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domenica 29 marzo 2015

Incidente aereo della Germanwings

24 marzo 2015
Un Airbus A320 della compagnia Germanwings, filiale low cost del gruppo Lufthansa, si è schiantato martedì mattina contro il Massiccio dei Trois-Evêchés (Tre Vescovadi), nel sud della Francia. Trasportava 144 passeggeri, tra i quali due neonati, due piloti e quattro membri dell’equipaggio. Nessuno è sopravvissuto.
La procura di Marsiglia afferma che il copilota ha volutamente distrutto l'aereo, dopo aver deliberatamente perso di quota. Uno dei due piloti era chiuso nella cabina e l’altro cercava inutilmente di entrare.

E' una tragedia immane, inconcepibile.
Questo blog è vicino alle famiglie ed a tutti quelli coinvolti nella vicenda.
Le mie più sincere condoglianze ai famigliari ed agli amici delle vittime.
Le vignette raccolte non vogliono assolutamente mancare di rispetto o lucrare sulla vicenda, e spero di non urtare la sensibilità di nessuno.
Fany


Stairway to Heaven    Alfredo Martirena
Yesterday, an airplane of Germanwings crashed in southern France, killing 150 people.
25 Mar 2015


Les suites du crash de l'avion GermanWings.
dessin paru dans L'Echo du 28 mars 2015.
Vadot



The #Germanwings Tragedy -
© Chappatte in The International New York Times




Controle, controle, controle...#Germanwings
Joep Bertrams



suicide pilot    Alfredo Martirena
suicide pilot :(
27 Mar 2015


Germanwings suicide
BY TOM JANSSEN, THE NETHERLANDS  -  3/27/2015



Ornikkar



Deligne


La porta chiusa

MASSIMO GRAMELLINI
Perché anche i passeggeri? Nei giornali come nelle case si ragiona con i pochi elementi a disposizione, ma è impossibile interrompere il percorso ossessivo dei pensieri. Di solito un depresso la fa finita in solitudine. Al più associa al sacrificio i familiari stretti, che considera una prosecuzione di se stesso. Ma il copilota che ha mandato l’aereo tedesco contro la montagna ha deciso di coinvolgere nel commiato degli sconosciuti. Peggio, degli sconosciuti che aveva appena incontrato. Lo immaginiamo all’imbarco, o sulla porta della cabina prima del decollo, mentre sorride alla comitiva di turisti e fa un cenno di saluto alla scolaresca in gita premio. Dopo avere visto in faccia le persone che gli erano state affidate, come ha potuto tradirle? Non si può neanche dire che, accecato dal suo male insondabile, a un certo punto abbia creduto di essere rimasto solo. Se ha chiuso la porta per impedire al comandante di rientrare in cabina, significa che era consapevole della realtà. Per compiere l’atto che lo ha isolato dal mondo doveva sapere che oltre quella porta c’era il mondo. E che lui lo stava condannando a morte.

Non basta la depressione a spiegare una strage, così come nel caso dei terroristi islamici non basta la fede. Ci vuole il delirio di onnipotenza. E il culto della morte simbolica. Con la sua parte irrazionale il copilota avrà stabilito che proprio l’aereo, la sua vita, diventasse la sua morte. Il resto, centoquarantanove esseri umani, gli sarà sembrato un effetto collaterale.

"Senza parole", ma soprattutto senza senso!
Riverso


Bertelli - Meno


...tristezza e cordoglio.
Perazzolli



Luft Ansia
Certo che, per chi già prima soffriva di paura di volare l'ultimo tragico disastro aereo non deve essere di aiuto. E anche per quelli che viaggiano normalmente il sapere che alla guida ci potrebbe essere un pilota non proprio equilibrato non è tranquillizzante.

D'ora in poi mai più un solo pilota in cabina di guida, un po' tardi anche perchè il caso non è stato  il primo e, depressione a parte, i motivi per evitare l'uomo solo al comando, ce ne sono anche tanti e da tempo.
Uber

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La ricostruzione di Portos

Corriere della sera di Milano del 27 marzo 2015. Disastro aereo





Siamo tutti tedeschi
MASSIMO GRAMELLINI
Se una piccola lezione si può trarre dalla tragedia innescata dal pilota kamikaze è la precarietà di certi pregiudizi sedimentati nei secoli. Col passare delle ore emerge un quadro di superficialità e approssimazione assai poco tedesco. Andreas Lubitz era andato al lavoro stracciando un certificato di malattia, e questo rientra ancora nel luogo comune che immagina un italiano fare esattamente il contrario. Ma com’è possibile che l’ospedale universitario di Duesseldorf, che lo aveva in cura da mesi, non avesse sentito il dovere di cautelarsi inviando alla compagnia aerea una copia del documento che gli impediva di volare? La privacy, dicono. Ma la privacy smette di essere la priorità, quando riguarda un uomo che ha in mano il destino di vite che non sono la sua. Per quanto, secondo i giornali tedeschi, Lufthansa qualcosa sapeva. Sapeva che nel 2009 una crisi depressiva aveva reso Lubitz «parzialmente inadatto al volo». Ma cosa significa «parzialmente»? Che poteva volare solo nei giorni dispari o con la mano destra?

Dalle prime ricostruzioni della tragedia affiora una trama fitta di smagliature: informazioni mancanti, negate, sottovalutate. Adesso si invocano regole nuove, ma come sempre sarebbe bastato rispettare quelle esistenti. O forse non sarebbe bastato comunque. Visto dall’Italia, patria del fatalismo, il dramma che ha colpito un popolo noto per la sua rigidità alimenta la sensazione che alla fine siamo tutti umani, e che lo siamo allo stesso modo: imperfetto e irrazionale. Costretti a convivere, e talvolta purtroppo a conmorire, con i nostri limiti e le nostre miserie.



NELLA CABINA DI PILOTAGGIO
Franco Berardi
Dicono che il giovane pilota Andreas Lubitz avesse sofferto di crisi depressive e avesse tenuto nascoste le sue condizioni psichiche all’azienda per cui lavorava, la Lufthansa. I medici consigliavano un periodo di assenza dal lavoro. La cosa non è affatto sorprendente: il turbo-capitalismo contemporaneo detesta coloro che chiedono di usufruire dei permessi di malattia, e detesta all’ennesima potenza ogni riferimento alla depressione. Depresso io? Non se ne parli neanche. Io sto benissimo, sono perfettamente efficiente, allegro, dinamico, energico, e soprattutto competitivo. Faccio jogging ogni mattina, e sono sempre disponibile a fare straordinario. Non è forse questa la filosofia del low cost? Non suonano forse le trombe quando l’aereo decolla e quando atterra? Non siamo forse circondati ininterrottamente dal discorso dell’efficienza competitiva? Non siamo forse quotidianamente costretti a misurare il nostro stato d’animo con l’allegria aggressiva delle facce che compaiono negli spot pubblicitari? Non corriamo forse il rischio di essere licenziati se facciamo troppe assenze per malattia?
Adesso i giornali (gli stessi giornali che da anni ci chiamano fannulloni e tessono le lodi della rottamazione degli inefficienti) consigliano di fare maggiore attenzione nelle assunzioni. Faremo controlli straordinari per verificare che i piloti d’aereo non siano squilibrati, matti, depressi, maniaci, malinconici tristi e sfigati. Davvero? E i medici? E i colonnelli dell’esercito? E gli autisti dell’autobus? E i conducenti del treno? E i professori di matematica? E gli agenti di polizia stradale?
Epureremo i depressi. Epuriamoli. Peccato che siano la maggioranza assoluta della popolazione contemporanea. Non sto parlando dei depressi conclamati, che pure sono in proporzione crescente, ma di coloro che soffrono di infelicità, tristezza, disperazione. Anche se ce lo dicono raramente e con una certa cautela l’incidenza delle malattie psichiche è cresciuta enormemente negli ultimi decenni, e il tasso di suicidio (secondo il rapporto del World Health Organization) è cresciuto del 60% (wow) negli ultimi quarant’anni.
Quaranta anni? E che potrà mai significare? Che cosa è successo negli ultimi quarant’anni perché la gente corra a frotte verso la nera signora? Forse ci sarà un rapporto tra questo incredibile incremento della propensione a farla finita e il trionfo del Neoliberismo che implica precarietà e competizione obbligatoria? E forse ci sarà un rapporto anche con la solitudine di una generazione che è cresciuta davanti allo schermo ricevendo continui stimoli psico-informativi e toccando sempre di meno il corpo dell’altro? Non si dimentichi che per ogni suicidio realizzato ce ne sono circa venti tentati senza successo. E non si dimentichi che in molti paesi del mondo (anche in Italia) i medici sono invitati a essere cauti nell’attribuire una morte al suicidio, se non ci sono prove evidenti dell’intenzione del deceduto. E quanti incidenti d’auto nascondono un’intenzione suicida più o meno cosciente?
Non appena le autorità investigative e la compagnia aerea hanno rivelato che la causa del disastro aereo sta nel suicidio di un lavoratore che ha sofferto di crisi depressive e le ha tenute nascoste, ecco che in Internet si è messo in marcia il solito esercito di cospirazionisti. “Figuriamoci se ci credo”, dicono quelli che sospettano il complotto. Ci deve essere dietro la CIA, o forse Putin, o magari semplicemente un gravissimo errore della Lufthansa che ci vogliono tenere nascosto. Un vignettista che si firma Sartori e crede di essere molto spiritoso mostra un tizio che legge il giornale e dice: “Strage Airbus: responsabile il copilota depresso.” Poi aggiunge: Fra poco diranno che anche l’ISIS è fatta da depressi.”
Ecco, bravo. Il punto è proprio questo: il terrorismo contemporaneo può avere mille cause politiche, ma la sola causa vera è l’epidemia di sofferenza psichica (e sociale, ma le due cose sono una) che si sta diffondendo nel mondo. Si può forse spiegare il comportamento di uno shaheed, di un giovane che si fa esplodere per uccidere una decina di altri umani in termini politici, ideologici, religiosi? Certo che si può, ma sono chiacchiere. La verità è che chi si uccide considera la vita un peso intollerabile, e vede nella morte la sola salvezza, e nella strage la sola vendetta. Un’epidemia di suicidio si è abbattuta sul pianeta terra, perché da decenni si è messa in moto una gigantesca fabbrica dell’infelicità cui sembra impossibile sfuggire. Quelli che dappertutto vedono un complotto dovrebbero smetterla di cercare una verità nascosta, e dovrebbero invece interpretare diversamente la verità evidente. Andreas Lubitz si è chiuso dentro quella maledetta cabina di pilotaggio perché il dolore che sentiva dentro si era fatto insopportabile, e perché accusava di quel dolore i centocinquanta passeggeri e colleghi che volavano con lui, e tutti gli altri esseri umani che come lui sono incapaci di liberarsi dall’infelicità che divora l’umanità contemporanea, da quando la pubblicità ci ha sottoposto a un bombardamento di felicità obbligatorio, da quanto la solitudine digitale ha moltiplicato gli stimoli e isolato i corpi, da quando il capitalismo finanziario ci ha costretto a lavorare il doppio per guadagnare la metà.

mercoledì 25 febbraio 2015

19 febbraio 2015 - Sacco di Roma da parte dei tifosi ultras del Feyenoord

Guerriglia nel centro di Roma. Dopo tre ore di tensione, poco prima delle 16.30, in piazza di Spagna si è scatenata la battaglia. Gli hooligans del Feyenoord, molti con un adesivo con la Lupa capitolina decapitata, prima della partita di Europa League, hanno lanciato fumogeni contro gli agenti che, schierati sulla scalinata di Trinità dei Monti, hanno reagito con una carica fin dentro la salita di San Sebastianello, verso il Pincio. I tifosi hanno risposto tirando bottiglie e oggetti contro i poliziotti. Poi hanno anche cominciato a devastare auto, motorini, cestini della spazzatura. Daneggiata la fontana del Bernini!



The Europe of PIGS Miguel Villalba Sánchez (Elchicotriste)
Some late episodes of racism, vandalism and awful education happening in different countries of the south of europe, related with football and hooligans, are reminding the invasion of nordic barbarians into mediterranean civilisation in the past years. This is the real europe of PIGS. Note: refered to Chelsea twats being racists in the metro of Paris or Feyenoord baboons filling up with vomit, pee and scum Bernini's fountain in Piazza di Spagna, Rome.


Tullio Boi



Invasione
Cosi olandesi danneggiano la Barcaccia di Bernini.
Mauro Biani


Orgiasmo da Rotterdam

di Nadia Redoglia
Sono arrivati a Roma, malgrado noi che ci picchiamo di saper proteggere i nostri valori, salvo però lasciarli poi in balia dei predatori picchiatori organizzati in branchi. I bastardi hanno spaccato la (anche!) mia Barcaccia del Bernini. Piazza di Spagna era fresca di restauro e i bastardi proprio lì hanno marciato pisciando e vomitando sulle forze (forse) dell’ordine. Per caso? Non credo. Questi esseri presi uno a uno sono il brodo primordiale del nulla: bisogna centrifugarli per ottenere mostruosità compatta.

Noi, allertati dai talk show goduriosi di share, mentre inanelliamo pagine di forum sulle criminali minacce isis ci lasciamo sopraffare dall’invasione, abituale e abitudinaria, della feccia ubriaca senza confini e barriere. Alcuni tiggì, in supposto elogio della foll(i)a, in tempo reale di devastazione (in) capitale, hanno lanciato l’edizione straordinaria e così per primi, nascondendosi dentro le nostre ferite, si sono accaparrati ancora una volta l’onore d’incastrare Marino, l’Ignazio da tagliola.

20 febbraio 2015



Fanatismi vari..Acidus #satira
Leo Magliacano


Anti-antisommossa
Trucco/Kurt


Tiziano Riverso




«L’AMACA» DEL 21 FEBBRAIO 2015 (Michele Serra) 21 febbraio 2015
Il branco di bestioni brilli che ha messo a soqquadro Roma fa venire in mente la tragica e cinica frase (baluardo di ogni pensiero reazionario che si rispetti) sulla “guerra lavacro del mondo”. Moltitudini di maschi dai quindici ai cinquant’anni, in giro per il pianeta, amministrano con grande difficoltà adrenalina, testosterone, sbalzi ormonali; se vivono in Siria o Iraq è più facile che si arruolino nell’Is, se a Rotterdam (o Istanbul o Berlino o Roma o Milano) diventano ultras di calcio, l’idea è comunque quella di trovare dei commilitoni e menare le mani a seconda delle circostanze. Ovviamente sgozzare qualcuno è molto più grave che orinare su un monumento o scalciare una macchina o gridare dagli al negro. Ma la molla è la stessa, è l’urlo della scimmia che cerca un posto nel branco, è la violenza come antidoto alla paura e come certificazione della propria esistenza. Ben al di là dell’insipienza dei domatori di scimmie, che dovrebbero tenerle a bada e non ci riescono (vedi il penoso default dell’ordine pubblico a Roma), sono spettacoli, questi, che levano il fiato per la bassezza energumena (ma tu guarda, il “civilissimo Nord Europa”…). Ma in compenso ci fanno apprezzare, e molto, il mistero della civilizzazione e della cultura. L’essere umano, specie se maschio in trasferta, sembra nato solo per il rutto.
(fonte Jack's blog)



Lorenzo Bernini autore della fontana danneggiata
Paolo Lombardi


Barcaccia
Bertelli


la zoccolaccia
Marco Careddu


ALE' AKBEER
Marco Careddu


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Nota :

Posto oggi queste vignette e commenti sui terribili avvenimenti del 19 febbraio scorso, con la speranza che i tifosi romani questa sera in Olanda si parla di 2400, per la partita di ritorno, diano un esempio di civiltà e non si lascino trasportare da false vendette.
Basta con la violenza fuori e dentro gli stadi!

lunedì 12 gennaio 2015

Checkpoint Charlie

Questa è la quinta raccolta di disegni in memoria degli amici di Charlie Hebdo:

Marilena Nardi


Marilena Nardi




Paolo Dalponte
http://dalponte.cartoonbank.ru/



Giannelli - Il Corriere.it




Giannelli - Il Corriere.it



Crayons pour la liberté
Andrea Pecchia


Charlie Hebdo
Davide Ceeccon

Ellekappa




Salut
Natangelo




L'umanità è nuda

Terrificante.
La vignetta di oggi per il manifesto.
La mia intervista per Fahrenheit (radiorai 3).
Mauro Biani



con Riccardo Mannelli
gli artisti non muoiono
la carogna invece creperà


con Riccardo Mannelli
gli artisti non muoiono
la carogna invece creperà


Mannelli


la paura
Mannelli


Killer's digest
Bucchi



C'è chi odia l'Islam e la satira con la stessa passione...
Bucchi




La nuova libertà d'espressione
Bucchi



I limiti della satira
Bucchi

https://scontent-b-mxp.xx.fbcdn.net/hphotos-xfp1/v/t1.0-9/10926441_10153002871781838_1520735187606074259_n.jpg?oh=70882b0ff0ac9a652e819dbc4ed32872&oe=5536E324

#jesuischarlie
Giovanni Riso Degli Angeli



Fabrizio Fabbri






Charlie Hebdo : Pencils around the world have responded

.
07 Jan 2015





The Day of the Jackal

Politicians and censors, today they are supportive of satire
09 Jan 2015


Gava



Pour vous

merci
09 Jan 2015





Je suis

Charlie
10 Jan 2015



Checkpoint Charlie

MASSIMO GRAMELLINI
A chi impugna mitragliatrici per sterminare matite, e a chiunque si sottometta a qualcosa di diverso dalla propria coscienza, ci piacerebbe spiegare che avventura faticosa e fantastica sia la libertà. Ma non lo faremo, perché la libertà non si può spiegare. Si può soltanto respirare senza pensarci, come l’aria, e come l’aria rimpiangerla quando non c’è più. A differenza dei dogmi, non reclama certezze e non ne offre. I suoi mattoni sono i dubbi e gli errori, gli slanci e gli abusi. I suoi confini sono labili, mobili. E la sua rovina è l’assenza di confini, che le toglie il piacere sottile della trasgressione.

La forma estrema, per molti incomprensibile, di libertà è la satira. Offensiva, provocatoria e irrispettosa per definizione, ribalta ostinatamente il punto di vista, perciò è detestata dai possessori di verità assolute e dai fautori delle religioni, categoria ideologica di cui fa ormai parte il Politicamente Corretto caro agli americani.

La satira non è mai blasfema, perché non si occupa dell’assoluto, ma del relativo. Non di spiritualità, ma di umanità. La satira non manca di rispetto a Dio, casomai agli uomini che usano Dio per dominare altri uomini.

La vignetta di Charlie Hebdo che più di ogni altra è costata la vita ai suoi autori raffigurava un Profeta disperato per il tasso di stupidità degli integralisti islamici. Non era un attacco a Maometto, ma a un gruppo di fanatici superstiziosi e ignoranti che in suo nome ammazza le donne che vogliono andare a scuola e i maschi che bevono e fumano.

L’attenuante della provocazione che è echeggiata in queste ore sul «Financial Times» - la bibbia di un’altra religione dogmatica, quella dei soldi - è il sintomo di quanto sia ancora lunga e avvincente la marcia verso la libertà. C’è stato un tempo non lontano in cui le corna erano considerate un’attenuante per l’uxoricida e la minigonna per lo stupratore. Arriverà il giorno in cui anche l’accettazione dell’uso, e persino dell’abuso, di satira diventerà qualcosa di scontato. Intanto la guerra continua, e si combatte dentro di noi.

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5) continua

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Le altre raccolte per Charlie Hebdo:






Checkpoint Charlie Hebdo (4) (Italy)