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mercoledì 23 aprile 2014

Gabriel García Marquez (seconda parte)


Good bye Gabo
E L E N A . ospina
Gabriel Garcia Marquez, Literature Nobel Prize 19 Apr 2014


Tra Mozart e ritmi caraibici, cerimonie ufficiali e fiori gialli, discorsi presidenziali e maxi-schermi in piazza, il Messico e la Colombia hanno dato l’ultimo addio a Gabriel Garcia Marquez.
Lunedì , il Messico sua patria adottiva.
Martedì, l’omaggio della sua Colombia
 Le ceneri nel palazzo delle belle arti. Poi i funerali nella cattedrale di Bogotà sulle note del Requiem di Mozart.



http://blog.erreacomunicacion.com/irremediable/
Edición EXTRAORDINARIA del diario El Heraldo de la ciudad de Barranquilla. Colombia.
Muchas gracias a Fabián Cárdenas, director de arte, por incluir mis caricaturas.
Turcios

Turcios


Omaggio a Gabo
Boligan


 
Omar Zevallos


¿Por qué leer a Gabriel García Márquez? - www.confidencial.com.
Pedro X. Molina



Gabriel García Márquez
Luiz Carlos Fernandes




Apicella



Homenaje a Gabo ( 1927 - 2014 ) ...
Guaico



Jos jedna moja karikatura velikog pisca Gabriela Garcije Marqueza iz 1997...
Petar Pismestrovic





A la memoria de Gabriel García Márquez por Nuez.




Minha homenagem ao Gabriel García Márquez.
Glen Batoca


Gabriel García Marquez
 By Taylor Jones, El Nuevo Dia, Puerto Rico - 4/22/2014


 
Gabriel García Marquez
William Medeiros


 

Título: GARCIA MARQUES
Autor: MAURÍCIO PARRA HERRAN
Cidade/País: COLÔMBIA



Gabo por Jorge Restrebo






کاریکاتور جدید من(علیرضا پاکدل)
تقدیم به :
رمان‌نویس، نویسنده، روزنامه‌نگار، ناشر و فعال سیاسی کلمبیایی و برنده جایزه نوبل ادبیات
(( گابریل خوزه گارسیا مارکِز ))
my new Caricatur(Alireza pakdel
(( Gabriel García Márquez ))
Apr 25 2014



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venerdì 17 gennaio 2014

Ariel Sharon (1928-2014)

Ariel Sharon (1928-2014)
Aveva 85 anni, da otto era in coma.
 La sua morte divide. Israele lo piange, Palestinesi: criminale.

Le vignette:



by David Rowe



by Petar Pismestrovic

by Petar Pismestrovic
by Petar Pismestrovic

by Jan-Erik Ander

Riber
Riber

Riber




By Riber Hansson



Sharon
by Hajo



Yasser Arafat and Ariel Sharon
By Taylor Jones, Politicalcartoons.com


Ariel Sharon and Yasser Arafa
 By Taylor Jones, Politicalcartoons.com - 1/11/2014



Latuff Cartoons


Latuff Cartoons


Paride Puglia


Caronte
by Apicella


bashir-sharon

I vivi
In morte di Sharon.
Mauro Biani


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una pagina buia ...

Massacro di Sabra e Shatila
Il massacro di Sabra e Chatila - Valzer con Bashir - Epilogo.m4v



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Un grande cartoon di Dave Brown del 2003

File:Dave Brown's Goya Ariel Sharon.jpg
"Monster eating Palestinian babies"- Dave Brown 2003 - The indipendent


Dave Brown' s cartoon of former Israeli Prime Minister Ariel Sharon as a "Monster eating Palestinian babies" in a paraphrase on Saturn Devouring One of his Children , a grotesque painting done by Francisco de Goya in 1819.

 ed uno di  Steve Bell
  Steve Bell by www.guardian.co.uk (2001)

giovedì 21 novembre 2013

Le Filippine colpite dal super tifone Hayan

4 milioni di bambini colpiti dal tifone nelle Filippine.
Ma come fanno i tifoni a beccare sempre i più poveri?
Four million children hit by thipoon in the Philippines.
But how the typhoons always manage to spot the poorest people?
Filippine
Enzo Apicella

Scrive Silvestro Montanaro: Più di diecimila morti a causa di uno spaventoso tifone nelle Filippine. Il racconto della gran parte dei media si ferma a questo. Punta il dito sulla violenza assassina della tempesta. E a me viene una gran rabbia, un gran senso di nausea per questo modo superficiale, menzognero ed offensivo di raccontare le cose. Mi è capitato di esser presente nel corso di terribili tempeste. Ero in albergo. Le ho viste dalla finestra, assolutamente al sicuro. A morire, in assoluta maggioranza, erano e sono quelli che non possono mettersi al sicuro. Nelle Filippine ci sono baraccopoli immense. Poveri pali e tetti di cartone. Ci vivono milioni di esseri umani. Indifesi. Anche quando c’è il sole. Muoiono i poveri sotto l’unica tempesta assassina che io conosca. L’ingiustizia.

venerdì 27 settembre 2013

La Zanzara punge Guido Barilla

L'intervista* di Guido Barilla a 'La Zanzara' ha scatenato un putiferio sul web.
Guido, intervistato alla radio, risponde come la pensa sulla famiglia, sui gay, sulla pubblicità scelta dall'azienda, rivolta alla famiglia tradizionale.
Consiglio di vedere il video in fondo alla pagina per sentire le sue parole.


Dai non fate così, in fondo sono una pasta d'uomo
Tiziano Riverso

domenica 22 settembre 2013

"No Grandi Navi" a Venezia

 Sabato 21 settembre 2013: 13 grandi navi transitano nelle acque di Venezia.
La capitaneria: mai così tante nell'arco di 24 ore.
La protesta è stata straordinaria contro l'ordinario passaggio delle grandi navi a Venezia: una ventina di manifestanti si sono gettati nel canale della Giudecca, tuffandosi dalla riva delle Zaffere per tentare di ostacolare  il passaggio dei transatlantici  a Venezia.

Le vignette:

Marilena Nardi 
 
 Venezia 2020
Ieri a Venezia più di 10 supernavi da crociera bloccate dalla giustissima protesta dei veneziani e non contro la pericolosa, inquinante, antiestetica e illecita circolazione dei mostri in laguna. 
Mi sarei tuffato volentieri anch'io, spero che il mio pronostico venga presto smentito.
Gianfranco Uber

venerdì 23 agosto 2013

Salvate il soldato ... Manning.


Bradley Manning
Jan-Erik Ander


Il soldato Chelsea Manning, nato Bradley, accusato di aver passato a Wikileaks 250 mila cablo diplomatici e oltre mezzo milione di rapporti militari segretissimi, relativi soprattutto alle guerre in Iraq e Afghanistan è stato condannato a 35 anni di detenzione ed all'"espulsione dall'esercito con disonore".
Arrestato nel 2010 ha subito da allora trattamenti di una violenza inaudita.
Ammnesty International chiede di
 commutare la pena di Bradley Manning e indagare sugli abusi da lui rivelati
(Il presidente Obama dovrebbe commutare la condanna di Bradley Manning e indagare sulle violazioni dei diritti umani che il soldato ha contribuito a svelare)

martedì 6 agosto 2013

Concorso: Un brand per Firenze

Schizzo Preparatorio
Apicella

Serve un nuovo logo per Firenze, che rilanci la città, parola di Matteo Renzi e della sua amministrazione ed ecco così il concorso ... 15.000€ al vincitore.
Logo è troppo riduttivo, amici artisti, a Firenze serve un brand!!!

C'è tempo fino al 14 ottobre!





31/07/2013
Come trasformare Firenze in un desiderio
Via al concorso per inventare
un brand che dia un sapore nuovo alla città
francesco bonami

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding» della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze» vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il capo. A quei tempi la rete non esisteva e quindi l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome «am», che sfruttando l’inglese - ormai lingua planetaria - è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam». Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» - fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco - potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding» della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti di guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze» vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il capo. A quei tempi la rete non esisteva e quindi l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome «am», che sfruttando l’inglese - ormai lingua planetaria - è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam». Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» - fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco - potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.


Un brand per Firenze, via al concorso
Brand per Firenze -Concorso e regolamento

lunedì 22 luglio 2013

Detroit, una città in bancarotta


Peter Brookes for The Times

Una carcassa di automobile usata come metafora del degrado ed abbandono di una grande città americana  Detroit.
Detroit è fallita
Diversi fattori hanno influito sui problemi economici di Detroit, tra cui il calo di un quarto di abitanti tra il 2000 e il 2010 (erano 1,8 milioni negli anni Cinquanta, oggi sono meno di 700 mila), così come la fuga di imprese e classe media, che hanno diminuito drasticamente le entrate fiscali. Il deficit nel bilancio cittadino è stimato in oltre 380 milioni di dollari, ma Orr ha stimato i debiti di lungo periodo a oltre 14 miliardi di dollari, forse addirittura 18,5 miliardi.
E paradosso tutto questo succede mentre l'industria automobilistica ha un boom!




The city of Detroit, once the heart of the U.S. automobile industry, filed for Chapter 9 bankruptcy protection in federal court on Thursday, laying the groundwork for a historic effort to bail out a city that is sinking under billions of dollars in debt and decades of mismanagement, population flight and loss of tax revenue. The bankruptcy filing makes Detroit the largest city in U.S. history to do so. Full story
In this cartoon from The Daily Telegraph, Blower uses the rusty wreck of an American automobile as a metaphor for the decline of this once great city. (I'm no expert on cars, but I think it's a Cadillac.) The hood is open and the wheels have been removed. A solitary tire lies on the ground. The license plate bears the words "Motor City", a nickname for Detroit. On the right, we can see the ruins of a house, another symbol of Detroit's decay.
NOTE 
The cartoonist may also have been thinking of the expession Rust Belt, the name given to the heavily industrial area of the northeastern U.S. containing the older industries and factories. The term gained popularity in the United States in the 1980s as an informal description of a postindustrial region straddling the Northeastern and the East North Central States.
VOCABULARY1. Cars are one of the areas where American English and British English differ in their vocabulary.
• automobile (US) = (motor) car (UK)
• hood (US) = bonnet (UK)
• trunk (US) = boot (UK)
• license plate (US) = number plate (UK)
• windshield (US) = windscreen (UK)
• fender (US) = wing (UK)
• tire (US) = tyre (UK)
• flat (US) = flat tyre, puncture (UK)
2. If you describe something, such as an old car, as rusty, you mean that it is covered with rust (a reddish-brown substance that is formed on some metals by the action of water and air). Rust is also a verb. • Brass doesn't rust.  • Water had got in and rusted the engine.





Enzo Apicella



Detroit
By Sean Delonas, CagleCartoons.com - 7/18/2013



Crash
By Petar Pismestrovic, Kleine Zeitung, Austria - 7/19/2013




Detroit
By Joe Heller, Green Bay Press-Gazette - 7/19/2013



new guy
By Luojie, China Daily, China - 7/20/2013

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ALSO SEE

Detroit's Beautiful, Horrible Decline (TIME Magazine photo gallery)

The rise and fall of Detroit: A timeline (The Week)

Detroit è fallita