personaggi; la critica non colse, però, quanto la messinscena del maschio italiota aggressivo nascondesse risvolti oscuri, quasi patologici. Homo eroticus è in sostanza la storia di una malattia: un uomo del Sud che ha successo fra le donne borghesi e insoddisfatte del Nord perché affetto da triorchidismo, ovvero da un numero eccessivo di testicoli. Il merlo maschio racconta di un uomo frustrato che sfrutta l’esibizionismo della moglie per fare carriera. L’uccello migratore di Steno è la storia di un insegnante meridionale completamente spaesato nella Roma della politica e della contestazione. Io e lui (di Luciano Salce, dal famoso romanzo di Moravia) è una storia in cui “lui”, l’organo sessuale maschile, porta il proprio “padrone” alla rovina. E così via. In questi film Buzzanca sarà anche un macho, ma è quasi sempre un disadattato.
L’attore, ovviamente, era tanto bravo e intelligente da saperlo benissimo. Infatti in questi film – e nei tanti film commerciali girati in quegli anni – il registro espressivo più utilizzato da Buzzanca è il grottesco, condito con abbondanti dosi di ironia. Non aveva il “fisico” del comico, ma di fatto lo era. Non lo si può assimilare né ai “colonnelli” della commedia all’italiana, né ai comici delle commedie di serie C (Bombolo, Alvaro Vitali…): di fatto frequentava un genere tutto suo, che ha contribuito ai favolosi incassi del cinema in un’epoca in cui gli italiani riempivano le sale come se non ci fosse un domani.
Successivamente, al cinema e in tv, ha avuto l’occasione di mostrare il proprio talento: ad esempio comparendo in I viceré di Roberto Faenza (2007), ispirato allo stupendo romanzo di Federico De Roberto; o in serie tv di qualità come Il restauratore, andata in onda su Rai 1 dal 2012 al 2014; e come Mio figlio (prodotta da Rai Fiction nel 2005) nella quale interpreta un anziano commissario che fatica ad accettare l’omosessualità del figlio. Ruolo per il quale, per i bizzarri giri della storia, dell’opinione pubblica e del comune senso del pudore, ha ricevuto critiche da parte di diversi esponenti del centrodestra.
Lando Buzzanca sembrava destinato a non accontentare mai nessuno, a cominciare da se stesso. Solo il pubblico non l’ha mai tradito. E in fondo, questa era la sua più grande soddisfazione.


lunedì 7 novembre 2022

Felice Costa, pittore e partigiano di San Secondo Parmense.

 E' mancato il 27 ottobre scorso  una grande persona  Felice Costa.




Artista, partigiano, maestro di vita: San Secondo piange Felice Costa

Memoria storica del paese e testimone prezioso. Nome di battaglia, «Lampo»

San Secondo Un maestro di vita, di valori. San Secondo piange in questi giorni la scomparsa di Felice Costa, 95 anni, pittore e partigiano (nome di battaglia «Lampo»), memoria storica sansecondina e testimone prezioso di quei valori di libertà, democrazia e di pace per i quali ha lottato, e che ha sempre annunciato a tutti coloro che incontrava, per tutta la vita. Nato nel 1927, da giovanissimo ha partecipato come staffetta alla lotta partigiana. Faceva parte del Distaccamento Gardini della 78ª Brigata Sap Val Ceno. È stato una «colonna» della sezione Anpi «Giacomo Pattini» con la quale, tra le altre cose, da anni aveva dato vita a un importante concorso di poesia riservato alle scuole locali. Notevolissima la sua attività di pittore che lo ha portato, negli anni, a dare vita ad un numero incalcolabile di opere d’arte, a numerose mostre in tutta Italia e, negli anni Settanta, anche a Londra.

Autore pure di diverse commedie in vernacolo, in passato aveva guidato la locale compagnia dialettale «I Girasoli». Insignito, esattamente dieci anni fa, del «Premio San Secondo», per molti anni è stato alle dipendenze del Comune della Bassa (dove era stato anche consigliere dell’ospedale). Il sindaco Giulia Zucchi e l’amministrazione comunale lo hanno definito «un pilastro della nostra comunità, a cui tutti noi dobbiamo molto, non solo per aver combattuto la lotta di Liberazione ma anche per aver portato la sua testimonianza a tanti bambini e ragazzi, mantenendo vivi i valori della resistenza. Guidato dalla bussola dell’antifascismo – ha aggiunto il sindaco Zucchi - ha proseguito il suo impegno civico portando la sua testimonianza alle nuove generazioni, mantenendo viva una memoria collettiva che è patrimonio culturale, politico e sociale di tutta la nostra comunità. Grazie Felice, ora tocca a noi portare avanti il tuo messaggio».

Filippo Nizzoli, presidente dell’Anpi «Giacomo Pattini» (che di Costa ha raccolto il testimone da diversi anni) ha evidenziato come Felice sia stato «guidato nella sua vita dagli ideali di giustizia, libertà e uguaglianza. Ha sognato e ha lottato per cambiare il mondo seguendo questi valori, ha messo tutto se stesso a disposizione della comunità e degli altri. é stato un dono immenso averlo conosciuto, difficile sarà ora portare avanti quello spirito, quel coraggio, quella passione, ma ci proveremo come lui ci ha insegnato. un abbraccio forte dall’Anpi a tutta alla famiglia che tanto amava».

Infine il parroco don Nando Soncini ha aggiunto: «Voleva un mondo dove “pace, libertà e giustizia” non siano parole vuote, ma una sicura realtà. Per questo Felice Costa ha lottato per tutta la vita, con grande impegno e con tutte le sue forze, incoraggiato dalla testimonianza di tanti fratelli e sorelle e sostenuto da Colui che dà sostanza ai nostri desideri. Quando ho chiesto a Felice se voleva esprimere la sua arte decorando il cero pasquale, mi ha risposto un pronto sì, con il forte desiderio che il volto insanguinato di Cristo esprimesse la sofferenza di tanti fratelli e di tante sorelle che ancora oggi portano una pesante croce».

Paolo Panni









Intervista a Felice Costa https://www.noipartigiani.it/costa/



INTERVISTA al partigiano sansecondino Felice Costa

Felice Costa è un partigiano che abita nel nostro paesino, è diventato

partigiano quando era un ragazzo, si è battuto per ottenere la libertà.

Circa 15 anni fa ha dato vita ad un premio poetico destinato ai ragazzi

delle scuole medie e delle scuole superiori che, per diversi anni, è stato

ripetuto in occasione del 25 aprile. Ecco qui per voi la sua intervista.

Cosa lo ha spinto a diventare un partigiano ?

La mia era una famiglia antifascista, mio fratello Antonio Costa, dopo

l’armistizio, è stato catturato dai fascisti e portato in un campo di

concentramento. Conoscevo e frequentavo la famiglia Zucchi dove

erano tutti partigiani. Adele Zucchi mi ha incoraggiato a partecipare

attivamente alla lotta per la liberazione.

Ha mai avuto paura o il desiderio di tornare a casa ?

Non avevo né coraggio né paura, ero semplicemente spinto e guidato

dagli ideali di libertà, da cui non si può e non si deve mai prescindere.

Tutti abbiamo gli stessi diritti anche quando non abbiamo lo stesso

pensiero, la stessa idea.

Quanti anni aveva quando era un partigiano ?

Sono del ‘27...Dunque ero poco più che un ragazzo.

Quale era il suo nome di battaglia?

Il mio nome di battaglia era Lampo.

Che ruolo aveva tra i partigiani ?

Proprio per la mia età, non avevo ruoli di rilievo, ma avevo le mie idee e

le ho sempre espresse e difese senza sopraffare nessuno ed ero tenuto

in gran conto, per ciò che dicevo, anche se ero tra i più giovani venivo

sempre ascoltato.

Dov’è stato ?

In Val Ceno.

Che sensazioni ha provato quando tutto è finito

vittoriosamente?

Ero felice visto che durante gli anni in cui ho fatto il partigiano ero

costantemente in pericolo, ho messo a rischio la mia vita. Ho provato

gioia anche perché finalmente, dopo avere imbracciato il fucile per

tanto tempo, avevamo ottenuto ciò per cui abbiamo lottato duramente:

la libertà.

Gli ideali per cui sono andato in montagna e per cui mi sono battuto sono parte

integrante della mia vita. Ho un forte senso del rispetto per le persone e per le loro

idee, che vanno sempre accettate fintanto che non danneggiano o limitano la

libertà degli altri.

FELICE COSTA


Anno 1993


Anno 2003
Autore: Felice Costa



Da Istituto Storico  della Resistenza e dell'età contemporanea di Parma;

Database

Attività Partigiana

Partigiano dal 15/10/44 al 25/04/45.

  • Qualifica: Patriota
    • Nome di battaglia: Lampo

Distaccamento / Brigata

  • Distaccamento "Gardini" / 78° Brigata SAP "Val Ceno"

Costa Felice

01/01/1927

Genere: uomo | Professione:

La sua storia

Costa Felice nasce il 01/01/1927 a San Secondo Parmense in provincia di Parma.





Le foto dei dipinti e di Felice sono di Cassapanca aps https://www.facebook.com/la.cassapanca.1

 

Ricordando Felice Costa. Estratto dal documentario "Pavarara 39" scritto da Fabio Pasini e Federico Rodelli, diretto da Federico Rodelli ed interpretato dal compianto Felice Costa "partigiano Lampo".
https://www.facebook.com/100000233573601/videos/505105351487617/

 
Scrive Filippo Carraro:
" Questa foto la scattai a una Festa della Liberazione, me la chiese Felice: “facci una foto insieme, che forse è l’ultima occasione”. Non fu l’ultima occasione per loro, fu la mia ultima occasione per fotografarli, insieme. 
Lupo, Lampo e Lalo

Addio Lampo, curioso che te ne vai il giorno della fiducia al governo di chi è figlio politico di quel ventennio da cui tu,e tanti giovani come te, ci liberasti. Ma la libertà che voi partigiani ci regalaste era per tutti, vincitori e vinti, senza distinzione.
Grazie Felice, grazie Lampo.

Vi consiglio di vedere questo piccolo documentario della sezione ANPI di San Secondo.
È la storia di Lupo, Lampo e Lallo 
Prima parte 
https://youtu.be/C3jq1L0jK1g
Seconda Parte 
https://youtu.be/ukphcU70KaU
Terza e ultima parte 
https://youtu.be/QQTw1bbIInc "


   
Come acqua fresca d'estate 1/3 
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Come acqua fresca d'estate 2/3 
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Come acqua fresca d'estate 3/3 

 Filmati della Associazione nazionale Partigiani d'Italia, sezione G.Pattini di San Secondo Parmense (PR) 
Documento realizzato da Michele Rossi, Luca Sardella e Luca Romanini. 
Dal canale di Filippo Carraro