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martedì 25 settembre 2018

Vincino



Vincino, pseudonimo di Vincenzo Gallo (Palermo, 30 maggio 1946 – Roma, 21 agosto 2018[1), è stato un vignettista e giornalista italiano.

E' già passato un mese, ma rimane sempre nei ricordi...

Vincino in una scatola di matite, alla sua ultima festa
Abbiamo accompagnato Vincino nel Tempietto egizio del Verano per salutarlo tra i ricordi, i sorrisi e le lacrime




l'ultimo disegno : comunque sarò il prossimo James Bond... (di sicuro...)
©Vincino


Ciao Vincino amico mio!
© Vauro



Ciao Vincino, ora scherza pure coi santi
Luca Sommi

Allampanato, dinoccolato, un elegantissimo, letterato hippie che ti guardava storto da quelle lenti fondo di bottiglia – montate su Persol da sole, modello Steve McQueen – tanto da far diventare gli occhi minuscoli, ma non lo sguardo. Quello era lungo, lunghissimo, anarchico e indipendente, da artista, quale lui era. Vincino, al secolo Vincenzo Gallo, era molto più di un vignettista, di un disegnatore satirico, era un fine antropologo, uno che smascherava i vizi dei potenti (ma anche dei deboli) facendone sintesi in tre schizzi storti, irresistibili e irriverenti. Ieri se ne è andato, dopo una brutta bestia di malattia, a 72 anni, e dopo una carriera meravigliosa, mai al servizio di nessuno. Anzi, a volte sembrava, per vezzo, godere nel disegnare su giornali apparentemente a lui lontani – ergo conservatori, ordinari, filo-tutto purché quel tutto fosse potente. Ma in realtà tutto e tutti erano distanti da lui, che era vasto, contraddittorio e geniale, un artista senza confini né recinti, se non quelli della sua lucida e stralunata fantasia.

Vincino amava i vizi, di forma e di sostanza, i suoi disegni tremolanti non facevano né troppo ridere né troppo riflettere – queste sono cose comuni: le sue istantanee erano un pugno nello stomaco, spesso un anagramma, un’anamorfosi della vignetta. Tracimavano di cultura, erano allucinogene, piccoli trattati colorati che prendevano il senso comune di lato, mai frontalmente. A volte erano incomprensibili – a volte addirittura la didascalia lo era – però arrivavano al centro di dove dovevano arrivare, cuore o cervello che fosse. D’altronde l’arte mica deve illustrare, bensì mostrare ciò che è invisibile agli occhi, e lui in questo era ineffabile.

Nato a Palermo, ma uomo di mondo, si laurea in architettura ma non fa l’architetto, figuriamoci, lui che, come detto, aveva un’idiosincrasia genetica per le righe diritte – il rapporto pavimento-parete deve sempre essere di 90 gradi, ammoniva Le Corbusier: appunto, non roba per uno che volava tra sghiribizzi e lazzi come un uccello fluorescente e indomabile. Nel ’68 è vicino ai movimenti studenteschi e operai, poi arriva Lotta Continua e l’inserto satirico “L’avventurista”. È il primo di una lunga sfilza: “Il clandestino” con L’Espresso, “Tango” con l’Unità, “Boxer” sul Manifesto, poi “Cuore” e tanti altri – ha diretto “Ottovolante”, quotidiano di satira che durò poco più di una settimana, geniale, insieme ad altri giganti come Roland Topor, Andrea Pazienza o Guido Buzzelli – fino alle lunghe collaborazioni con Corriere della Sera prima e Il Foglio poi. Ma il suo capolavoro assoluto fu “Il Male”, fatto, tra gli altri, con il suo inseparabile sodale, fratello di matita, Vauro Senesi. Quella combriccola ne fece di cotte e di crude durante i cinque anni di vita del giornale: la più memorabile e riconoscibile fu la finta prima pagina di Repubblica che titolava “Arrestato Ugo Tognazzi. È il capo delle BR”. Roba impensabile oggi, da fustigazione pubblica. Nel 2011 sempre insieme a Vauro rimanda in edicola “Il Male”, durò poco ma fu bellissimo, basti pensare che la redazione la piazzarono nella sede storica della Democrazia Cristiana in piazza del Gesù – roba da far rivoltare nella bara più di un notabile.

Michele Santoro, uno che di televisione capisce davvero, lo aveva mandato in video, insieme a Vauro, come inviato nell’ultima edizione di “Servizio Pubblico”. Risultato? Due meravigliosi Totò e Peppino surrealisti e d’avanguardia, in moto-sidecar, sfreccianti a raccontare con taglio “cinico e baro” il costume degli italiani di oggi e di domani: capolavoro.

Vincino in gioventù provò anche l’ebbrezza del carcere “esperienza bellissima, che consiglio a tutti”, poi il pornofotoromanzo con Cicciolina fino alle incursioni ai comizi di Craxi, camuffato da Craxi. Il situazionismo era per lui una regola, l’irriverenza il suo dogma. La sua vasta cultura non era mai citazione, mai parafrasi, ma sempre sostanza metabolizzata e poi rivomitata a modo suo, coi suoi disegni, con le sue aspirazioni e i suoi progetti sghembi ma fantastici. Era un illuminista e un surrealista insieme, amava i libri e l’uso fiero della ragione, ma per poi distorcerli, piegarli con un segno eretico. In lui c’era Voltaire e c’era Bunuel, frullati insieme, un ibrido un po’ sornione e unico nel suo genere. Un Candide a spasso per la sua personalissima e moderna Westfalia a sfregiare i vari Pangloss di turno. Però Vincino era più sornione, zero moralista, molto esistenzialista, quasi disincantato e non amava né i santoni né i santini, di qualunque colore fossero. Si arrampicava sugli specchi come nessuno, dissimulava l’evidenza come tutti e sognava di sfondare porte aperte – provaci tu, se sei capace, a sfondare una porta aperta! diceva Carmelo Bene. Perché solo i veri artisti possono ambire a tanto, e non tutti hanno lo spirito per capire certe cose, solo le persone belle. Come Diderot, su quella panchina del Palais Royal, che intima al nipote di Rameau che “uno sciocco sarà più facilmente incline alla malvagità che un uomo di spirito”. Ciao Vincio, lassù non esagerare.




così vincino, così lontano (cit.)
© Mauro Biani

Un situazionista della satira col pennarello sempre in tasca
Vincino. Addio al disegnatore che nelle sue vignette ha raccontato con ironia l’Italia sin dai tempi del «Male»
Mauro Biani
Non ero pronto al coccodrillo per Vincino. Un pazzo immortale. Il pennarello nel taschino della camicia, sempre. I disegni espressività. «Qui c’è un fax?». Pure quando lo avevo invitato a un ennesimo incontro sulla satira (uff) ma era solo il 2011, un’eternità fa. È il destino di chi fa (almeno) una vignetta al giorno: ansia giornaliera da tematica (milioni per chi non è allineante) e ricerca di un fax (lui), gli altri di una connessione. Era connesso e sconnesso. Ok.
Che poi alla fine fu un bell’incontro. Una tavolata di esordienti, più o meno. Flaviano (ora fumettista di punta della Marvel), io, Vincino, Antonella Marrone (giornalista di «Liberazione»), Gianpiero Caldarella (Pizzino ed Emme), Makkox, Giuliano Cangiano, grande illustratore.

La discussione, organizzata da «Mamma!» la rivista inventata da Carlo Gubitosa e da me che come sottotitolo aveva: «Se ci leggi è giornalismo, se ci quereli è satira». Un tentativo sperimentale di libertà totale di satira e giornalismo grafico, in un momento storico in cui inserti e riviste di satira non esistevano praticamente più.
E Vincino ne sapeva più di tutti, dal «Male», per me forse l’unica vera pubblicazione satirica insieme al diversissimo (come diversa era la società degli anni ’90) successivo «Cuore», al siciliano «Pizzino», di venticinque anni dopo.

I vignettisti, e anche lui, sono solitari, gelosi dei propri luoghi di pubblicazione, individualisti. Ma Vincenzo amava anche il gruppo, la pubblicazione indipendente, pure se poi indipendente lo era comunque su qualsivoglia pezzo di carta o di web lo ospitasse.
E quindi si discettava: dove va la satira? E dove andava, e che satira (?). Le satire vanno poi dove vogliono, ed è talmente inutile cercare recinti di «purezza (boh) satirica». Fa quello che vuole e Vincino pure. Unico problema spesso è farsi pagare (ora di più) e su questo ci ha anche insegnato a non svendere (troppo) «l’arte». Poi, se gli chiedevo una vignetta (come è capitato per «il manifesto») la dava anche gratis, comunicandomi comunque l’iban, che non si sa mai.

E, infatti, partecipò anche a «Mamma!» gratis, ché l’unica cosa che poteva fare anche per sostenere chi ci provava, senza editori, senza padroni.
I suoi disegni erano brutti come è brutto Chagall. Lui riderebbe chiedendo se ho fumato. Ma i suoi espressivi omini e donnine e politici, spiegavano svolazzanti, e qua e là, già tutto, anche senza quelle decine di parole che facevano spesso somigliare un suo lavoro a un minifumetto piuttosto che a una vignetta.

Concordo con quello che mi ha scritto a caldo il mio compare su «Mamma!» Carlo Gubitosa: «L’eredità culturale che ci lascia Vincino non è solo quella del vignettista. Lo ricordo con affetto come giornalista politico (il primo a entrare a palazzo con la matita e non con la penna), come sincero e appassionato militante radicale, come situazionista irriducibile fino all’ultimo, quando ha messo lo storico busto in marmo di Andreotti realizzato dal ’Male’ in quella Piazza del Gesù che un tempo era della Dc e poi è stata espugnata dalla redazione del ’Male’ di Vauro e Vincino per una bella stagione di satira, e lo ricordo con affetto come artista, fantasista, ragazzino che guardava la politica divertito senza mai smettere di farle pernacchie ai vestiti finti degli imperatori».

E a proposito di vignette sui quotidiani, una volta mi scrisse una cosuccia impegnativa e gradassa (oltre a individualisti siamo piuttosto gradassi, forse per farci forza e coprire i santi dubbi che ci pigliano prima di realizzare un lavoro che sembra definitivo): «Io credo che l’unico spazio di verità dentro un giornale sia il quadratino della vignetta, cioè su trenta, cinquanta pagine l’unico spazio di verità sia il piccolo quadratino e sia responsabilità nostra quindi ogni volta pensare con la nostra testa e le nostre matite».
E adesso Vincino dove vai? Non era questo a cui si pensava quando dicevamo: «Non c’è ricambio nemmeno nella satira».




46° Premio Satira Politica di Forte dei Marmi: premiazione di Vincino per il libro autobiografico "Mi chiamavano Togliatti....", 7 luglio 2018




© Riccardo Mannelli


Addio al vignettista Vincino, l'omaggio di Ellekappa



Difficile per me spiegare a parole, o anche a disegni, chi fosse per me #Vincino. "Noi abbiamo un compito, raccontare il mondo a disegni", diceva sempre. Era un amico, ha creduto in me, mai bollito, uno dei pochi fuoriclasse della satira in Italia. Ciao maestro.
Dario Campagna


© Altan, Ellekappa, Sergio Staino


© Makkox



Un ricordo di Vincino (Sottovoce)
È morto Vincino, nelle sue vignette mezzo secolo di storia d'Italia


Tutto Vincino - Il Foglio

venerdì 14 luglio 2017

Liu Xiaobo (28/12/1955 - 13/7/2017)



Da Il Corriere della Sera
Cina, morto Liu Xiaobo: il dissidente eroe di Tienanmen e Nobel per la pace nel 2010
L’attivista era malato da tempo di cancro al fegato. Aveva 61 anni. Nel 2009 era stato condannato a undici anni di carcere con l'accusa di «incitamento alla sovversione». Intanto Stati Uniti e Unione Europea Rex chiedono a Pechino di liberare dagli arresti domiciliari la vedova


Liu Xiaobo
[Words and silence]
tribute to Liu Xiaobo (28/12/1955 - 13/7/2017)
14 Jul 2017 Marilena Nardi


Nobel per l'amore
di Massimo Gramellini
Ci sono amori così potenti che rimangono liberi anche dietro le sbarre. Il dissidente cinese Liu Xiaobo e la «poetessa governativa» Liu Xia, nomi simili da predestinati, si conobbero negli anni Ottanta. Entrambi sposati, lui con un carico ulteriore di amanti assortite. Ma dal sorriso di lei sgorgava luce pura. Il resto venne di conseguenza: piazza Tienanmen, gli arresti, i divorzi, il matrimonio in carcere. Anche quando lui tornò libero - si fa per dire - non restarono mai soli. La polizia ficcava il naso persino nelle lettere d’amore. Eppure quei due riuscivano a creare intimità anche dove non c’era. La notizia del Nobel per la pace sorprese Xiaobo di nuovo in prigione. Avrebbe voluto che a ritirarlo andasse lei, ma per impedirglielo il regime comunista la mise ai domiciliari. Da quel giorno il sorriso di Xia smarrì la luce. Ebbe un attacco di cuore e il marito, straziato, si ritrovò a lottare con un tumore al fegato.

Xiaobo aveva un ultimo desiderio: farsi mandare con Xia in un ospedale straniero, così alla sua morte lei sarebbe stata libera. Rifiutò di essere intubato pur di non compromettere le speranze del trasferimento. Invece ha chiuso gli occhi senza poterla rivedere, se non in sogno. Le ha lasciato scritto: «Se fossi ridotto in polvere, userei le mie ceneri per abbracciarti». Ci sono amori così potenti che rimangono vivi anche oltre la vita.




Liu Xiaobo    Paolo Lombardi
Now he is free
13 Jul 2017

Liu Xiaobo Lives!   Daniel Murphy
The man may have died, his ideals live on.
14 Jul 2017






"Liu Xiaobo"    Antonio Rodríguez
"We must believe in witnesses who are willing to die," said Pascal. Nobel laureate Liu Xiaobo, author, literary critic, thinker and Chinese dissident, has been one of them. On Thursday, Shenyang City Council, the city where he was admitted to a hospital, has announced the death of the dissident who claimed the highest and clearest democracy in China at age 61.
13 Jul 2017





Firuz Kutal
Recipient of the Nobel Prize, Liu Xiaobo, is dead. :'( This cartoon of mine was made for him when he could not come to receive the Award..
Nobel ödülü almıs ama hapiste oldugu için gelememis olan Liu Xiaobo ölmüs..





Dessin de Boligán (Mexique), paru dans El Universal

Véritable symbole de la lutte contre le régime chinois, le prix Nobel de la Paix 2010 Liu Xiaobo est décédé ce jeudi 13 juillet, à l’âge de 61 ans.

Cet écrivain et ancien professeur avait été de toutes les grandes luttes de ces dernières années : dès 1989, il s’engage auprès des étudiants lors du mouvement de la place Tiananmen. En 1996, il se positionne en faveur d’un rapprochement entre les gouvernements taïwanais et chinois, ce qui lui vaut 3 ans en camp de travail. Mais c’est surtout en 2008, après les Jeux Olympiques de Pékin, que Liu Xiaobo fait connaître sa lutte au monde entier, en lançant la Charte 08, véritable manifeste pour la démocratisation du pays. Le gouvernement chinois l’arrête juste avant la publication du document et le condamne à 9 ans de prison. C’est lors de son emprisonnement qu’il reçoit, en octobre 2010, le Prix Nobel de la Paix.



Liu Xiaobo’s Legacy    Tjeerd Royaards
Legacies are hard to kill.
14 Jul 2017



R.I.P Liu Xiaobo, Nobel Peace Prize - © Chappatte in The New York Times








China, died the Nobel Peace Prize and dissident Liu Xiaobo
Durando





https://it.wikipedia.org/wiki/Liu_Xiaobo

Per Liu Xiaobao una sedia vuota

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martedì 4 luglio 2017

Paolo Villaggio

Ciao Paolo
GIO

Addio, Paolo Villaggio. Sei stato una delle ultime grandi maschere della nostra commedia. Dietro la maschera ti ricordo gentile e disponibile. Mi stupì la tua intelligenza, la lucida costruzione del tuo personaggio, così come me la spiegasti. Avevo pensato che tu fossi un po' Fantozzi davvero, ma dopo due minuti avevo già ribaltato il mio giudizio così superficiale e me ne vergognavo (per fortuna non l'avevo espresso!). Sono trascorsi quarant'anni da quel giorno, e non ho mai avuto l'occasione per ringraziarti di quella chiacchierata, dei tuoi racconti, di una grande lezione. Lo faccio ora, in ritardo.
Luigi F. Bona


-

Makkox



Airaghi

Giannelli




Vauro




"FANTOZZI IN PARADISO"
Pillinini


Il funerale di Fantozzi
Pillinini

FANTOZZI IN PARADISO..:REBOOT...Il giorno dopo..
#fantozzi #paolovillaggio


Vanessi



Paolo Lombardi


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Mauro Biani


Buon viaggio
Tiziano Riverso
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Estratti dal libro “Come farsi una cultura mostruosa oggi” di Paolo Villaggio pubblicato da “La Verità”


COME FARSI UNA CULTURA MOSTRUOSA
Pubblichiamo l'introduzione e alcuni quiz tratti dal libro Come farsi una cultura mostruosa oggi, uscito nel 2014 per l'editore Cairo. Si tratta della nuova edizione di uno dei più celebri volumi pubblicati da Paolo Villaggio. L'originale uscì nel 1972: era una satira dei telequiz, probabilmente suggerita all' autore da Umberto Eco.

Questo libro dovrebbe essere usato e meditato da tutti coloro che vogliono farsi strada nella vita grazie al possesso di una solida e vasta cultura. Esso è un libro «vero» perché raccoglie il succo dell' esperienza di vita e delle conoscenze scientifiche di un tipico figlio del secolo scorso, un giovane che ha saputo diventare un altro grazie all' applicazione continua e diuturna su sudatissime carte.

Agli inizi della sua esistenza Paolo Villaggio viveva praticamente allo stato brado. Aduso frequentare, per necessità vitali, i corridoi di una grande industria, egli viveva coperto di grisaglie taglia 48 e si esprimeva soltanto con fonemi privi di senso comune. Più volte infatti fu catturato dai guardiani di prestigiosi giardini zoologici di oltreoceano e a stento poté esserne liberato in virtù dell' intervento di amici influenti, tra cui compassionevoli cardinali.

Ma un giorno il Villaggio vide con chiarezza quale sarebbe stata la sua strada, e decise di dedicarsi giorno e notte allo studio, in modo da farsi una cultura mostruosa. Oggi egli è capace di risolvere i telequiz più difficili ed è in grado di pronunciare parole come «automedonte», «liofilizzato», «ancestrale», «strutturalisticamente» e «boh!?».

villaggio fantozzi
VILLAGGIO FANTOZZI
Dotato di una generosità che talora lo terrorizza, il Villaggio in questo libro mette il suo sapere a disposizione del vasto pubblico. Applicandovi alla soluzione di questi quiz anche voi, per basso che sia il vostro Quoziente di Intelligenza, potrete farvi una cultura mostruosa, con la quale conquistare il successo mondano, la simpatia dei dotti, l' amore di donne meravigliose e un' invidiabile situazione economica.
paolo villaggio a sanremo
PAOLO VILLAGGIO A SANREMO

Paolo Villaggio propone in questo libro una serie di parole usate, sinora, soltanto dai compilatori di enciclopedie dell'Università di Tubinga, e suggerisce al lettore tre o più soluzioni per ciascuna voce. Toccherà all'astuto lettore di identificare la soluzione giusta, che l'Autore non indica - anzitutto per innata perfidia, in secondo luogo perché a chiunque sarà facile riconoscerla consultando direttamente a casa propria brevi e compendiosi manuali quali l'Enciclopedia Britannica, il Kindler Lexicon, il Dizionario della Crusca, le poche centinaia di volumi in quarto della Patrologia Latina dell'Abate Migne, e specialmente il Mundus Subterraneus e il Mysterium Aegyptiacum di Padre Athanasius Kircher, facilmente reperibili da qualsiasi buon antiquario di Amsterdam.

L'Editore è fiero di presentare questa nuova edizione dell'opera del Villaggio, un libro totalmente rivisto e aggiornato secondo il lessico universale di questi tempi con tante parole ma senza cultura. Un tomo su cui favorevolmente già si sono pronunciati il Fantozzi, il Fracchia e il noto enciclopedista e occultista tedesco Kranz.

È nota la frase detta dal Fracchia quando assistette alle prime esibizioni di quiz del Villaggio, all' Accademia Reale di Salamanca: «Me si intrecciano i diti!».

I QUIZ

ROMMEL
1. Aromatico liquore austriaco («Mi dia un doppio Rommel»)
2. Cosmetico femminile per gli occhi, da cui la frase comune: «Ho pianto e mi si è sciolto tutto il Rommel...»
3. Generale tedesco della Seconda guerra mondiale, celebre per avere interpretato in un film la parte di James Mason
4. Efficacissimo purgante da usarsi con moderazione.

PAMPHLET
1. Soffiato di formaggio alla francese, soffice e gustosissimo
2. Valletto di D' Artagnan («il fido Pamphlet»)
3. Nota spia di Richelieu nei romanzi di Dumas («l'infido Pamphlet»)
4. Libello violento e polemico, breve ma succoso
5. Eroe di cappa e spada immortalato dall' interpretazione di Gérard Philipe.

CONTUMACE
1. Re del Ponto, nemico di Pompeo
2. Dicesi di persona che presenta una vasta ecchimosi gonfia e purulenta
3. Dicesi di persona sottrattasi al giudizio, che si svolge in sua assenza
4. Ostinato, testardo
5. Espressione ingiuriosa in uso nel Palermitano in risposta a un invito o ingiunzione non gradita («Vieni domani!» - «Con tu mace!»).


martedì 25 aprile 2017

25 aprile 2017


Buon 25 aprile a tutti!

Buon 25 aprile, a tutti, anche a chi non ha capito cosa sia. È una festa, ma non si fanno regali. È una festa difficile perchè la libertà non te la regala nessuno. E l'antifascismo è il regalo più bello che possiamo farci, penso. Perchè antifascismo è pensare con la propria testa, senza prevaricare. E perchè c'è chi è morto, per questo, mica solo per la patria, o per un simbolo. In alto i calici.
Giacomo Rasta Bello

W il 25 aprile!
Silver



25 aprile: 1946 - 2017.... qualcosa è cambiato nel frattempo. Voi che dite?
Pietro Vanessi


Tiziano Riverso


Bella Ciao
Tiziano Riverso

#25aprile
Umberto Romaniello


Buona liberazione a tutti
Moise


Mike Comics


Perazzolli



#vignette #25aprile2017 #25aprile #FestaDellaLiberazione #liberazione #BellaCiao #nonvièfuturosenzamemoria #resistenza #antifascismo
Mario Airaghi



Vauro


il 25 aprile è un dono
Marco Gavagnin



25 aprile
CeciGian




Natangelo


Ciao
Magnasciutti


Makkox per Gazebo


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 Giacomo Ulivi – studente di Parma, antifascista e partigiano – scriveva queste parole in una lettera agli amici alla vigilia della propria fucilazione, a soli 19 anni. Il giovane ragazzo venne fucilato per aver compiuto una scelta, quella della vita partigiana. Con lucidità e consapevolezza – doti che faticheremmo, oggi, ad attribuire a un giovane di soli diciannove anni – esortava amici e parenti a rifare se stessi, a riflettere su ciò che è stato, ad essere consapevoli della responsabilità che ciascuno ebbe nei confronti della storia. “Dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa? Noi stessi – scriveva il giovane partigiano. Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo dei nostri mali. Per riconoscere quanto da parte nostra si è fatto, per giungere ove siamo giunti“.

Impossibile, per Giacomo Ulivi, condurre una vita da scoraggiati. Il futuro, esortava, è nelle nostre mani e nelle nostre azioni, in quello che facciamo e in quello che ignoriamo. “Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere – esortava Ulivi. Ricordate, siete uomini, avete il dovere, se il vostro istinto non vi spinge ad esercitare il diritto, di badare ai vostri interessi, di badare a quelli dei vostri figli, dei vostri cari. Avete mai pensato che nei prossimi mesi si deciderà il destino del nostro Paese e di noi stessi? Questo ed altro dovete chiedervi. Dovete convincervi, e prepararvi a convincere, non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare. Oggi bisogna combattere contro l’oppressore“.
fonte
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Un pezzetto d'Abruzzo nella liberazione dell'Italia!
Ciampi, il ricordo della Brigata Maiella
Brigata Maiella, storia di partigiani che combatterono a fianco di inglesi e polacchi

mercoledì 19 aprile 2017

Turkey : free press and #iostocongabriele

Oggi è il decimo giorno di detenzione in Turchia per il giornalista Gabriele Del Grande, senza che sia stata formalizzata un'accusa a suo carico.

Turchia, strutture di accoglienza
Gabriele Dal Grande libero, subito.
Mauro Biani



"48 ore"
Insisto. Doveva essere espulso entro 48 ore. Dieci gg fa
Mauro Biani



Italian journalist Gabriele Del Grande    Paolo Lombardi
Italian journalist Gabriele Del Grande arrested in Turkey
19 Apr 2017



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Makkox per Gazebo


Il regista Gabriele Del Grande è stato fermato oggi in Turchia. La notizia viene confermata a Repubblica dalle autorità diplomatiche italiane. Del Grande, 35 anni, giornalista e blogger, risulta da questa mattina in stato di fermo nella provincia sudorientale dell’Hatay, al confine con la Siria. Le sue condizioni, stando alle persone che erano con lui, non destano preoccupazioni.

Del Grande è stato fermato nel corso di un controllo da parte della polizia turca. E’ un documentarista specializzato da anni nel seguire le problematiche legate alla migrazione. Si ignora al momento se intendesse passare in Siria, oppure fare interviste ai profughi, di cui la zona è piena vista la vicinanza del confine.

Il regista, che è nato a Lucca, è anche giornalista e blogger. La sua attività principale è difatti legata al blog Fortress Europe, dove da tempo raccoglie, analizza e cataloga tutti gli eventi riguardanti le morti e i naufragi dei migranti africani nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l'Europa. Sulla guerra in Siria ha realizzato nel 2013 un lungo reportage.

L’anno successivo ha invece realizzato un documentario dal titolo 'Io sto con la sposa'. L’opera racconta la vera storia di cinque profughi palestinesi e siriani che sono sbarcati a Lampedusa. Nel tentativo di raggiungere poi la Svezia mettono in scena un finto matrimonio coinvolgendo un'amica e anche una decina di amici che si fingeranno invitati. Mascherati in questo modo attraversano in corteo l’Europa in cinque giorni, riuscendo infine ad arrivare a Stoccolma. Le autorità italiane in Turchia si stanno attivando per un pronto rilascio del connazionale.
10 aprile 2017 La Repubblica






Tanti sono i giornalisti e i disegnatori detenuti on Turchia gli amici di CRNI fanno un appello:












lunedì 27 febbraio 2017

Dj Fabo è morto in Svizzera

Dj Fabo
di Marilena Nardi



«Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo». L’annuncio diffuso su Facebook è di Marco Cappato, l’esponente radicale che ha accompagnato l’uomo in una clinica Svizzera, dove ha scelto di mettere fine al dolore con l’eutanasia.
Cieco e tetraplegico da oltre due anni a seguito di un incidente stradale, Dj Fabo, 39 anni, ha  trovato una “morte degna”, grazie all’aiuto dell’Associazione Luca Coscioni. Marco Cappato, che lo ha accompagnato in una delle cliniche svizzere che praticano il suicidio assistito. Cappato rischia così – e non è la prima volta – i dettami di un articolo del codice penale che per l’aiuto al suicidio prevede fino a 12 anni di carcere.

Sollevato da un inferno di dolore
Riverso



On / Off
Marco Tonus


Oggi proprio non ce la faccio a tacere
Io ho provato per pochi istanti la sensazione del tuo amato corpo che diventa all'improvviso una prigione (e io nel mio ho sempre riposto fiducia totale, senza proprio mai pensarci: il senso di smarrimento è terribile) Pochi momenti, ma sono stati una eternità che ricordo con dettagliata esasperazione, quasi secondo per secondo.
A volte non si capisce come si reagirebbe a una difficoltà, a una situazione critica, non si capisce finchè non ci si passa dentro in prima persona. E siamo tutti così simili, ma anche così diversi, ognuno con la propria storia, la propria indole e il proprio carattere.
Davanti a infortuni terribili, a malattie devastanti, davanti al dolore fisico, intellettuale, morale che ti sconquassa. Dolore che c'è anche domani, e che ci sarà anche dopodomani, e che ti inseguirà per sempre. Per sempre. Davanti a cose così tremende, che però capitano, oggi non ci sono dentro io ma chissà forse mi potrà capitare -proprio a me !- davanti a cose così, non siamo tutti uguali. Ognuno vive in maniera diversa. Non siamo più la categoria globale "uomini", diventiamo singoli individui. E ognuno di noi è diverso.
E allora mi chiedo, ma perchè ostinarsi a imporre una morale universale? Ognuno di noi ha scelto/non scelto qualcosa in cui credere, possa essere un Dio, o un sistema di valori terreno. La nostra legge umana su questa meravigliosa Terra è quella della convivenza con i nostri simili e quella della nostra etica personale. Ci sono regole di convivenza e di rispetto civile reciproco, ed è giusto rispettarle, a cominciare dal parcheggio in seconda fila.
Ma insomma.
Davanti alla sofferenza, all'ineluttabile, a ciò che non si risolverà mai se non con la morte... Ma come si può non capire che è giusto dare a tutti gli strumenti per decidere di se stessi, soprattutto nel momento in cui si è più deboli?
Etica cristiana? Accetto, capisco e la faccio mia: ma trovo misericordioso, caritatevole, profondamente umano poter dare a chi soffre la possibilità di dire basta. Non condivido, ma ti aiuto, fratello.
Ma perchè ci ostiniamo a non voler aiutare chi è in difficoltà e magari non la pensa come noi? Perchè qualcuno si sente ancora così "più verità in tasca" di altri?
Voglio essere libero di riconoscere come eroe chi decide di vivere una vita di sofferenza e limitazione e malattia infernale, ma voglio anche essere libero di salutare con pietà e grandissima commozione interiore chi proprio non ce la fa. E chiede di finirla.
Alessandro Bartezzaghi



Mimmo Lombezzi
Beppino Englaro: l'Italia dovrà affrontare il tema eutanasia Il padre di Eluana è stato protagonista di una lunga battaglia per il diritto all'autodeterminazione anche per chi non è più in grado di esprimere la sua volontà. "L'eutanasia è una questione che tutte le nazioni civili devono affrontare, con la quale prima o poi ogni paese deve fare i conti e anche il nostro Parlamento deve dare delle risposte".








ElleKappa



"Vivi e lascia morire" - 2017
(Campagna Eutanasia Legale)
© Milko Dalla Battista

In un inconsistente vago nero
Il deejay Fabiano Antoniano (Fabo) ha scelto l'eutanasia in Svizzera. Ecco, in questi casi io capisco. E non capisco. E, sapete? Credo che capire in ogni caso non cambia la questione. Comprendere non ci salverà. Morale: non vedo impedimenti al fatto di sentirsi liberi. Di vivere. Come di morire.
Paride Puglia