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mercoledì 9 settembre 2020

Philippe Daverio

Un piccolo omaggio al grande storico dell'arte Philippe Daverio da parte di Fany-Blog e dei disegnatori amici del blog.



Garbo, intelligenza, acume, eleganza, competenza. Philippe Daverio era tutto questo, ed era uno degli ultimi a resistere in qualche modo, in un'Italia dove quelle doti assumono sempre più sembianza di handicap.
Signore fino all'ultimo, non si lasciò andare ad ingiurie nemmeno quando la solita lungimirante Rai chiuse il suo programma Passepartout, uno dei pochi per cui valesse ancora la pena pagare il canone. E da signore, si congeda.

Grazie Philippe, grazie per averci provato. ❤️


Se n’è andato nel modo più lontano da come riempiva la scena: in silenzio, senza preavviso, per un male non curabile di cui fino all’ultimo non ha voluto parlare. Aveva 70 anni: troppo presto per chiunque. Abbastanza per aver lasciato una traccia indelebile. Dandy d’altri tempi, istrionico, europeista sfegatato, appassionato avversario del sovranismo (che lui preferiva chiamare “cretinismo”), eppure amante come pochi dell’Italia di cui ha ereditato la metà di sangue paterno, Philippe Daverio è stato, soprattutto, e prima di tutto, un grande storico dell’arte e divulgatore televisivo e non solo. Chi lo ha potuto conoscere, o anche solo ascoltare, ha in mente l’incanto di quelle lectio ovunque affollatissime in cui l’arte diventava scusa per parlare di noi, delle nostre bellezze e delle nostre miserie. Un viaggio. Eppure, oggi che quel viaggio è concluso, la prima parola che esce fuori spontanea da tutte le persone note o meno note che lo stanno salutando è “simpatia”. La seconda è “garbo”. Perché questo era Philippe Daverio: un gentiluomo. E perché, in fondo, quando cala il sipario, puoi essere anche un gigante della cultura, ma quello di cui si ricordano tutti è chi sei stato e cos’hai lasciato. Spero che un po’ di questo affetto se lo stia gustando, sotto gli occhialini tondi e il suo papillon. Buon viaggio. Lorenzo Tosa





“E' l’essere umano, nella sua essenza ontologica, a essere irrimediabilmente complicato e proprio per questo motivo così curiosamente creativo e degno di nota.”
Philippe Daverio

Grazie...

© Umberto Rigotti



© Roby il pettirosso



© Valerio Marini






© Perazzolli



Daverio





Philippe Daverio , oggi ci ha lasciato l’ultimo divulgatore dell’arte in TV. 
©️Gbeduschi’2020



©Tiziano Riverso



Un saluto al grande Philippe Daverio, ai suoi inconfondibili occhialini tondi e ai suoi coloratissimi papillon; un saluto a quella sua fantastica ed elegante intelligenza. Ciao Philippe! By Chenzo, www.chenzoart.it #philippedaverio #Philippe #passepartout #chenzo
© Lorenzo Bolzani


© Soria


Philippe Daverio
Pier Francesco Uva


2 Settembre 2020
Un piccolo, semplice, ma sincero Omaggio a Memoria di Philippe Daverio, Persona Eccezionale, dal 'Vs' Mike, 
© Mike Comics.




" Con questo disegno Emilio Giannelli, vignettista del Corriere della Sera, fa dell'ironia sul premio «12 Apostoli» che ha ricevuto a Verona nel 2012. Nella vignetta sono presenti lo stesso Giannelli, Philippe Daverio e alcune firme del Corriere, tutti ritratti come nel affresco di Leonardo «L'ultima cena». Ma questa volta, come ha spiegato l'autore, a morire sarà solo il gallo.





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Tra i tanti filmati per ricordare Daverio ho scelto questo dove parla di cose di Parma la mia terra 😏
 
 


E Adesso chi ci resta? Sgarbi? 
Ma Daverio, come potete vedere nel filmato sotto pensa che Sgarbi ...


© Riverso

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I putti della Madonna Sistina dipinta da Raffaello commentano la dipartita del grande critico e con rammarico non trovano un degno successore.
https://www.nicocomix.it/philippe-daverio/
#Nicocomix #PhilippeDaverio #arte #storico #storicodarte #criticodarte #Raffaello #RIP #2settembre #Sgarbi #fumetti #vignette #satira #satirapolitica #drawing #painting #artist
© Nicocomix




lunedì 10 agosto 2020

Franca Valeri 1920 - 2020

Non hai fatto in tempo a spegnere le candeline che te ne sei già andata...

Ciao Franca e Grazie di tutto 

Franca Valeri. 2020 
 "L’uomo che ho amato di più nella vita è un signore che non mi ha fatto la corte ma non per colpa sua. Era nato qualche secolo prima di me. Si chiamava Rabelais, l’autore di Gargantua e Pantagruel che oltretutto, disdetta, era pure un frate!" 
 #FrancaValeri #caricatura #inchiostro #MarilenaNardi #NardiCartoon


Ogni dea ha il suo attributo. Quello di Franca Maria Norsa, nata a Milano il 31 luglio 1920, divenuta Valeri in omaggio a Paul Valéry – Signorina snob, beccati questa –, è la cornetta. Il telefonone di una volta – teatro puro, non multisala come i telefonini di oggi –, lo scettro casalingo a cui il divanetto dello psicoanalista faceva un baffo. Chiunque ci fosse all’altro capo del filo, rendeva più splendida la nostra solitudine. A parlare possono essere la Signorina snob o la sora Cecioni, con o senza bigodini in testa, ma dietro le maschere ci sono sempre lei e il suo inseparabile stile, il caschetto inventato da Vergottini negli anni Sessanta, gli abiti di Roberto Capucci, l’ironia scolpita già nei lineamenti, la maschera tagliente, l’occhialino lungo e stretto, il sorriso sottile come una lama, l’umorismo perenne ma selettivo, mai del tutto dichiarato. È una questione di principio. Bisogna essere all’altezza, e mai come di questi tempi cupi, ottusi e risentiti vale la pena di prendere ripetizioni dalla Franca. L’eleganza è un dono, lo stile un dovere. Se ce l’hai, non te lo puoi togliere.
Il filo del telefono comincia a srotolarsi alla soglia degli anni Cinquanta, quando teatro, cabaret, musica, letteratura e giornalismo sono camere comunicanti, quando la figlia dell’ingegner Norsa, buona borghesia milanese che pure ha dovuto vedersela con le leggi razziali, viene bocciata all’esame di ammissione dell’Accademia d’arte drammatica. L’ingegnere spera che la figlia se ne faccia una ragione, il palcoscenico non è il suo destino, “e invece fu una fortuna”, racconterà lei, “perché conobbi Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci, con cui fondammo il Teatro dei Gobbi”.

Non solo. Siccome Caprioli e Bonucci volevano andare in scena a Parigi senza compagnia femminile, chissà poi perché, presentarono Franca a un dirigente della radio Rai. “È brava, inventa personaggi meravigliosi scritti da lei, ma è impegnatissima, richiestissima, non vi dirà mai di sì”. Il dirigente abbocca, la scrittura e la Signorina snob nasce così, in presa diretta dai salotti milanesi: “Ho detto alla mamma che quando muore deve farsi seppellire a Cortina, così i ragazzi vengono a vederla volentieri”.



Muore Franca Valeri

#9agosto #francavaleri #albertosordi #dinorisi #ilvedovo #cinema #cretinetti #valeri #addiofranca #fumettiitaliani #vignetta #fumetto #umorismo #satira #humor #natangelo



Addio, piccola gigantesca donna
#FrancaValeri
Antonio Cabras



Buon viaggio Franca Valeri 😌
Pierpaolo Perazzolli



OMAGGIO A FRANCA VALERI
Mario Bochicchio



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venerdì 31 luglio 2020

Compie 100 anni Franca Valeri

Auguri per i primi 100 anni
© GIO / Mariagrazia Quaranta



Nasce a Milano Franca Norsa, in arte Franca Valeri, in omaggio al poeta francese Paul Valéry. Attrice, sceneggiatrice, autrice e regista, è negli anni Cinquanta, dai microfoni della radio, “la signorina snob”. Caustica osservatrice del mondo, regala al pubblico una variegata galleria di ritratti di donne contemporanee. Dalla Cesira, manicure milanese vagamente razzista e permalosa, condannata a perenni fallimenti sentimentali, alla Sora Cecioni, romana sempre al telefono con mammà.


TANTISSIMI AUGURI FRANCA! 💝💖💛💙



Non è bella ma...
Marianna Balducci


31/7/1920: di Franca Valeri ne nasce una ogni 99 anni.
Piero Tonin



Tanti auguri a Franca Valeri, pseudonimo di Franca Maria Norsa, attrice e sceneggiatrice italiana, di teatro e di cinema, nota per la sua lunga carriera di interprete caratterista in campo sia cinematografico sia teatrale. Grande appassionata di opera lirica, si è dedicata spesso alla regia operistica.
Oggi compie 100 anni, è nata a Milano il 31 luglio 1920.
Carrera Arcangelo


Auguri a Franca Valeri !
Pierpaolo Perazzolli


©Riccardo Mannelli





Franca Valeri: "Nel ricordo la mente si rigenera e ci dimostra che siamo vivi"
Attrice, sceneggiatrice e scrittrice, ha firmato anche la regia di alcune opere liriche: "La nostalgia è una sorella che a una vecchia cocciuta come me fa da badante. Adesso mi piace molto ricordare. Sto lavorando a un nuovo libro. Vorrei intitolarlo 'Il secolo della noia'. Ogni tanto mi chiedo se risorgeremo da tutto questo tedio. Non ho una risposta, ma ci sto seriamente pensando"

I gatti sono stati la sua vita. Come lo furono Vittorio Caprioli e Maurizio Rinaldi. Ma non sarebbe giusto tralasciare la cosa più importante che Franca Valeri ha avuto in sorte: il teatro. Potrà sembrarvi una frase enfatica. Ma cosa c'è di enfatico in un amore dichiarato con intelligenza e sommessa ironia? Riproposto ora in un piccolo libro per Einaudi - La stanza dei gatti - dove il teatro è rappresentato come un vecchio signore, magari un po' stanco ma al tempo stesso intramontabile. Guardo questa donna ormai fragile, percepisco la fatica che accompagna le parole e i pensieri lucidi strappati a una infermità che indossa con tranquillità; penso alle luci del palcoscenico che hanno illuminato la sua lunga vita. La piccola casa in cui vive è accogliente: i gatti sono nella loro stanza; il cane Aroldo - un nome, dice, di ascendenze verdiane - ronfa tranquillamente sul divano: " è un Cavalier King Charles, sa quei cani immancabili nei quadri di corte? Ne ho cinque, gli altri quattro a Trevignano in campagna, e poi ci sono cani di altre razze, li salvo e li accudisco. Fanno parte della mia vita che è stata lunga e, devo riconoscere, fortunata".

Quanto fortunata?
"Parecchio, sospetto. Lo sono stata per tutte quelle occasioni che si sono presentate senza che le determinassi. Poi, oltre alla fortuna, c'è il talento senza il quale in un mestiere come il mio non si va da nessuna parte".

Il talento ha una definizione?
" Possiamo sostituirlo con bravura, creatività, istinto e, nei casi più rari, genialità. Ma alla fine è una condizione inconoscibile. Come la grazia che si va a posare dove vuole".

E lei come ha scoperto di averlo?
"Non l'ho scoperto, nel senso che non è una condizione a parte o che si aggiunge alla psiche. Recitando avvertivo l'estrema naturalezza con cui la voce accompagnava il corpo e la gestualità di quest'ultimo. Sentire tutto questo equivale all'ascolto del suono delle campane la domenica mattina".

Come fosse un richiamo religioso?
"Più che religioso parlerei di sacro. Sono convinta che l'origine del teatro si collochi in quell'indefinibile momento. Senza sacralità non si capirebbero i riti che vestono il teatro e la crudeltà che lo segna. Non era Antonin Artaud che parlava di teatro della crudeltà?".

È a quello che si riferisce?
"Intendo crudeltà non come sadismo ma necessità: se sei posseduto da quel demone non puoi fare altro che sottometterti alla sua forza. Sono convinta che il teatro sia il modo più importante che sia stato offerto a chi crede di avere qualcosa da dire".

Più importante della letteratura?
"Altrettanto importante, ma certamente collocabile prima della letteratura".

Lei recita ancora?
"Non più. Sono caduta, qui in casa, il 21 ottobre dello scorso anno. Rottura di cinque costole e una riabilitazione lenta e parziale. Devo stare ferma. Non mi lamento. Se c'è una cosa che mi dà enormemente fastidio è il piagnisteo dei vecchi. Lasciamo le lacrime ai giovani. Loro hanno diritto di piangere con quello che gli sta capitando. Noi no".

Non trova che ci sia un eccesso di retorica sui giovani?
"Forse, ma dopotutto se non hanno un futuro, la domanda è: chi glielo ha rubato? Mi piacciono i giovani, mi circondo delle loro  attenzioni. Racconto loro cose che non sanno, che neppure immaginano siano mai esistite. Mi sento una specie di portabandiera del passato".

Com'era da giovane?
"Spiritosa. Ma lo ero anche da bambina. Già allora pensavo di voler recitare. Cioè, volevo rendere il mio pensiero qualcosa di esprimibile agli altri. Non ho mai avuto dubbi su questa vocazione. Ma è stato difficile darle una voce e un corpo".

Perché?
" Sono nata alla fine della Prima guerra mondiale. Esattamente nel 1920. Poi arrivò il fascismo che scambiò la vita delle persone per un teatro permanente e mediocre. Dovetti attendere il dopoguerra. E fu davvero un bel periodo: un'epoca certo dura ma felice".

I suoi come reagirono a quella voglia di fare teatro?
"Mio padre reagì male. Oltretutto, aggiunse con una certa ironia, non c'erano precedenti in famiglia. Gli feci notare che non era del tutto vero: una lontana cugina, Fanny Norsa, che era vissuta in Inghilterra, aveva calcato il palcoscenico come ballerina. La verità è che a mio padre sembrava impossibile che io avessi le qualità per recitare. Poi ebbe modo di ricredersi".

Quando?
"Una sera venne a teatro a sentirmi. Notò che la gente mi seguiva divertendosi e applaudendo. Il giorno dopo mi disse che aveva riposto molte ambizioni su di me e che dopo avermi visto attrice aveva avuto la certezza che non sarei fallita".

Cosa faceva suo padre?
"Era ingegnere, fu un importante dirigente della Breda. Allontanato dal posto di lavoro per ragioni razziali".

Foste perseguitati?
"Ce la siamo sempre cavata. Alcuni amici fidati aiutarono mio padre, mia madre, mio fratello e me a riparare in Svizzera. Anche in quell'occasione fui fortunata, mi venne risparmiato il dolore atroce delle tante famiglie ebree disperse, distrutte e annientate. Finita la guerra tornammo in Italia".

Cominciò allora la sua carriera?
"Avevo recitato, ma niente di impegnativo. Divenni amica di Vittorio Caprioli che aveva già maturato qualche esperienza teatrale. Era simpatico, brillante, fantasioso. Ci dicemmo che era venuto il momento di trovarci un lavoro e passammo in rassegna gli attori che avrebbero potuto aiutarci. La scelta cadde su Sergio Tofano".

Quello del "Signor Bonaventura"?
"Aveva creato una maschera che divenne popolarissima sul Corriere dei piccoli. Alla fine, dopo parecchi assalti, Vittorio lo convinse a fare compagnia con noi e uno dei primi spettacoli che allestimmo fu proprio Bonaventura. Ricordo che uno dei ruoli che interpretai fu il cane bassotto, il che vista la mia passione per gli animali mi sembrò gravido di conseguenze".

Con Caprioli vi sposaste.
"Il nostro matrimonio durò un po' meno di quindici anni e poi ci siamo separati, andando ciascuno per la propria strada. Lui con le sue storie io con le mie. Senza rancori né complicazioni. Anche perché trovai un nuovo compagno, Maurizio Rinaldi, un musicista che seppe appagare l'altra mia grande passione: l'opera".

Erano molto diversi?
"Direi di sì, ma erano uguali in fatto di tradimenti. Specialisti in adulterio".

Ne ha sofferto?
" Non più di tanto, la gelosia passava rapidamente e poi cosa vuole gli uomini sono dannatamente esibizionisti".

Non ritiene che Caprioli sia stato un grande attore ma sottovalutato?
"Più che sottovalutato incompreso. Aveva una istintiva profondità nell'interpretare certi personaggi, rara in quel mondo. Oltretutto è stato un bravissimo regista di cinema. Ci sono almeno tre suoi film che reputo bellissimi".

Mi viene in mente "Splendori e miserie di Madame Royale".
" Magnifico, una storia di travestitismo tra il grottesco e il dolente senza eguali. Con un Ugo Tognazzi insuperabile nella parte di Madame Royale. Dati i tempi non era semplice affrontare le problematiche di quel mondo".

Era la prima volta credo che in Italia si rappresentavano delle drag queen.
"Il film uscì nel 1970, oltre che regista Vittorio era anche uno degli interpreti di questa stravagante comunità omosessuale: si era dato il nome piuttosto pittoresco di " Bambola di Pechino". Ma il suo film, cult anche per i più giovani, è Parigi o cara dove io interpretavo il ruolo di una svagata prostituta sui cui tratti avrei ricamato il personaggio della Sora Cecioni".

La mitica Cecioni che esordiva al telefono con " Pronto mammà".
" Già, il personaggio fu ispirato da una mia donna di servizio, oggi guai se le chiami così, Renata. Una bella cinquantenne, vedova, prosperosa, con ossigenatura e permanente fatta in casa. Fu lei il mio modello. Ancora oggi la penso con affetto e gratitudine. Ma so che quel mondo non esiste più".

Come definirebbe la comicità?
"Certamente è un istinto. Poi c'è la gioia di divertire il pubblico con qualcosa di tuo. C'è gente che incontro o che mi scrive per ringraziarmi di quel poco o tanto che le ho donato".

Lei ha lavorato tantissimo con Alberto Sordi. Cosa conserva di quel rapporto?
" Se non ricordo male, credo di aver fatto sette film con lui. Mai uno screzio, una insofferenza, una caduta di stile. Certamente fu un comico di straordinario talento. L'ho amato molto meno quando si mise in testa di fare la regia dei propri film. Aveva un tale potere sul pubblico che tutto gli era permesso e perdonato. Ma ho lavorato anche con Totò: davvero unico. La sua comicità si fondeva con i tempi della tradizione del teatro napoletano. In privato era molto diverso, come afflitto da una seriosa malinconia. E poi c'è De Sica che per me è stato un idolo. Oltre che recitare sapeva far recitare e questo non è da tutti".

Ha lavorato anche con Eduardo De Filippo?
" Presi parte a Questi fantasmi, ma a me piaceva soprattutto Peppino ".

Ha mai capito perché litigarono?
" Rivalità, incomprensione, stanchezza. Chi lo sa. Il nostro è un mestiere che può molto innervosire. Comunque, senza togliere l'aura ai due fratelli, ritengo che la più straordinaria dei tre fosse Titina. E loro lo sapevano".

Le accade di rivedere i suoi vecchi film?
"Non ho molto piacere a rivederli. Poi, se qualcuno insiste, capita che torni sui luoghi del delitto e finisce che mi ci appassiono. Siamo deboli, umani e un po' vanitosi, no?".

Prima si accennava alla gelosia che è un tratto ricorrente tra coloro che recitano in teatro.
"Sono sempre stata immune da questo sentimento. Anzi, ho cercato spesso di voler bene e farmi voler bene. Noto, con soddisfazione, che invecchiando il mio giudizio conta per le altre, per quelle attrici che sono agli inizi o nel pieno della loro attività".

Si sente vecchia?
"Lo sono, è un fatto. Le leggi della natura comprendono la decadenza. Ma il punto è come frani. O, se vuole, come si protegge la propria dignità di donna e di artista".

In questo nuovo libro si definisce una "donna sola".
"Ho avuto una carriera quasi sempre solitaria, fatta più di monologhi che di incontri. Quanto al privato, la mia vita mi ha riservato il destino di essere lasciata sola. Soprattutto affettivamente. Quando perdi i genitori, gli uomini che hai amato, gli amici che non ci sono più, la solitudine diventa una condizione imprescindibile. Però non ho mai avuto la sensazione di essere abbandonata".

Vuole dire che non le pesa?
" So che esistono persone per le quali la solitudine è come una mazzata sulla fronte. Non fanno che lamentarsene. Io posso stare sola sia perché non ho perso il senso dell'amicizia, sia perché continuo a scrivere. Mi duole soltanto non poter più leggere".

C'è un libro che è stato fondamentale per la sua crescita?
"Ce ne sono diversi. Ma per forza di cose il libro della mia vita è stato la Recherche. Lo lessi tutto durante la guerra, diciamo nel mio esilio dorato in Svizzera. Mi entusiasmò, per la lingua francese che esprimeva e per quel senso straordinario che Marcel Proust attribuì al tempo del ricordo".

Cosa intende dire?
" Quella lettura tra le tante cose mi ha anche insegnato il valore del tempo. Mi ha educato a ricordare. Molte cose della nostra vita ci sfuggono e a volte le ritroviamo improvvisamente. Ma dobbiamo essere pronti a carpirle. Mi piace molto in questa fase della mia vita ricordare. A volte quando non prendo sonno, o mi sveglio improvvisamente, comincio delle lunghe "passeggiate" notturne".

È come liberare la propria mente.
"La mente si rigenera nel ricordo e ci dimostra che siamo ancora vivi".

Lo dice con una punta di nostalgia.
"È una sorella che a una vecchia cocciuta come me fa da badante. Però non bisogna cercare la pietà che è quasi sempre falsa o inutile ".

Accennava allo scrivere.
"Sto lavorando a un nuovo libro. Vorrei intitolarlo: Il secolo della noia ".

Quale secolo?
"Quello in cui siamo entrati. Aspettavamo il Duemila con la speranza che avremmo visto realizzate cose straordinarie. E tutto lo straordinario che c'è stato vomitato addosso è solo qualcosa di ripugnante. Ci resta questa noia. Noia per il progresso ostinato, per le banalità televisive, per le cattive notizie, per i ciarlatani della politica che hanno scambiato il Parlamento per un teatro, ma non sanno nulla del vero teatro. Ogni tanto mi chiedo: risorgeremo da tutto questo tedio? Non ho una risposta, ma ci sto seriamente pensando".


Il Diario della Signorina Snob
di Franca Valeri

lunedì 18 maggio 2020

L'omaggio dei disegnatori italiani a Ezio Bosso


La prematura e improvvisa scomparsa di Ezio Bosso ha rattristato e commosso chiunque lo conoscesse. Era una persona, unica, speciale e meravigliosa e non posso che aggiungere al dolore profondo di tutti, anche il mio, che stavolta sfiora anche la mia vita professionale.
Mi ha infatti ricordato un suo grande sogno, che voleva realizzare e che mi riguardava in prima persona.
Anni fa ebbi infatti l’onore e l’opportunità di conoscerlo a Torino, e l’incontro nacque proprio da una sua specifica richiesta, perché voleva raccontarmi personalmente un suo grande desiderio : girare l’Italia dirigendo un’orchestra che suonasse in diretta la colonna sonora di “Allegro non troppo”, proiettato contemporaneamente sugli schermi dei teatri.
Amava moltissimo quel film e accarezzava da tempo quest’ambiziosa idea che lo stimolava e appassionava.
Mantenere i sincroni del film in diretta, con un’orchestra dal vivo, era un’impresa difficilissima, e glielo dissi, ma mi assicurò che per lui sarebbe stato possibile.
E naturalmente non avevo dubbi e l'idea non poteva che entusiasmarmi, conoscendo chi me la proponeva…
Con la sua scomparsa, oltre ad una magnifica e grande persona, muore così anche questo fantastico sogno, destinato a restare nel mondo della fantasia, ma che rappresentava perfettamente il suo coraggio e il desiderio di sfide sempre nuove e stimolanti.
E si è spenta anche una fiammella dentro di me.
Bruno Bozzetto


Mi è stato chiesto se potevo disegnare qualcosa sulla scomparsa di Ezio Bosso, musicista e pianista torinese che soffriva da alcuni anni di una malattia neurodegenerativa.
Ho aperto in photoshop un documento quadrato bianco e ho iniziato a disegnare a mente libera. Questo è quello che ne è uscito. Spero sia adeguato.
#EzioBosso #musica #Torino
Stefano Tartarotti





Ezio Bosso è LA risposta! #eziobosso #watercolor #drawing #cartoon #vignette
Luc Garcon


A Ezio Bosso. Ars est celare artem, l’arte consiste nel celare l’arte. Come in un disegno il segno si nasconde in altri segni, nella musica accade lo stesso, il gioco a nascondino accresce il mistero nel far convivere solennità e sberleffo, dolore e scherzo. Dolore traslato in consolazione. In un tempo in cui l’arte non è rappresentata, essa vibra più potente di prima. Te ne sei andato amplificando questo sentire, con una forza che trasforma il fatale destino in rinascita. Non potevo non omaggiarti di un piccolo e personale ringraziamento, che mi viene dal midollo, laddove neanche il cuore basta più ad accogliere la più profonda, insondata e potente verità, la meraviglia che si fa vita.
Beppe Mora



Ezio Bosso" - Omaggio al grande compositore, pianista e direttore d'orchestra che ha commosso e incantato il mondo, morto a Bologna il 15 Maggio scorso ....Addio al Maestro..di musica e di vita
Marco D'Agostino



Dedico ad Ezio Bosso una mia vecchia vignetta sulla musica. E' una melodia che avrebbe potuto dirigere o suonare lui stesso.
Marco De Angelis

Umberto Rigotti



Alagon /Cabras


Grazie, Ezio.
#eziobosso
https://gianloingrami.blogspot.com/2020/05/grazie-ezio.html



#EzioBosso
Oggi su la Repubblica
Mauro Biani


Lele Corvi


Il maestro che faceva volare le note
Antonio Gallo



CIAO EZIO!
Grazie per la Musica che ci hai regalato!
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Fonte QUA:
https://www.lastampa.it/spettacoli/musica/2020/05/15/news/e-morto-ezio-bosso-il-pianista-che-sapeva-commuovere-1.38846979
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AfNews QUA:
http://www.afnews.info/wordpress/2020/05/15/ciao-ezio/
Moise


Ricordatevi che la musica, come la vita, si può fare in un modo solo: insieme". Ezio Bosso
Paride Puglia

Omaggio a Ezio Bosso
Paride Puglia


Così ricordavo il Maestro Ezio Bosso nel 2016.... mi piaceva molto come artista e come persona. La sua scomparsa fa ancora più triste questa giornata piovosa
Perazzolli
Buon viaggio maestro
Perazzolli





L'intervista di Diego Bianchi a Ezio Bosso (10/04/2020)
15 maggio 2020 muore a 48 anni Ezio Bosso, vi riproponiamo una delle sue ultime apparizioni televisive qui a Propaganda Live il 10 aprile




GRAZIE EZIO!

domenica 18 agosto 2019

Felice Gimondi (1942 - 2019)

Grazie Felice Gimondi!

Gimondi
Mauro Biani


Felice Gimondi, in vacanza insieme alla famiglia, era ospite di una struttura alberghiera di Giardini Naxos, la località turistica del messinese nei pressi di Taormina. Quando si è sentito male stava facendo il bagno. Nello specchio d'acqua è intervenuta anche una motovedetta della Guardia Costiera, ma tutti i tentativi di rianimarlo da parte dei medici sono stati inutili. L'ex campione italiano di ciclismo, che era sofferente di cuore, secondo i soccorritori sarebbe morto per un infarto. Professionista dal 1965 al 1979, Felice Gimondi è stato uno dei sette corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri, cioè Giro d'Italia (per tre volte, nel 1967, 1969 e 1976), Tour de France (nel 1965) e Vuelta a Espana (nel 1968).

Cassani, è stato unico idolo nella mia vita "Ho avuto un solo idolo nella mia vita: Felice Gimondi. Ogni volta che lo vedevo era un'emozione perché quando ti innamori di un campione è per tutta la vita. Sei stato un grande Felice". Così il ct della Nazionale di ciclismo, Davide Cassani, ricorda su Twitter il campione scomparso a Giardini Naxos



Apprendo adesso la notizia della morte di Felice Gimondi, proprio 2 mesi fa lo avevo conosciuto a Marciano della Chiana per la Ciclostorica, in quell'occasione gli regalai un mio disegno in cui lo ritraevo insieme al suo storico rivale Eddie Merckx e De Zan sullo sfondo, ne rimase molto contento, dimostrò sinceramente di aver apprezzato il mio dono.
Paolo Lombardi




a modo mio per ricordare un grande
Pier Paolo Perazzolli


Felice Gimondi, pencil sketch.
Jan Op De Beeck



Paride Puglia


SULLA STRADA oppure se volete ON THE ROAD
 A poche ore di distanza sono venuti a mancare Peter Fonda e Felice Gimondi due grandi interpreti dei mitici  (per chi era giovane come me) anni  '60 e '70.
Mi piace ricordarli adesso "Knockin' on Heaven's door"
Uber

....con questa illustrazione di Gerard Hoffnung...vogliamo fare nostro umile omaggio alla scomparsa poche ore fa del grande ciclista italiano vincitore del Giro d'Italia...del Tour..dei Mondiale...Felice Gimondi....
Julio Lubektin



Gimondi giugno 2019 Marciano della Chiana per la Ciclostorica



Se ne va una parte della mia infanzia, un ragazzo che mi ha fatto sognare, una persona dolce e meravigliosa, un simbolo, un grande uomo.
Un abbraccio a Tiziana.
Enrico Ruggeri 'Gimondi e Il cannibale' - VIDEO https://youtu.be/bTTwYqjxjF0 via @YouTube