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mercoledì 30 maggio 2018

Trento, mostra LIBREXPRESSION: "Lo stato dell'Unione" vignette sull'Europa

Europa-Trento-foto mostra
Il Centro LIBREXPRESSION ha preparato nei giorni scorsi una piccola mostra per la seconda edizione del festival "Siamo Europa", organizzata dalla Provincia autonoma di Trento e dal centro EuropDirect di Trento. Questo festival di 3 giorni  25, 26, 27 maggio ha proposto 22 conferenze su vari temi europei e diverse altre attività, di cui questa mostra.

Conoscendo il lavoro fatto da Thierry Vissol ed i suoi collaboratori per promuovere la satira politica e la libertà di espressione, chiedono al Centro LIBREXPRESSION di preparare una piccola esposizione di 20 vignette sullo "Stato dell'Unione". Sono state quindi selezionate quelle vignette per coprire diversi aspetti: quelli umanitari (tra cui la migrazione e la povertà), l'economia, le tensioni centripete e lo stato di avanzamento. La mostra è stata presentata sulla piazza (Piazza Santa Maria Maggiore) dove è stato organizzato il festival.


La storia non è mai stata un lungo fiume tranquillo.

Alterna periodi di relativa quietezza, o di progresso umano, economico e sociale, con periodi di tempesta, di violenza, di regressione politica, economica e sociale. Interessi strategici divergenti, intolleranze religiose ed etniche, violenza intrinseca e gratuita dell’essere umano, che lo rendono più vizioso e pericoloso della più selvagge specie animale e sono in perpetuale lotta contro la parte più luminosa delle persone fatta di empatia, di solidarietà, di amore e rispetto degli altri. Pur troppo, le lezioni della storia, dopo periodi di calma, si dissolvono poco a poco e si perdono nei meandri degli interessi e desideri immediati, dell’ubriacatezza del potere, portando spesso – se non contrastati – a nuovi periodi di turbolenza e di sofferenza, particolarmente per i meno abbienti.
Sembra che dopo l’illusione della fine della storia creata dalla caduta del muro di Berlino e dal collasso dei regimi d’ispirazione comunista, la ruota della fortuna gira di nuovo verso un periodo di rischi, favorito dall’irresponsabilità di leader illusionisti e lo sbocciamento di democrazie autoritarie e illiberali, quando non di regimi dittatoriali. Dai primi anni del ventunesimo secolo, la crisi dell’euro e delle migrazioni, la crescita delle disuguaglianze nei paesi e tra i paesi, la multilateralizzazione dei poteri economici, politici e finanziari, la nuova corsa verso l’accaparramento delle materie prime indispensabili allo sviluppo e all’egemonia, lo risveglio del potere politico delle religioni spinto da queste turbolenze, hanno fatto entrare l’Unione europea – e non solo – in un periodo di instabilità e di alto rischio.
Davanti alle stesse sfide pesanti (approvvigionamento energetico, terrorismo, migrazioni, dominazione delle multinazionali, concorrenza tra potenze…) che deve affrontare ogni paese membro dell’Unione, quali per pura razionalità dovrebbero essere affrontate insieme e non ognuno per conto suo, sembra che molti politici e popoli europei, dimenticando che l’unione fa la forza, propongono e desiderano ripiegarsi su loro stessi e praticare la politica dello struzzo. Dalle crisi di queste ultimi anni, l’Unione è stata spaccata tra Nord e Sud et tra occidente ed Oriente. Populismi anti-europei, neo-fascismo, governi democratici illiberali si stanno sviluppando in tutta Europa. La speranza creata dall’elezione del Presidente francese Emmanuel Macron l’europeo ha suscitato molte speranze, ma la sua voglia di andare verso una vera sovranità europea non sembra creare entusiasmo tra i suoi partners, paralizzati dalle opposizioni interne e dagli egoismi nazionali. I popoli sono arrabbiati chi dall’impoverimento, dal timore dell’altro diverso, chi dalla crescita delle disuguaglianze o dal trattamento disumano dei migranti. Colpa di Chi? Forse dall’incapacità dei politici a rispondere a queste sfide, con un progetto, con la difesa dei valori fondanti dell’Unione, della volontà di superare nostre piccole differenze con lo sviluppo di quello, ben superiore di quello che ci unisce. L’Europa è politica, solo la politica, cioè i cittadini, la possono cambiare. E’ un lavoro di Sisifo, ma deve essere fatto da tutti quelli che capiscono che l’Europa non è più al centro del mondo, che la sua disunione non è solo la sua scomparsa, ma il rischio di dipendenza di ognuno di noi dalle grandi potenze non europee. Sono questi messaggi che vignettisti di tutta Europa ci propongono.

Thierry Vissol, direttore del centro LIBREXPRESSION
Una mostra organizzata dall’Europdirect di Trento con il Centro Euro-mediterraneo LIBREXPRESSION – Fondazione Giuseppe di Vagno.
https://siamoeuropa.provincia.tn.it/Altre-proposte/Lo-Stato-dell-Unione-vignette-sull-Europa

Ismail Dogan (TurchiaBelgio) “Doppio linguaggio”

Marco De Angelis (Italia) “Regalo”.

Tom Janssen (Olanda) “Euro tagli”.
Antonio Antunes (Potogalo) “Brexit, le nuove frontiere”.

Gian Lorenzo Ingrami (Italia) “Piano d’azione per il mediterraneo”.
Mauro Biani (Italia) “Piano contro la Povertà”.
Marilena Nardi (Italia) “fasci-tweet”.
Dino Aloi (Italia) “Contro le fake news”.
Niels Bo Bojesen (Danimarca) “l’Europa en marche.

Walter Leoni (Italia) “Allucinazioni”.


Khalid Gueddar (Morocco) “Catalonia, mio amore”.








lido Contemori (Italia) “memoria e futuro”.


GianLorenzo Ingrami (Italia) “E’ grave dottore”.


giovedì 1 marzo 2018

Siria: un corridoio umanitario per Ghouta

Un corridoio umanitario
GIO / Mariagrazia Quaranta


Siria: "1.400 civili uccisi a febbraio, tra loro 203 bambini"
Sono i drammatici numeri del Syrian Network for Human Rights. La gran parte delle vittime uccisa dalle forze del regime di Damasco. Il 67% nella Ghouta orientale

Sono "1.389 i civili uccisi a febbraio" in Siria. Lo stima il Syrian Network for Human Rights, che dal 2011 tiene il conto dei morti nel conflitto.
La gran parte delle vittime, il 67% concentrate nella Ghouta orientale, "è stata uccisa dalle forze del regime di Damasco", 1.079, tra le quali 203 bambini (una media di 8 al giorno), e 179 donne.
Le altre vittime, sottolinea l'ong nel suo rapporto, sono imputabili ai raid delle forze russe, a quelli della Coalizione a guida Usa, alle fazioni armate anti-regime e all'Isis.
Nel rapporto si sottolinea che le forze governative sono tornate a usare "i barili bomba dopo quasi un anno e mezzo" nei sobborghi di Damasco e nella provincia di Aleppo. Almeno sette delle vittime documentate sono morte "sotto tortura".
Alle forze russe è imputabile la morte di "77 civili, tra i quali 27 bambini e 12 donne". Le formazioni estremiste, come l'Isis, hanno ucciso "almeno 41 civili". Le milizie dell'opposizione sono responsabili della morte "di sei civili, tra i quali due bambini e una donna".
I raid della Coalizione a guida Usa hanno "causato la morte di 102 civili, inclusi 50 bambini e 31 donne". L'ong fa appello al Consiglio di sicurezza dell'Onu perché implementi le risoluzioni, a cominciare dalla tregua umanitaria approvata il 24 febbraio scorso, e a Mosca e Washington affinché aprano inchieste per individuare i responsabili delle stragi di civili.
(fonte)


World's silence on Syria
Emad Hajjaj



Russian call
Emad Hajjaj



Follow me to Syria
Payam Borumand


Ceasefire in Eastern GhoutaSyria
Niels Bo Bojesen


humanitarian pause Syria
Tom Janssen


Syria’s Ghouta under bombs
Patrick Chappatte


Russian bombing
Emad Hajjaj


Sky Over Syria    Antonio Rodríguez
Words fail to describe the destruction of Syria.
21 Feb 2018


Nowhere To Go    Mary Zins
The Assad regime traps 400,000 civilians in east Ghouta, as the world continues to look away.
22 Feb 2018



Syria: New raids on Ghuta, at least 10 dead. UN: 'Situation beyond imagination' #Syria #Ghuta
Durando

Syria
Paolo Lombardi



Diplomazie
Cecigian



domenica 4 ottobre 2015

Festival di Internazionale a Ferrara - Concorso Una vignetta per l'Europa 2015: I Vincitori


Ecco i vincitori del concorso per la migliore vignetta dell’anno sull’Europa, scelti da una giuria e dal voto del pubblico.

La premiazione è avvenuta a Ferrara durante il festival di Internazionale 2015 il 4 ottobre.
Presidente della giuria Thierry Vissol autore di Libertà di espressione in Europa



PRIMO PREMIO


Vecchia Europa 
di Marilena Nardi
Marilena Nardi, Vecchia Europa, L'Asino www.buduar.it, 24 aprile 2015 / maggio 2015.





Secondo Premio



Tom Janssen, Brexit and Grexit, www.voxeurop.eu, 12 maggio 2015.


Terzo Premio

Marco De Angelis, European Sea, www.buduar.it, Giugno 2015.



Premio speciale del pubblico



Pierfrancesco Uva, La cravatta tedesca, www.italiancomics.it, 8 febbraio 2015.



Premio speciale della giuria


Bruno Olivieri, È l'Europa che lo chiede, L'unione sarda, 26 aprile 2015.




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domenica 6 settembre 2015

Paesi del golfo arabo: 0 rifugiati

In de islam wordt sadaqah (liefdadigheid) zeer hoog gewaardeerd. Zie de Golfstaten.
Joep Bertrams




#Refugees welcomed by:

Saudi... 0
Kuwait... 0
Qatar... 0
Emirates... 0
Bahrain... 0

#refugeeswelcome
#HumanityWashedAshore
#syrianrefugees
fonte

Migrant crisis: Why Syrians do not flee to Gulf states
By Amira Fathalla
As the crisis brews over Syrian refugees trying to enter European countries, questions have been raised over why they are not heading to wealthy Gulf states closer to home.
Although those fleeing the Syrian crisis have for several years been crossing into Lebanon, Jordan and Turkey in huge numbers, entering other Arab states - especially in the Gulf - is far less straightforward.
Officially, Syrians can apply for a tourist visa or work permit in order to enter a Gulf state.
But the process is costly, and there is a widespread perception that many Gulf states have unwritten restrictions in place that make it hard for Syrians to be granted a visa in practice.

Most successful cases are Syrians already in Gulf states extending their stays, or those entering because they have family there.
For those with limited means, there is the added matter of the sheer physical distance between Syria and the Gulf.
Not welcome?
This comes as part of wider obstacles facing Syrians, who are required to obtain rarely granted visas to enter almost all Arab countries.
Without a visa, Syrians are not currently allowed to enter Arab countries except for Algeria, Mauritania, Sudan and Yemen.
The relative wealth and proximity to Syria of the states has led many - in both social and as well as traditional media - to question whether these states have more of a duty than Europe towards Syrians suffering from over four years of conflict and the emergence of jihadist groups in the country.

The Arabic hashtag #Welcoming_Syria's_refugees_is_a_Gulf_duty has been used more than 33,000 times on Twitter in the past week.
Users have posted powerful images to illustrate the plight of Syrian refugees, with photos of people drowned at sea, children being carried over barbed wire, or families sleeping rough.
A Facebook page called The Syrian Community in Denmark has shared a video showing migrants being allowed to enter Austria from Hungary, prompting one user to ask: "How did we flee from the region of our Muslim brethren, which should take more responsibility for us than a country they describe as infidels?"
Another user replied: "I swear to the Almighty God, it's the Arabs who are the infidels."
'Let them in!'
The story has also attracted the attention of regional press and political actors.

Cartoon originally published in Saudi Makkah newspaper, seen here onTwitter



The Saudi daily Makkah Newspaper published a cartoon - widely shared on social media - that showed a man in traditional Gulf clothing looking out of a door with barbed wire around it and pointing at door with the EU flag on it.
"Why don't you let them in, you discourteous people?!" he says.
The commander of the opposition Free Syrian Army (FSA), Riyad al-Asaad, retweeted an image of refugees posted by a former Kuwaiti MP, Faisal al-Muslim, who had added the comment: "Oh countries of the Gulf Cooperation Council, these are innocent people and I swear they are most deserving of billions in aid and donations."
But despite the appeals from social media, Gulf states' position seems unlikely to shift in favour of Syrian refugees.

In terms of employment, the trend in most Gulf states, such as Kuwait, Saudi Arabia, Qatar and the UAE is towards relying on migrant workers from South-East Asia and the Indian subcontinent, particularly for unskilled labour.
While non-Gulf Arabs do occupy positions in skilled mid-ranking jobs, for example in education and health, they are up against a "nationalisation" drive whereby the Saudi and Kuwaiti governments in particular are seeking to prioritise the employment of locals.
Non-native residents may also struggle to create stable lives in these countries as it is near impossible to gain nationality.
In 2012, Kuwait even announced an official strategy to reduce the number of foreign workers in the emirate by a million over 10 years.





Wealthy Arab States refuse refugees
BY PAUL ZANETTI, AUSTRALIA  -  9/11/2015


no quarrel about refugees
BY TOM JANSSEN, THE NETHERLANDS  -  9/10/2015

Che cosa fanno l'Arabia Saudita e gli altri paesi del golfo arabo?
Jan Erik Ander
*

giovedì 16 luglio 2015

Il mare d’Europa



di Michael Kountouris




Il mare d’Europa

di Nadia Redoglia
Quando toccò a noi porger la chioma allorché l’Europa chiamò,  imponemmo le dimissioni a quel capo di governo che comandò il nostro Paese per oltre vent’anni (secondo ventennio italico). Erano proprio quelli i vent’anni vitali per dimostrare all’Europa Unita d’essere adulti responsabili. Ma  con “quelloli” noi ce li giocammo ché fummo giusto in grado di dimostrare quanto eravamo bravi in burlesque e burlette mandando tutto (come suol dirsi) a puttane. Poi furono Monti e Fornero fabbricatori di lacrime e sangue per conto terzi.

Subito dopo lo Renzi il munifico, ma anche (e ancora!) “quelloli” ché altrimenti (incredibile ma vero)  non si sarebbe potuto governare… Oggi, mentre lo Renzi europeo gigioneggia (modello Jerry Lewis/Alberto Sordi) spaziando tra severe italiche sofferenze e pesanti mancanze sociali,  tocca a sorella Grecia    porger la chioma ché schiava d’Europa Zeus la creò. Renzi e Tsipras,  a dispetto del detto italo-greco,  non hanno la stessa  faccia e la stessa razza, ciononostante sono costretti a esser travolti dal solito destino dell’azzurro mare nostrum che nostro però è  stato mai per davvero…
14 luglio 2015



A Greek-ment
Marilena Nardi


oxi jawohl
BY TOM JANSSEN, THE NETHERLANDS  -



Greek Bailout
BY ADAM ZYGLIS, THE BUFFALO NEWS  -  7/14/201


Greek Burden
BY STEVE SACK, THE MINNEAPOLIS STAR TRIBUNE  -  7/15/2015



Even Hard For Greek Philosophers
BY BRIAN ADCOCK, THE INDEPENDENT  -  7/15/2015



Miel_Greek BailOut2015_
BY DENG COY MIEL, SINGAPORE  -  7/15/2015


Martin Rowson on the Greek crisis negotiations


Prometheus
Dave Brown



Sparta
Grecia umiliata, i Greci no. Vergogniamoci per l’Europa.
Mauro Biani
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